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mercoledì 14 aprile 2010

Una pausa per Pasqua: il valore degli affetti

In fin dei conti sono io che scrivo in questo blog e alla fine mi do sempre ragione.
Strano incipit....
No, solo per dire che sono stato assente in questi ultimi giorni per trascorrere un pò di tempo in famiglia.

Ma, dopo la pausa pasquale, torniamo ancora più agguerriti.

Ho in preparazione un nuovo sito sulle tematiche più strettamente finanziarie e aziendali e un nuovo sito sul network marketing.

Ma vi lascio, ricordandovi il valore degli affetti.
Ogni individuo è qualcosa solo perchè ha valore in funzione di chi lo circonda. Senza affetti, senza persone a cui rendere conto o a cui dare affetto, attenzione o aiuto, siamo ben poca cosa.
L'uomo più infelice del mondo è sempre e soltanto l'uomo che si sente solo. Potrebbe non esserlo ma di sicuro, se ripendiamo ai momenti in cui siamo stati veramente felici, i momenti in cui la vita sembrava veramente sorriderci, quei momenti sono stati quelli in cui abbiamo condiviso qualcosa con qualcuno: anche se fosse solo stata un'unica altra persona.

In un mondo che si imbarbarisce sempre più, nonostante il continuo proliferare di pseudo-soluzioni tecnologiche portatili, ricordare queste semplici, semplicissime cose non è roba da deboli di cuore.
See you later.....
E grazie per l'attenzione e
per Aspera ad Astra!

venerdì 26 marzo 2010

Da cosa dipende avere un lavoro? Cerchiamo una risposta

Da cosa dipende avere un lavoro?
Passo indietro.
Che cos'è un lavoro?

Lo so, sto procedendo in modo asciutto e diretto. Forse gradireste dei preliminari ma oggi non sono in vena di mielosi corteggiamenti.
Subito al sodo!

Un lavoro è qualcosa che possiamo definire prendendo a prestito le definizioni della fisica.
Per la fisica il lavoro è forza x spostamento.
Nel mondo economico il lavoro forse non ha o non dovrebbe avere un tipo di definizione così puntuale ma ci interessa il concetto.
Il concetto è che il lavoro è qualcosa legato ad un'applicazione di energia per ottenere un mutamento.

L'economia si basa sulla creazione di mutamenti al fine di tenere in vita un sistema.
E il lavoro è il manifestarsi di questi mutamenti.
Quindi lavorare può essere ridefinito in modo piuttosto semplificato come applicarsi nella gestione di qualcosa che muta o si sposta in uno spazio.
Ancora più semplificato il lavoro può essere definito come la gestione di energia nello spazio.

Da cosa dipende avere e mantenere un lavoro?

Dipende dalla propria capacità e abitilità nel sapere quale energia occorre gestire, in quale punto dello spazio e ottenere un mutamento che abbia effetti positivi.
Semplificando, avere un lavoro dipende dalla propria capacità di SAPER FARE qualcosa.
E ottenere mutamenti con effettivi positivi per il sistema di riferimento.

Qualunque deviazione da questo presupposto di base, ci fa entrare nel caos delle ideologie politiche o nell'insensatezza di tutte quelle pseudo definizioni sociol-baristiche-the alle 5 che le persone a volte mettono in piedi.

Se vogliamo avere un lavoro, occorre:
1) capire il sistema di riferimento nel quale stiamo operando! (abitare a Milano non è la stessa cosa che lavorare a Il Cairo o a Crotone o a Maracalagonis)
2) conoscere quali capacità naturali abbiamo.
3) stimare le proprie risorse materiali, spirituali, culturali e di rapporti di amicizia abbiamo.
4) valutare quale tipo di prodotto/servizio siamo in grado di eseguire in questo momento.
5) decidere quali attività da noi conosciute sono affini ai 4 punti di cui sopra.
6) stilare una classifica delle attività da noi conosciute in base a quanto bene riescano ad amalgamare i primi 4 punti di cui sopra.
7) decidere quale attività intraprendere.
8) crearsi un'identità lavorativa (esempio: io sono un elettricista!) definendo il nome di quello che siamo, l'attività concreta di quello che dovremmo fare e l'oggetto/servizio che dovremmo ottenere.
9) stabilire in modo ancor più preciso che prodotto/servizio finale dobbiamo ottenere.
10) verficare nuovamente che quello che dobbiamo ottenere sia SCAMBIABILE con il sistema di riferimento come da punto 1. Per scambiabile intendiamo qualcosa che il sistema deve richiedere ciò che potremmo offrire o almeno deve poter desiderare in tempi stretti questo prodotto/servizio se glielo offriamo.

A questo punto sappiamo chi siamo e cosa vogliamo.
Ma più importante sappiamo che possiamo offrire. Ovvero COSA SAPPIAMO FARE.
Questo nostro "saper fare" avrà un prezzo ovvero ci sarà una valutazione di quanto il sistema vuol pagare quel "saper fare".

Come si può vedere alla fine la procedura è semplice e molti di voi l'hanno seguita in quasi tutti i gradini.
Eppure c'è una spinta confusionaria e disgregante che continua a far dubitare le persone riguardo a ciò.
Si introducono fattori non pertinenti, come la scorciatoia criminale oppure la collocazione parassitaria.

Ho cercato a volte di assumere persone per le mie aziende.
Offrivo dei posti di lavoro, guadagno e possibilità di crescita.
Eppure moltissimi venivano da me e prima ancora di capire cosa veniva loro proposto mi chiedevano "Quanto pagate?".
Al che io rispondevo: "Tu quanto vuoi guadagnare?". Risposta= punto di domanda grande grande!
Allora correggevo: "Quanto pensi di valere tu? Quale compenso pensi sia adeguato alla tua compentenza e professionalità?". Qui le risposte fioccavano.
12 euro l'ora oppure 1200 euro al mese o robe del genere.
Al che tornavo in sella e chiedevo: "Tu cosa sai fare?". E qui ritornava la nebbia.

Ma mi chiedo come si può cercare un lavoro se non si sa fare qualcosa di specifico?
Beh, qualcuno di voi obietterà che una persona va in giro e, se ha bisogno di lavorare, si mette a disposizione per fare quello che c'è da fare. La persona è volenterosa e impara in fretta.
Ho conosciuto questo tipo di persone e questo genere di lavori.
Non c'è da meravigliarsi che oggi lavorino e domani no. Non hanno identità. Non sanno ottenere qualcosa ma solo tramutarsi in un ingranaggio che funziona in quella macchina specifica.
Sparati fuori dalla macchina non servono più.

So che le mie parole sembrano dure. Lo sono. E mi sono sforzato di ammorbidirle parecchie.
E se qualcuno pensa che sia una persona a cui hanno fatto trovare sempre la pappa pronta o che non ha sgobbato in lungo e in largo fin da giovane, conoscendo ogni tipo di lavoro......
beh, costui si sbaglia.
Non dico di aver fatto tutti i lavori di questo mondo ma sicuramente i principali si.
Ho lavorato in campagna e ho raccolto frutta. Ho lavorato come operaio edile e come caricatore di camion. Ho fatto il camionista e il cameriere. Il commesso e il venditore porta a porta.
Ho fatto l'imprenditore e il consulente aziendale.

Da cosa dipende avere un lavoro?
FIRST da una visione chiara delle cose e SECOND dal saper essere bravi a fare qualcosa di concreto che possa essere collocata sul mercato come fattore di scambio.
Alla prossima.

per Aspera ad Astra!

giovedì 25 marzo 2010

Da cosa dipende avere un lavoro?

Ciao a tutti,
e grazie per essere qui.
Come annunciato ieri, ho deciso di riprendere questo percorso insieme a voi nel mondo del denaro e della cose che vi stanno attorno.
Cioè lavoro, economia, finanza, risparmi, efficienza, managerialità, idee, marketing e chi più ne ha ne metta.

Lo riprendo insieme a voi con grandi sogni.
Lo riprendo insieme a voi desideroso di imparare ancora e sempre di più.
Come consulente aziendale ho seguito parecchie persone nei miei anni di lavoro e parecchie aziende.
Ho spaziato dalla semplice consulenza sulle campagne di marketing o promozionale, alla riorganizzazione di una struttura fino alla semplice consulenza fiscale o finanziaria.
Negli scorsi anni ho tenuto parecchie conferenze sull'argomento. Mai che ci fossero molte persone, questo lo ammetto ma.........

Il concetto di fondo è che ho sempre IMPARATO tanto. E ho sempre cercato di tenere conferenze, corsi o consulenze con quasi l'unico intento di IMPARARE.
Dico quasi perchè per un pezzo c'era anche il desiderio di portare a casa qualche soldo con cui pagarmi la spesa e l'asilo di mio figlio. Questo mi pare naturale.

Ma ribadisco che non sono mai stato guidato dall'intento di INSEGNARE qualcosa a qualcuno. Certo, questo, di tanto in tanto, avviene. Non lo si può impedire.
Ma il processo di apprendimento è personale. Non è un travaso da un contenitore all'altro.
Il processo di apprendimemento è attivo e gestito da chi apprende. Non da chi trasmette qualche informazione.
Io ho cercato solo di condividere qualcosa con qualcuno e mai di insegnare.
E condividendo è accaduto sovente che io imparassi e chi ascoltava no.

Se proprio dobbiamo mettere in luce una possibile differenza fra me che dicevo qualcosa e chi ascoltava è sicuramente questo fatto: IO ERO LI' PER IMPARARE. Molti degli intervenuti no.

Perchè?
Perchè molti pensano già di sapere. E questo è il primo e più grande ostacolo all'apprendimento.
Lo studente che pensa di sapere già tutto non apprendere niente e non si muoverà di un centimetro dalla sua postazione.

Quindi eccomi qui a cercare di imparare ancora nuove cose con voi.

A parte ciò, mi chiedo e vi chiedo: da cosa dipende avere e mantenere un lavoro?
Per quanto moltissimi di noi siano subito corsi a schiacciare il pulsante A che dice che "DIPENDE DAGLI INCOZZI E DAGLI APPOGGI", io direi che molte altre cose debbono essere dette a riguardo.
Ma visto che voglio scrivere post e non romanzi, vedremo la cosa alla prossima puntata.

Grazie mille dell'attenzione.

per Aspera ad Astra!

mercoledì 24 marzo 2010

Il blog riprende a lavorare

Sono lieto di tornare a scrivere su questo blog.
Mi scuso con i lettori di questa assenza che ha quasi stroncato l'esistenza di questa creatura.

In questi ultimi mesi mi sono dedicato molto nel cercare di analizzare e comprendere il nuovo sistema che si stava e si sta preannunciando alle porte.
I vecchi paradigmi dovevano essere studiati e compresi meglio perchè qualsiasi opinione è inutile nel momento in cui quel dato non si tramuti sic et simpliciter in uno strumento operativo e concreto nelle mani di qualcuno.

Nel 2009 danzavano nella mia testa molte iniziative.
Iniziative che intendo realizzare in questo nuovo anno di crisi.

Si è parlato molto di crisi in questi ultimi mesi.
La parola crisi viene dal greco krino che significa separare o decidere.
Mai etimologia diede maggiori spunti di riflessione.
E' un momento di grande spartiacque. Il mondo e la vita di ognuno di noi sta subendo grandi cambiamenti.
E qui subentrano le decisioni.

E' mio impegno tornare a farvi compagnia ogni giorno.
Nessuno di noi ha la verità infusa e mai mi permetteri di far pensare a nessuno che io abbia la comprensione di tutto o la verità in tasca.
Ma leggere e conoscere altri pensieri e punti di vista è ciò che fino ad oggi mi ha fatto crescere.
E quindi con estrema gioia sono qui a crescere insieme a voi.
Perchè io posso forse darvi qualcosa ma voi potete sicuramente darmi qualcosa.

Grazie per l'attenzione.
per Aspera ad Astra!

giovedì 24 dicembre 2009

Tanti auguri!

Tanti auguri a voi lettori di questo blog.
So che non lo aggiorno spesso ma il 2010 sarà il suo anno.

Grazie mille.

venerdì 11 dicembre 2009

Capitalismo e comunismo: 2a parte.

Proseguiamo con il nostro esame su queste 2 forme di organizzazione economica, il comunismo e il capitalismo, che apparentemente appaiono essere lontane anni luce l'una dall'altra e che per tutto il XX secolo sono state in aperto contrasto.

Ricordiamo la premessa della 1a parte:
Se si premiano (validano) le situazioni con statistiche alte (cose che vanno bene), continueremo ad ottenere statistiche alte.
Se si puniscono le situazioni con statistiche alte, si otterranno statistiche basse.

Rovesciando la cosa:
Se si premiano le statistiche basse, si otterranno statistiche basse.
Se si puniscono le statistiche alte, si otterranno statistiche basse.

Quale caratteristica possono mai avere capitalismo e comunismo per cui possiamo arditamente affermare che sono effetti della stessa causa oppure facce della stessa medaglia? Diciamo pure modelli figli del medesimo genitore e forse per questo in contrasto violento fra loro?

Il comunismo preleva da chi lavora in modo totale e ripartisce in modo egualitario. Engels, co-fondatore del comunismo con Karl Marx, sosteneva il motto: "Da ciascuno secondo le proprie possibilità, a ciascuno secondo le proprie necessità!".
L'idea portante è molto romantica e, antropologicamente, ammirevole.
In realtà il comunismo a conquistato (per poi perderlo) mezzo mondo solamente in virtù di questa meta: far si che nessuno nella società fosse abbandonato a se e fosse diseguale rispetto ad altri nel suo vivere concreto.
Ma esaminiamo da un punto di vista pragmatico il sistema.

Abbiamo un villaggio. Un villaggio composto da 100 persone, più o meno. In esso vi è una embrionale ripartizione dei ruoli. C'è chi coltiva, chi alleva, chi fa il falegname, chi produce vestiti, chi fa il fabbro e così via.
Il comunismo prevede che ognuno dia il massimo e produca e metta la sua produzione insieme a quella degli altri.
Quello che succederà (si può fare l'esperimento) è che qualcuno, dopo un pò, si accorgerà di lavorare più degli altri ma di ricevere, secondo lui, decisamente meno di quanto produce. Qualcun altro, all'inverso, otterrà più di quanto produce.
Questa situazione viola completamente la regola della premessa. Chi produce viene "punito" e spinto a produrre meno. Il ragionamento è che, comunque, lui riceverà sempre le stesse cose in cambio del suo lavoro. Chi non produce vede una convenienza a non continuare a produrre perchè tanto gli viene dato in proporzione alle sue necessità.
Questo però porta in generale ad una diminuzione della produzione dell'intero villaggio. E in pratica questo comportamento porta tutti ad essere più poveri. Che poi è quello che è successo laddove sono stati implementati i modelli comunisti come nell'est europeo. Alla fine il sistema è collassato per mancanza di produzione.

Quindi ne traiamo una scoperta: il comunismo premia le statistiche basse e punisce le statistiche alte.

Vediamo il capitalismo.
In esso, ricordandoci del nostro villaggio, vedremo che ognuno produce e tiene per se quello che produce, scambiandolo sul mercato e ottenendone maggiore ricchezza, sia che essa sia sotto forma di baratto o di denaro.
Ma qui vi è il primo errore in cui molti cadono nell'esame del sistema capitalistico.
Confondono il capitalismo con il sistema di mercato. In realtà queste cose non sono identiche ma semplicemente soventemente sovrapposte.
Cioè si presentano insieme ma non sono la stessa cosa.
In senso stretto il capitalismo prevederebbe che alcuni componenti del villaggio abbiamo la proprietà di qualcosa. Ad esempio delle terre circostanti il villaggio, o del fiume vicino, delle miniere o delle botteghe. Prendiamo il caso che ci sia solo uno che possieda tutte le botteghe e attività artigianali. Lui le mette in opera e richiede il lavoro di altri membri del villaggio a cui passa un compenso fisso sulla cosa. Fabbrica beni e servizi da cui ottiene un certo valore. Lascia a chi lavora (operai) una parte di questo e trattiene per se il resto come profitto.
Fin qui ci siamo? E' semplice. Ma è su questo punto che è facile confondersi.
Questo non è il capitalismo. Non nel senso in cui lo abbiamo presentato. Qualcuno lo chiama capitalismo ma questa definizione deve essere abbandonata perchè porta a delle conseguenze logiche di analisi delle concrete situazioni di mercato che comportano distorsioni troppo evidenti.
Non è una definizione funzionale.

Lo so, lo so. La cosa si sta incartando e diventando complicata. Abbiate pazienza e sbrogliamo il tutto.

Anche se qualcuno nel villaggio possiede i mezzi (il capitale) e pur facendo lavorare altre persone rispettasse le regole premesse, il villaggio andrebbe bene e la produzione crescerebbe.
Immaginiamoci che PIPPO, proprietario di tutte le botteghe e dei campi del villaggio, ricompensasse i suoi operai in base alla produzione. Quello che una volta era chiamato "lavoro a cottimo"! Che succederebbe? Di base questo meccanismo annullerebbe la barriera del capitale.
Io, GIGI, agricoltore ricevo una ricompensa (poco importa se in beni o in denaro) proporzionale ai PRODOTTI ottenuti a prescindere che il terreno sia mio o di PIPPO.

Ed ecco lì il bivio! Eccolo lì il maggiordomo assassino!
Il bivio è IN BASE A QUALE FATTORE CHI LAVORA VIENE RICOMPENSATO?
In base al tempo passato a produrre o in base ai PRODOTTI ottenuti?
Questo crea una grande differenza.
Se paghiamo un operaio per le sue ore di lavoro, ci allontaniamo dalla situazione naturale in cui se non si ottengono prodotti si muore di fame. Perchè si crea l'idea mentale che è il nostro tempo a valere e non l'applicazione della nostra abilità nel conseguire un risultato.
Se aprite un negozio e non vendete, poco importa quante ore siete stati dietro il bancone.
Se siete degli agenti e incotrante mille clienti, poco importa quante ore e km avete divorato.

Il capitalismo entra di scena quando il proprietario dei mezzi di produzione paga a tempo chi lavora per lui consentendogli di mettere da parte per lui stesso quello che Marx chiamava il Plusvalore. Ma qui siamo solo all'ingresso del capitalismo.
Perchè se chi mette a disposizione i propri mezzi di produzione, organizza l'attività dei collaboratori/operai e crea qualcosa (l'azienda!!) che altrimenti non ci sarebbe stata, questo va ancora bene.
Anzi va molto bene. Perchè questo è lo spirito imprenditoriale. Un membro del villaggio capisce che organizzando certi mezzi e persone può ottenere qualcosa di più da vendere agli altri villaggi: questo è buono, porta ricchezza. E la cosa è tanto più buona quanto la distribuzione di questa ricchezza si attua rispettando la regola delle premesse. Gli operai più bravi ricevono di più e quelli meno bravi di meno.

I problemi nascono quando nel sistema imprenditoriale di mercato, qualcuno comincia a guadagnare senza fare niente. Ecco il capitalista. Lui, in un qualche modo, molto spesso politico ovvero di accordi privati di spartizione delle risorse, si pone in una posizione dominante.
E guadagna dal semplice prestare il capitale senza nessun apporto.
Quindi se in un sistema imprenditoriale di mercato, permettiamo che le persone ricevano denaro in base al tempo prestato e non in base ai prodotti e se permettiamo che persone del villaggio ricevano qualcosa senza produrre, allora ritorniamo nel meccanismo del comunismo.
Chi riceve senza fare niente o facendo poco, continuerà a farlo.
Mentre chi si sbatte dalla mattina alla sera per cercare di migliorare le cose comincerà a tirare i remi in barca.

Attualmente nel mondo occidentale non vi è un'economia di mercato basata sul premiare le statistiche alte cioè chi produce.
E del comunismo, i nostri governi hanno preso solo l'aspetto malato ovvero premiare le statistiche basse ovvero chi non fa niente.

Chi di noi non si indigna quando sa che un parlamentare, dopo un paio di anni di legislatura, prenderà una pensione vitalizia pari al suo stipendio parlamentare. Chi non si indigna o prende dei soldi senza meritarli o spera di farlo. O copre qualcuno che è in quella situazione.
Gli altri si indignano.
Perchè non vi è corrispondenza fra il denaro guadagnato e il prodotto.
Perchè un parlamentare deve prendere 10 o 20mila euro al mese (non so esattamente) a priori dei risultati! Perchè deve vestirsi bene quando va a Roma?
Per carità, siamo seri. E smettiamola con questa idea di destra e sinistra. Concetti ideologici creati nell'ottocento totalmente inapplicabili nella realtà di oggi.
Il piccolo imprenditore che lavora da mattina a sera rischiando di suo ha il diritto al profitto. Lui rende la società più ricca.
Ma anche l'impiegato e operaio virtuoso che si impegna e fa guadagnare la sua azienda dovrebbe essere premiato. A discapito dei suoi colleghi non bravi come lui.
Ma questo sembra utopia in un capitalismo che di mercato imprenditoriale ha ben poco ma che di semi comunisti nel suo ventre parecchi.

Alla prossima e grazie dell'attenzione.
per Aspera ad Astra!

venerdì 4 dicembre 2009

Capitalismo e comunismo: 1a parte.

Parlando di denaro e di economia, non si può non parlare dei 2 sistemi fondamentali economici su cui si è dibattuto e si dibatte ancora.

Questi 2 "...ismi" sono talmente entrati nei luoghi comuni della cultura occidentale da aver aninato ricerche, movimenti culturali, rivoluzioni sociali e ogni tipo possibilie di creazione artistica.

Sono sempre stati visti come i 2 nemici, come le 2 vie tra cui scegliere, come i 2 elementi che si combattono ma che non possono vivere l'uno senza l'altro come una sorta di "Don Camillo e Peppone"... che coincidenza era pure comunista.

In questo articolo, però, voglio stravolgere questo appassito criterio di archiviazione dei 2 sistemi economici e mostrare, non so se per la prima volta, come una chiave interpretativa di notevole portata possa essere quella di vedere i 2 sistemi come la diversa faccia della stessa medaglia.

E mostrare come entrambi sono sistemi che sono contrari alla migliore gestione del panorama economico e finanziario.
Ovviamente sto esprimendo un personale giudizio e una linea che sarà molto evidente in questo blog. Quindi non scatenatevi senza ritegno a dirmi che le mie sono interpretazioni e prese di parte.
Lo sono. Quindi è già tutto chiaro. Ma lo sono come lo sono quelli di chiunque.
E nessuno venga a dirmi che c'è un approccio imparziale alla cosa. Non c'è. E non c'è maggiore ipocrisia di chi dice che sta solo esponendo i fatti. Forse lo farà in modo imparziale. Ma già la scelta dell'argomento e dei fatti di cui parlare, sottointende qualcosa di parte.

CAPITALISMO: una buona definizione (non l'unica) sarebbe quella che descrive questo sistema come:
il sistema economico in cui la proprietà dei mezzi di produzione è nelle mani di soggetti privati unici proprietari chiamati "capitalisti" (perchè possiedono il capitale) e in cui esistono altri individui che prestano il proprio lavoro ai capitalisti dietro compenso. I lavoratori non sono proprietari della loro produzione e vivono solo del lavoro e solo quindi "salariati". I capitalisti guadagnano nella rendita della produzione tramite il profitto.

COMUNISMO: una possibile definizione sarebbe:
il sistema economico in cui la proprietà dei mezzi di produzione è nelle mani della collettività e in cui tutti gli individui sono parte di questo sistema senza che nessuno di essi sia proprietario di niente. I compensi sono distribuiti secondo criteri di necessità decisi dal sistema e nessuno può accumulare capitale in forma privata.

Appare ovvio come le 2 definizioni descrivono delle situazioni generali che nella realtà concreta possono presentarsi in molti modi.
Lasciando perdere la politicizzazione dei 2 sistemi, è innegabile osservare che a seguito della caduta del muro di Berlino, il sistema comunista abbia perso moltissima credibilità da un punto di vista operativo mentre il capitalismo sembra dominare incontrastato nel mondo, soprattutto quello ricco.

Prima di approfondire la questione, vorrei citare una legge naturale che quasi chiunque in buona fede non può che osservare essere vera e valida in ogni contesto e situazione.

PREMESSA: potendo indicizzare qualsiasi fenomeno umano relativo alla produzione (economia) possiamo vedere che ogni situazione possa essere simboleggiata da un andamento statistico. Se la produzione (esempio!!) consiste di numero di sedie prodotte e vendute da un falegname, vedremo che la cosa può essere simboleggiata da un andamento statistico, che potrebbe anche essere rappresentato da un grafico. Possiamo vedere, che con un pò di sforzo, qualunque attività possa essere rappresentata da una statistica.
Questa statistica può avere una tendenza ad andare verso l'alto (statistica alta) oppure una tendenza ad andare verso il basso (statistica bassa).
In generale potremmo chiamare statistiche basse tutte le situazioni (al limite anche sociali) in cui le cose vanno male o sono contrarie ai migliori interessi della maggior parte delle persone coinvolte. E, di converso, statistiche alte le cose che vanno bene e che sono favorevoli ai migliori interessi della maggior parte delle persone coinvolte.

LA LEGGE CI DICE:
Se si premiano (validano) le situazioni con statistiche alte (cose che vanno bene), continueremo ad ottenere statistiche alte.
Se si puniscono le situazioni con statistiche alte, si otterranno statistiche basse.

Rovesciando la cosa:
Se si premiano le statistiche basse, si otterranno statistiche basse.
Se si puniscono le statistiche alte, si otterranno statistiche basse.

Alla seconda parte del post vedere come questa legge si possa applicare in generale e come si applica nello specifico alla comprensione del comunismo e del capitalismo.

Grazie per l'attenzione.
per Aspera ad Astra!
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