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giovedì 7 agosto 2014

Il problema dell'economia non è il denaro (banconote e conti correnti in euro)....

Mi scuserete se ho cercato di mettere tutto il succo dell'articolo nel titolo. O almeno se ci ho provato, colto da improvvisa frenesia.

Oggi cercherò, spero in modo quasi definitivo, di mettere la parola FINE su una bugia che circola sui mass-media e su internet. E sulla bocca delle persone mentre, distratte, chiaccherano prendendo un caffè o fumando una sigaretta in una pausa.

Rielaboro un pò molto del materiale che ho già scritto in precendenza ma spero di farlo in un modo che si possa capire in un solo articolo come funziona.

Iniziamo con alcune defizioni base.

PRODOTTO = qualcosa che viene creato o trasformato o semplicemente spostato nello spazio o nel tempo e che rappresenta, una volta scambiato, una utilità per qualcun altro. Un prodotto può essere una cosa, un oggetto, un materiale, un'energia o un servizio di qualsiasi tipo.

DENARO = Un simbolo che rappresenta ciò che viene prodotto in modo da semplificare gli scambi. Il denaro rappresenta sempre dei prodotti.

Da queste due semplici definizioni si capisce che il denaro non è il problema. Il denaro non può mai essere il problema. Perchè il denaro è ciò che arriva sempre dopo la produzione. Se non c'è produzione non c'è denaro. Se c'è poca produzione, c'è poco denaro. Questo vale per l'individuo ma anche per una collettività.
Ma allora perchè circola questa BUGIA? Cioè "L'economia non si riprende perchè c'è bisogno di far quadrare i conti pubblici e rimanere entro i parametri imposti dalla comunità europea. Quindi bisogna stringere i denti e tirare la cinghia." Inoltre si dice "Le banche, che sono in difficoltà per via dei numerosi prestiti che non stanno rientrando causa crisi, non erogano più finanziamenti e non è possibile quindi per le imprese rilanciarsi e riprendere a crescere!".

Quindi, traducendo, lo Stato non eroga soldi perchè deve risparmiare e le banche non prestano più soldi perchè non gli sono stati restituiti quelli che hanno prestato in passato.
Sarà vero?

Semplicemente no. Ma veramente bisogna vedere le cose in un modo semplice. E chi ti dice che le cose non sono così semplici vuole fregarti e indurti in errore, perchè le cose sono così semplici. Solo più estese e stratificate ma il concetto è sempre quello.
Perchè le frasi esposte sopra non sono corrette?

1) Uno stato non è un soggetto economico vero e proprio. Non è un'azienda, nè un privato e nè un consumatore. Lo stato è come il croupier di un tavolo di ruolette al casino. E' il banco, è qualcosa che sta lì perchè il gioco funzioni. Non partecipa al gioco. Lo stato stabilisce l'ammontare complessivo di produzione di una nazione e produce sufficienti quantità di denaro (che non ha valore nè costo in se) affinchè chi scambia beni e servizi non abbia problemi. Lo stato non ha bisogno di soldi perchè lo Stato li fabbrica. E ne deve fabbricare la quantità necessaria. Nè di meno (altrimenti ci sono i prodotti e il lavoro ma non i soldi per pagarli) nè di più (altrimenti c'è inflazione galoppante che distrugge il valore del denaro).
Che lo stato non possa pagare i dipendenti pubblici perchè i soldi sono finiti è un'assurdità contabile. Può sempre. Se ora non può significa che c'è qualche aspetto di questo meccanismo che ci viene taciuto o che viene alterato. E in questo caso entrano in gioco forze ormai più potenti dello stato stesso che lo obbligano a sottostare a voleri che non sono più in sintonia con le vere necessità di un popolo ma solo di un ristretto gruppo di privati.

2) Le banche non prestano del denaro prodotto da loro. Non prestano denaro accantonato che è stato quindi prodotto da qualcun altro. Da molto, molto tempo quasi tutte le banche private e commerciali non fanno altro che creare denaro dal nulla allo stesso modo di uno stato. Cambia semplicemente il motivo per cui prestano questi soldi. Ovvero lo fanno per pura speculazione o lucro. Creano denaro dal nulla e lo prestano chiedendo indietro molto di più (capitale + interessi) di quello che hanno prestato. Quel di più che richiedono indietro deve essere creato da nulla. Ed è frutto di durissimo lavoro. E, siccome il denaro che la banca presta viene creato senza sforzo, non si capisce perchè invece il denaro che si restituisce deve basarsi su così tanto sforzo?
Facciamo un esempio. Se un privato presta soldi ad un altro privato, egli subisce un danno o un potenziale danno per questa operazione. Egli si ritrova SENZA il suo denaro lavorato e guadagnato. Appare logico che chieda all'altro privato (colui che riceve il prestito) una piccola somma che giustifichi il suo"fastidio" o danno. In questo caso la richiesta di interessi sarebbe giustificata. Sarebbe come se ti "noleggiassi" qualcosa che è mio. Siccome me ne privo temporaneamente, tu mi paghi per questo servizio.

La banca però non ti presta il suo denaro..... Non ti presta neppure il denaro che ha nei suoi depositi in custodia. No! Ti presta del denaro che crea nell'attimo in cui decide di darti un prestito. Come fa? Semplice potere concesso dallo Stato.
Se io banca accetto di finanziarti, che so....., 100.000 euro non faccio altro che far comparire sulla contabilità del tuo conto corrente quella cifra. Prima era zero e dopo è 100.000.

Assurdo dirà qualcuno di voi! Ci saranno delle regole. Certo che ci sono. Ma questo viene fatto lo stesso. O penserete che se andate nella vostra banca, nelle cassaforti ci siano depositati tutti i soldi che risultano dalla somma di tutti i conti correnti di quella filiale? Ah, ah, ah! Ma lasciamo perdere.
Probabilmente in una filiale la somma dei soldi depositati nei conti correnti dei clienti raggiunge somme di qualche milione di euro mentre in cassa non ci sono mai più di 30/40 mila euro in contanti.
E lo stesso avviene presso TUTTE le altre filiali di TUTTE le altre banche d'Italia. E del mondo.
Al punto che se domani tutti i correntisti di una banca andassero nella stessa per farsi restituire tutti i soldi che hanno depositato la banca non potrebbe renderli. Non potrebbe neppure organizzarsi per dare i soldi indietro a livello contabile. Fallirebbe. Proprio perchè le banche prestano e danno più soldi di quelli che loro hanno ricevuto.
Si chiama riserva frazionaria ed è un potere bancario molto antico. Pervertito nei tempi moderni dalla nascita della moneta virtuale che oramai rappresenta i 3/4 del denaro circolante (bancomat, assegni, carte di credito, bonifici on line, etc...)

Si, qualcuno ribadirà che le cose non stanno così (anche se poi non spiegano mai nei dettagli e con concetti semplici perchè non stanno così. Si limitano solo a zittire e usare l'autorità per porre in ridicolo.....) ecco che quindi facciamo un esempio concreto.

In Sardegna, un gruppo di ragazzi ha negli anni creato una nuova moneta alternativa al denaro e al di fuori dal controllo delle banche. Questa moneta viene usata per favorire gli scambi. Non essendo l'unica moneta esistente e non essendo accettata dappertutto, in questo momento si usa per pagare parte del prodotto o servizio acquisto. In percentuali variabili.
Quindi posso andare in un supermercato affiliato e comprare 100 euro di alimentari, pagandoli 70 in moneta ufficiale (contanti o bancomat) e 30 in questa moneta virtuale.
Non farò il nome di questa moneta per evitare che qualcuno pensi che è solo un modo per pubblicizzare una nuova iniziativa. Sarò ben felice di farlo in privato, se qualcuno me lo chiede.

Sta di fatto che l'introduzione di questa (nuova) moneta favorisce gli scambi laddove prima non avvenivano a causa della mancanza di liquidità.
Questo potrebbe essere fatto anche dallo Stato. Anzi potrebbe essere fatto in proporzioni incredibili. Salvando posti di lavoro e aziende dalla difficoltà economica.

Alla fine occorre capire che il motivo per cui questi problemi di liquidità sono arrivati sono causati proprio dalle stesse persone e dalle stesse soluzioni che questi ultimi ci dicono ci tireranno fuori dalla crisi.
Austerità nei conti pubblici? Per carità, sono l'anticamera del disastro. Uno stato non è un comune cittadino o un'azienda che ha un bilancio di attività e passività o di entrate/uscite. Questa è una bugia nella e buona e far credere questo è come ingannare qualcuno dicendogli che oltre le colonne d'Ercole si cade nel vuoto.
Uno stato non fa parte del gioco economico. Ne è l'arbitro. Lo stato, di fatto, non è una identità facilmente identificabile quanto un sistema. Non ha bisogno di risparmiare.
Può farlo come singole entità.
Ad esempio una struttura pubblica può e deve economizzare sugli sprechi per puntare ad una maggiore efficienza. Ma questa è un'altra cosa. E' veramente un'altra cosa. Non c'entra niente con i "conti pubblici". Capite la differenza?
Se nelle scuole italiana sono assunti 150.000 persone come personale non docente (i vecchi bidelli) forse è lecito chiedersi se tutti questi impiegati siano necessari e produttivi. Visto e considerato che le pulizie dei locali adesso vengono sub-appaltate a ditte di pulizia esterna.
Ogni scuola dovrebbe avere un bilancio di entrate e uscite e tenere sotto controllo gli sprechi ovvero gli usi non produttivi di denaro.
Il denaro non si usa per pagare gli stipendi di qualcuno che non produce. Perchè quello non è denaro. Riguardiamo le definizioni di cui sopra e lo capireremo. Pagare qualcuno per non far niente fa finire tutta l'economia nei pasticci. Perchè quel denaro, sta in effetti rubando risorse ad altri che invece lavorano. E' uno spreco!
Quindi si..... quella scuola deve contenere i costi e eliminare gli sprechi. Si, tutte le scuole devono contenere i costi ed eliminare gli sprechi. Ma lo stato non è la somma delle scuole, di tutte le scuole. Lo stato è un sistema che gestisce la vita di tutti. A volte diventa soggetto attivo (la scuola, il ministero, il parlamento, la questura, il tribunale, l'ospedale) e quando lo diventa soggiace alle regole di un attore economico per cui non può spendere più di quanto produce.
Ma uno stato non può avere un debito.
Un debito con chi? Perchè?
Perchè si fa prestare i soldi dalle banche? Che sono soggetti privati?
E perchè uno stato si deve degradare al punto di andare da privati a chiedere dei soldi? Quando i soldi non sono nient'altro che un simbolo che il sistema inventa per far funzionare gli scambi?

Cioè una società di ragazzi sardi riesce a creare una moneta (un simbolo) che favorisce gli scambi e non ci riesce lo Stato?

Il problema dell'economia non è la mancanza di soldi. Non lo è. Lo è per il privato che ha lavoro e merci da dare ma che non riesce a vendere perchè chi comprerebbe è anch'egli senza soli.
Il problema dell'economia non è la mancanza di soldi. Lo stato può crearne quanti ne servono per far ripartire la produzione e gli scambi.
Alzate il livello di comprensione.
O vi porteranno via anche le mutande aspettando chissà quali riforme o cambiamenti.....
Se l'articolo vi è piaciuto, condividetelo.
Perchè solo l'informazione può tirarci fuori da questo pasticcio che diventa ogni giorno più grande.

Grazie per l'attenzione che mi avete prestato.

martedì 5 agosto 2014

Espandersi nei momenti di crisi. - 3a parte

Dopo aver assimilato che, a prescindere da qualunque condizione si trovi la strada in cui stiamo viaggiando, tocca sempre a noi piloti dell'auto mantenere il controllo della stessa e dopo aver assimilato il concetto che solo innovandosi si può continuare a mantenere alto il nostro potenziale di sopravvivenza, giungiamo adesso all'ultimo fattore che deve essere preso in considerazione per potersi espandere anche nei momenti di crisi.

Questo fattore è il marketing ovvero lo studio della domanda o la creazione della stessa. Forse in un prossimo futuro potremmo dedicare un post apposito sul marketing in modo da fugare le complessità e alterazioni che purtroppo spesso sono state introdotte riguardo questo argomento.

Un buon articolo che spiega bene e in termini molto semplici cosa sia il marketing lo trovate a questo indirizzo: ideemarketing.learningschool.it

Il marketing è quindi definito come occuparsi della domanda di un prodotto o servizio, investigandola, comprendendola, incrementandola, stimolandola o addirittura creandola.
Una domanda di un prodotto può essere creata.
Il telefono cellulare ne è un esempio. Quando a metà degli anni '90 i cellulari cominciarono a comparire sul mercato non accadde perchè le persone piangevano e bussavano ai produttori di strumenti tecnologici chiedendo che il cellulare venisse costruito e venduto. Nessuno si strappava i capelli perchè non poteva telefonare mentre guidava o mandare messaggi alla sua amata sdraiato sul divano.
L'esigenza non c'era. Guardiamo oggi come siamo messi. E' praticamente inimmaginabile per moltissimi di noi anche solo concepire la nostra giornata senza l'ausilio del cellulare. Saremmo irraggiungibili, non potremmo sapere le cose in tempo reale e un altro sterminato elenco di cose.
20 anni fa, qualcuno creò un prodotto e stimolò la domanda di quel prodotto e del beneficio che il prodotto poteva creare.

Produrre qualcosa senza che dall'altra parte ci sia qualcuno che desideri quel prodotto o servizio è un suicidio. Al punto che è meglio, prima di aprire un'attività o iniziare a produrre qualcosa, sincerarsi che ciò che si intende fare abbia mercato e possa essere desiderato una volta offerto.
Altrimenti si corre il rischio di andare dagli esquimesi a vendere climatizzatori o frigoriferi.
O stufe a pellet all'equatore.......

Le crisi economiche seguono anche i cicli di vita di alcuni prodotti o stili di consumo. Arrivati ad un certo punto, quando il prodotto o servizio ha cessato il suo ciclo vitale, se non si effettua un cambiamento il mercato entra in crisi.

In generale le aziende si curano poco del proprio marketing. Una volta che qualcosa sta andando bene, semplicemente continuano a "picchiare" duro pensando che per decenni o per secoli niente mai cambierà e tutto andrà bene.
Un esempio è stato il settore edile in Sardegna. Per tutta una serie di fattori, tra la fine degli anni '90 e i primi anni 2000 è iniziata una fase di crescita esponenziale delle case vacanze. Si vendevano case a velocità superiore alla possibilità di costruirle, al punto che interi cantieri era già venduti ancor prima che il primo mattone venisse apposto per la costruzione.
Questa enorme esplosione della DOMANDA di case vacanze in Sardegna ha fatto concentrare gli imprenditori del settore unicamente sulla produzione. Perchè quello era il problema. L'offerta doveva pareggiare la domanda, che era forte e in crescita.
Il mercato è cresciuto per circa 15 anni fino al 2008/2009 biennio in cui si sono sovrapposte varie situazioni. L'esplosione dei problemi bancari e di finanziamento mondiale con l'esaurimento della fase di crescita della domanda di case vacanze.
Così, mentre sempre più imprenditori entravano nel mercato per sostenere e aumentare l'offerta, improvvisamente la domanda di case vacanza crolla.
Non diciamo si azzera. Diciamo crolla. Ovvero diminuisce di percentuali importanti.
E tutto proprio mentre l'offerta continua ad aumentare.
Perchè questo? Perchè chi sosteneva l'offerta non aveva la capacità (e forse la preparazione e l'attitudine) di percepire immediatamente questo cambiamento. E quindi per alcuni anni (almeno 3/4) ha continuato a costruire nonostante non ci fosse più la domanda che ci si aspettava.
Ecco la crisi.....
Ma a noi interessa capire come se ne può uscire....

E la risposta è proprio quella. Occuparsi del marketing.
Ovvero vedere come aumentare la domanda o occuparsi di un nuovo tipo di domanda se quella precedente non sta più reagendo agli stimoli.
Questo viene fatto con la giusta promozione. Ricordandosi però che la promozione si effettua quando si ha ben compreso con che tipo di domanda si ha a che fare e in che modo interagire con essa.
Altrimenti una promozione senza cura è solo una promozione sprecata.
Perchè dice solo "Compra qui" ma non sa a chi si rivolge e nè se colpisce veramente le esigenze (domanda) di chi riceve quel messaggio promozionale.

Quindi si promuove qualcosa che ha bisogno solo di essere conosciuta perchè si è sicuri che essa sia un qualcosa di desiderato, desiderabile o necessario.
Perdere tempo e risorse a promuovere qualcosa che non è richiesto o necessario porta a dei fallimenti clamorosi.
E' anche un discorso di grandi numeri.
Se arrivano 1000 turisti (facciamo sempre questo esempio per rimanere in tema all'esempio precedente) in un'area, e mediamente il 50% di loro decide di usufruire dei servizi di ristorazione avremmo un numero potenziale di 500 persone che possono tramutarsi in clienti.
Se esistono 20 attività che si possono spartire queste 500 persone, occorrerà vedere se questo numero sia sufficiente per consentire a tutte le attività di prosperare.

E' naturale e nell'ordine delle cose che non tutte e 20 le attività andranno in profitto. Alcune di esse avranno una bassa qualità o dei problemi organizzativi o di pubblicità per cui di queste 500 persone, raggiungeranno pochi o nessun cliente.
Questo accadrebbe anche se i clienti potenziali fossero 1000. O 2000.

Con una differenza.
Se sono solo 500, gli errori e i costi derivanti dagli errori si riveleranno prima e in modo più marcato. Tutto qui. L'abbondanza di potenziali clienti serve solo a mascherare per un pò di tempo il problema.

Concludiamo dicendo che per espandersi nei momenti di crisi, ci sono 2 punti di vista, 2 posizioni da cui osservare la scena. C'è il punto di vista della singola attività che deve aumentare i clienti, il fatturato e la redditività. E c'è il punto di vista di un settore, un'area o un'intera nazione che deve aumentare il movimento dell'economia.

Nel caso prospettato sopra, c'è differenza fra le azioni che deve fare il singolo ristorante per avere più clienti (fra i 500 potenziali!) e le azioni che l'associazione dei ristoranti o gli enti locali debbano fare per aumentare il numero di presenze turistiche generali (i 1000 turisti prospettati). E' chiaro il concetto?

Grazie mille per l'attenzione.

giovedì 3 luglio 2014

Espandersi nei momenti di crisi. - 2a parte

Per espandersi dobbiamo assimilare un concetto molto importante. Per illustrarlo ricorriamo ad una metafora ovvero ad una rappresentazione scenica di una situzione immaginaria che piuttosto che spiegare ciò che stiamo dicendo, ce lo "mostra".

Immaginiamo di essere dei piloti di auto. Siamo dei piloti sportivi. Abbiamo imparato a guidare l'auto in ogni situazione. Sappiamo accellerare, frenare e ogni genere di diavoleria che vediamo fare in tv agli stuntmen dei film di inseguimento d'auto.

Il pilota ha il controllo del suo mezzo. Egli sa cosa deve muovere e spostare per ottenere l'effetto desiderato. Il fatto che la strada sia impervia, sia bagnata, che tiri vento incide solo nella misura in cui il pilota ne prende atto e elabora le soluzioni appropriate.

Il pilota o è bravo o non lo è.
Non accade che uno sia un bravo pilota con il sole e sia incapace di guidare con la pioggia. E se anche lo fosse, egli vedrebbe subito che c'è un'area di abilità di guida in cui è carente e che deve migliorare.
Se il pilota guida male, il risultato è che egli guida male. Nessuno da la responsabilità o la colpa alla strada o a qualsiasi altro fattore.
Questo si chiama "RESPONSABILITA'". Essere responsabili significa varie cose. Tra queste "la sensazione di essere incaricato di qualcosa", o, più pertinentemente, "l'abilità e la volontà di considerarsi CAUSA".
Di fronte ad un problema si può scegliere cosa si vuole essere. Si può optare per sentirsi un effetto o per sentirsi una causa. Causa o effetto. E' una questione di scelta.
Se una persona attribuisce la causa a qualcun altro o a qualcos'altro, da potere a quella entità e la rende causa. E rende se stesso un effetto. Al punto che se continuiamo in modo imperterrito a eleggere gli altri causa e noi effetto (è colpa tua, è sempre colpa tua, è colpa del governo, è colpa del datore di lavoro, è colpa della moglie, dei figli, della società.....) diventiamo pian piano delle vittime. Gli altri sono causa e noi subiamo. Gli altri sono causa e noi effetto. Fino al punto di non poter causare più niente.

Per controllare un problema od una situazione, dobbiamo porci nella posizione di sentirci causa.
Dobbiamo far ricadere la situazione nella nostra sfera personale di controllo. Deve essere qualcosa su cui è possibile far qualcosa.
Siamo dei piloti? C'è un problema? Bene! Cosa può fare il pilota che gli permette di superare l'ostacolo?
E' un modo di pensare. Può non essere istintivo ragionare così e probabilmente c'è del lavoro da fare affinchè diventi un abitudine e un modo naturale e immediato di comportarsi.
Ma questo atteggiamento ci porta ad essere ESTROVERSI e non INTROVERSI. Quindi possiamo guardare fuori e, mentre osserviamo, possiamo percepire meglio ciò che ci circonda e trovare meglio le soluzioni.

Espandersi nei momenti di crisi è possibile e doveroso. Perchè se tutti si espandono, magicamente la crisi non c'è più. E la crisi comincia a sparire velocemente anche quando relativamente POCHI individui cominciano a espandersi.

Altrimenti ci releghiamo nella posizione di attesa, cioè ci aspettiamo che qualcuno faccia qualcosa. E potremmo diventare mummie prima che ciò accada. In ogni caso nel periodo in cui attendiamo ci stiamo eleggendo a vittime. Perchè non siamo causa ma siamo effetto.

Nel prossimo e conclusivo articolo sommeremo il concetto di innovazione, di responsabilità (essere causa) con l'ultimo fattore che deve essere presente per poterci espandere.
Vi attendiamo.

Grazie per l'attenzione.

lunedì 30 giugno 2014

Espandersi nei momenti di crisi. - 1a parte

Dire che la crisi non esiste, o che essa sia solo un fattore mentale, significa dire semplicemente una bugia.
Nell'economia e nella finanza qualcosa è cambiato ed è oggettivo.

Prendiamo le distanze da chi invece pensa che un buon modo per risolvere i problemi della tempesta in atto, dicono che semplicemente la tempesta sia un'invenzione e un accordo visionario collettivo.
Se anche la tempesta fosse un accordo visionario collettivo, essa sarebbe qualcosa di tangibile. E quindi qualcosa di cui occuparsi.

Poi c'è l'altro aspetto..... Ovvero l'aspetto scientifico e pratico della cosa. Una crisi può essere differente da un'altra crisi perchè una potrebbe essere piccola mentre l'altra grande. Ma piccola in proporzione a cosa e grande in proporzione a cosa?

Dire che c'è la crisi significa solo che qualcosa non va ma non è una definizione molto utile. Perchè non ci dice QUANTO non va e COSA non va.
"Quanto" è importante. Perchè non basta dire che c'è la crisi. Occorre definire quanta crisi ci sia.
Questo può essere diverso da zona a zona e da paese a paese.

Di sicuro il modo di lavorare che dominava il mercato italiano fino a circa 6 anni fa non c'è più.
Forse ci sarà un modo migliore di lavorare. O forse no. Ma di sicuro non ritorneremo a quel tipo di sistema.

Perchè? Perchè il mondo economico scorre in avanti. E il tempo passando modifica in modo definitivo le cose. Quindi niente tornerà come negli anni '50 o anni '70. Oppure agli anni '90.
Forse le cose peggioreranno o forse miglioreranno. Dipenderà da noi, ma sarà diverso. Forse molto o forse poco. Ma diverso.

La parola d'ordine è quindi una: INNOVAZIONE.
E innovare non significa solamente cambiare il proprio computer in un tablet di ultima generazione o cambiare il proprio furgone a gasolio in un furgone ibrido in parte elettrico e in parte con motore meccanico diesel.
Innovare non è solo una questione di cambio di attrezzatura e strumentazione.
Innovazione non significa ammodernamento della tecnologia usata.
Questa è una definizione molto limitate e limitante di innovazione.

Innovare significa cambiare. Cambiare a seguito del cambiamento esterno o, meglio, cambiare per anticipare il cambiamento esterno.
Innovare significa cambiare il modo di lavorare, la propria conoscenza e formazione.
Innovare significa anche smettere di produrre un prodotto che, prima o poi, sarà richiesto meno o non richiesto del tutto.
Innovare significa cercare nuovi mercati, nuove alleanze, nuove organizzazioni interne.

Possiamo quindi già delinare 4 grandi aree di un'azienda che possono e debbono essere oggetto di miglioramento e innovazione:
  1. Migliorare il proprio team di lavoro.
  2. Elaborare una valida strategia aziendale.
  3. Sviluppare efficaci strategie di marketing.
  4. Affinare le abilità di vendita.
Per fare questo c'è un concetto molto importante che va sviluppato e che riguarda la propria capacità di guidare la propria azienda e la propria vita.
Come se queste 2 fossero degli aerei e noi dei piloti.
Ma lo vedremo nella seconda parte di questo post.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 19 giugno 2014

Espandersi nei momenti di crisi - introduzione

In questi anni una delle parole sicuramente più usate nei mass media e nei discorsi in salotto e nei bar è stata la parola "crisi".

Abbiamo anche sentito discutere sul fatto che la crisi sia o meno anche un momento per cogliere nuove opportunità. Ognuno dice la sua, e tra questi anche chi afferma che la crisi sia solo un'idea e un semplice accordarsi sul fatto che la crisi esista.

L'opinione di questo blog è che dei cambiamenti ci siano stati. A qualcuno piace chiamarla "crisi" e in senso strettamente grammaticale, la definizione ci sta.

Il mercato e il mondo del lavoro aveva raggiunto a metà degli anni 2000, un certo punto di equilibrio.
Per essere più precisi e scientifici, servirebbe fare un'analisi zona per zona, effettuando i corretti distinguo e differenziazioni. Ma rimanendo nel panorama dell'Italia tutta e in generale, diciamo che per un ventennio si era assistito ad un periodo di crescita economica.
I numeri statistici dicono questo e la percezione comune delle persone lo giustifica.
Che dal 2008, ci siano stati dei cambiamenti è impossibile negarlo. Solo una persona in malafede potrebbe.
Nei periodi di crisi ci sono anche persone e aziende che invece prosperano. Questo è talmente ovvio e scontato che non andrebbe neppure posto in rilievo. La I.G. Farben, società chimica produttrice del famigerato Zyclon B (il gas usato per sterminare razze e popolazioni non gradite al regime nazista durante la seconda guerra mondiale) fece un sacco di soldi con questo affare (e altri....). E li fece in un periodo che appare nitidamente come un periodo disastroso e negativo per tutti. O quasi, appunto.

La domanda, però, è un'altra.
E' possibile espandersi in questo periodo di crisi? Crescere, aumentare il fatturato, le vendite e via dicendo?

E se è possibile, come lo si può fare?

Nel nostro lavoro, organizziamo continuamente meeting, incontri e seminari con imprenditori e professionisti per promuovere le azioni che possono e devono essere fatte.
Riteniamo che possano essere delle informazioni utili e quindi le pubblicheremo sotto forma di 3 articoli in questo blog durante la settimana prossima.

State sintonizzati.
Grazie per l'attenzione.

martedì 29 aprile 2014

Il mercato



Il mercato viene definito come il luogo in cui domanda e offerta di beni e servizi si incontrano.

Può essere un luogo fisico, reale e concreto (una piazza, un negozio, un centro commerciale.....) oppure un luogo non fisico ma mentale, quindi niente di concreto o solido che possa essere toccato con le mani.

Quando nei mass-media ci si riferisce alla parola "mercato" ci si riferisce ovviamente al secondo modo di intendere la parola.

Quando la signora Rosa parla di "mercato" è altrettanto ovvio che si riferisca al mercatino rionale del suo quartiere.

Il mercato è quindi un luogo, virtuale o reale, in cui gli scambi avvengono.
Perchè avvengono gli scambi?
Sembra una domanda da salottino di persone che non hanno nient'altro di meglio da fare.
Chi è pieno di lavoro da fare sorriderà di fronte a questa domanda. Ma ogni tanto ri-analizzare le banalità ci può far scoprire che, forse, ci siamo allontanati troppo dalla giusta strada da percorrere.

Perchè avvengono gli scambi di beni e servizi?
Perchè lo scambio aumenta la soddisfazione di entrambe le parti, ovvero sia di chi compra che di chi vende.
La soddisfazione o piacere è una misura del valore che diamo al prodotto o servizio.
Il valore di un prodotto NON è il suo prezzo. Ma di questo ne parleremo meglio in un altro momento.
Sta di fatto che se io ho un orto e produco 20 kg di pomodori, un kg di pomodori avrà per me un valore (un grado di soddisfazione) minore rispetto ad una persona che non ha nessun pomodoro.
Così se io vendo a lui 1 kg di pomodori, lui mi da dei soldi che mi rendono contento e lui si prende i pomodori che lo rendono contento.

Può succedere che nel vendere qualcosa ci sia un pò di dispiacere del privarsi del bene o del servizio. Se vendo una mia casa al mare, non sono proprio contentissimo. Così come forse non sono contentissimo di venire a casa tua e pulirti il giardino dalle erbacce.
Ma questa insoddisfazione viene superata dalla soddisfazione del guadagno che ne deriva.

Che mi permetterà di procurarmi qualche altro bene o servizio che desidero da tempo. Una casa al mare più grande. Oppure un orologio e via dicendo.

La somma delle soddisfazioni di venditore/acquirente deve essere superiore alla condizione precedente affinchè uno scambio avvenga.

Cosa ci serve tutta questa riflessione? Per comprendere che un mercato crolla quando non c'è più soddisfazione nell'ottenere quel tipo di prodotto o servizio.
Un'azienda che vende dovrebbe sapere che quello che lei vende o produce deve necessariamente apportare soddisfazione a chi compra.

In questi tempi di contrazione della domanda di mercato, alcuni fanno osservare che SOLO un calo dei prezzi può far ripartire la domanda stessa. Benchè si basi sulla giusta osservazione che una diminuzione dei prezzi sia uno stimolo alla ripresa dei consumi, vediamo che l'osservazione non è completa. E può risultare apportatrice di errori grossolani.
Non sempre un mercato i cui prezzi vanno giù diventa appetibile.
L'esempio classico è il mercato immobiliare.
Quando i prezzi scendono troppo, qualche acquirente può sentirti demotivato a comprare perchè questo destabilizza le sue previsioni.
"Se compro oggi a 100 perchè non aspettare domani che comprerei a 90?"
Oppure:
"Nessuno compra. Perchè io dovrei comprare? Non sarà meglio aspettare?"
 
Ciò accade anche perchè chi compra è più invogliato a farlo quando sa che molti altri comprano.
Se esaminiamo altri prodotti noteremo altre cose curiose.
Ad esempio in questo momento l'individuo medio non si sente "sbagliato" nello spendere centinaia di euro nel cellulare di ultima generazione. Nemmeno se un esame delle sue entrate e disponibilità finanziarie evidenziano che un tale bene non sia alla sua portata. Nel senso che la persona si compra il nuovo cellulare ma poi si lamenta di far fatica ad arrivare a fine mese con il resto delle spese.

Ricordiamo però che l'attitudine ad acquistare è basata sull'emozione e sul grado di soddisfazione che un acquisto da.
In questo momento possedere l'ultimo smartphone disponibile potrebbe essere l'unica soddisfazione che l'individuo si prende.


Alla fine cosa possiamo comprendere da questa analisi di cosa sia il mercato?
1) Il mercato non è una entità unica, non è una persona o un qualcosa di tangibile. Chiamiamo mercato le interazioni complessive di un numero più o meno grande di persone. Al mercato si possono dare poche colpe. Anzi nessuna. Alle persone o aziende che dentro vi operano, qualche responsabilità invece gliela si può dare.
2) Produrre o proporre un bene o servizio che non incrementi la soddisfazione degli altri è controproducente.
3) La sola discesa del prezzo non sempre è da sola in grado di far ripartire le vendite. Un aumento della percezione di chi compra dell'ulilità o dell'aumento di soddisfazione che un bene o servizio causa, invece si.

Grazie per l'attenzione.
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