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venerdì 9 agosto 2013

Crisi: ma esiste davvero? Noi non ne siamo così sicuri

Onestamente ci piace pensare al fatto che le parole siano strumenti che possiamo controllare e gestire secondo le nostre necessità.
Parlo di noi uomini, noi esseri umani.

Non ci piace l'idea che le parole abbiamo il potere di controllarci, causarci emozioni non corrispondenti alla realtà e che non siano sotto il nostro controllo.

Quando una parola viene usata in modo improprio, reca un pessimo servizio alla comunicazione. Non staremo qui ad elencare le centinaia, migliaia di parole il cui significato è stato distorto al punto che non servono più per il motivo per cui sono state create..... ovvero portare maggiore comprensione.

Così più parli, più leggi, più ascolti e meno capisci.
Assurdo? Però sta funzionando così.

E' da qualche anno che la parola "crisi" ci ha invaso e continua a risuonarci nelle orecchie.
Ma che significa crisi? Tralasciando alcune sfumature di significato che ci porterebbero in territorio troppo filosofico, per crisi la maggior parte delle persone intende un periodo in cui le cose non vanno come dovrebbero ma anzi precipitano verso il basso.
E per crisi economica, un periodo in cui il lavoro sparisce, le fabbriche e i negozi chiudono, gli operai e impiegati vengono licenziati e le famiglie tagliano le spese perchè non riescono più ad arrivare a fine mese.

Ma la crisi esiste davvero?
Sicuramente in questo momento e con questa domanda 7 persone su 10 cominceranno a pensare male di chi scrive questo articolo. Come minimo. Mentre 2 su 10 rimarranno attoniti a non capire cosa si vuol dire e solo uno dirà "La pensa come me!".

La nostra è una domanda provocatoria per far riflettere.
Nessuno qui sta minimamente insinuando che la scena che ci sta attorno (e ci limitiamo solo agli aspetti economici e finanziari senza neppure sfiorari temi sociali, etici e filosofici) sia ottimanale ma neppure buona.
E' una situazione bel lontana da un livello minimo di accettazione.
Ma la nostra opinione è che la scena è ben lontana dal livello minimo di accettazione così come lo era anche quella di 4/5/6 anni fa e cosi via.
O meglio, adesso stiamo vedendo gli effetti di una scena non ideale di qualche anno fa.

Siamo abituati dall'atteggiamento medico moderno a occuparci di qualcosa solo quando compare il dolore.
Ciò è il modo sbagliato di avvicinarsi ad un problema.
Curare un malato quando la malattia è al suo apice, significa non essersi presi cura del sano dal suo apice di salute, giù giù giù fino al momento peggiore.
La scena ideale non è curato un malato. Quello è l'ultimo atto quando gli altri altri non hanno funzionato.
La scena ideale è far si che un sano rimanga tale.

In un paese, ciò che si deve fare è impedire che l'economia crolli e non prendere provvedimenti per uscire dalla crisi.
Ma all'università e in tv insegnano che esiste il "ciclo economico" che è un concetto di base che ci dice che qualcosa attraversa degli alti e poi dei bassi.
E per quanto sia vero che nella vita non esistono solo le linee rette ma più verosimilmente le tendenze, è anche vero che il concetto per cui occorra accettare come fisiologici questi periodi di "crisi" è gravemente passivo e persino causa dello stesso periodo di crisi.
La crisi non esiste. O meglio è semplcemente inutile e dispersivo parlare di crisi.
Noi di Denaro e Dintorni non consideriamo funzionale questa definizione.
Arriviamo addirittura a pensare che senza il gram TAM TAM che i mass-media hanno fatto di questo concetto mentale collettivo, qualcuno sarebbe passato attraverso questo deserto senza accorgersi di niente.
E lo diciamo perchè tante persone, negli anni passati, non si sono accorti di niente.
Quando c'era tanto di cui accorgersi.

Sicuramente ci sono modelli di organizzazione economica che vanno riformati. Ma non da oggi.
Sicuramente ci sono influenze esterne alle dinamiche di mercato che le stanno alterando e fanno pagare il prezzo del conto ai cittadini. Ma non da oggi.
Sicuramente si stanno insegnando ai giovani ancora più bugie sulla finanza di quelle che hanno già insegnato ai grandi. Ma non da oggi.
Sicuramente c'è bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale che inverta i vettori di comprensione del denaro e del lavoro. Ma non da oggi.

Quindi perchè parlare di crisi? Non ha senso. O forse si?
Siamo in crisi, in un periodo di crisi. Ma secondo noi questa affonda le sue radici negli anni '70, si sviluppa embrionalmente negli anni '80, si mette al lavoro negli anni '90, per poi cominciare a manifestare i suoi primi effetti nei primi anni '2000 e i suoi effetti completi a fine decennio. Fino ad oggi.
E forse fino a domani.
Ciò dipende da noi, dalla nostra comprensione delle cause e dei fattori in gioco.
Parlare di crisi è fuorviante per tutti questi motivi.
E' sterile.

Non potremmo esprimere la cosa in un modo più semplice.

Sentir parlare di crisi al bar ma anche nei salotti della TV è disarmante. Parlano di inezie, di dettagli infinitesimali e di cose che neppure c'entrano.
E più che altro si ricoprono con questa coperta che tutto sembra spiegare.
"Eh, c'è proprio crisi!". Noi diremmo che ce l'hai tu una grande crisi. Di identità, di comprensione, di vitalità, di futuro.
Allora si. Allora pensiamo che ci sia la crisi.
Parlare di crisi in un momento in cui l'Uomo su questo pianeta sta producendo e consumando come non mai è economicamente assurdo.
Sicuramente ci sono aree in cui qualcosa funziona peggio degli altri posti.
E sicuramente ci sono grandi disparità di distribuzione di ricchezze.
Ma è tutta una cosa di questi ultimi 3/4 anni?
Sicuri?

Noi mica tanto.....

Grazie per l'attenzione.

lunedì 5 agosto 2013

Vivere in un paese economicamente confuso

Cosa è la confusione?
La confusione è uno stato di mancanza di comprensione di ciò che sta succedendo ma anche la constatazione che tutto si muove al di fuori del nostro controllo.

Il grando di confusione di qualcuno o di un'area è molto legato alle abilità.
Non possiamo dire, infatti, che un movimento X di particelle generi per forza della confusione.
Possiamo infatti immaginare un commesso o un barista che con facilità gestisci moltissime persone allo stesso momento senza per questo andare in confusione.
E' tutto molto legato alle soglie di abilità di chi è presente nella scena.

L'Italia è oggi un paese dove la confusione regna sovrana.
Non è, dal nostro punto di vista, un posto in cui ci sono dei problemi insormontabili. Non in quanto tali. Da un punto di vista tecnico, intendiamo.
Ma sicuramente operare in questo contesto è particolarmente difficile e frustrante.

Un cittadino che voglia fare le cose per bene, è angariato da un sistema di gestione delle cose burocratiche per cui è spesso molto più pericoloso fare le cose quasi-benissimo piuttosto che non farle per niente.
Prova a sbagliare qualche dato in una dichiarazione dei redditi........ E vedrai.

La soluzione di molti è: andiamo via da questa nazione.
Abbiamo pensato di scrivere questo articolo proprio dopo la notizia che un nostro conoscente ha pensato di risolvere la confusione andando via dall'Italia per andare in un paese vicino dove, pare, sia possibile lavorare meglio.
Sicuramente non ci sentiamo di criticare chi fa questa scelta nè di discuterne la bontà nè da un punto di vista lavorativo nè morale.
L'Italia è un paese confuso. Ma lo è anche perchè noi italiani abbiamo contribuito in una certa misura a renderlo tale. L'intero, in una nazione, non è solo la somma dei singoli comportamenti. Non lo è. L'intero è qualcosa di più. Ma dire che i nostri singoli comportamenti hanno contribuito in grande misura a rendere l'Italia quello che l'Italia è, è qualcosa che si avvicina al vero.

Più che altro pensavamo che se qualcuno non ce la fa in Italia e va all'estero, non è detto che lasci in Italia le cause delle sue difficoltà. E se queste cause invece fossero endogene, cioè dentro la persona stessa? Cosa succederebbe allora? Che uno va all'estero e si porta con se le proprie debolezze o errori.
E' un rischio. Una possibilità.
Cosa fare allora?

Comprendere perchè si è diventati confusi riguardo al lavoro e alle entrate vivendo in Italia.
Capire questo potrebbe anche portarci a risolvere le cose.
E guadagnare ciò che meritiamo senza dover per forza emigrare.

Grazie per l'attenzione.


mercoledì 27 febbraio 2013

Quali nuovi scenari per l'economia italiana?

Oggi, inaugurandoti il 2013 su questo blog con il primo post dell'anno, decidiamo di dedicarci ad un tema estremamente complesso e scottante, pur nella sua incredibile attualità.
Due giorni fa il popolo italiano ha sentenziato il suo stato d'animo con le ultime votazioni politiche. I risultati sono chiari e univoci: gli italiani hanno una gran voglia di cambiamento e pochissima stima e fiducia nei confronti dei vecchi politici e leader.
Per la prima volta nella storia repubblicana, al parlamento ci sarà un'invasione di nuove facce completamente al di fuori dagli schemi partitocratici e di quella che oramai da tutti è stata definita come la "casta".
Forse faranno bene o forse faranno male. Solo il tempo ci darà risposta. Ma il cambiamento è epocale.

E una delle prime cose di cui tutti i nuovi (quasi) mille eletti dovranno affrontare sarà la situazione economica italiana.
Sarà un problema del parlamento ma ancor più del governo che da queste elezioni ne scaturirà (se si riuscirà a farlo venire alla luce).

Quale è l'attuale scenario italiano?
L'Italia è ancora la seconda economia manufatturiera d'Europa. Che ricordiamolo è comunque l'area mondiale in cui si produce (e consuma di più) nel mondo. La somma del PIL europeo è infatti superiore a quello degli Stati Uniti.
Ma, diciamocelo, già dagli anni '80 l'industria e la produzione manifatturiera italiana non è stata gestita nè fatta sviluppare. Sono mancati i piani strategici di sviluppo. Una incredibile miopia politica ha impedito una visione lungimirante nel medio e lungo periodo.

Attualmente la burocrazia e la sua ancora incredibile inefficienza, il terribile peso della pressione fiscale e la completa non funzionalità di un sistema di giustizia civile hanno di fatto smantellato la solidità del tessuto produttivo italiano.
Diciamocelo, non ci vuole un esperto in materie economiche e finanziarie per capirlo.
In Italia in questi ultimi anni si è puntato il dito sul fenomeno dell'evasione fiscale. Che è sicuramente un costo per la società e un indicatore di malfunzionamento e inefficienza.
Ma forse ci viene il dubbio che eleggere a (unico) colpevole l'evasione fiscale sia un pò troppo.

Ci sono talvolta taluni comportamenti, anche del singolo individuo o impresa, che spesso sono più dannosi del semplice non pagare le tasse dovute. Prendiamo ad esempio una consuetudine diffusa nel nostro stivale che è quella di non investire in innovazione e aumento della qualità.

Ma detto questo, quali possono essere le strade che ci potrebbero portare fuori da questa specie di palude in cui le persone si sentono sempre più imprigionate e che sempre più sta tarpando le ali ai progetti dei giovani e meno giovani italiani?

Questo blog, in tutta la sua umiltà, ne indica principalmente uno: l'aumento della capacità competitiva di ogni individuo e azienda italiana. 
E' una meta elevata ma semplice da capire e da mettere in pratica.
Chi andrà al governo deve mettere questo punto in cima alla sua lista delle cose da fare.
Come poi, concretamente, realizzi questa meta è un tema che possiamo affrontare nei dettagli.
La soluzione non è quindi (in ordine casuale e sparso....):
1) Regalare soldi a pioggia agli italiani.
2) Dare posti di lavoro inutili in strutture pagate dal pubblico.
3) Continuare a martellare gli italiani per scovare tutti gli evasori istituendo un regime di polizia.
4) Cercare fantomatici investitori stranieri che non si sa chi siano nè cosa vogliano.
5) Semplicemente ridurre la pressione fiscale senza cambiamenti strutturali.
6) Fare il credito di imposta.
e via dicendo.
Non che queste soluzioni non possano avere del buono ognuna di se e per se.
In un quadro organico potrebbero avere la loro utilità.

Ma è sbagliato pensare che dei dettagli tecnici o dei singoli provvedimenti sostituiscano la meta.
La meta è far diventare questa nazione efficiente.
Individualmente, a livello aziendale e a livello di organizzazione pubblica.

Se non lo faremo, non ce la faremo.
Grazie per l'attenzione.

venerdì 12 ottobre 2012

Le ultime manovre economiche del governo

Questo non è un blog a cui interessa parlare molto di politica.
La politica è un'attività umana incredibilmente importante, praticamente cruciale nell'umano vivere quotidiano di ognuno di noi. Entrare nelle argomentazioni della politica dovrebbe essere come entrare nel più alto reame del pensiero, logica e sentire umano. "Dovrebbe".... appunto.
Ma non è.
La politica è ormai un'area umana in cui logica, coerenza, etica, onestà, imparzialità scompaiono più velocemente di un cubetto di ghiaccio scagliato a tutta velocità verso il sole.
L'economia è una di quelle discipline che non possono non essere incluse nell'attività politica. La politica è, in gran parte, economia. Si occupa del funzionamento di una società. E una società, per sopravvivere, ha bisogno di gestire le risorse. 
Ma, guardando in faccia, cosa la politica è diventata. E, soprattutto, osservando come anche i singoli cittadini si avvicinano ai temi politici...... preferiamo starne veramente fuori.
Non tutti sono così ma la stragrande maggioranza degli individui ha pre-concetti e idee fisse sulla politica. Così se un provvedimento amministrativo o politico viene promosso da una parte politica da lui ben vista, quel provvedimento è positivo e viceversa se è proposta da "nemici" politici.
Accade, stiatene sicuri.
Così se qualcuno si permette di commentare le attuali manovre di questo governo tecnico non eletto dagli italiani, si evita la sostanza e si sposta l'attenzione su questioni estranee al nocciolo. Ovvero "Ma cosa avrebbe fatto Berlusconi....." oppure "E pensi che Vendola farebbe meglio...." o cose simili. Ma che c'entra?

Detto questo, l'andazzo che osserviamo dal nostro punto di vista è che i provvedimenti che Monti e compagni stanno prendendo sono estremamente calcolati e per niente improvvisati. Il tutto ci sembra il frutto di un attento piano, che è stato predisposto con molta attenzione ai particolari.
Quello che pensiamo è che questo piano, articolato e preciso, non sia stato concepito, scritto e realizzato nell'interesse della nazione e del popolo italiano.
Non ci permettiamo quindi di dire che il governo Monti è poco preparato anzi.... 
Ma i provvedimenti che stanno venendo messi in campo sono deleteri per l'umore e le tasche dei cittadini.

Noi di Denaro e Dintorni, condividiamo l'idea di base che la tassazione in uno stato vada a colpire le spese anzichè la produzione. Ovvero si cerca di privilegiare chi investe e produce a discapito di chi, solamente, cerca di consumare.
Ancora più indietro vi è un assunto metodologico ancora più fondamentale.
Ovvero lo scambio di importanza fra la figura del consumatore e quella del produttore.
Chi produce dovrebbe essere, logicamente, più importante di chi consuma.
Perchè se non si produce non c'è niente da consumare.
Mentre se vi è il prodotto, qualcuno che lo consuma lo si trova sempre. 

Parliamo in generale, senza per questo specificare se parliamo di buoni o pessimi prodotti. E' un discorso che viene ancora prima.
I moderni esperti economici osannano la figura del "consumatore" come se fosse il motore dell'economia. In realtà ciò deriva, dritto dritto, dalle teorie economiche di un signore inglese di nome J.M. Keynes. Non staremo qui (non è il momento giusto) a passare al vaglio i fondamenti della teoria keynesiana.
Ma la sua influenza sull'approccio all'economia moderna è innegabile. E purtroppo, non positivo.
Si sente spesso parlare di "Sollecitare la domanda", "Spingere la domanda", "Sostenere la domanda". Ma non ci si rende conto che queste affermazioni sono senza senso.
Un esempio portato agli estremi potrebbe rendere l'idea.
Io posso aumentare la domanda di qualcosa, rendendo le persone più povere. Se fossi l'unico supermercato di una città, e cominciassi a razionare i vivere, la domanda degli stessi aumenterebbe.....
Se lascio morire tutti di fame, la domanda di cibo sarebbe massima.
Vedete che stupidaggine!!

Questo è un esempio paradossale, ma poi non più di tanto.
Come si può aumentare la domanda di automobili quando il mercato delle vendite delle auto crolla? E le fabbriche di auto chiudono, con conseguente licenziamento degli operai perchè non vi è sufficiente lavoro per mantenere tutti?
La realtà è che se ci sono abbastanza soldi nelle mani delle persone (soldi che arrivano da qualcosa di buono che si è prodotto o lavorato!!), non c'è bisogno di artifici per aumentare la domanda. Se il cittadino medio ha i soldi oppure si può permettere un finanziamento, egli si cambierà l'auto acquistadone una nuova, accessoriata, confortevole e magari ecologica.
Alle persone piace comprare qualcosa di nuovo, migliore, più funzionale.
E se non è quello, alle persone piace cambiare. Piace acquistare qualcosa di diverso e nuovo.
Secondo voi, c'è bisogno di stuzzicare le persone in questo senso? No, certo che no.
Quindi (e qui torniamo a bomba) il punto è COME FAR SI CHE LE PERSONE GUADAGNINO PIU' SOLDI.

E quando lo fanno permettergli di conservare il loro guadagno. In gran parte.
Quindi si agli abbassamenti delle aliquote sulle imposte sul reddito. Dal nostro punto di vista la vera rivoluzione sarebbe la completa soppressione delle imposte sul reddito.
Nessuno dovrebbe essere tassato e vessato perchè guadagna. Non se il guadagno proviene da lavoro, imprenditoria e abilità. Bisognerebbe tassare le rendite, al limite. Che provengono spesso da eredità e che procurano denaro senza un vero impegno e dedizione.

E i soldi che servono allo stato? A parte che i soldi dovuti allo stato dovrebbero essere ridotti perchè gran parte delle spese statali sono inutili e servono per creare STIPENDIFICI ovvero organizzazioni utili solo per dare stipendi a chi ci lavora.
I soldi per lo stato dovrebbero arrivare dai consumi.
Tu produci e io ti lascio tutto il tuo guadagno.
E ti tasso in base a quello che compri. 
Si quindi agli aumenti di iva, differenziati (FORTEMENTE) per tipologia di beni.
Zero iva sui prodotti base e iva differenziata a seconda del grado di lusso insito nel bene acquistato.
Un esempio nelle auto.
Perchè l'iva di un'utilitaria deve essere pari all'iva di un SUV? O di un'auto di lusso?
Ci dovrebbero essere scaglioni diversi di iva.
Il 10% per le utilitarie, il 30% sui suv e fino al 50% sulle auto di lusso. Perchè?
Perchè così il peso più alto delle tasse indirette ricadrebbe sulle persone più ricche, ricreando un sistema di riequilibrio fra classi più abbienti e classi meno abbienti.
Ma con un fattore di giustizia in più (e meno influenza comunista). Ovvero che colui che guadagna tanti soldi può decidere quale fine far fare ai suoi soldi.

In un prossimo post, faremo degli esempi.
Per ora pollice verso, al di fuori della politica, a questo governo e i suoi provvedimenti.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 3 novembre 2011

Fare Business adesso in Italia? Che faccio, mi metto in proprio?

Nella mia attività di consulente finanziario, mi è capitato spesso di trovarmi ad accompagnare dei coraggiosi nel loro tentativo di mettersi in proprio e avviare una propria attività.
Ovviamente le persone si rivolgevano al mio studio di consulenza principalmente per l'ottenimento delle risorse finanziarie con cui dare via all'impresa.
Praticamente nessuno (nella mia personale casistisca decennale) si è presentato a richiedere dei finanziamenti con un piano aziendale preciso o con una chiara visione di quanto stavano per andare a fare.

Questa cosa è peculiare e volevo condividerla con voi oggi.
Sopratutto alla luce delle ultime vicende che stanno condizionando il presente e il futuro del nostro paese.
La domanda è precisa: è il caso di avviare qualche progetto imprenditoriale in Italia, ora?

La risposta non può essere un bianco o un nero. Non può essere un assoluto si o un assoluto no. D'altronde non gradiamo tanto l'uso di logiche assolute. Troppo grossolane, troppo superficiale. Solo 2 valori di riferimento quando il mondo è una sfumatura continua di colori e toni.
Dovremmo vedere di quale mercato parliamo, dovremmo vedere di quale precisa zona d'Italia parliamo.

Ma possiamo esaminare la cosa, partendo dai dati di fatto. Pensavate che l'Italia non fosse il miglior paese in cui iniziare un'attività imprenditoriale. E' una sensazione ma parrebbe anche un dato di fatto. Il sito "Doing Business" (fare impresa) della Banca Mondiale stila ogni anno una classifica di molti fattori relativi al fare impresa. Complessivamente, per l'anno entrante, siamo posizionati addirittura al 87-esimo posto (in calo di 10 posizioni rispetto all'anno precedente). In pratica ci sono SOLO 86 nazioni al mondo in cui è più facile aprire e condurre un'attività in proprio. Diciamo che in una classifica di 183 nazioni non è un grande risultato. Insomma vedete voi. Per essere la 7° o l'8° potenza industriale mondiale mi sembra una VERGOGNA. Questa è la pagina. Se volete divertirvi a vedere altri parametri (come ottenere credito, permessi di costruire, risolvere insolvenze, etc.) giusto per avere una panoramica maggiore.

Ora i soliti "finti" nazionalisti, diranno che sono solo opinioni contestabili, "saranno bravi loro", e così via. Non che ci piaccia prendere per oro colato classifiche e procedure statistiche. Ma ci piace l'idea di prendere qualsiasi di queste opinioni e raccogliere la sfida di poter fare un'autocritica costruttiva.
Che in Italia la burocrazia, le commistioni pubblico-privato, i clientelismi, una giustizia civile assurda anche per un paese del terzo mondo siano dei GROSSI problemi non lo scopriamo da un report di un'agenzia internazionale.

Quindi, tu che ora leggi e che vorresti metterti in proprio, cosa pensi di fare?
E' una buona idea aprire un'attività ora?

Partiamo da un presupposto. L'Italia è il nostro paese. Se adesso è ridotto come è ridotto è anche frutto di qualcosa che abbiamo fatto o NON abbiamo fatto anche noi. Quello che abbiamo è il risultato della somma delle responsabilità di tutti noi italiani. Su questo non ci piove e non ci si discute.
Quindi abbiamo, anche, la responsabilità di pensare di ricostruire la dignità e la credibilità di un paese che ha un patrimonio umano e culturale unico nel pianeta. L'Italia è un paese che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Questo non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo.

Quindi, da fidanzate tradite, o prendiamo il coraggio a 2 mani e andiamo via da questo paese, andando a vivere da qualche altra parte, oppure vediamo che si può fare.

Mettersi in proprio in Italia non è facile, ma d'altronde molte persone ce l'hanno fatto nonostante tutto. Quindi il punto è che dobbiamo fare le cose in un posto dove la gravità è maggiore. Si fatica di più, è vero. Ma la sfida è maggiore. E vincere ancora più entusiasmante.

Vedremo prossimamente come arrivare corazzati al fatidico momento di mettersi in proprio. Come trovare le risorse in questo momento non facile e come preparare un piano aziendale che non sia una stupidaggine accademica come i business plan che vengono spesso preparati.
E se scriviamo così, abbiamo motivi validi per dirlo.
Quindi, si, ci possiamo mettere in proprio ma non prima di avere chiari i pericoli e le difficoltà. E le risorse che dobbiamo avere.

Alla prossima. Grazie per l'attenzione.

venerdì 21 ottobre 2011

Domande dei mutui in calo in Italia!

Leggendo oggi il Sole 24 ore (non ha bisogno di presentazione il più importante giornale di informazioni economiche d'Italia) ci colpisce una notizia riguardante la continua discesa del numero di mutuo erogati e demme domande di mutuo inoltrate nel nostro paese.

Sebbene sia indiscutibile che ci siano dei fattori strutturali nella finanza europea e italiana che debbano essere sistemati, vi è qualcosa che non si riesce a intuire con facilità in questi dati.

Se infatti si può comprendere che le banche stiano erogando meno mutui rispetto al passato (restrizione dei parametri di accesso al credito, minore liquidità interbancaria, aumento del numero dei lavori precari o infinanziabili) meno facilmente si può comprendere perchè gli italiani stiano anche chiedendo meno mutui.

Forse la lettura più semplice è anche quella più corretta. Ovvero dopo che per un pò di tempo le persone si ritrovano a ricevere rifiuti su rifiuti, esse stesse cominciano a comprendere che ottenere un mutuo (o un prestito) è diventato più difficile. E la voce si diffonde e moltissimi, che prima avrebbero perlomeno provato a richiedere un finanziamento, ora neppure provano.

Di certo leggere questo dato non è piacevole per tutti quelli (ne conosco tanti visto che lavoro nel settore da un bel pò di anni) che di mutui vivono, in particolare tutta la rete commerciale di banche, finanziarie, strutture creditizie e società di brokeraggio.
Ma si sa che i mercati hanno degli alti e dei bassi.

Piuttosto, come non è infrequente leggere su questo blog, rimaniamo perplessi sulla posizione assunta dagli istituti di credito. Ovvero per anni le banche hanno ricorso i potenziali clienti solleticando il mercato con continue offerte e stimoli ad accedere al proprio mutuo. Per un periodo c'è stata una battaglia senza esclusione di colpi (commercialmente parlando) in cui sembrava che l'accesso al credito fosse qualcosa di dovuto. "Un mutuo non si nega a nessuno", sembrava lo slogan di tutti.
E ora vedere questa restrizione all'acceso al mutuo, lascia perplessi.
In particolare, colpisce il fatto che nonostante l'arco temporale di un mutuo copra mediamente un periodo di 20 o 25 anni, i criteri di accesso al finanziamento (e quindi la valutazione dei rischi di finanziamento da parte dell'azienda) siano quasi completamente ancora alla situazione attuale dell'economia e del cliente.
Non solo, è frequente che nei calcoli di approvazione di banche e finanziarie ci sia un continuo utilizzo di criteri di finanziabilità che prendono in considerazioni dati storici e non dati futuri.
"Ciò che andava bene a mio nonno, andrà bene a me" sembra essere la massima filosofica degli istituti bancari. 
Non commento la cosa e lo faccio fare a voi!

In chiusura di articolo, mi sembra quasi normale trarre da tutta la cosa una profonda morale.
Ovvero che se i nostri politici e (ormai) i politici europei non decidono e non attuano una PROFONDA riforma del sistema bancario (NO DECISO ai semplici salvataggi proposti che costano così tanto agli stati e ai privati), difficilmente ci sarà una luce alla fine del tunnel che abbiamo imboccato da 4 anni a questa parte.

Grazie per l'attenzione.

martedì 18 ottobre 2011

Una storia di ordinaria inefficienza economica

Nei giornali abbiamo pagine e pagine di discussioni riguardo ai veri o presunti motivi che hanno portato alla attuale crisi finanziaria in Italia e nel mondo.
Non parliamo poi dei talk show in TV sul soggetto.

In questo blog si cerca di osservare le cose da punti di vista diversi basandosi su una legge fondamentale della vita:
Se un problema non si risolve nonostante le varie soluzioni che si cercano a riguardo, significa che non è quello il vero problema ma ne nasconde semplicemente un altro che ne sta alla base. 
Oggi postiamo un breve sfogo pubblicato su un forum da parte di un italiano che è emigrato e che ha deciso di ritornare in Italia per portare avanti con la moglie francese un progetto imprenditoriale nel suo paese natale.
Questa breve storia personale non ha secondo noi bisogno di alcun commento, perchè si spiega da sola.

Ma il nostro commento è lapidario: il vero motivo delle difficoltà economiche risiede in questi aspetti che non sono soltanto della struttura economica e burocratica italiana ma sono ormai insiti nel tessuto etcnico degli italiani. Italiani come gruppo e non come totalità degli individui, ovviamente.
Ovvero nessuno sostiene che tutti gli italiani si comportino in questo modo oppure appoggino o siano d'accordo con queste incongruenze economiche e sociali (chiamiamole così!).
Ma non lavorare assiduamente per cambiare questi brutte attitudini è purtroppo sufficiente per consentire a queste ultime di sopravvivere.
E, purtroppo, la lotta dovrebbe cominciare dal vertice. Dove persone vengono investite dal popolo del mandato di occuparsi anche di ciò. E se il top management di una nazione cincischia con altri problemi di infima importanza, sicuramente il lavoro del resto della popolazione, e quindi del comune cittadino, non è facile.

Ecco a voi una normale (purtroppo!) storia dell'Italia di oggi. Messa qui solo ad esempio di mille altre storie di cui non siamo a conoscenza. Ovviamente l'italiano scritto del signore ha delle lacune (in parte corrette da noi) ma il senso si comprende benissimo.

Author: Giovanni
Comment:
salve mi chiamo Giovanni.... lavoro da un anno e mezzo nella attivita' di mia moglie come suo ragioniere.
Mia moglie è cittadina francese e aveva in francia a metz una parrucchieria ed un centro estetico e una piccola palestra. Io sono siciliano e amo la mia terra e o convinto lei di vendere tutto in francia e venire ad investire in sicilia.Cosi ha fatto ma maledico quel giorno perchè dopo aver investito il suo capitale dopo aver portato occupazione impiegando 7 persone e l'intento era quello di assumere altro personale per un idea sua senza chiedere aiuti statali si trova oggi dopo 18 mesi ancora senza licenza.
Questo perchè il comune con i suoi dirigenti si ostinano a ribaltare la sua pratica: siamo in muni (?) perchè noi non conosciamo nessuno - ha creato un centro originale dove c'e' un bar una palestra una parrucchieria un centro estetico ed un centro benessere nell`idea c`era anche un asilo ed un bed and breakfast ma pultroppo a qualcuno abbiamo dato fastidio ed adesso per colpa di questa lentezza ci hanno danneggiato e non sappiamo come uscirne.
Abbiamo anche delegato un avvocato ma invano ma e' niente a confronto a quello che mi hanno chiesto per velocizzare la licenza: cosa dobbiamo fare?

C'è bisogno di commentare?
Grazie per l'attenzione!

giovedì 15 settembre 2011

Gli errori della recente manovra economica italiana

Salve a tutti, dopo un'estate di passione passata a lavorare duramente (questo è l'unico motivo per cui ho tradito i lettori di questo blog) e senza l'opportunità di poter scrivere e postare un solo articolo, eccoci qui a settembre a guardarci intorno.
Lo so, lo so.
Mai come questo settembre si vedono in giro facce shockate che ancora non sanno capacitarsi di quanto stia avvenendo.
In un paese come l'Italia che è famosa per il suo immobilismo, per i processi che durano un paio di secoli, per iter burocratici che aspettano che i cittadini mettano la dentiera, tutto sta accadendo fin troppo velocemente.
Non siamo abituati, credo chiunque lo possa capire.

Sta di fatto che il nostro (pseudo)governo ha varato una incredibile manovra finanziaria con lo scopo di "correggere" i conti pubblici.
Di certo aveva ragione quell'autore che diceva che il cittadino verrà fregato dalle PAROLE e non dai fatti. Perchè i fatti sono quelli mentre le parole si possono deformare a piacimento per creare nuove idee e immagini nella mente delle persone.

Comunque.
Quello che sta accadendo a livello governativo è fin troppo importante per pensare che sia un argomento di discussione solo politica.
E' mia intenzione, invece, farne un esame squisitamente economico e finanziario. Per capire dove e come questo esecutivo stia sbagliando e perchè le sue decisioni influenzano e influenzeranno ciò che capita ai nostri soldi e alla nostra vita di tutti i giorni.
Svilupperò questo esame in vari post nei prossimi giorni.

Diciamo che questo articolo era un "bentornato dalle vacanze". Vacanze in cui ho lavorato in realtà, ma non ne faccio un cruccio a nessuno.

A rivederci presto in questi lidi.
Grazie per l'attenzione.

venerdì 10 luglio 2009

Indignamoci!: l'inps

Perchè oggi voglio parlare di INPS?
Giusto perchè inauguro oggi una rubrica (ne ho in mente alcune) e, putacaso, partiamo con l'inps.

La rubrica che inauguro oggi vuole essere un campanello d'allarme su alcune questioni, che in un modo o nell'altro sono legate al denaro.
Parliamo di denaro e dintorni, giusto? Questi sono i dintorni.....

INPS: che vor dire? Inps sta per Istituzione Nazionale Per Sodomizzarti (senza che tu riesca a capire da dove viene il dolore......)
Non mi dite che INPS significa altro perchè vi censuro!!!

A parte gli scherzi, vorrei spostare la vostra attenzione su questo meccanismo pazzoide e schizofrenico che invade le nostre vite e che le persone tollerano.
Indignamoci! (per cominciare... almeno)

Io penso che chi non si indigna dinnanzi all'INPS non ha ben compreso come funziona questo mostro.
Io sono un libero professionista e pago l'inps dai miei ricavi.
I miei versamenti inps vanno a costituire la base della mia futura pensione. Lasciamo adesso perdere se la pensione la vedrò o meno. Lasciamo perdere.

Io mi indigno perchè ho uno stato che mi impone un versamento FORZATO per riscuotere dei soldi che sono MIEI per ridarmeli domani.
Lo stato parte dal presupposto che ora sono in forze devo versare i MIEI soldi per quanto non sarò in forze. Ma che carino! Ma pensa che buono.....
Lo stato si preoccupa di me.

Ma poi quando ho bollette da pagare, quando il lavoro non gira e mancano i soldi a fine mese, quando voglio creare impresa e servono capitale dove c...o è lo stato?
Che IPOCRISIA!
Perchè tu stato non mi fai educazione finanziaria?
Perchè non mi insegni a scuola, quando sono giovane, come i soldi vanno gestiti e mi insegni che è meglio che mi garantisca una copertura quando non sarò più in grado di pagare?

Dove è l'INPS quando il piccolo commerciante o libero professionista è in difficoltà?
C'è forse la cassa integrazione?

La verità nuda e cruda è che pochi che producono a costi esorbitanti in termini di tempo, denaro e sforzi personali mantengono i molti, dei quali molti altrettanti molti forse non hanno neppure il diritto di prendere questi soldi.

Ditemi che ne pensate.
Io, per ora, mi indigno!
Grazie per l'attenzione.
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