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mercoledì 6 luglio 2022

Indebitamento e produzione

La parola indebitamento non è molto gradita nè amata dalle persone.

Quando si parla di indebitarsi, subito la mente va a situazioni non piacevoli e ad una condizione operativa non ottimale.

Non è per niente un caso che qualcuno usi l'espressione "Brutto come un debito" quando vuole esprimere un giudizio sulla bellezza di un'altra persona.

Tralasciando questo argomento di gustosa conversazione, il punto che volevamo sottolineare è come, facilmente, si confondano i termini DEBITO e INVESTIMENTO.

Ma forse stiamo correndo troppo. Facciamo un passo indietro. Cosa è un debito?

La parola debito non è un termine di solo uso finanziario. Non riguarda solo i soldi. Tant'è che si parla di "debiti formativi" nell'ambito della scuola quando uno studente non è andato bene oppure di parla di "debito morale" quando qualcuno ha fatto qualcosa per noi e ci tocca restituire il favore.
Un debito è una obbligazione di dare o restituire qualcosa, spesso riferito a entità monetarie (fonte TRECCANI).

Faccio debito quando qualcuno mi fornisce (presta) qualcosa e io lo debbo restituire. La situazione è classica nel mondo della finanza.
Ho necessità (per qualsiasi motivo, e dopo approfondiremo questo) di denaro e qualcuno me lo presta. Con l'accordo che glielo debba restituire in modo e tempi da stabilire. Qualche volta senza dover pagare il servizio e molto spesso dovendo pagare il servizio.

Ma cosa è un INVESTIMENTO? 
Un investimento è l'utilizzo di una certa quantità di denaro (ma può essere esteso anche all'utilizzo di cose, attrezzature, lavoro e conoscenza) per ottenere/realizzare un qualcosa che più avanti nel tempo mi consenta di guadagnare più denaro.
L'esempio arriva dalla natura. Ed è la prima forma di investimento che l'uomo ha conosciuto.

Si parla di agricoltura. Io ho un tot di semenze e le pianto. Pianto dei semi per avere delle piantagioni che poi produrranno un raccolto di qualcosa per cui avrò un rientro maggiore del valore di ciò che mi sono privato in un primo momento.
Questa è la teoria dei fagioli. Uso dei fagioli per far si che un domani abbia molti più fagioli.

Alcune volte ci si trova in una situazione in cui non si hanno semi da piantare ovvero, nella pratica, non si hanno soldi per effettuare un certo investimento.
E' in questi casi che si va da qualcuno che i soldi li ha e ne ha in eccesso (relativamente). Per farseli prestare.
Si fa, quindi, un debito per realizzare un investimento.
Realizzato l'investimento si avranno i soldi per ripagare il debito e (si spera) ne avanzeranno per noi.

Questo è il processo imprenditoriale. In cui un soggetto assume su di se il rischio di questa iniziativa. Ma se le cose vanno bene anche i benefici.

Che comunque non saranno solo a suo vantaggio. Perchè quando si realizza qualcosa di utile, anche se i profitti vanno solo a chi ha realizzato l'opera, spesso i vantaggi vengono distribuiti in tutta la popolazione e società. Immaginiamo che in città apra un nuovo negozio particolare. Una fumetteria o un negozio particolare di artigianato.
Il fatto stesso che questo negozio esista e che potenzialmente ci possa comprare qualcosa migliora automaticamente la mia qualità di vita. E quindi rende tutti un pò più "ricchi".

Indebitarsi non dovrebbe essere quindi una cosa spaventosa. Non di per se.
Spesso è stato il motore della crescita di società e nazioni.
Ci sono motivi e motivi per indebitarsi.

Una persona può prendere dei soldi in prestito per migliorare la qualità della sua vita, per fronteggiare una emergenza, per assicurare gli studi di un figlio e per realizzare un investimento.
In questo caso indebitarsi non è una cosa negativa.
In generale.

Che poi, tutte le cose debbano essere fatte con scrupolo e coscienza è un altro discorso.
Anche le lasagne sono buone ma forse non è indicato che ne mangiamo un chilo tutto in una volta. Occorre misurare e dosare ciò che si fa.

GRAZIE PER L'ATTENZIONE.

venerdì 15 gennaio 2021

Cosa è la pubblicità e come ci condiziona.

Oggi mi va di parlare di qualcosa che sempre più sta diventando parte integrante della nostra vita.

In questo blog parliamo di denaro e lavoro. Anche di produzione e attività aziendale.

In minima parte di marketing, ma in questo caso il tema pubblicità è decisamente non limitabile ad esserne confinato nel contenitore "marketing".

Lo spunto viene dalla lettura di un articolo di un certo Thomas Smith il quale ha scritto una guida chiamata "Pubblicità di successo" nel 1885. Non proprio ieri. Non proprio 5 anni fa.

Stiamo parlando della fine del XIX secolo, quando il panorama della civiltà consumistica (che qualcuno ha anche chiamato la civiltà della Coca-Cola) era ancora da venire.

Leggete un pò cosa diceva:

 1. La prima volta che un uomo guarda una pubblicità, non la vede.

 2. La seconda volta, non se ne accorge.

 3. La terza volta è cosciente della sua esistenza.

 4. La quarta volta, ricorda vagamente di averla vista prima.

 5. La quinta volta la legge.

 6. La sesta volta storce il naso.

 7. La settima volta la legge e dice: "Santo cielo!"

 8. L'ottava volta, dice: "Ecco di nuovo quella roba confusa!"

 9. La nona volta, si chiede se sia qualcosa.

 10. La decima volta chiede al suo vicino se l'ha provata.

 11. L'undicesima volta, si chiede come fa a pagare l'inserzionista.

 12. La dodicesima volta, pensa che debba essere una buona cosa.

 13. La tredicesima volta, pensa che forse potrebbe valere qualcosa.

 14. La quattordicesima volta, ricorda di aver desiderato una cosa del genere da molto tempo.

 15. La quindicesima volta, è stuzzicato perché non può permettersi di comprarlo.

16. La sedicesima volta, pensa di comprarlo un giorno.

 17. La diciassettesima volta, fa un promemoria per acquistarlo.

 18. La diciottesima volta, giura di essere povero.

 19. La diciannovesima volta conta attentamente i suoi soldi.

 20. La ventesima volta che vede l'annuncio, acquista ciò che offre.

Ora, non è che dobbiamo prendere alla lettera ciò che il signor Smith scrive. Cioè che per ogni volta che si vede una pubblicità si debbano avere per forza quelle reazioni.

Ma è veramente, veramente interessante vedere che più o meno è realmente questo il percorso di reazione emozionale riguardo alla pubblicità di qualcosa.

Non solo, ho il fondato dubbio che questo tipo di atteggiamento (sempre di natura emozionale) si attui anche quando si presenta una nuova idea o un nuovo progetto.

Vi invito quindi a riflettere sulle potenzialità della pubblicità (se siete imprenditori) e sulle conseguenze nella vostra vita della pubblicità (se siete consumatori).

Scrivere la vostra opinione nei commenti.

In un prossimo post, raccoglierò eventuali commenti e li amplierò con la mia idea riguardo ciò che il signor Smith ci dice.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 3 dicembre 2015

Economia, azienda e sistema bancario

Parlare di economia senza parlare di sistema bancario è veramente difficile in quanto le interrelazioni e gli intrecci presenti fra economia e finanza sono diventati incredibili.

Esistono aziende sane in Italia? Certo.

Esistono imprenditori virtuosi in Italia? Certo.

Esistono banche disgraziate che operano completamente in tradimento rispetto al loro ruolo istituzionale di supporto alle imprese sane e virtuose? Certo.

C'è un caso che mi ha colpito in modo particolare che simboleggia in modo esemplare tutti questi punti.

Non è intenzione di questo blog generalizzare o colpire tutte le figure professionali che nel sistema bancario ci lavorano. Ho personalmente lavorato ai margini del sistema bancario per quasi 7 anni in qualità di mediatore creditizio prima e come agente in attività finanziaria iscritto agli appositi albi professionali in Banca d'Italia.
So come in ogni ambiente e settore ci siano molte brave e oneste persone.

Ciò non toglie che sia proprio il sistema sbagliato. E se colpire o criticare il sistema significa scuotere in un certo senso anche le tranquillità e le certezze di chi vi lavora ed è quasi esente da colpe, dispiace ma rimane necessario. Il bene della collettività è sempre superiore al singolo interesse.

Questa è la storia di una società di eccellenza messa in ginocchio da una truffa bancaria e da un sistema che stritola le aziende per la sua burocrazia e per le leggi assurde che la governano.
Ecco il video.
 

Cosa ne salta fuori?
Che se sei un cittadino o una impresa, sei sempre in una posizione non paritaria nei confronti di un istituto di credito.
Se sbagli tu, sei finito: morto e sepolto. Se sbagliano loro, non succede niente.
E il problema non è il singolo direttore di banca che sbaglia.
Perchè è il sistema che ti porta a questo.
Perchè la banca dovrebbe avere a budget la collocazione di prodotti finanziari di alto e altissimo rischio (praticamente dei giochi di azzardo puri!)? Perchè?
Per fare utile?
Perchè sono una azienda privata che fa e deve fare utile?
Ancora con questa concezione del modello liberista vecchia di secoli, totalmente non aderente alla realtà dei fatti?

Il ruolo della banca è istituzionale. E sebbbene ogni tipo di azienda debba avere un equilibrio dei fra costi e ricavi e potersi autosostenere, occorre ricordare che la banca esiste per assolvere ad un ruolo.
Un ruolo talmente importante di essere di priorità sociale in un qualsiasi sistema economico.
Può quindi essere privata ma rimanendo aderente alla sua missione primaria.
Ovvero fornire servizi e assistenza finanziaria ai clienti.
Se tu vuoi essere una società che guadagna dal proporre investimenti a rischio, non fare la banca ma diventa (appunto) una società di investimenti.
Collocati sul mercato e non vivere della "autorità" che ti deriva dal fatto che le persone ancora guardano alla banca come una sorta di istituzione.
Diventa una azienda e guadagnati la fiducia delle persone. Di loro che cerchi i loro soldi per farglieli raddoppiare o farglieli perdere. D'altronde i casino on line e le sale slot vanno comunque bene.... perchè non dire chi sei veramente?

Ditemi cosa ne pensate.
Grazie mille.

venerdì 29 maggio 2015

Quanto costa ad un'azienda essere innovativa?

In economia l'innovazione è un concetto apparentemente complesso e ad una prima analisi da relegare solo ad alcuni specifici ambiti estremamente tecnici.

Si è parlato così tanto e così spesso di innovazione accostando il concetto alla tecnologia, ai computer, alle fonti energetiche, alla telefonia e via discorrendo che si è perso di vista la semplicità e basilarietà di questa idea.

Innovare significa semplicemente fare qualcosa che fino a quel momento non si faceva.

Non necessariamente l'innovazione è qualcosa di legato ad una mirabolante invenzione tecnologica o alla scoperta di chissà quale nuovo materiale o sostanza.

L'innovazione è talmente legata al concetto di sopravvivenza che sembra quasi ridicolo doverne parlare.
Ma in un modo in cui la presunzione di sapere sta prendendo sempre più spazio a discapito della conoscenza effettiva (teoria + pratica), appare evidente che non si debba dare niente per scontato.

In un periodo storico in cui le aziende stanno incontrando grandi difficoltà attorno a loro, INNOVARE non è solo uno sfizio o un lusso.
E' una assoluta necessità.
Innovare non significa stavolgere o rivoluzionare. Chi pensa che questi verbi siano sinonimi dovrebbe prendere in mano un dizionario e controllare.
Innovare significa prendere atto che qualcosa non sta andando bene e occorre trovare delle soluzioni.

Queste innovazioni possono essere
a. di Amministrazione.
b. di Marketing.
c. di Organizzazione interna.
d. di Produzione.
e. di Formazione.r
f. di Sviluppo nuovi mercati.

solo per citarne alcune.....
Un'azienda si può innovare, investendo nella formazione, proponendosi sul mercato in un modo nuovo, sperimentando nuove strategie, lanciando nuovi prodotti affini a quelli precedenti.
Non ci sono molti limiti all'innovazione. Tutt'altro.

Questo ha un costo?

Se per costo intendiamo delle uscite di denaro, certamente si. L'azienda che stia ferma o si muova, ha dei costi e delle uscite di denaro. Alcune uscite di denaro sono produttive di maggiori entrate future. Sono dei costi particolari: si chiamano investimenti.
L'innovazione è un investimento. Si.

Ma fermiamoci a riflettere su quali siano i costi che una azienda affronterà se NON innova, se NON cambia, se si FERMA a pensare che è dalla parte della ragione.

Esistono persone che staranno ore a spiegarti quanto loro siano dalla parte della ragione mentre piangono o si lamentano di ciò che non va nella loro vita. Ci sono aziende che ti spiegheranno per ore quanto siano bravi e competenti mentre le loro entrate e le loro vendite continuano a calare.

Un organismo che non cambia quando cambiano le cose attorno a lui è destinato a subire il destino. Se è fortunato, sopravviverà con qualche ferita e qualche abito stracciato. Se non è fortunato (tanti) semplicemente morirà.
Un'azienda che non innova in un periodo di crisi, attendendo l'abbondanza per innovare, non vedrà mai quell'abbondanza.

Quindi la domanda diventa...... quanto può costare ad un'azienda non essere innovativa?
Tutto, anche la propria stessa esistenza.

Grazie per l'attenzione.

lunedì 25 maggio 2015

Può una singola azienda andar bene mentre tutte le altre vanno male?

Salve, spesso durante i corsi che tengo in materia di marketing o ri-organizzazione aziendale ci capita di parlare di strumenti che l'azienda può usare per riuscire da questo periodo di difficoltà.

Prima ancora di comprendere a fondo questi strumenti e, ovviamente, prima ancora di metterli alla prova per verificare di persona la loro funzionalità......
questi concetti vengono bloccati da una sorta di disfattismo pre-giudiziale in cui la nota dominante è la seguente:
"E' inutile mettere in atto qualsiasi strumento perchè il problema risiede in fattori molto più grandi e che esulano le possibilità di intervento della piccola azienda. Il problema risiede nella macroeconomia, ovvero in ciò che il governo, le istituzioni e gli altri stati decidono e fanno".

Ad esempio, se ci riferiamo ad un territorio a forte vocazione turistica sembra quasi che qualsiasi iniziativa sia impossibile a meno che il mercato non ri-cominci di nuovo a fornire nuove presenze turistiche sul territorio.
Un ristoratore mi dice: "E' inutile che io faccia promozione e marketing, tanto se i turisti non ci sono non dipende da me!!"

Perchè questo pensiero?
In primo luogo perchè l'imprenditore, bersagliato continuamente dagli effetti deleteri della (pseudo)-informazione dei mass-media, ha ormai concentrato la sua attenzione sui problemi (EFFETTO) anzichè sulle possibili soluzioni (CAUSA).
E in secondo luogo perchè c'è una grande confusione fra due approcci ai problemi economici molto differenti seppur parzialmente interconnessi: ovvero l'approccio micro-economico e l'approccio macro-economico.

In termini semplici di che parliamo?
La microeconomia studia (essenzialmente) l'economia in piccolo ovvero il comportamento del singolo prodotture e del singolo consumatore pur se riunisce questi risultati in leggi di mercato.
La macroeconomia studia l'economia in grande ovvero il comportamento di stati, governi, leggi di mercato e tassi di cambio.
Il tutto semplificando all'osso le due disciplina.

E' ovvio che attualmente ci siano problemi economici dovuti a fattori che vanno molto al di là delle possibilità di intervento di una singola azienda. Ma anche di un gruppo di aziende associate. A volte anche dell'intervento di un singolo stato.
Se in una certa area economica ci sono difficoltà perchè la domanda è crollata, ci sono ovviamente fattori macroeconomici al lavoro. Potrebbero essere leggi errati sul lavoro, pressione fiscale scorretta sulle aziende, mancanza di finanziamenti pubblici o bancari, mancanza di infrastrutture e via dicendo.

Ma il fatto che questi fattori esistano, non dice nient'altro se non quanto sia duro l'ambiente in cui dobbiamo operare.
E una volta stimate le difficoltà, sopravvivvere e prosperare è sempre compito e responsabilità del singolo imprenditore.

Esempio.
In una zona turistica abbiamo un improvviso calo di presenze del 30%. Nella zona esistono 6 ristoranti.
Prima della "crisi" si registra la presenza di 1.000 turisti. Che ovviamente vanno a mangiare in più ristoranti nel loro periodo di permanenza. Per semplicità diciamo che ogni turista visita almeno 3 ristoranti (3.000 coperti). Abbiamo questa ipotesi.
Ristorante A - 500 coperti
Ristorante B - 300 coperti
Ristorante C - 700 coperti
Ristorante D - 250 coperti
Ristorante E - 900 coperti
Ristorante F - 350 coperti

Ovviamente i ristoranti avranno capienze diverse e costi di gestione diversi. Ma per semplicità vedremo che, a parte il ristorante B e quello E, gli altri lavorano più o meno nello stesso modo.
Dopo un qualche fattore MACROECONOMICO, i turisti spariscono e invece di 1.000 presenze se ne registrano 700. 
Secondo voi, questa diminuzione di presenze interesserà in modo UGUALE tutti i ristoranti? Forsi si o forse no. Non c'è diretta conseguenza. Ma molto probabilmente i ristoranti che lavoravano meglio perderanno meno clienti e coperti di quelli che lavoravamo peggio. Potremmo ipotizzare questo.

Ristorante A - 250 coperti
Ristorante B - 100 coperti
Ristorante C - 750 coperti
Ristorante D -  50 coperti
Ristorante E - 750 coperti
Ristorante F - 200 coperti

Cosa se ne deduce? Che su 6 ristoranti, ben 5 hanno avuto una diminuzione di presenze e coperti. Ma 1 ha addirittura avuto un aumento. Chi? Probabilmente quello più efficente che ha lavorato meglio o ha colto meglio alcune nuove opportunità. Magari quello che ha promosso di più, nonostante la crisi.
Ora, da un punto di vista macro-economico, il territorio è in crisi. E sicuramente molti posti di lavoro sono a rischio.
Il ristorante D e quello B probabilmente chiuderanno. O si dovranno indebitare per rimanere aperti e sperare che la crisi passi.
Anche il ristorante A e il ristorante F sono in gravi difficoltà.
Mentre il ristorante E ha avuto una diminuzione di entrate ma alla fine non si strappa i capelli.

Vedete quante scene differenti? Ognuna di esse può essere esaminata in un ambito diverso. C'è chi è andato male, chi malissimo, chi così-così e chi addirittura bene.

Il punto è che ogni Ristorante ha il potere di andare meglio se applica i giusti interventi nonostante la crisi. Chi lo farà? Chi lavorerà meglio, è ovvio. Chi farà la migliore promozione o offrirà il miglior prodotto. O entrambi.
E' possibile che tutti e sei i ristoranti lavorino meglio nonostante la crisi?
Si. Certo.
Lavorando bene, promuovendo, offrendo un servizio di qualità e così via, potrebbero portare i 700 turisti presenti ad andare più volte al ristorante portano a 4 visite di media per stagione contro le 3 dell'anno prima.
E così i ristoranti avrebbero 2.800 coperti da distribuirsi anzichè 2.100.
Vedete come può funzionare?
Ovviamente i soldi in più che i turisti spenderanno nel ristorante forse verranno tolti da gite in barca, o spese nei negozi o ..... non si sa. Ma così funziona il mercato. E' una questione di concorrenza.
Le aziende che gestiscono le linee telefoniche cellulari hanno cambiato il modo di spendere degli italiani. Se si esamina come è composto il paniere di spesa di una famiglia del 2015 è ben diverso da quello di una famiglia del 1985 ad esempio.

Una singola azienda può sempre migliorare le sue condizioni e la sua produzione. Anche in un momento di crisi. Sarà più difficile e dovrà erodere clienti ai concorrenti. Ma funziona così anche in momenti in cui la crisi non c'è.
Anche perchè se c'è mercato, nuove aziende apriranno per farci la concorrenza. Quindi non è possibile pensare di non doversi confrontare con qualcuno sul mercato.
Che sia una azienda simile alla nostra o un'azienda di un mercato complementare.

Spero di aver chiarito il concetto. Grazie per l'attenzione.

mercoledì 29 aprile 2015

Il marketing, questo sconosciuto.

L'economia, toccando aspetti quotidiani della nostra vita, è uno di quegli ambiti in cui più facilmente ci si addentra, senza averne una corretta padronanza.
Negli argomenti economici e imprenditoriali ci sono parole che vengo usato e di cui, di base, si abusa senza però conoscere a fondo l'argomento.

Il marketing è una di quelle parole.
Usata e abusata da individui, consulenti, siti internet, giornali.......

Si parla di fare marketing, curare il proprio marketing, internet marketing e via discorrendo....

Ma cosa è esattamente il marketing?
E' possibile spiegarlo in pochi e semplici parole?

Ci possiamo provare.....
Il marketing è l'attività che un imprenditore o un'azienda fa per piazzare il proprio prodotto o servizio nel mercato di riferimento. Cosa intendiamo per piazzare? Semplicemente collocare il suo prodotto in modo che sia visibile, che venga richiesto e acquistato.

Semplificando la definizione e andando proprio alla base del marketing, possiamo dire che esso è l'attività di trovare o stimolare una domanda di qualcosa

Se analizziamo l'attività di marketing possiamo identificare quindi alcuni punti importanti:
  1. L'esistenza di un gruppo di individui (mercato di riferimento) che possono avere un'esigenza.
  2. La definizione di quale sia il servizio/prodotto che possa soddisfare quell'esigenza.
  3. La preparazione, procuramento o costruzione di quel servizio/prodotto.
  4. L'informare il gruppo di individui dell'esistenza del nostro servizio/prodotto.
  5. L'ottenere al vendita del nostro servizio/prodotto in misura sufficiente per coprire i costi e garantire un guadagno.
  6. Lo studiare i mutamenti dell'esigenza per modificare/aggiornare il proprio servizio/prodotto e renderlo sempre desiderabile al mercato di riferimento.
Se esaminato in questi aspetti fondamentali, il marketing non è più una materia complessa, oscura o inutile. Tutt'altro.

Ad esempio, aprire un nuovo negozio nella propria città senza aver verificato tramite sondaggi e indagini se i prodotti in esso venduti siano richiesti o desiderati può essere un grave errore.
Molti di noi hanno visto aprire varie attività commerciali con grandi feste all'inaugurazione e con grande dispendio di investimenti. Attività che hanno chiuso i battenti solo pochi mesi dopo. La domanda sorge spontanea: "Ma che tipo di aspettative di fatturato avevano?". Evidentemente aspettative più alte della realtà. E l'altra domanda viene subito dopo: "Avevano verificato la fattibilità di quella iniziativa con opportuni sondaggi?".
Molto probabilmente la risposta all'ultima domanda era NO!

Quindi marketing non è un'attività che solo la Mulino Bianco, la Fiat, la Coca-Cola, la Findus o la McDonalds devono fare. Il marketing non è riservato esclusivamente alle grandi aziende che spendono milioni di euro in pubblicità.
Il marketing riguarda tutti. Anche la piccola ditta di giardinaggio che si propone nella sua città. Oppure l'attività commerciale di abbigliamento.
Anche questa deve scoprire l'esigenza del suo mercato di riferimento. Deve scoprire a cosa essa può essere una soluzione.
Anche essa deve organizzare il suo servizio per offrire ciò che il mercato chiede. Anche essa deve effettuare la corretta promozione per far conoscere il suo servizio.
Anche essa deve studiare bene il prezzo del suo servizio e tenersi aggiornata per non farsi cogliere impreparata dai cambiamenti di mercato.

Questo è il marketing nei suoi elementi essenziali. Poi possiamo complicare l'argomento scendendo in dettagli o addentrandoci nelle sottocategorie in cui il marketing di divide.

Come tutte le cose, alcune volte certi aspetti del marketing sono intuitivi. E una piccola azienda può, entro certi limiti, farcela da sola....
Ma un pò tutti i mercati sono diventati ultra-competitivi. E il buon senso e l'intuizione non sono più, spesso, sufficienti per migliorare la propria efficienza e capacità di raggiungere gli obiettivi.

Tutti devono fare marketing.
Non importa che sia una piccola ditta o una grande azienda. Non importa se vendete prodotti, se siete una azione di produzione o un'azienda di servizi.
Non importa che i vostri dipendenti siano più o meno di 10. Più o meno di 5.

Il marketing è importante in ogni momento. Spesso, omettere alcuni punti del marketing ci conduce verso il baratro anche quando le nostra capacità sono buone e il nostro prodotto/servizio ottimi.

Grazie per l'attenzione.

martedì 5 agosto 2014

Espandersi nei momenti di crisi. - 3a parte

Dopo aver assimilato che, a prescindere da qualunque condizione si trovi la strada in cui stiamo viaggiando, tocca sempre a noi piloti dell'auto mantenere il controllo della stessa e dopo aver assimilato il concetto che solo innovandosi si può continuare a mantenere alto il nostro potenziale di sopravvivenza, giungiamo adesso all'ultimo fattore che deve essere preso in considerazione per potersi espandere anche nei momenti di crisi.

Questo fattore è il marketing ovvero lo studio della domanda o la creazione della stessa. Forse in un prossimo futuro potremmo dedicare un post apposito sul marketing in modo da fugare le complessità e alterazioni che purtroppo spesso sono state introdotte riguardo questo argomento.

Un buon articolo che spiega bene e in termini molto semplici cosa sia il marketing lo trovate a questo indirizzo: ideemarketing.learningschool.it

Il marketing è quindi definito come occuparsi della domanda di un prodotto o servizio, investigandola, comprendendola, incrementandola, stimolandola o addirittura creandola.
Una domanda di un prodotto può essere creata.
Il telefono cellulare ne è un esempio. Quando a metà degli anni '90 i cellulari cominciarono a comparire sul mercato non accadde perchè le persone piangevano e bussavano ai produttori di strumenti tecnologici chiedendo che il cellulare venisse costruito e venduto. Nessuno si strappava i capelli perchè non poteva telefonare mentre guidava o mandare messaggi alla sua amata sdraiato sul divano.
L'esigenza non c'era. Guardiamo oggi come siamo messi. E' praticamente inimmaginabile per moltissimi di noi anche solo concepire la nostra giornata senza l'ausilio del cellulare. Saremmo irraggiungibili, non potremmo sapere le cose in tempo reale e un altro sterminato elenco di cose.
20 anni fa, qualcuno creò un prodotto e stimolò la domanda di quel prodotto e del beneficio che il prodotto poteva creare.

Produrre qualcosa senza che dall'altra parte ci sia qualcuno che desideri quel prodotto o servizio è un suicidio. Al punto che è meglio, prima di aprire un'attività o iniziare a produrre qualcosa, sincerarsi che ciò che si intende fare abbia mercato e possa essere desiderato una volta offerto.
Altrimenti si corre il rischio di andare dagli esquimesi a vendere climatizzatori o frigoriferi.
O stufe a pellet all'equatore.......

Le crisi economiche seguono anche i cicli di vita di alcuni prodotti o stili di consumo. Arrivati ad un certo punto, quando il prodotto o servizio ha cessato il suo ciclo vitale, se non si effettua un cambiamento il mercato entra in crisi.

In generale le aziende si curano poco del proprio marketing. Una volta che qualcosa sta andando bene, semplicemente continuano a "picchiare" duro pensando che per decenni o per secoli niente mai cambierà e tutto andrà bene.
Un esempio è stato il settore edile in Sardegna. Per tutta una serie di fattori, tra la fine degli anni '90 e i primi anni 2000 è iniziata una fase di crescita esponenziale delle case vacanze. Si vendevano case a velocità superiore alla possibilità di costruirle, al punto che interi cantieri era già venduti ancor prima che il primo mattone venisse apposto per la costruzione.
Questa enorme esplosione della DOMANDA di case vacanze in Sardegna ha fatto concentrare gli imprenditori del settore unicamente sulla produzione. Perchè quello era il problema. L'offerta doveva pareggiare la domanda, che era forte e in crescita.
Il mercato è cresciuto per circa 15 anni fino al 2008/2009 biennio in cui si sono sovrapposte varie situazioni. L'esplosione dei problemi bancari e di finanziamento mondiale con l'esaurimento della fase di crescita della domanda di case vacanze.
Così, mentre sempre più imprenditori entravano nel mercato per sostenere e aumentare l'offerta, improvvisamente la domanda di case vacanza crolla.
Non diciamo si azzera. Diciamo crolla. Ovvero diminuisce di percentuali importanti.
E tutto proprio mentre l'offerta continua ad aumentare.
Perchè questo? Perchè chi sosteneva l'offerta non aveva la capacità (e forse la preparazione e l'attitudine) di percepire immediatamente questo cambiamento. E quindi per alcuni anni (almeno 3/4) ha continuato a costruire nonostante non ci fosse più la domanda che ci si aspettava.
Ecco la crisi.....
Ma a noi interessa capire come se ne può uscire....

E la risposta è proprio quella. Occuparsi del marketing.
Ovvero vedere come aumentare la domanda o occuparsi di un nuovo tipo di domanda se quella precedente non sta più reagendo agli stimoli.
Questo viene fatto con la giusta promozione. Ricordandosi però che la promozione si effettua quando si ha ben compreso con che tipo di domanda si ha a che fare e in che modo interagire con essa.
Altrimenti una promozione senza cura è solo una promozione sprecata.
Perchè dice solo "Compra qui" ma non sa a chi si rivolge e nè se colpisce veramente le esigenze (domanda) di chi riceve quel messaggio promozionale.

Quindi si promuove qualcosa che ha bisogno solo di essere conosciuta perchè si è sicuri che essa sia un qualcosa di desiderato, desiderabile o necessario.
Perdere tempo e risorse a promuovere qualcosa che non è richiesto o necessario porta a dei fallimenti clamorosi.
E' anche un discorso di grandi numeri.
Se arrivano 1000 turisti (facciamo sempre questo esempio per rimanere in tema all'esempio precedente) in un'area, e mediamente il 50% di loro decide di usufruire dei servizi di ristorazione avremmo un numero potenziale di 500 persone che possono tramutarsi in clienti.
Se esistono 20 attività che si possono spartire queste 500 persone, occorrerà vedere se questo numero sia sufficiente per consentire a tutte le attività di prosperare.

E' naturale e nell'ordine delle cose che non tutte e 20 le attività andranno in profitto. Alcune di esse avranno una bassa qualità o dei problemi organizzativi o di pubblicità per cui di queste 500 persone, raggiungeranno pochi o nessun cliente.
Questo accadrebbe anche se i clienti potenziali fossero 1000. O 2000.

Con una differenza.
Se sono solo 500, gli errori e i costi derivanti dagli errori si riveleranno prima e in modo più marcato. Tutto qui. L'abbondanza di potenziali clienti serve solo a mascherare per un pò di tempo il problema.

Concludiamo dicendo che per espandersi nei momenti di crisi, ci sono 2 punti di vista, 2 posizioni da cui osservare la scena. C'è il punto di vista della singola attività che deve aumentare i clienti, il fatturato e la redditività. E c'è il punto di vista di un settore, un'area o un'intera nazione che deve aumentare il movimento dell'economia.

Nel caso prospettato sopra, c'è differenza fra le azioni che deve fare il singolo ristorante per avere più clienti (fra i 500 potenziali!) e le azioni che l'associazione dei ristoranti o gli enti locali debbano fare per aumentare il numero di presenze turistiche generali (i 1000 turisti prospettati). E' chiaro il concetto?

Grazie mille per l'attenzione.

giovedì 3 luglio 2014

Espandersi nei momenti di crisi. - 2a parte

Per espandersi dobbiamo assimilare un concetto molto importante. Per illustrarlo ricorriamo ad una metafora ovvero ad una rappresentazione scenica di una situzione immaginaria che piuttosto che spiegare ciò che stiamo dicendo, ce lo "mostra".

Immaginiamo di essere dei piloti di auto. Siamo dei piloti sportivi. Abbiamo imparato a guidare l'auto in ogni situazione. Sappiamo accellerare, frenare e ogni genere di diavoleria che vediamo fare in tv agli stuntmen dei film di inseguimento d'auto.

Il pilota ha il controllo del suo mezzo. Egli sa cosa deve muovere e spostare per ottenere l'effetto desiderato. Il fatto che la strada sia impervia, sia bagnata, che tiri vento incide solo nella misura in cui il pilota ne prende atto e elabora le soluzioni appropriate.

Il pilota o è bravo o non lo è.
Non accade che uno sia un bravo pilota con il sole e sia incapace di guidare con la pioggia. E se anche lo fosse, egli vedrebbe subito che c'è un'area di abilità di guida in cui è carente e che deve migliorare.
Se il pilota guida male, il risultato è che egli guida male. Nessuno da la responsabilità o la colpa alla strada o a qualsiasi altro fattore.
Questo si chiama "RESPONSABILITA'". Essere responsabili significa varie cose. Tra queste "la sensazione di essere incaricato di qualcosa", o, più pertinentemente, "l'abilità e la volontà di considerarsi CAUSA".
Di fronte ad un problema si può scegliere cosa si vuole essere. Si può optare per sentirsi un effetto o per sentirsi una causa. Causa o effetto. E' una questione di scelta.
Se una persona attribuisce la causa a qualcun altro o a qualcos'altro, da potere a quella entità e la rende causa. E rende se stesso un effetto. Al punto che se continuiamo in modo imperterrito a eleggere gli altri causa e noi effetto (è colpa tua, è sempre colpa tua, è colpa del governo, è colpa del datore di lavoro, è colpa della moglie, dei figli, della società.....) diventiamo pian piano delle vittime. Gli altri sono causa e noi subiamo. Gli altri sono causa e noi effetto. Fino al punto di non poter causare più niente.

Per controllare un problema od una situazione, dobbiamo porci nella posizione di sentirci causa.
Dobbiamo far ricadere la situazione nella nostra sfera personale di controllo. Deve essere qualcosa su cui è possibile far qualcosa.
Siamo dei piloti? C'è un problema? Bene! Cosa può fare il pilota che gli permette di superare l'ostacolo?
E' un modo di pensare. Può non essere istintivo ragionare così e probabilmente c'è del lavoro da fare affinchè diventi un abitudine e un modo naturale e immediato di comportarsi.
Ma questo atteggiamento ci porta ad essere ESTROVERSI e non INTROVERSI. Quindi possiamo guardare fuori e, mentre osserviamo, possiamo percepire meglio ciò che ci circonda e trovare meglio le soluzioni.

Espandersi nei momenti di crisi è possibile e doveroso. Perchè se tutti si espandono, magicamente la crisi non c'è più. E la crisi comincia a sparire velocemente anche quando relativamente POCHI individui cominciano a espandersi.

Altrimenti ci releghiamo nella posizione di attesa, cioè ci aspettiamo che qualcuno faccia qualcosa. E potremmo diventare mummie prima che ciò accada. In ogni caso nel periodo in cui attendiamo ci stiamo eleggendo a vittime. Perchè non siamo causa ma siamo effetto.

Nel prossimo e conclusivo articolo sommeremo il concetto di innovazione, di responsabilità (essere causa) con l'ultimo fattore che deve essere presente per poterci espandere.
Vi attendiamo.

Grazie per l'attenzione.

martedì 29 aprile 2014

Il mercato



Il mercato viene definito come il luogo in cui domanda e offerta di beni e servizi si incontrano.

Può essere un luogo fisico, reale e concreto (una piazza, un negozio, un centro commerciale.....) oppure un luogo non fisico ma mentale, quindi niente di concreto o solido che possa essere toccato con le mani.

Quando nei mass-media ci si riferisce alla parola "mercato" ci si riferisce ovviamente al secondo modo di intendere la parola.

Quando la signora Rosa parla di "mercato" è altrettanto ovvio che si riferisca al mercatino rionale del suo quartiere.

Il mercato è quindi un luogo, virtuale o reale, in cui gli scambi avvengono.
Perchè avvengono gli scambi?
Sembra una domanda da salottino di persone che non hanno nient'altro di meglio da fare.
Chi è pieno di lavoro da fare sorriderà di fronte a questa domanda. Ma ogni tanto ri-analizzare le banalità ci può far scoprire che, forse, ci siamo allontanati troppo dalla giusta strada da percorrere.

Perchè avvengono gli scambi di beni e servizi?
Perchè lo scambio aumenta la soddisfazione di entrambe le parti, ovvero sia di chi compra che di chi vende.
La soddisfazione o piacere è una misura del valore che diamo al prodotto o servizio.
Il valore di un prodotto NON è il suo prezzo. Ma di questo ne parleremo meglio in un altro momento.
Sta di fatto che se io ho un orto e produco 20 kg di pomodori, un kg di pomodori avrà per me un valore (un grado di soddisfazione) minore rispetto ad una persona che non ha nessun pomodoro.
Così se io vendo a lui 1 kg di pomodori, lui mi da dei soldi che mi rendono contento e lui si prende i pomodori che lo rendono contento.

Può succedere che nel vendere qualcosa ci sia un pò di dispiacere del privarsi del bene o del servizio. Se vendo una mia casa al mare, non sono proprio contentissimo. Così come forse non sono contentissimo di venire a casa tua e pulirti il giardino dalle erbacce.
Ma questa insoddisfazione viene superata dalla soddisfazione del guadagno che ne deriva.

Che mi permetterà di procurarmi qualche altro bene o servizio che desidero da tempo. Una casa al mare più grande. Oppure un orologio e via dicendo.

La somma delle soddisfazioni di venditore/acquirente deve essere superiore alla condizione precedente affinchè uno scambio avvenga.

Cosa ci serve tutta questa riflessione? Per comprendere che un mercato crolla quando non c'è più soddisfazione nell'ottenere quel tipo di prodotto o servizio.
Un'azienda che vende dovrebbe sapere che quello che lei vende o produce deve necessariamente apportare soddisfazione a chi compra.

In questi tempi di contrazione della domanda di mercato, alcuni fanno osservare che SOLO un calo dei prezzi può far ripartire la domanda stessa. Benchè si basi sulla giusta osservazione che una diminuzione dei prezzi sia uno stimolo alla ripresa dei consumi, vediamo che l'osservazione non è completa. E può risultare apportatrice di errori grossolani.
Non sempre un mercato i cui prezzi vanno giù diventa appetibile.
L'esempio classico è il mercato immobiliare.
Quando i prezzi scendono troppo, qualche acquirente può sentirti demotivato a comprare perchè questo destabilizza le sue previsioni.
"Se compro oggi a 100 perchè non aspettare domani che comprerei a 90?"
Oppure:
"Nessuno compra. Perchè io dovrei comprare? Non sarà meglio aspettare?"
 
Ciò accade anche perchè chi compra è più invogliato a farlo quando sa che molti altri comprano.
Se esaminiamo altri prodotti noteremo altre cose curiose.
Ad esempio in questo momento l'individuo medio non si sente "sbagliato" nello spendere centinaia di euro nel cellulare di ultima generazione. Nemmeno se un esame delle sue entrate e disponibilità finanziarie evidenziano che un tale bene non sia alla sua portata. Nel senso che la persona si compra il nuovo cellulare ma poi si lamenta di far fatica ad arrivare a fine mese con il resto delle spese.

Ricordiamo però che l'attitudine ad acquistare è basata sull'emozione e sul grado di soddisfazione che un acquisto da.
In questo momento possedere l'ultimo smartphone disponibile potrebbe essere l'unica soddisfazione che l'individuo si prende.


Alla fine cosa possiamo comprendere da questa analisi di cosa sia il mercato?
1) Il mercato non è una entità unica, non è una persona o un qualcosa di tangibile. Chiamiamo mercato le interazioni complessive di un numero più o meno grande di persone. Al mercato si possono dare poche colpe. Anzi nessuna. Alle persone o aziende che dentro vi operano, qualche responsabilità invece gliela si può dare.
2) Produrre o proporre un bene o servizio che non incrementi la soddisfazione degli altri è controproducente.
3) La sola discesa del prezzo non sempre è da sola in grado di far ripartire le vendite. Un aumento della percezione di chi compra dell'ulilità o dell'aumento di soddisfazione che un bene o servizio causa, invece si.

Grazie per l'attenzione.

martedì 18 settembre 2012

Il fattore "IO VOGLIO"



Salve a tutti, dopo un'estate calda e afosa come da tanti anni non accadeva, si chiude il capitolo "vacanze" e ci si rituffa nel mondo del lavoro e della produzione.
 
Sappiamo che in questi ultimi mesi la nostra presenza su questi schermi non è stata frequente. In un contesto di tecnica PNL, noi non dovremmo neppure chiedere scusa. Ma senza togliere niente a questo insieme di tecniche, in cui è possibile trarre molti insegnamenti, noi di DENARO e DINTORNI siamo seguaci del buon vecchio adagio che recita "la verità è un proiettile che può bucare ogni tipo di corazza".
 
Ritorniamo su questi lidi con un post che si basa sulla traduzione nella nostra lingua di un articolo di un social network americano. I concetti delineati sono, secondo noi, forieri di molteplici riflessioni.

Il post parla di cosa significhi realmente il concetto di volontà.

Quanto è importante per voi raggiungere i vostri obiettivi? Quanto volete davvero aumentare il vostro reddito? Quanto volete migliorare il vostro futuro?

Quanto maledettamente volete avere successo?
Su una scala da 1 a 100 (con 100 che vuol dire che si è così eccitati e appassionati per il proprio successo da non dormire la notte), quale punteggio personale avreste ora? Cosa  accadrebbe se incrementaste questo punteggio di 30 o 40 punti?
Dopo aver definito con esattezza il vostro obiettivo o prodotto (come illustrato in un precedente articolo qualche settimana fa), ora è necessario aggiugere qualche cavallo vapore al motore.

Il fattore "IO VOGLIO" è qualcosa che potete controllare. Nei fatti, molte persone riescono nel loro campo, non perchè siano degli esperti o particolarmente competenti ma perchè il loro fattore "IO VOGLIO" è molto alto. Essi vogliono veramente avere successo e danno tutto ciò che è necessario per raggiungere i loro obiettivi.

Molte persone non vogliono, nei fatti, il risultato del loro lavoro (prodotto) con la giusta intensità affinchè la cosa si realizzi.
Invece di trovare il modo di avere successo, trovano scuse.

Dopo aver dato un nome al proprio prodotto (definito con esattezza!), è necessario quindi volere il proprio prodotto.

1. Nominare il proprio prodotto o il risultato cercato. E' molto più facile volere qualcosa di specifico che qualcosa di non definito, espresso solo in termini generali.
Ottenete qualcosa di specifico. Per esempio, un venditore di auto potrebbe desiderare di fare 30 prove su strada con clienti, 5 vendite e 1.000 euro di commissioni guadagnate in una giornata. Un consulente fiscale potrebbe desiderare di completare 20 dichiarazioni dei redditi e riuscire a trovare 3 nuovi clienti. Una madre potrebbe desiderare che suo figlio di 4 anni impari ad allacciarsi le scarpe e sua figlia di 16 smettere di fumare marijuana.

2. Decidere QUANTO si desidera il risultato. Questo è un qualcosa che può essere incrementato in base ad una decisione.
Per esempio, il pensiero "Certo, mi piacerebbe avere una carriera di successo" non equivale ad una grande quantità di "volontà". Occorre cambiare l'atteggiamento in qualcosa di simile a: "Fare della mia carriera un gran successo è così importante per me che farò tutto quello che serve per essere il migliore del mondo. Lavorerò 10-12 ore al giorno. Imparerò tutto quello che posso e cercherò tutto l'aiuto che mi è possibile, da ogni risorsa possibile. Voglio mangiare, dormire e respirare la mia meta. Userò la mia forza, il mio tempo, la mia conoscenza, la mia fiducia, la mia fede e le mie risorse per far andar bene le cose. Diventerò il migliore in questo campo e raggiungerò la mia meta non importa ciò che occorrerà".

3. Se non è possibile far si che si VOGLIA ottenere il prodotto, raggiungimento o risultato, ci deve essere qualcosa di sbagliato.
Forse, è necessario mettere prima a posto qualcosa nella propria vita. Molti fattori nella vita possono distruggere o limitare il tuo desiderio di ottenere qualcosa: droghe, alcool, cattive relazioni, comportamenti non etici e così via.
Forse si ha bisogno di una maggiore auto-disciplina, un approccio migliore, più istruzione, persone con maggiori caratteri positivi attorno a se, un atteggiamento gentile verso se stessi o un luogo migliore dove vivere e lavorare.
O forse c'è bisogno di stabilire qualche altra cosa da voler realizzare.

In ogni caso, dovete trovare un modo per VOLERE passionalmente, intensamente ed irragionevolmente ciò che avete STABILITO per voi. Abbiate più desiderio di ottenerlo o realizzarlo rispetto a qualunque altra cosa abbiate desiderato finora. Se il vostro fattore "IO VOGLIO" è forte abbastanza, niente può fermarvi. 
Così, quanto maledettamente volete aver successo?

Speriamo che questo articolo, molto, molto profondo nei suoi concetti di base, sia di grande spunto per le vostre conquiste.

Grazie per l'attenzione.
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