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giovedì 26 gennaio 2023

Impara l'arte e mettila da parte

I proverbi sono una cosa strana.
Sono modi di dire che, in genere, si sentono dagli anziani e dalla tradizione.
Nati per dare delle indicazioni ai volenterose ma spesso confusionarie giovani leve, hanno assunto nel tempo un connotato un pò burlesco e comunque non serioso.

Eppure se prendiamo molti proverbi troveremo che il concetto base che esportano è talvolta ricco di grande acume e profondità.
Non è sempre vero, sia chiaro.
Non diventeremo di botto dei fan sfegatati o dei talebani del proverbio. Ma, osservando le cose con calma, neppure ci sembra una posizione sana quella di non analizzare mai il significato di alcuni proverbi.

Uno di questi recita "Impara l'arte e mettila da parte".
Che in questi ultimi anni di andamento economico ci sembra non una cosa furba e valida. Ci sembra una verità totale e anzi, forse, l'unica via di uscita alle tante difficoltà che incontriamo e un modo per gestire le crisi economiche finanziarie che stanno imperversando in modo ormai calendarizzato nella nostra società.

Che significa questo proverbio?

Innanzitutto si parla di imparare qualcosa. E questo forse è il punto più alto e quindi più saggio del proverbio. "Impara l'arte" dice.
Imparare non vuol dire studiare qualcosa per superare un esame. Non significa frequentare in modo da scaldare bene un banco e non significa presenziare e avere conferma la propria presenza.
Imparare significa APPRENDERE, FARE PROPRIA una capacità e un saper fare.
Non significa neppure cose come ricordare, saper enunciare, saper esporre. Non significa superare l'esame o rispondere alle domande del test.

Imparare è direttamente connesso all'azione e indica la capacità di qualcuno di saper fare e padroneggiare un argomento. 
Poi si dice ARTE. Nel senso che molte discipline hanno delle informazioni tecniche che si trovano nei libri e nella scuola. Diciamo che quelle sono le basi tecniche dell'argomento. Ma le cose diventano anche un'arte intendendo con questo che non tutto può comunque essere codificato.

Così per cucinare, sicuramente occorre conoscere le caratteristiche dei cibi, le varie modalità di cottura, le tecniche e le ricette così come gli strumenti del mestiere. Ma poi c'è l'aspetto artistico che non significa solo che le cose si fanno per divertimento (artistico non vuol dire riservato ai momenti di cazzeggio o divertimento) ma che, essendoci sfumature complesse, spesso per padroneggiare al 100% qualcosa ci sono ambiti in cui una persone deve creare e, talvolta, improvvisare.

Come che sia, l'arte è un argomento o materia. Nel proverbio in questione è un saper fare e quindi anche un mestiere, una professione.
Impara l'arte. 
Magari fai un certo lavoro. Ma ti dice "impara l'arte". Impara qualche altra cosa. Impara molte altre cose.

In una società complessa e iperstrutturata come la nostra, in cui l'avanzamento tecnologico ha reso allo stesso tempo migliore e peggiore la nostra vita (che paradosso!!), è veramente difficile pensare di poter vivere anche solo una vita tranquilla senza avere l'attitudine ad imparare cose nuove.

Tutto cambia così in fretta.....
Dopo che impari, metti ciò che hai imparato da parte e continui a vivere e fare ciò che facevi prima. E attendi. Magari per tutta la vita ciò che hai imparato di nuovo non ti servirà ma se ti serve lo avrai appreso e sarai già pronto ad usarlo.
Non JUST IN TIME, quindi in tempo reale. Ma avendo già appreso ciò che poteva servirmi.

Così possiamo avere qualcuno che lavora, che impara un nuovo o più nuovi lavori e mestieri. Magari ben diversi da quello che attualmente sta facendo.
Oppure abbiamo qualcuno che non smette mai di imparare nuove utili informazioni, in attesa che questa sua aumentata conoscenza diventi un possibile alleato nelle nuove difficoltà che potrebbero sorgere.

Ecco quindi che ci piace molto questo proverbio:
IMPARA L'ARTE E METTILA DA PARTE.

Grazie per l'attenzione.

martedì 15 novembre 2022

Una storia: Gigetto, Beppe, Francolino e un estintore che deve essere venduto.

Salve, oggi raccontiamo una storia. Una storia sentita da un grande formatore e coaching, mister Fabio Gallarani.

Da una parte c'è Gigetto, che è un signora con una casa. Bella o brutta, non è cosa da sapere ai fini della nostra storia. Lui ha una casa.

Dall'altra parte c'è Beppe, che è un venditore di estintori. Molto appassionato del suo lavoro sa che gli estintori sono utili e quindi lui li vende con grande passione e trasporto. I suoi estintori sono perfetti e funzionano benissimo, costando il giusto. Va di casa in casa a procacciarsi delle vendite. 

Un giorno Beppe, suona alla casa di Gigetto.

"Buongiorno, sono Beppe della Estintori e affini spa, vendiamo estintori. Lei ha una bella casa e sarebbe l'ideale proteggerla da qualsiasi principio di incendio e bla bla bla."  Il nostro Beppe prova a fare la vendita.

Gigetto lo interrompe. Non ama i venditori. E poi proprio in quel giorno ha da fare, deve portare la moglie a fare compere. E' di malumore perchè sa che pomeriggio gli aspetta e poi... ma questi venditori.... non possono starsene a casa loro?

Insomma, per farla breve, Beppe prova a fare la sua vendita e cerca di usare tutte le armi a sua disposizione. In effetti cerca di forzare la vendita. Gigetto è spazientito, vorrebbe essere lasciato in pace ed esercita anche lui forza per mandar via il venditore e chiuderla li.

Beppe alla fine va via con le pive nel sacco. E' scontento. Perchè non è neanche riuscito a parlare o spiegare le sue ragioni e le ragioni del suo prodotto. Non ha fatto la vendita. Non ha guadagnato e anzi, sa anche di aver disturbato.

Gigetto alla fine rientra in casa. E' scontento. Perchè lo hanno disturbato e hanno invaso la sua privacy. Non ha acquistato. Ed è di malumore per questa visita e perchè il pomeriggio deve andare a fare shopping con la moglie.

DUE PERSONE SCONTENTE, NESSUNO SCAMBIO, NESSUN AUMENTO DI PRODUZIONE PER L'AZIENDA, NESSUN MIGLIORAMENTO DI QUALITA' DELLA VITA PER IL POTENZIALE COMPRATORE.

Qualche tempo dopo, scoppia un principio di incendio a casa di Gigetto. Cazzarola che disastro, presto.... Ci vuole un qualcosa per bloccare l'incendio prima che devasti la casa. Ma cosa? Una coperta? Macchè! Un secchio d'acqua? Ma che scherziamo, c'è il quadro elettrico e rischio di fare un macello.
Che si fa?

AIUTO! AIUTO! AIUTO! Qualcuno nei dintorni ha un estintore?

Francolino abita nei pressi di Gigetto. Francolino ha alcuni estintori in casa. Francolino va con un estintore da Gigetto e gli dice
"SERVE UN ESTINTORE? IO NE POSSIEDO VARI!"
Gigetto spalanca gli occhi: lui HA BISOGNO DELL'ESTINTORE. Così risponde:
"Si, mi serve. Pago quello che vuoi. Ma ora spegniamo l'incendio".

E così va. Francolino usa l'estintore, spegne l'incendio. Tutto è risolto.
Gigetto è felicissimo. E ringrazia Francolino. E ovviamente chiede quanto deve per il disturbo.

Francolino gli dice che l'estintore usato glielo da a prezzo di favore e in più gli consiglia di prendere un altro estintore. Non si sa mai nella vita.

Gigetto non batte ciglio. Paga per l'estintore usato e ne prende uno in più.

Non ha chiesto quanto costavano, non ha fatto preventivi, non ha fatto discussioni, non ha chiesto sconti nè dilazioni di pagamento.

COSA E' SUCCESSO QUI?

In una scenetta è successo ciò che succede tutti i giorni con la vendita e consumo di beni e servizi nella società. Ovvero il valore di qualcosa cambia a seconda delle situazioni. E il rapporto fra chi ha un problema o esigenza e chi offre una soluzione tramite un prodotto/servizio cambia a seconda delle situazioni.

Non c'è niente di giusto o sbagliato in entrambe le situazioni (Gigetto vs Beppe e Gigetto Vs Francolino). Semplicemente in contesti diversi si attuano comportamenti diversi.

Un contro è comprare un prodotto quando non ci sembra che ci serva. Si percepisce la vendita da parte di un altro come una forzatura e ciò ci infastidisce. Un conto è comprare un prodotto quando ci serve. Quando abbiamo la consapevolezza che abbiamo una necessità.

Ci sono molti insegnamenti che si possono trarre da questa storia. Come quello che ci fa vedere che il mondo della vendita tramite stimolo a comprare ha fatto il suo tempo.
E ora, in una società consumista avanzata, è giunto il tempo di creare i presupposti per ottenere richieste di aiuto. Non più il venditore che propone ma il (ex) venditore che fa in modo che il potenziale cliente lo contatti quando ha una esigenza.

Se ci pensate, un pò quello che facciamo in questo blog.

Noi siamo qui a parlare di cose di economia e finanza. Offriamo un servizio. Offriamo informazioni. Offriamo consulenza. Un giorno, uno dei lettori, avrà bisogno di un servizio finanziario. Magari di un finanziamento. E chiederà a qualche consulente che lavora per questo blog.

Speriamo che la storiella vi sia piaciuta.

GRAZIE MILLE PER L'ATTENZIONE.

martedì 11 agosto 2020

La moneta è come il sangue.... così dice Giacinto Auriti

 

Riporto una citazione del prof. Giacinto Auriti che di questi tempi è come una granita nel caldo afoso d'agosto.
Cosa diceva in sintesi questo signore (la solita mente italica geniale che viene sottovalutata solo perchè non si chiama Jackon Gold)?

Diceva che la moneta è come il sangue, la sua quantità va proporzionata alla entità del corpo da irrorare.
Cosa significa in parole povere?
Significa che la moneta 
1. NON HA NESSUN VALORE DI PER SE a meno del valore della sua funzione.
2. LA FUNZIONE DEL DENARO E' PERMETTERE LA CIRCOLAZIONE DI BENI E SERVIZI.

Quindi se un certo corpo (uno stato, una comunità o un villaggio) ha una certa dimensione e una certa economia (quantità di produzione effettiva di beni o servizi) a quel corpo occorre dare una certa adeguata quantità di moneta, che non è altro che il liquido che permette al corpo di funzionare.

Un corpo grande come un grande stato con una economia prospera ha necessità di MOLTO DENARO. E ogni qual volta l'economia cresce, è ovvio che ci deve essere più denaro in circolazione. Il rischio, se non si fa così, è che il corpo possa cominciare a funzionare male proprio per mancanza di circolazione del benessere. E questo può portare alla morte di singole cellule (quelle più lontane dal centro del corpo) o addirittura di interi organi. E prima o poi anche dell'intero corpo.

L'esempio che fa Auriti è che quando in un mercato le quantità di beni in vendita sono di più, occorrono più soldi per poterle comprare.
Perchè i soldi non hanno valore di per se. Ma solo nella misura in cui servono per comprare cose e servizi.
I soldi sono solo un sistema per scambiare valore. Non sono il valore.
Una persona, se le viene impedito di spendere i soldi che ha, è come se non li avesse. Perchè non ci può far niente.

L'esempio più eclatante è quella di un uomo che precipitasse in un'isola deserta con una valigia con 50 milioni di euro in carta. Se li non c'è nessuna attività umana che accetta quel denaro in cambio di cibo, riparo e strumenti, il nostro naufrago che se ne fa?
Forse ci accende il fuoco.

Dico che è importante sottolineare questo concetto basico del denaro anche se una volta esposto è praticamente una ovvietà in se.
Eppure leggendolo lo consideriamo una verità.
Ma vivendo operiamo come se la verità fosse esattamente l'opposto.

Le persone patiscono e si lamentano perchè non ci sono soldi. IL che è una assurdità, visto che il denaro è un prodotto umano e l'uomo (lo stato) ne può produrre quanto ne vuole.
Ciò che manca potrebbero essere le materie prime, l'energia, gli strumenti, i macchinari e anche la conoscenza e il know-how.
Potrebbe mancare anche la forza lavoro ma mai il denaro.
Perchè il denaro è il risultato di qualcosa che viene prodotto. 
Quindi viene prima il prodotto e poi il denaro.

Chi ti dice che non ci può essere una produzione (ad esempio un ospedale, una scuola o una strada) perchè non ci sono i soldi TI MENTE. Spesso sapendo di mentire in modo totale.

mercoledì 21 ottobre 2015

Avere clienti e avere denaro: l'etica e l'economia!

Avere clienti è il problema supremo delle attività commerciali e industriali.
La realtà è che un grande, grande passo indietro va fatto.

Infatti dare un consiglio o una cura in un quadro clinico molto compromesso può essere un tremendo errore.
Se arrivasse da te una persona che da anni mangia male, non fa attività fisica di alcun tipo, prende tantissimi medicinali e conduce una vita sregolata, tu sapresti dove viene il problema.
E sapresti anche cosa fare a riguardo.

Ma se costui volesse risolvere la situazione in un giorno o due, cosa mai potresti dirgli?

Potrebbe anche essere che ogni cosa tu gli proponi possa essere usata contro di te. Perchè se il risultato (la cura) non arriva, allora la colpa è tua.

Lavoro come consulente aziendale e formatore.
E di situazioni del genere ne trovo tantissime ogni giorno.

Quale è il passo indietro che occore fare?
Questo passo è stabilire esattamente l'utilità di quello che si sta facendo o si sta vendendo in relazione all'insieme di persone (o gruppi) a cui ci si sta potenzialmente rivolgendo.
Lo so. Lo so.
Questo tipo di ragionamento ci porta in un ambito etico che sembra abbandonare il raggio ristretto dell'economia per entrare in quello della filosofia.
Ma di un'economia senza etica e senza criterio non ci siamo ancora stufati?
Fino a quando e fino a che punto occorrerà arrivare per comprendere che l'economia non può essere compresa e progettata senza essere inserita in binari di natura etica?
E che procedere (come in effetti si sta procedendo) in realtà, a medio termine, non farà anche che mostrare le sue inefficienze anche economiche.

Avere denaro è ciò che gli imprenditori vogliono.
Ma abbiamo più e più volte ribadito che il denaro è il risultato di un'azione economica che si chiama scambio. E che lo scambio si basa sul presupposto di incremento di valore delle persone incluse nello stesso al netto dei costi per far avvenire lo scambio.
Quindi avere più denaro senza avere più scambio non è possibile.
Ed ecco dove intervengono i clienti!!

Senza clienti non c'è scambio.
Per avere scambio occorrono i clienti. E che fare se i clienti non ci sono?

Questa è la vera domanda che ogni imprenditore si dovrebbe fare....
Perchè i clienti sono spariti? Perchè è diventato così difficile trovarli?
Dipende anche questo solo da una carenza di denaro?
Se si analizza cosa il denaro è, si comprende che la definizione è qualcosa di circolare e quindi inutile.
I clienti non sono spariti perchè è sparito il denaro. In quanto il denaro è il risultato degli scambi.
Qualcosa è successo.
Ma ne parleremo in un prossimo articolo:

Il denaro di serie A e il denaro di serie B
Grazie per l'attenzione.

giovedì 3 luglio 2014

Espandersi nei momenti di crisi. - 2a parte

Per espandersi dobbiamo assimilare un concetto molto importante. Per illustrarlo ricorriamo ad una metafora ovvero ad una rappresentazione scenica di una situzione immaginaria che piuttosto che spiegare ciò che stiamo dicendo, ce lo "mostra".

Immaginiamo di essere dei piloti di auto. Siamo dei piloti sportivi. Abbiamo imparato a guidare l'auto in ogni situazione. Sappiamo accellerare, frenare e ogni genere di diavoleria che vediamo fare in tv agli stuntmen dei film di inseguimento d'auto.

Il pilota ha il controllo del suo mezzo. Egli sa cosa deve muovere e spostare per ottenere l'effetto desiderato. Il fatto che la strada sia impervia, sia bagnata, che tiri vento incide solo nella misura in cui il pilota ne prende atto e elabora le soluzioni appropriate.

Il pilota o è bravo o non lo è.
Non accade che uno sia un bravo pilota con il sole e sia incapace di guidare con la pioggia. E se anche lo fosse, egli vedrebbe subito che c'è un'area di abilità di guida in cui è carente e che deve migliorare.
Se il pilota guida male, il risultato è che egli guida male. Nessuno da la responsabilità o la colpa alla strada o a qualsiasi altro fattore.
Questo si chiama "RESPONSABILITA'". Essere responsabili significa varie cose. Tra queste "la sensazione di essere incaricato di qualcosa", o, più pertinentemente, "l'abilità e la volontà di considerarsi CAUSA".
Di fronte ad un problema si può scegliere cosa si vuole essere. Si può optare per sentirsi un effetto o per sentirsi una causa. Causa o effetto. E' una questione di scelta.
Se una persona attribuisce la causa a qualcun altro o a qualcos'altro, da potere a quella entità e la rende causa. E rende se stesso un effetto. Al punto che se continuiamo in modo imperterrito a eleggere gli altri causa e noi effetto (è colpa tua, è sempre colpa tua, è colpa del governo, è colpa del datore di lavoro, è colpa della moglie, dei figli, della società.....) diventiamo pian piano delle vittime. Gli altri sono causa e noi subiamo. Gli altri sono causa e noi effetto. Fino al punto di non poter causare più niente.

Per controllare un problema od una situazione, dobbiamo porci nella posizione di sentirci causa.
Dobbiamo far ricadere la situazione nella nostra sfera personale di controllo. Deve essere qualcosa su cui è possibile far qualcosa.
Siamo dei piloti? C'è un problema? Bene! Cosa può fare il pilota che gli permette di superare l'ostacolo?
E' un modo di pensare. Può non essere istintivo ragionare così e probabilmente c'è del lavoro da fare affinchè diventi un abitudine e un modo naturale e immediato di comportarsi.
Ma questo atteggiamento ci porta ad essere ESTROVERSI e non INTROVERSI. Quindi possiamo guardare fuori e, mentre osserviamo, possiamo percepire meglio ciò che ci circonda e trovare meglio le soluzioni.

Espandersi nei momenti di crisi è possibile e doveroso. Perchè se tutti si espandono, magicamente la crisi non c'è più. E la crisi comincia a sparire velocemente anche quando relativamente POCHI individui cominciano a espandersi.

Altrimenti ci releghiamo nella posizione di attesa, cioè ci aspettiamo che qualcuno faccia qualcosa. E potremmo diventare mummie prima che ciò accada. In ogni caso nel periodo in cui attendiamo ci stiamo eleggendo a vittime. Perchè non siamo causa ma siamo effetto.

Nel prossimo e conclusivo articolo sommeremo il concetto di innovazione, di responsabilità (essere causa) con l'ultimo fattore che deve essere presente per poterci espandere.
Vi attendiamo.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 19 giugno 2014

Espandersi nei momenti di crisi - introduzione

In questi anni una delle parole sicuramente più usate nei mass media e nei discorsi in salotto e nei bar è stata la parola "crisi".

Abbiamo anche sentito discutere sul fatto che la crisi sia o meno anche un momento per cogliere nuove opportunità. Ognuno dice la sua, e tra questi anche chi afferma che la crisi sia solo un'idea e un semplice accordarsi sul fatto che la crisi esista.

L'opinione di questo blog è che dei cambiamenti ci siano stati. A qualcuno piace chiamarla "crisi" e in senso strettamente grammaticale, la definizione ci sta.

Il mercato e il mondo del lavoro aveva raggiunto a metà degli anni 2000, un certo punto di equilibrio.
Per essere più precisi e scientifici, servirebbe fare un'analisi zona per zona, effettuando i corretti distinguo e differenziazioni. Ma rimanendo nel panorama dell'Italia tutta e in generale, diciamo che per un ventennio si era assistito ad un periodo di crescita economica.
I numeri statistici dicono questo e la percezione comune delle persone lo giustifica.
Che dal 2008, ci siano stati dei cambiamenti è impossibile negarlo. Solo una persona in malafede potrebbe.
Nei periodi di crisi ci sono anche persone e aziende che invece prosperano. Questo è talmente ovvio e scontato che non andrebbe neppure posto in rilievo. La I.G. Farben, società chimica produttrice del famigerato Zyclon B (il gas usato per sterminare razze e popolazioni non gradite al regime nazista durante la seconda guerra mondiale) fece un sacco di soldi con questo affare (e altri....). E li fece in un periodo che appare nitidamente come un periodo disastroso e negativo per tutti. O quasi, appunto.

La domanda, però, è un'altra.
E' possibile espandersi in questo periodo di crisi? Crescere, aumentare il fatturato, le vendite e via dicendo?

E se è possibile, come lo si può fare?

Nel nostro lavoro, organizziamo continuamente meeting, incontri e seminari con imprenditori e professionisti per promuovere le azioni che possono e devono essere fatte.
Riteniamo che possano essere delle informazioni utili e quindi le pubblicheremo sotto forma di 3 articoli in questo blog durante la settimana prossima.

State sintonizzati.
Grazie per l'attenzione.

venerdì 12 ottobre 2012

Le ultime manovre economiche del governo

Questo non è un blog a cui interessa parlare molto di politica.
La politica è un'attività umana incredibilmente importante, praticamente cruciale nell'umano vivere quotidiano di ognuno di noi. Entrare nelle argomentazioni della politica dovrebbe essere come entrare nel più alto reame del pensiero, logica e sentire umano. "Dovrebbe".... appunto.
Ma non è.
La politica è ormai un'area umana in cui logica, coerenza, etica, onestà, imparzialità scompaiono più velocemente di un cubetto di ghiaccio scagliato a tutta velocità verso il sole.
L'economia è una di quelle discipline che non possono non essere incluse nell'attività politica. La politica è, in gran parte, economia. Si occupa del funzionamento di una società. E una società, per sopravvivere, ha bisogno di gestire le risorse. 
Ma, guardando in faccia, cosa la politica è diventata. E, soprattutto, osservando come anche i singoli cittadini si avvicinano ai temi politici...... preferiamo starne veramente fuori.
Non tutti sono così ma la stragrande maggioranza degli individui ha pre-concetti e idee fisse sulla politica. Così se un provvedimento amministrativo o politico viene promosso da una parte politica da lui ben vista, quel provvedimento è positivo e viceversa se è proposta da "nemici" politici.
Accade, stiatene sicuri.
Così se qualcuno si permette di commentare le attuali manovre di questo governo tecnico non eletto dagli italiani, si evita la sostanza e si sposta l'attenzione su questioni estranee al nocciolo. Ovvero "Ma cosa avrebbe fatto Berlusconi....." oppure "E pensi che Vendola farebbe meglio...." o cose simili. Ma che c'entra?

Detto questo, l'andazzo che osserviamo dal nostro punto di vista è che i provvedimenti che Monti e compagni stanno prendendo sono estremamente calcolati e per niente improvvisati. Il tutto ci sembra il frutto di un attento piano, che è stato predisposto con molta attenzione ai particolari.
Quello che pensiamo è che questo piano, articolato e preciso, non sia stato concepito, scritto e realizzato nell'interesse della nazione e del popolo italiano.
Non ci permettiamo quindi di dire che il governo Monti è poco preparato anzi.... 
Ma i provvedimenti che stanno venendo messi in campo sono deleteri per l'umore e le tasche dei cittadini.

Noi di Denaro e Dintorni, condividiamo l'idea di base che la tassazione in uno stato vada a colpire le spese anzichè la produzione. Ovvero si cerca di privilegiare chi investe e produce a discapito di chi, solamente, cerca di consumare.
Ancora più indietro vi è un assunto metodologico ancora più fondamentale.
Ovvero lo scambio di importanza fra la figura del consumatore e quella del produttore.
Chi produce dovrebbe essere, logicamente, più importante di chi consuma.
Perchè se non si produce non c'è niente da consumare.
Mentre se vi è il prodotto, qualcuno che lo consuma lo si trova sempre. 

Parliamo in generale, senza per questo specificare se parliamo di buoni o pessimi prodotti. E' un discorso che viene ancora prima.
I moderni esperti economici osannano la figura del "consumatore" come se fosse il motore dell'economia. In realtà ciò deriva, dritto dritto, dalle teorie economiche di un signore inglese di nome J.M. Keynes. Non staremo qui (non è il momento giusto) a passare al vaglio i fondamenti della teoria keynesiana.
Ma la sua influenza sull'approccio all'economia moderna è innegabile. E purtroppo, non positivo.
Si sente spesso parlare di "Sollecitare la domanda", "Spingere la domanda", "Sostenere la domanda". Ma non ci si rende conto che queste affermazioni sono senza senso.
Un esempio portato agli estremi potrebbe rendere l'idea.
Io posso aumentare la domanda di qualcosa, rendendo le persone più povere. Se fossi l'unico supermercato di una città, e cominciassi a razionare i vivere, la domanda degli stessi aumenterebbe.....
Se lascio morire tutti di fame, la domanda di cibo sarebbe massima.
Vedete che stupidaggine!!

Questo è un esempio paradossale, ma poi non più di tanto.
Come si può aumentare la domanda di automobili quando il mercato delle vendite delle auto crolla? E le fabbriche di auto chiudono, con conseguente licenziamento degli operai perchè non vi è sufficiente lavoro per mantenere tutti?
La realtà è che se ci sono abbastanza soldi nelle mani delle persone (soldi che arrivano da qualcosa di buono che si è prodotto o lavorato!!), non c'è bisogno di artifici per aumentare la domanda. Se il cittadino medio ha i soldi oppure si può permettere un finanziamento, egli si cambierà l'auto acquistadone una nuova, accessoriata, confortevole e magari ecologica.
Alle persone piace comprare qualcosa di nuovo, migliore, più funzionale.
E se non è quello, alle persone piace cambiare. Piace acquistare qualcosa di diverso e nuovo.
Secondo voi, c'è bisogno di stuzzicare le persone in questo senso? No, certo che no.
Quindi (e qui torniamo a bomba) il punto è COME FAR SI CHE LE PERSONE GUADAGNINO PIU' SOLDI.

E quando lo fanno permettergli di conservare il loro guadagno. In gran parte.
Quindi si agli abbassamenti delle aliquote sulle imposte sul reddito. Dal nostro punto di vista la vera rivoluzione sarebbe la completa soppressione delle imposte sul reddito.
Nessuno dovrebbe essere tassato e vessato perchè guadagna. Non se il guadagno proviene da lavoro, imprenditoria e abilità. Bisognerebbe tassare le rendite, al limite. Che provengono spesso da eredità e che procurano denaro senza un vero impegno e dedizione.

E i soldi che servono allo stato? A parte che i soldi dovuti allo stato dovrebbero essere ridotti perchè gran parte delle spese statali sono inutili e servono per creare STIPENDIFICI ovvero organizzazioni utili solo per dare stipendi a chi ci lavora.
I soldi per lo stato dovrebbero arrivare dai consumi.
Tu produci e io ti lascio tutto il tuo guadagno.
E ti tasso in base a quello che compri. 
Si quindi agli aumenti di iva, differenziati (FORTEMENTE) per tipologia di beni.
Zero iva sui prodotti base e iva differenziata a seconda del grado di lusso insito nel bene acquistato.
Un esempio nelle auto.
Perchè l'iva di un'utilitaria deve essere pari all'iva di un SUV? O di un'auto di lusso?
Ci dovrebbero essere scaglioni diversi di iva.
Il 10% per le utilitarie, il 30% sui suv e fino al 50% sulle auto di lusso. Perchè?
Perchè così il peso più alto delle tasse indirette ricadrebbe sulle persone più ricche, ricreando un sistema di riequilibrio fra classi più abbienti e classi meno abbienti.
Ma con un fattore di giustizia in più (e meno influenza comunista). Ovvero che colui che guadagna tanti soldi può decidere quale fine far fare ai suoi soldi.

In un prossimo post, faremo degli esempi.
Per ora pollice verso, al di fuori della politica, a questo governo e i suoi provvedimenti.

Grazie per l'attenzione.

sabato 6 ottobre 2012

Siamo tutti figli del debito?

I debiti sono ormai una parte integrante della vita di un moderno cittadino occidentale.
Lo è a tal punto che, molte finanziarie e banche non vogliono prestare soldi a chi non è già indebitato (poco!) o chi non ha mai fatto prestiti nel passato.
La nostra personale esperienza ci dice che un giorno non riuscimmo a far ottenere un piccolo prestito (6.000 euro) ad un membro del corpo dei carabinieri proprio per tale motivo. Il carabiniere, nonostante il suo lavoro a tempo indeterminato e il posto sicuro (diciamo che essere membro delle forze di polizia è uno dei lavori più stabili e meno a rischio licenziamento esistenti), nonostante il buon reddito che percepiva, nonostante i più di 25 anni di anzianità lavorativa non ottenne il prestito perchè "Non aveva mai ottenuto un prestito in precedenza." E questo era strano.
Se nessuno gli aveva dato un prestito a 50 anni, c'era qualcosa che non andava. Una logica veramente ferrea e piena di genialità!

I debiti sono il meccanismo fondamentale su cui si regge non solo l'economia di mercato dei soggetti privati ma ancor più la base su cui si reggono aziende e interi stati.
E' un soggetto che andrebbe sviscerato a fondo, di un'importanza senza pari.

Il concetto stesso di debito dovrebbe essere ridefinito o, meglio, riportato all'origine.
Un debito è di base una mancanza. Ovvero è la necessità di ricorrere ad una fonte esterna per garantire la propria sopravvivenza o il corretto funzionamento dell'organismo di cui parliamo.
Che si tratti di un individuo o di un gruppo, qualsiasi entità sopravvive se produce da se quanto le serve per sopravvivere ed espandersi.
Di base è possibile che la vita porti qualcuno o qualche impresa ad aver bisogno di energia aggiuntiva che verrà prelevata dall'esterno per risolvere una certa situazione o realizzare un qualche tipo di progetto con ricadute positive nel futuro. Non si può quindi dire che fare debiti (attingere a energie esterne!) sia sempre un qualcosa di male.
Di certo, anche quando fatto per motivi più che validi, è comunque un evidente proclama di una debolezza. Se questo passaggio è fatto nei tempi giusti e non si abusa di questo fatto, se ne può uscire vincenti.
Ma che del meccanismo del debito se ne stia abusando è sotto gli occhi di tutti. 

La realtà è che si dovrebbe lavorare per diminuire la presenza di debiti in economia. Non per aumentarla. Abbiamo sentito sentenze di gloriosi studiosi di economia sancire che l'Italia abbia ancora un livello di debito dei soggetti privati basso rispetto alla media dei paesi occidentali. E che ci siano margini per aumentare la propensione all'indebitamento.
Un pò come dire che se viviamo tra persone che sono distrutte dal cancro mentre noi abbiamo solo un'influenza, possiamo tranquillamente ammalarci ancora di più perchè ci sono margini disponibili.

Detto così sembra assurdo ma la semplicità della cosa è che le affermazioni di questi "esperti" sono assurde!
E probabilmente (non si può spiegare la cosa in altro modo se non nella completa stupidità di chi le ha affermate) questi esperti parlano così proprio per regalare guadagni a chi li paga: ovvero le istituzioni finanziarie e banche varie.

Non è qualunquismo o complottismo di sorta. 
Se un corpo è ammalato, ha necessità dei farmaci. Che lo salveranno. Ma un corpo malato non può essere reso uguale e neppure simile ad un corpo sano. E dopo averlo curato, bisogna fare di tutto perchè non si ammali nuovamente.

Grazie per l'attenzione.

martedì 18 settembre 2012

Il fattore "IO VOGLIO"



Salve a tutti, dopo un'estate calda e afosa come da tanti anni non accadeva, si chiude il capitolo "vacanze" e ci si rituffa nel mondo del lavoro e della produzione.
 
Sappiamo che in questi ultimi mesi la nostra presenza su questi schermi non è stata frequente. In un contesto di tecnica PNL, noi non dovremmo neppure chiedere scusa. Ma senza togliere niente a questo insieme di tecniche, in cui è possibile trarre molti insegnamenti, noi di DENARO e DINTORNI siamo seguaci del buon vecchio adagio che recita "la verità è un proiettile che può bucare ogni tipo di corazza".
 
Ritorniamo su questi lidi con un post che si basa sulla traduzione nella nostra lingua di un articolo di un social network americano. I concetti delineati sono, secondo noi, forieri di molteplici riflessioni.

Il post parla di cosa significhi realmente il concetto di volontà.

Quanto è importante per voi raggiungere i vostri obiettivi? Quanto volete davvero aumentare il vostro reddito? Quanto volete migliorare il vostro futuro?

Quanto maledettamente volete avere successo?
Su una scala da 1 a 100 (con 100 che vuol dire che si è così eccitati e appassionati per il proprio successo da non dormire la notte), quale punteggio personale avreste ora? Cosa  accadrebbe se incrementaste questo punteggio di 30 o 40 punti?
Dopo aver definito con esattezza il vostro obiettivo o prodotto (come illustrato in un precedente articolo qualche settimana fa), ora è necessario aggiugere qualche cavallo vapore al motore.

Il fattore "IO VOGLIO" è qualcosa che potete controllare. Nei fatti, molte persone riescono nel loro campo, non perchè siano degli esperti o particolarmente competenti ma perchè il loro fattore "IO VOGLIO" è molto alto. Essi vogliono veramente avere successo e danno tutto ciò che è necessario per raggiungere i loro obiettivi.

Molte persone non vogliono, nei fatti, il risultato del loro lavoro (prodotto) con la giusta intensità affinchè la cosa si realizzi.
Invece di trovare il modo di avere successo, trovano scuse.

Dopo aver dato un nome al proprio prodotto (definito con esattezza!), è necessario quindi volere il proprio prodotto.

1. Nominare il proprio prodotto o il risultato cercato. E' molto più facile volere qualcosa di specifico che qualcosa di non definito, espresso solo in termini generali.
Ottenete qualcosa di specifico. Per esempio, un venditore di auto potrebbe desiderare di fare 30 prove su strada con clienti, 5 vendite e 1.000 euro di commissioni guadagnate in una giornata. Un consulente fiscale potrebbe desiderare di completare 20 dichiarazioni dei redditi e riuscire a trovare 3 nuovi clienti. Una madre potrebbe desiderare che suo figlio di 4 anni impari ad allacciarsi le scarpe e sua figlia di 16 smettere di fumare marijuana.

2. Decidere QUANTO si desidera il risultato. Questo è un qualcosa che può essere incrementato in base ad una decisione.
Per esempio, il pensiero "Certo, mi piacerebbe avere una carriera di successo" non equivale ad una grande quantità di "volontà". Occorre cambiare l'atteggiamento in qualcosa di simile a: "Fare della mia carriera un gran successo è così importante per me che farò tutto quello che serve per essere il migliore del mondo. Lavorerò 10-12 ore al giorno. Imparerò tutto quello che posso e cercherò tutto l'aiuto che mi è possibile, da ogni risorsa possibile. Voglio mangiare, dormire e respirare la mia meta. Userò la mia forza, il mio tempo, la mia conoscenza, la mia fiducia, la mia fede e le mie risorse per far andar bene le cose. Diventerò il migliore in questo campo e raggiungerò la mia meta non importa ciò che occorrerà".

3. Se non è possibile far si che si VOGLIA ottenere il prodotto, raggiungimento o risultato, ci deve essere qualcosa di sbagliato.
Forse, è necessario mettere prima a posto qualcosa nella propria vita. Molti fattori nella vita possono distruggere o limitare il tuo desiderio di ottenere qualcosa: droghe, alcool, cattive relazioni, comportamenti non etici e così via.
Forse si ha bisogno di una maggiore auto-disciplina, un approccio migliore, più istruzione, persone con maggiori caratteri positivi attorno a se, un atteggiamento gentile verso se stessi o un luogo migliore dove vivere e lavorare.
O forse c'è bisogno di stabilire qualche altra cosa da voler realizzare.

In ogni caso, dovete trovare un modo per VOLERE passionalmente, intensamente ed irragionevolmente ciò che avete STABILITO per voi. Abbiate più desiderio di ottenerlo o realizzarlo rispetto a qualunque altra cosa abbiate desiderato finora. Se il vostro fattore "IO VOGLIO" è forte abbastanza, niente può fermarvi. 
Così, quanto maledettamente volete aver successo?

Speriamo che questo articolo, molto, molto profondo nei suoi concetti di base, sia di grande spunto per le vostre conquiste.

Grazie per l'attenzione.

venerdì 4 maggio 2012

Si può uscire dalla crisi? Introduzione.

Forse questa non è la prima domanda che in questi ultimi tempi gli italiani si stanno ponendo.
L'attenzione va in modo talmente pressante a come riuscire a fronteggiare i problemi quotidiani, che stare a pontificare sui massimi sistemi dell'economia non sembra essere qualcosa di urgente e di interesse per l'uomo comune.

Ma se facciamo un passo indietro, forse è proprio questo dis-interesse per le dinamiche generali dell'economia da parte dell'uomo comune, del cittadino medio, di ognuno di noi ad averci condotto qui.
L'economia e la finanza, per fortuna o purtroppo, non sono discipline che riguardano il singolo. 
Sono talmente correlate al concetto di gruppo e di vivere insieme ad altre persone, che ridurre i problemi economici e finanziari solo alle proprie esigenze è quantomai sbagliato.

Ma di questo parleremo in un prossimo articolo.
Ritorniamo alla domanda: si può uscire da questa crisi economica, ormai non più ignorabile e sotto gli occhi di tutti?
Si, si può.

Non che nessuno di noi abbia la bacchetta magica e la soluzione pret-a-porter per ogni cosa.
Partiamo da un dato stabile e cioè che nessuna crisi sia qualcosa di insuperabile, una sorta di apocalisse che distrugge ogni forma di vita.
E' indubbio che delle dinamiche sono giunte alla fine e taluni meccanismi con cui aziende, banche e consumatori hanno adottato fin'ora hanno esaurito la loro validità.
Tempo di crisi come tempo di cambiamenti, quindi.

E d'altronde una crisi è proprio un momento che segna grandi e piccoli cambiamenti.
Si può quindi uscire da ogni crisi.
E su questo nessuno deve avere dubbi.
Che sia facile è un altro paio di maniche. 
Che tutti siano felici di uscire dalla crisi è un altro punto di domanda di cui non siamo proprio certi.

Certo è che in ogni situazione, anche quelle di crisi, c'è sempre qualcuno che ci guadagna.
Certo è che questa crisi sia stata fortemente pilotata dall'alto per motivazioni di dubbia legittimità e altruismo. Questo è sempre stato il segreto di Pulcinella. 
Il velo di certi meccanismi è stato sollevato e sono sempre più le persone che cercano di andare più a fondo dell'attuale panorama economico. Sia in Italia che in Europa.

Ma, concludendo questo post, è doveroso concentrarsi su qualcosa di pratico.
Se si può uscire dalla crisi, rimane la domanda di come si può fare.

La prima cosa da comprendere è che uscire dalla crisi è un'attività individuale e un'attività di gruppo.
E' una strada che parte e si sviluppa su 2 corsie.
Individualmente si dovrebbe riflettere sulle motivazioni e mancanze che ci hanno condotto in difficoltà.
A livello collettivo si deve comprendere che non si può mantenere un certo tenore di vita senza attuare della produzione concreta e non solo vaghe e svagate speculazioni finanziarie.
Ma nei prossimi articoli, entreremo più nel dettaglio.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 27 ottobre 2011

Perdere il lavoro e trovarne un altro. Il lavoro come oggetto.

Al giorno d'oggi il lavoro è diventato una pietra miliare della vita di tutti noi.
Ci si dispera se lo si perde, lo si ricerca disperatamente se non lo si ha, lo si invidia a chi lo possiede.
Il lavoro ormai è diventato un concetto talmente solido da non essere più un'attività (io svolgo un lavoro) ma un oggetto (io possiedo un lavoro).

Giorni fa leggevo un articolo di un formatore e consulente di marketing italiano, il quale giustamente poneva in rilievo come i parametri del mondo del lavoro sia profondamente mutati rispetto ai paradigmi (cioè agli schemi di funzionamento) dei decenni scorsi.
Ma in un modo profondo e radicale!

Ovvero, se fino a qualche anno fa il concetto era statico (fai le scuola, laureati all'università, trova una collocazione in una grande azienda o avvia la tua carriera professionale fino alla fine dei tuoi giorni) ora è diventato dinamico.
Ma cosa significa in realtà questo passaggio da statico a dinamico?
Significa che prima la meta era il possesso di un contratto di lavoro ovvero l'occupare una posizione all'interno di una schema organizzativo. Io vengo assunto da qualche parte, ho il posto fisso e questo mi mette al riparo da tutto. Forse, nel mentre, posso anche imparare a fare qualcosa.
L'occupare un posto era la meta. E per fare questo contavano i certificati e gli status: cosa hai fatto? che scuole hai frequentato? quali certificati hai? Il famoso curriculum, insomma.
Valuti qualcuno in base a quello che HA FATTO!
Passato, vedete? Il paramentro era il passato.......

Ma in un contesto completamente diverso, in cui i mercati spostano violentemente le risorse da un paese all'altro e in cui i governi nazionali faticano a trovare dei sistemi sovranazionali per regolamentare le differente normative delle nazioni coinvolte, non conta più cosa qualcuno ha fatto o quali certificati ha ottenuto.
Alcune volte, il fatto di aver occupato per 20 anni una certa posizione in una struttura rigida, viene addirittura visto come un impendimento piuttosto che come un punto a favore.
Adesso vi è un netto spostamento verso il futuro e verso ciò che un individuo PUO' FARE! e non verso ciò che ha fatto.
L'attenzione si sposta dagli studi e dai certificati (che garantiscono solo che qualcuno conosce come le cose si facevano..... in passato!) alla capacità di anticipare le esigenze del mercato o di trovare soluzioni ai problemi.
In pratica si cercano persone con una formazione diversa e proiettata nel futuro.
Persone che non solo siano in grado di operare nel presente ma, SOPRATTUTTO, che siano in grado di adattarsi ai prossimi imminenti cambiamenti del mercato.

Cioè il lavoro, da oggi in poi, sarà continuamente rivoluzionato da cambiamenti. Sarà tutto un work in progress, ovvero un cambiamento continuo. Ecco il motivo di avere nella propria squadra persone che riescano a tollerare questa mutabilità e trasformare i cambiamenti in opportunità.

In questi giorni si parla tanto (come nei recenti anni) di aumento della flessibilità. 
Le imprese chiedono la possibilità di avere strumenti maggiormente flessibili.
I sindacati e i lavoratori temono (spesso a ragione) che dietro questa parola ci sia solo una scappatoia per scaricare i propri dipendenti da parte dei datori di lavoro. Quindi flessibilità vista come precarietà.
E di certo con la precarietà è duro, durissimo, incredibilmente duro riuscire a pianificare il proprio futuro.

Il tema è talmente vasto che è impossibile esaurirlo non solo in un articolo ma in 40 o 50 articoli.
Ci vorrebbe un intero libro che analizzi come da un'idea si possa passare a dei provvedimenti pratici senza danneggiare nessuna delle parti coinvolte.

Il punto è che il lavoro non è un oggetto. Il lavoro è una capacità. Una capacità che viene percepita dagli altri e che gli altri mettono in azione tramite la domanda (incarichi, assunzioni, ordini). Una capacità che diventa prodotti e servizi.
Così chi cerca lavoro pensando che sta cercando un oggetto da acquistare che qualcuno vende da qualche parte, ha molte difficoltà nel trovare lavoro. Cerca qualcosa che non c'è fuori di lui.
Il lavoro è dentro di lui.
E' una verità oltrmodo dura, oltremodo. 
E' una frase che attirerà i disappunti e le antipatie di alcuni e le perplessità di molti.
Ma rifletteteci un attimo e vedrete che se qualcuno cerca un lavoro senza offrire delle capacità (e non titoli, status o robe simili), non cerca lavoro ma un regalo. O qualcosa del genere.

Quale soluzione, quindi? Di sicuro, sia che si cerchi un primo lavoro o un reinserimento nel mondo del lavoro dopo averne perso uno, interrogarsi su quali capacità potenziali siamo in grado di offire sul mercato è il primo punto.
Se non abbiamo capacità da offrire, trovare lavoro sarà sicuramente arduo.

Grazie per l'attenzione.

lunedì 24 ottobre 2011

Tasse? Come far pagare gli evasori? Una proposta

Visto che questo blog è nelle nostre intenzioni non solo un luogo in cui ci scagliamo con forza e impeto contro questo o contro quell'altro, ma in cui lanciamo anche delle proposte che possano essere delle alternative a ciò che nell'economia e nella finanza accade in Italia, 
oggi intendiamo offrire un piccolo suggerimento che può, dal nostro punto di vista, essere un ottimo modo per combattere l'elusione dei piccoli professionisti e artigiani.
E' consuetudine, infatti, nel nostro paese che quando qualcuno ci fa un lavoro a casa nostra (giardinieri, idraulici, elettricisti, etc) o ci rende un servizio (medici, professionisti, etc.) non certifichi con apposita ricevuta fiscale o fattura, l'importo che chiede.
E' un classico.
"Guardi fa 100 euro! Però se debbo farle la fattura sono 120 €uro. Che facciamo?" 
E il privato cittadino, per cui anche 20 euro fanno testo, molto spesso china la testa e accetta. Anche per una sorta di sudditanza psicologica.
Si arriva a livelli in cui, quando si chiede "Quant'è?" si riceve come risposta spudaratamente la frase "Vuole fattura?".
Come voglio fattura? Non è che la voglio, la devi fare.
D'altro canto c'è anche lo stesso cliente finale che spesso incita il professionista a non emettere fatture e accettare il pagamento in nero. "Non mi faccia fattura, tanto non mi serve. Così non devo pagare anche l'iva!"
Insomma sono cose che conosciamo.

Come si può fare per evitare che il problema della richiesta della fattura vada a finire in capo al soggetto debole o comunque al soggetto che non vuole entrare in discussioni con chi ha prestato il servizio o svolto il lavoro?

Si chiama TRIANGOLAZIONE DEL PAGAMENTO!.
Ovvero si fa in modo che chi paga non debba richiedere a chi riceve i soldi il documento fiscale. E chi deve ricevere i soldi debba emettere il documento fiscale ad un soggetto terzo che si pone come elemento neutrale.
Ecco uno schema:
In pratica se l'idraulico vuole incassare il corrispettivo del suo lavoro, comunica l'importo al cliente ( a cui egli sa di dover aggiungere il 21% di iva), emette fattura in corrispondenza di questo importo e la consegna ad un soggetto terzo.
Questo soggetto terzo, che può essere l'ordine professionale, l'associazione di categoria o anche la locale camera di commercio (!), riceve la fattura e incassa dal cliente il pagamento, con consegna del documento fiscale.
Infine, dopo l'incasso del pagamento da parte del cliente, il soggetto tezo paga l'idraulico.

Cosa otteniamo? Che il cliente non deve litigare o discutere con l'idraulico e che l'idraulico non possa, pena il mancato incasso del denaro della sua prestazione, evitare di emettere un documento fiscale.

In questo modo vi è maggiore possibilità degli organi competenti di controllare i movimenti di denaro.
Ovviamente vi sarà sempre la possibilità che un idraulico effettui dei lavori in nero verso un cliente al quale lui farà un prezzo di favore per un incasso in contanti. Questo dipende molto dal livello di etica presente in una nazione. Ma pian piano questo si potrà correggere.
Basterebbe, ad esempio, permettere una pur minima detrazione fiscale delle fatture anche da parte del privato cittadino per ovviare a questo fattore. Perchè nel momento in cui avere una fattura comporta un vantaggio, è ovvio che aumenta la richiesta dell'emissione dello stesso documento fiscale.

Questo metodo, come tutti i metodi, non è esente da possibili manomissioni. Laddove regna la disonestà non ci sono trucchi che tengano.
Ma scopo di questa nazione e di un governo degno di tale nome sarebbe quella di disciplinare quelli che vorrebbero vivere nella disciplina e nell'ordine.
Vi è una grande maggioranza degli italiani che vuole una società con più regole e non con meno regole.
Pensiamo a questi e non alla minoranza che vuole che tutto vada avanti così.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 13 ottobre 2011

Ciclo di vita di un mercato

Un concetto molto, molto importante è il cosidetto "ciclo di vita di un prodotto".

Questo concetto parte dal presupposto che un prodotto sia un'entità simile ad un organismo e che passi attraverso fasi di vita che non sono esattamente circolari ma, diciamo così, "dispersive".
Rendendo le coe molto semplici diremmo che ogni prodotto (intendendo con questo anche un servizio che è un tipo particolare di prodotto) passa attraverso 4 fondamentali fasi che sono:
Introduzione (chiamata anche nascita o paragonabile ad essa).
Sviluppo (chiamata anche crescita o paragonabile ad essa).
Maturità.
Declino.

A seguito del declino un prodotto è destinato alla morte a meno che non intervenga una sorta di infusione di giovinezza tramite qualche cambiamento che ne prolungherà la vita con una nuova (PICCOLA) fase di sviluppo e successiva fase di maturità.
In ogni caso alla lunga il destino di ogni prodotto è quello di scomparire.

Questo modello è molto utile perchè fa comprendere che un prodotto non può essere realizzato e venduto per sempre. Anzi mostra come in un primo momento renderà bene e poi sempre meno fino a che non sarà più desiderato e le vendite crolleranno.
Per alcuni prodotti la cosa potrebbe durare mesi per altri anni.

Se vogliamo oggi essere ancora più arguti, possiamo vedere che un mercato è un insieme di beni specifici (prodotti effettivi o servizi) che vengono scambiati.
Un mercato è quindi un agglomerato dei cicli di vita dei prodotti che lo compongono.
E, quindi, anch'esso attraverserà un percorso simile al ciclo di vita di un prodotto. Ovvero, dopo un tot di tempo, anche un certo mercato mostrerà una fase di maturità a cui seguirà una fase di declino che culminerà presto o tardi nella inesistenza di quel mercato.
A meno che il mercato non si rinnovi, il che darà nuovo sviluppo e nuova maturità allo stesso.

Far finta che le cose non siano così è una grande fonte di problemi per i singoli individui e, soprattutto, per gli amministratori di società private e di enti pubblici, locali o nazionali che siano.
In questi giorni si è celebrata la scomparsa di Steve Jobs, ritenuto (con merito) un genio dell'innovazone tecnologica.
Eppure non si mette in risalto la qualità maggiore del fondatore della Apple. Ovvero la sua capacità di innovare e guardare sempre più avanti.
Jobs ha creato mercati e fatto business dove non c'era neppure il concetto di crearli.

Se intendo crearmi una professione, occorre capire bene a quale punto stanno i mercati a cui io mi sto rapportando. E ricordare che esistono mercati locali e mercati regionali. Mercati nazionali e mercati internazionali.
Se intendo diventare un idraulico e inserirmi in questo mercato, dovrò valutare se nella mia zona il ciclo di vita di questa particolare forma di servizio è in una fase di crescita o di maturità o di declino.

Naturalmente non bisogna disperare se nella propria zona il mercato a cui ci si sta riferendo è in fase di declino. Potremmo scoprire (per restare con l'esempio di cui sopra) che a livello nazionale la professione dell'idraulico ha avuto delle evoluzioni. Possiamo scoprire che in altre zone l'idraulico arriva a casa delle persone con macchinari particolari e affronta il lavoro con una tecnica nuova ed innovativa, frutto di competenze mai avute.
E' evidente che in questo caso si pongono le basi per creare un'evoluzione di un mercato e dargli nuova linfa. Il vecchio mercato della zona riguardo gli idraulici in piena fase di maturità avanzata in cui la richiesta è completamente satura potrebbe avere nuove aperture con questa innovazione.

Ovviamente, ricreando un nuovo mercato degli idrauilici in zona si entra nella prima fase del ciclo di vita e cioè l'introduzione. E bisogna essere consapevoli di questo. Perchè caratteristica di questa fase (l'introduzione) è la presenza di costi superiori alle entrate (dovuti agli investimenti che ovviamente non hanno un ritorno immediato e alle vendite che iniziano a decollare ma che sono ancora basse) e la difficoltà di penetrazione.
Bisogna farsi conoscere, far comprendere che non si può più fare l'idraulico come i vecchi tempi, etc. etc.
Questo comporta fatica, impegno e applicazione.

Quando l'economia va male occorre riflettere su quanto siano maturi e in declino i mercati di quella particolare economia. Anzichè pensare a soluzioni strane da un punto di vista finanziario, bisogna apportare cambiamenti o nel prodotto o nell'ampiezza dei mercati.
 E lo stesso dicasi per le singole aziende e singole professioni.
Ma avremo modo di parlarne in seguito.
Grazie per l'attenzione.

martedì 11 ottobre 2011

L'affiancamento nel mondo del lavoro.

In questo blog ci è capitato di parlare del concetto di cambiare lavoro.
Vorrei aggiungere qualcosa a quel tema, spinto anche da alcuni avvenimenti di questi ultimi giorni.
Come professionista, devo confessare di aver cambiato vari lavori nella mia vita pur mantenendo stabile il mio ruolo fondamentale di consulente. Mi sono occupato anche di attività commerciale e quindi ho avuto modo di stare spesso in contatto con ogni tipo di clientela. Dal piccolo privato alla media azienda all'ente pubblico con tutte le sue regole peculiari e i suoi procedimenti normativi.

C'è un aspetto che, secondo me, merita ampiamente di essere trattato e la cui non considerazione può causare notevoli problemi.
Non solo nell'ambito del lavoro ma ora su questo aspetto ci soffermeremo.

Parliamo dell'affiancamento. Uso questo termine per designare quel meccanismo per cui qualcuno che si affaccia sulla scena del lavoro si affianza a qualcuno che già lavora per superare quella prima fase di inserimento che è, tra l'altro, la più difficile.
L'affiancamento non è di pe se una cosa negativa, anzi. Però in quel concetto sono racchiuse tante e tante sfumature che una riflessione è d'obbligo.

Quando una persona decide di svolgere una certa mansione (leggiamo lavoro) può essere più o meno ferrato a livello di conoscenza teorica della mansione stessa e del contesto che vi ruota intorno. Diciamo che un neolaureato esca dall'università con una conoscenza teorica della sua materia e che voglia ricoprire un ruolo in quello specifico campo di applicazione della materia.
Per motivi a noi sconosciuti, l'istruzione è diventata fondamentalmente un fatto teorico in cui sembra che basti conoscere delle cose per essere capace di creare degli effetti.
L'istruzione in realtà è un meccanismo di apprendimento. E siccome gli esseri umani sono fatti di carne ed ossa e operano nell'universo fisico fatto di materia ed energia, essi hanno bisogno di poter realizzare cose e maneggiare oggetti per raggiungere degli scopi.
Così l'uomo apprende tramite dei meccanismi che funzionano al meglio quando vi è un equilibrio fra concetti teorici e applicazione pratiche degli stessi.

Il ruolo di fornire questo equilibrio dovrebbe essere dato dalla scuola o dal formatore stesso. Studio la contabilità e faccio la contabilità. Studio la chimica e faccio il chimico. Studio il processo civile e faccio un processo civile.
Solo in una facoltà completamente teoretica, come una facoltà di filosofia, può essere concepito non vedere le applicazioni pratiche di quanto si studia. E non è un caso che la filosofia tutta si sia fatta una brutta fama proprio quando si è allontanata troppo dalla realtà.

Ma laddove non la scuola non fornisca questo supporto nell'apprendimento degli aspetti pratici, è il singolo che deve sopperire cercando qualcuno che lo aiuti in questa delicata fase.
La persona o struttura che aiuterà un individuo a completare questo percorso di apprendimento sarà l'affiancatore. La mancanza di questa figura può essere un disastro nella vita di un individuo.
Perchè non è possibile che si impari tutto attraverso gli errori.
A volte gli errori commessi possono essere tali e tanti che non si riesce più a riprendersi.
Avete mai provato a verificare se la forza di gravità funziona buttandovi dal 3 piano di un palazzo?
Dopo imparerete con troppo dolore come la legge della gravità funziona.

Morale? La morale è che quando si decide di cambiare lavoro o iniziarne un altro, occorra verificare le proprie conoscenze teoriche, migliorarle e trovare qualcuno a cui affiancarsi fino a quando i meccanismi di quel lavoro non ci saranno non solo chiari ma anche sotto il nostro controllo.

Grazie per l'attenzione.
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