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martedì 18 settembre 2012

Il fattore "IO VOGLIO"



Salve a tutti, dopo un'estate calda e afosa come da tanti anni non accadeva, si chiude il capitolo "vacanze" e ci si rituffa nel mondo del lavoro e della produzione.
 
Sappiamo che in questi ultimi mesi la nostra presenza su questi schermi non è stata frequente. In un contesto di tecnica PNL, noi non dovremmo neppure chiedere scusa. Ma senza togliere niente a questo insieme di tecniche, in cui è possibile trarre molti insegnamenti, noi di DENARO e DINTORNI siamo seguaci del buon vecchio adagio che recita "la verità è un proiettile che può bucare ogni tipo di corazza".
 
Ritorniamo su questi lidi con un post che si basa sulla traduzione nella nostra lingua di un articolo di un social network americano. I concetti delineati sono, secondo noi, forieri di molteplici riflessioni.

Il post parla di cosa significhi realmente il concetto di volontà.

Quanto è importante per voi raggiungere i vostri obiettivi? Quanto volete davvero aumentare il vostro reddito? Quanto volete migliorare il vostro futuro?

Quanto maledettamente volete avere successo?
Su una scala da 1 a 100 (con 100 che vuol dire che si è così eccitati e appassionati per il proprio successo da non dormire la notte), quale punteggio personale avreste ora? Cosa  accadrebbe se incrementaste questo punteggio di 30 o 40 punti?
Dopo aver definito con esattezza il vostro obiettivo o prodotto (come illustrato in un precedente articolo qualche settimana fa), ora è necessario aggiugere qualche cavallo vapore al motore.

Il fattore "IO VOGLIO" è qualcosa che potete controllare. Nei fatti, molte persone riescono nel loro campo, non perchè siano degli esperti o particolarmente competenti ma perchè il loro fattore "IO VOGLIO" è molto alto. Essi vogliono veramente avere successo e danno tutto ciò che è necessario per raggiungere i loro obiettivi.

Molte persone non vogliono, nei fatti, il risultato del loro lavoro (prodotto) con la giusta intensità affinchè la cosa si realizzi.
Invece di trovare il modo di avere successo, trovano scuse.

Dopo aver dato un nome al proprio prodotto (definito con esattezza!), è necessario quindi volere il proprio prodotto.

1. Nominare il proprio prodotto o il risultato cercato. E' molto più facile volere qualcosa di specifico che qualcosa di non definito, espresso solo in termini generali.
Ottenete qualcosa di specifico. Per esempio, un venditore di auto potrebbe desiderare di fare 30 prove su strada con clienti, 5 vendite e 1.000 euro di commissioni guadagnate in una giornata. Un consulente fiscale potrebbe desiderare di completare 20 dichiarazioni dei redditi e riuscire a trovare 3 nuovi clienti. Una madre potrebbe desiderare che suo figlio di 4 anni impari ad allacciarsi le scarpe e sua figlia di 16 smettere di fumare marijuana.

2. Decidere QUANTO si desidera il risultato. Questo è un qualcosa che può essere incrementato in base ad una decisione.
Per esempio, il pensiero "Certo, mi piacerebbe avere una carriera di successo" non equivale ad una grande quantità di "volontà". Occorre cambiare l'atteggiamento in qualcosa di simile a: "Fare della mia carriera un gran successo è così importante per me che farò tutto quello che serve per essere il migliore del mondo. Lavorerò 10-12 ore al giorno. Imparerò tutto quello che posso e cercherò tutto l'aiuto che mi è possibile, da ogni risorsa possibile. Voglio mangiare, dormire e respirare la mia meta. Userò la mia forza, il mio tempo, la mia conoscenza, la mia fiducia, la mia fede e le mie risorse per far andar bene le cose. Diventerò il migliore in questo campo e raggiungerò la mia meta non importa ciò che occorrerà".

3. Se non è possibile far si che si VOGLIA ottenere il prodotto, raggiungimento o risultato, ci deve essere qualcosa di sbagliato.
Forse, è necessario mettere prima a posto qualcosa nella propria vita. Molti fattori nella vita possono distruggere o limitare il tuo desiderio di ottenere qualcosa: droghe, alcool, cattive relazioni, comportamenti non etici e così via.
Forse si ha bisogno di una maggiore auto-disciplina, un approccio migliore, più istruzione, persone con maggiori caratteri positivi attorno a se, un atteggiamento gentile verso se stessi o un luogo migliore dove vivere e lavorare.
O forse c'è bisogno di stabilire qualche altra cosa da voler realizzare.

In ogni caso, dovete trovare un modo per VOLERE passionalmente, intensamente ed irragionevolmente ciò che avete STABILITO per voi. Abbiate più desiderio di ottenerlo o realizzarlo rispetto a qualunque altra cosa abbiate desiderato finora. Se il vostro fattore "IO VOGLIO" è forte abbastanza, niente può fermarvi. 
Così, quanto maledettamente volete aver successo?

Speriamo che questo articolo, molto, molto profondo nei suoi concetti di base, sia di grande spunto per le vostre conquiste.

Grazie per l'attenzione.

venerdì 4 maggio 2012

Si può uscire dalla crisi? Introduzione.

Forse questa non è la prima domanda che in questi ultimi tempi gli italiani si stanno ponendo.
L'attenzione va in modo talmente pressante a come riuscire a fronteggiare i problemi quotidiani, che stare a pontificare sui massimi sistemi dell'economia non sembra essere qualcosa di urgente e di interesse per l'uomo comune.

Ma se facciamo un passo indietro, forse è proprio questo dis-interesse per le dinamiche generali dell'economia da parte dell'uomo comune, del cittadino medio, di ognuno di noi ad averci condotto qui.
L'economia e la finanza, per fortuna o purtroppo, non sono discipline che riguardano il singolo. 
Sono talmente correlate al concetto di gruppo e di vivere insieme ad altre persone, che ridurre i problemi economici e finanziari solo alle proprie esigenze è quantomai sbagliato.

Ma di questo parleremo in un prossimo articolo.
Ritorniamo alla domanda: si può uscire da questa crisi economica, ormai non più ignorabile e sotto gli occhi di tutti?
Si, si può.

Non che nessuno di noi abbia la bacchetta magica e la soluzione pret-a-porter per ogni cosa.
Partiamo da un dato stabile e cioè che nessuna crisi sia qualcosa di insuperabile, una sorta di apocalisse che distrugge ogni forma di vita.
E' indubbio che delle dinamiche sono giunte alla fine e taluni meccanismi con cui aziende, banche e consumatori hanno adottato fin'ora hanno esaurito la loro validità.
Tempo di crisi come tempo di cambiamenti, quindi.

E d'altronde una crisi è proprio un momento che segna grandi e piccoli cambiamenti.
Si può quindi uscire da ogni crisi.
E su questo nessuno deve avere dubbi.
Che sia facile è un altro paio di maniche. 
Che tutti siano felici di uscire dalla crisi è un altro punto di domanda di cui non siamo proprio certi.

Certo è che in ogni situazione, anche quelle di crisi, c'è sempre qualcuno che ci guadagna.
Certo è che questa crisi sia stata fortemente pilotata dall'alto per motivazioni di dubbia legittimità e altruismo. Questo è sempre stato il segreto di Pulcinella. 
Il velo di certi meccanismi è stato sollevato e sono sempre più le persone che cercano di andare più a fondo dell'attuale panorama economico. Sia in Italia che in Europa.

Ma, concludendo questo post, è doveroso concentrarsi su qualcosa di pratico.
Se si può uscire dalla crisi, rimane la domanda di come si può fare.

La prima cosa da comprendere è che uscire dalla crisi è un'attività individuale e un'attività di gruppo.
E' una strada che parte e si sviluppa su 2 corsie.
Individualmente si dovrebbe riflettere sulle motivazioni e mancanze che ci hanno condotto in difficoltà.
A livello collettivo si deve comprendere che non si può mantenere un certo tenore di vita senza attuare della produzione concreta e non solo vaghe e svagate speculazioni finanziarie.
Ma nei prossimi articoli, entreremo più nel dettaglio.

Grazie per l'attenzione.

mercoledì 7 marzo 2012

Ripartenza del blog

Salve a tutti.
Dopo una lunga assenza, ritorniamo a lavorare al blog.
Ringrazio innanzitutto tutti coloro che ci hanno seguito fino a questo punto.

Da oggi in poi, questo blog si allineerà maggiormente con il progetto Espansione Money di cui fino ad adesso ha fatto solo il lontano cugino.

Ovvero, da oggi in poi, questo blog diventarà la voce pulsante dell'attività di "financial coaching" svolga da Espansione Money.
Qualcuno ci chiederà cosa sia il "financial coaching".

In un mondo in cui l'informazione diventa sempre più tempestosa e disorientante, nasce l'esigenza che alcuni individui si specializzino in determinate discipline.
Così come alcuni secoli fa, è venuta alla luce la necessità di specializzazione nelle attività lavorative, è ora (già da qualche tempo in realtà) necessaria una specializzazione nel campo dei servizi.
E tra i servizi, nel campo dei servizi informativi e formativi.

Da qui nasce il "coaching" ovvero l'uso di una figura esterna che assista qualcuno in una particolare esigenza.
Esistono così i "coach" (allenatori in italiano) per le diete, per la preparazione fisica o artistica.
L'idea è che in questo mondo bersagliato da malcomprensioni in tema di denaro, finanza ed economia sia più che mai necessario offrire un servizio di ASSISTENZA E CONSULENZA ad individui e organizzazioni.

E qui nasce il progetto Espansione Money, una rete di professionisti guidati dal dott. Antonello Mela, che offre una pluralità di servizi di consulenza e formazione.
Sul sito di Espansione Money, www.financialcoach.tk, è possibile dare un rapido sguardo a questi servizi ma questo stesso blog avrà il compito di illustrarvi cosa è possibile fare.

A chi serve il financial coaching? A tutti.
A persone che hanno perso il lavoro e ne cercano un altro. A persone la cui attività è un pò in crisi. A persone che vorrebbero gestire meglio i loro risparmi ed entrate. A persone che vogliono tirarsi fuori dalla rete di bugie.

Grazie per l'attenzione.

lunedì 5 dicembre 2011

Assenza

Non pensavo di assentarmi per così tanto tempo.
Dopo un periodo in cui era diventato per me una consuetudine postare un articolo al giorno (o quasi) sul blog, rendermi conto di essere stato assente per così tanto tempo è veramente brutto.
Veramente il tempo mi è fuggito da sotto le scarpe.
A riprova che quando si mette a posto un meccanismo e questo funziona bene, la sua rottura non sempre prevede un rientro veloce alla normalità.

Come avrete compreso il tutto è iniziato semplicemente con un pò di giorni in cui sono stato male, seguiti da giorni in cui ho seguito da vicino altri componenti della mia famiglia che sono stati anch'essi un pò martoriati da un violento per quanto passengero virus intestinale.

Purtroppo a questo si è aggiunto anche un sovraccaricarsi di alcuni impegni, sia lavorativi che extra-lavorativi. In particolare in queste ultime settimane ho dedicato i miei momenti liberi al completamento del mio nuovo libro. Che è stato terminato ed è adesso in fase di editing editoriale, sperando che la revisione vada in porto e che si sappia quando il libro sarà disponibile.

Di sicuro di cose ne sono successe in Italia, finanziariamente ed economicamente parlando intendo.
E materiale di cui parlare ce ne è in abbondanza.
Per di più ho quasi concluso un corso di formazione in questi giorni (eh si, il segreto è quello di non pensare di aver mai finito di imparare. Perchè da imparare ce ne è davvero tanto!!) che mi ha insegnato parecchie cose favolose e mi ha fatto riflettere su alcuni comuni errori che le persone commettono nell'organizzazione del loro lavoro e nella gestione del tempo.

Che dire quindi? Magari mi dispiace non avervi lasciato un post informativo di sole 2 righe per questa assenza ma i giorni sono davvero volati e contavo di riprendere a scrivere già da un bel pò.
Comunque siamo qui.
E ci rivediamo presto.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 10 novembre 2011

Come uscire da un tunnel di debiti? 2a parte

Dopo aver chiarito la distinzione fra debito e conto da pagare, il primo passo per portare ordine nella propria situazione finanziaria è quello di stilare un prospetto, possibilmente ordinato, cartaceo in cui evidenziare (nero su bianco) quale è la propria situazione finanziaria.

Mancare di avere un quadro chiaro e asciutto di quello che guadagniamo, di quali siano i costi fissi, i costi variabili e le somme che non stiamo riuscendo a pagare è non solo importante ma FONDAMENTALE E IMPRESCINDIBILE.

Uno degli errori, se non proprio il più grave che si possa commettere, in cui non cadere è quello di non avere un quadro chiaro della situazione.
Fin troppo spesso, lo scriviamo per averlo appurato per esperienza occupandoci di centinaia di consulenze personalizzate, le persone hanno una visione molto distorta dei loro conti da pagare e dei loro debiti. Soprattutto quando parliamo di singoli individui e di piccole imprese a conduzione familiare o giù di lì. Alcuni mi hanno risposto: "Ma se i soldi che circolano nelle tasche sono pochi a che serve tenere una contabilità?". Altri, forse con più arguzia, mi hanno detto: "Si, tengo la contabilità, porto tutte le fatture al commercialista!".
Con ordine......
Se il flusso monetario è basso o nullo, è ancora più importante tenere traccia dei movimenti per comprendere quale sia la situazione. Paradossalmente è più importante che chi non ha soldi tenga sotto controllo i propri conti rispetto a chi soldi ne ha da buttare.
La contabilità che un commercialista offre e gestisce non è esattamente la stessa cosa del tenere sotto controllo l'intero panorama finanziario di un individuo. Il fine è diverso. Il commercialista gestisce i conti di qualcuno con il punto di vista di rispettare le norme fiscali e di eseguire quegli che sono gli adempimenti richiesti. Le 2 cose quindi non sono uguali.
Anche perchè da una contabilità fiscale tenuta dal commercialista vanno esclusi tutti i movimenti che non hanno un evidenza giuridica. Ad esempio, un debito con un privato non è qualcosa di cui un commercialista può tenere traccia perchè non è un movimento fiscalmente rilevabile.

Come deve essere composto un quadro finanziario? Dovrebbe separare, come in qualsiasi contabilità, il patrimonio di una persona dal suo prospetto di entrate-uscite.
Per essere chiari useremo una spiegazione che chiarirà molti dubbi. Anzichè usare i classici nomi per parlare di patrimonio e cioè attività e passività, creeremo un prospetto patrimoniale come segue:
Da una parte indicheremo le IMPIEGHI (al posto delle parola attività!) e dall'altra indicheremo gli FONTI (al posto della parola passività).
Gli impieghi indicano quale destinazione o uso avranno i soldi. Potrebbero essere beni strumentali oppure accantonamenti sul conto corrente. Un credito è un impiego. Perchè i soldi che diamo in prestito vengono in un certo senso destinati a qualcosa.
Le fonti indicano da dove provengono i soldi. Tipicamente vengono da finanziamenti (propri o di altri) oppure da guadagno.
Ne deduciamo che quello che rimane dai ricavi detratti i costi costituisca un'entrata netta che diventa una fonte.
Nelle fonti occorre inserire tutti i propri debiti. Con privati, con lo stato o con banche.
Consiglio un programma che è molto utile per gestire i propri conti e che, nonostante sia molto semplice, è comunque molto professionale. E' un programma a uso libero e non costa assolutamente niente. Contattatemi via mail e non solo vi indicherò il nome del programma e il sito da cui scaricarlo gratuitamente. Ma vi invierò un modello di contabilità che gira su questo programma in modo assolutamente gratuito con consulenza apposita.

Quindi iniziamo da questo punto.
Mettiamo ordine ai nostri conti. E' il primo punto da cui partire.
Guardare in faccia il mostro e prendere il toro per le corna (per usare 2 metafore) è il primo passo per la soluzione dei problemi.
Mettere la testa nella sabbia il modo più facile per far perdurare ogni situazione.
Sembra il consiglio più banale e più scontato ma è verità sacrosanta, sperimentata di persona.

RICHIEDETEMI QUINDI IL NOME DEL PROGRAMMA E UNA CONSULENZA PERSONALIZZATA.  L'indirizzo email è denaroedintorni@tiscali.it.

Al prossimo post sull'argomento.
Grazie per l'attenzione.

giovedì 3 novembre 2011

Fare Business adesso in Italia? Che faccio, mi metto in proprio?

Nella mia attività di consulente finanziario, mi è capitato spesso di trovarmi ad accompagnare dei coraggiosi nel loro tentativo di mettersi in proprio e avviare una propria attività.
Ovviamente le persone si rivolgevano al mio studio di consulenza principalmente per l'ottenimento delle risorse finanziarie con cui dare via all'impresa.
Praticamente nessuno (nella mia personale casistisca decennale) si è presentato a richiedere dei finanziamenti con un piano aziendale preciso o con una chiara visione di quanto stavano per andare a fare.

Questa cosa è peculiare e volevo condividerla con voi oggi.
Sopratutto alla luce delle ultime vicende che stanno condizionando il presente e il futuro del nostro paese.
La domanda è precisa: è il caso di avviare qualche progetto imprenditoriale in Italia, ora?

La risposta non può essere un bianco o un nero. Non può essere un assoluto si o un assoluto no. D'altronde non gradiamo tanto l'uso di logiche assolute. Troppo grossolane, troppo superficiale. Solo 2 valori di riferimento quando il mondo è una sfumatura continua di colori e toni.
Dovremmo vedere di quale mercato parliamo, dovremmo vedere di quale precisa zona d'Italia parliamo.

Ma possiamo esaminare la cosa, partendo dai dati di fatto. Pensavate che l'Italia non fosse il miglior paese in cui iniziare un'attività imprenditoriale. E' una sensazione ma parrebbe anche un dato di fatto. Il sito "Doing Business" (fare impresa) della Banca Mondiale stila ogni anno una classifica di molti fattori relativi al fare impresa. Complessivamente, per l'anno entrante, siamo posizionati addirittura al 87-esimo posto (in calo di 10 posizioni rispetto all'anno precedente). In pratica ci sono SOLO 86 nazioni al mondo in cui è più facile aprire e condurre un'attività in proprio. Diciamo che in una classifica di 183 nazioni non è un grande risultato. Insomma vedete voi. Per essere la 7° o l'8° potenza industriale mondiale mi sembra una VERGOGNA. Questa è la pagina. Se volete divertirvi a vedere altri parametri (come ottenere credito, permessi di costruire, risolvere insolvenze, etc.) giusto per avere una panoramica maggiore.

Ora i soliti "finti" nazionalisti, diranno che sono solo opinioni contestabili, "saranno bravi loro", e così via. Non che ci piaccia prendere per oro colato classifiche e procedure statistiche. Ma ci piace l'idea di prendere qualsiasi di queste opinioni e raccogliere la sfida di poter fare un'autocritica costruttiva.
Che in Italia la burocrazia, le commistioni pubblico-privato, i clientelismi, una giustizia civile assurda anche per un paese del terzo mondo siano dei GROSSI problemi non lo scopriamo da un report di un'agenzia internazionale.

Quindi, tu che ora leggi e che vorresti metterti in proprio, cosa pensi di fare?
E' una buona idea aprire un'attività ora?

Partiamo da un presupposto. L'Italia è il nostro paese. Se adesso è ridotto come è ridotto è anche frutto di qualcosa che abbiamo fatto o NON abbiamo fatto anche noi. Quello che abbiamo è il risultato della somma delle responsabilità di tutti noi italiani. Su questo non ci piove e non ci si discute.
Quindi abbiamo, anche, la responsabilità di pensare di ricostruire la dignità e la credibilità di un paese che ha un patrimonio umano e culturale unico nel pianeta. L'Italia è un paese che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Questo non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo.

Quindi, da fidanzate tradite, o prendiamo il coraggio a 2 mani e andiamo via da questo paese, andando a vivere da qualche altra parte, oppure vediamo che si può fare.

Mettersi in proprio in Italia non è facile, ma d'altronde molte persone ce l'hanno fatto nonostante tutto. Quindi il punto è che dobbiamo fare le cose in un posto dove la gravità è maggiore. Si fatica di più, è vero. Ma la sfida è maggiore. E vincere ancora più entusiasmante.

Vedremo prossimamente come arrivare corazzati al fatidico momento di mettersi in proprio. Come trovare le risorse in questo momento non facile e come preparare un piano aziendale che non sia una stupidaggine accademica come i business plan che vengono spesso preparati.
E se scriviamo così, abbiamo motivi validi per dirlo.
Quindi, si, ci possiamo mettere in proprio ma non prima di avere chiari i pericoli e le difficoltà. E le risorse che dobbiamo avere.

Alla prossima. Grazie per l'attenzione.

mercoledì 2 novembre 2011

Gli italiani e la paura del default!

In questi difficili giorni per il futuro della nostra nazione, di noi stessi e dei nostri figli, è difficile trovare qualcosa su cui ridere e sorridere.
Una cosa mi ha sempre colpito del modo di fare giornalismo nell'italico stivale.
Questo uso ossessivo di alcuni termini spefici che diventano quasi dei tormentoni di un comico.
Quante parole, di uso non consueto, sono entrate nel lessico comune, solo perchè ripetute e ripetute in una specie di orgistica cerimonia religiosa volta ad evocare qualche sorta di dio o di demone?
Quante ne abbiamo sentito in questi anni?
Inciucio, ribaltone, Bunga-Bunga, Sars, influenza suina e via discorrendo.
Non si riesce in un colpo solo a ricordarli tutti. Ma sarebbe bello.
In queste ultime settimane non sento altro che parlare di spread, io che ho usato questa parola nel mio lavoro per anni. Spread non significa altro che differenziale. Fra 2 valori. Quello di cui parlano in modo ossessivo e compulsivo i gionali e le tv è il differenziale fra il tasso dei titoli di debito pubblici tedeschi (bund) e quelli italiani. Maggiore è questa differenza, maggiore è la percezione che investire nei titoli di debito pubblico italiani sia pericoloso. Un modo indiretto per valutare la credibilità del nostro sistema paese.
E poi c'è DEFAULT. Il default è una bella parola inglese che ha una perfetta sorella gemella italiana che si chiama insolvenza. Ci si potrebbe chiedere perchè chiamare 2 cose con nomi inglesi quando hanno un corrispondente perfetto e preciso nella nostra lingua? Ma è un tema che ci porterebbe lontano.

Insolvenza significa semplicemente quello che significa. Letteralmente l'incapacità di mantenere fede agli impegni di pagamento concordati. E' qualcosa che vale per un individuo, per una società commerciale e per una nazione intera.
Sebbene molti italiani sappiano tutto sulla vita e sulle aspirazioni dei concorrenti del grande fratello o delle misure toraciche e pubiche di Belen Rodriguez, non tutti sanno (o non tutti ricordano!) che con un debito pubblico di quasi 2.000 miliardi di euro, l'Italia sborsa ogni anno poco meno di 80 miliardi di euro di interessi. Cioè paga ai possessori dei titoli di debito pubblico questi rendimenti accordati per contratto.
Come nazione, come sistema paese dobbiamo cacciar fuori tutti questi soldi SOLO e UNICAMENTE per pagare gli interessi. Senza la minima possibilità di neppure ridurre il debito. Lasciamo perdere poi quando ci sono delle tranche di debito che debbono essere rimborsate. Anche perchè i titoli hanno delle scadenze: 2 anni, 5 anni, 10 e persino 30 anni.
E che si fa quando i titoli scadono? Generalmente si fa la cosa più ovvia anche se la meno furba. Cioè si rinnova il debito.

Qualcuno ha detto che l'Italia è un paese troppo grande per poter fallire.
Su questa regola non scritta si basano la maggior parte dei disastri finanziari pubblici e privati.
E' evidente che un singolo individuo non può sopravvivere a lungo in una situazione debitoria. Tant'è che una gestione finanziaria scorretta da parte di una piccola ditta sfocia quasi subito in un fallimento.
Altrettanto ovvio è che maggiori sono le dimensioni (in termini di persone e strutture coinvolte) del soggetto e maggiore è il tempo perchè questo collassi su se stesso e cada.
Ma la storia insegna che anche gli imperi si disgregano. E spesso lo fanno nel giro di pochissimo tempo. Cioè stanno lì, stanno lì, stanno lì, stanno lì.... apparentemente solidi ma con una continua crescita interna dei problemi. Che di base sono problemi di disequilibrio delle risorse che il controllo centrale non riesce a riportare in uno stato di equilibrio.
Quindi se qualcuno vuole tranquillizzarvi con questa favola per bambini che L'Italia è una nazione troppo grande per fallire sappiate che non è una strategia molto lungimirante e fondata.
O qui si fa qualcosa (e non sembra che chi debba farlo sia nella condizione di riuscirci!) o semplicemente il giocattolo si rompe.
C'è qualcuno che lo ripete da anni. Tacciato di non amare il proprio paese o di essere negativo o pessimista. Come se un dottore che scopre che un suo cliente ha il cancro possa essere tacciato di essere un catastrofista solo perchè consiglia di curarsi.

L'Italia è a rischio insolvenza o default se preferite. Lo è davvero. Cosa tutto comporterà questo non è prevedibile nemmeno da 10 nobel dell'economia fusi insieme. Troppe variabili, troppo imprevedibili le reazioni emotive di chi verrebbe colpito.

Naturalmente è facile, per uno come me, uno dei tanti, per quanto operatore in campo economico e finanziario, stare qui a sparlare.
Sarebbe giusto proporre delle soluzioni o indicare delle strade.
Dal mio punto di vista, di fronte ad un problema grande, ci vuole una soluzione grande. Ovvero delle modifiche radicali dell'intero sistema. E queste modifiche sono talmente grandi che nè la classe politica, nè di chi tira le fila di questo sistema potrebbero portare a compimento. Perchè in primo luogo taglierebbero drasticamente la loro funzione e la loro importanza.
Il sistema è malato. Anzi sta muorendo. Non penso che prescrivere una tachipirina o uno sciroppo per la tosse sia il modo per salvare il moribondo.

La prima cosa da fare sarebbe quella di capire che se ne esce solo lavorando. Quindi il primo provvedimento che un governo dovrebbe fare è penalizzare chi fa i soldi con i soldi e premiare chi fa i soldi con il lavoro, con la produzione, con la fornitura di servizi e beni.
Contemporaneamente si dovrebbe dare un taglio incredibile a tutti i costi superflui. E ci sono in giro un sacco di libri che li elencano (vedi La casta e similari).
A quel punto si potrebbe entrare nello specifico di cambiare i fondamenti del meccanismo finanziario e bancario. Ovvero perchè le banche hanno tutto questo potere? Perchè lo stato se ha bisogno di denaro deve farselo prestare? Anzichè usare la sua credibilità per ottenere credito a costo zero?
Ne riparleremo in un prossimo articolo.
 
Grazie per l'attenzione.


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