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martedì 7 febbraio 2023

Democrazia, governo e economia.

Quando si parla di economia, siamo sempre in un terreno delicato. Siamo molto vicino ad un argomento che preme e sta a cuore del cittadino comune.

La sua vita, i suoi interessi, il suo piacere e i suoi dolori si basano anche e, a volte, in gran parte su questo argomento.

Se poi ci spostiamo di qualche metro e ci inoltriamo nel territorio della politica, entriamo veramente in un campo minato che rischia di farci saltare in aria in un attimo.

Se si studiano le cavallette o le reazioni chimiche di alcuni minerali, il coinvolgimento emotivo come essere umano è minimo.

Se si esaminano le scelte economiche di un governo, è palese che ci troviamo in uno scenario da cui è difficile sentirsi degli osservatori neutrali. Non possiamo essere neutrali perchè NOI SIAMO dentro l'oggetto che stiamo studiando o esaminando.

Di certo, nei nostri moderni strumenti di comunicazione e informazione (TV, giornali, internet, radio o social network) tutto manca tranne la politica e l'economia. Sono anzi due colonne portanti della comunicazione moderna.
Eppure questi due importanti e per molti versi bellissimi argomenti, sono trattati in modo scialbo, superficiale e caotico. Sono proposti e affrontati in modi decisamente non all'altezza della loro importanza.

Ci si chiederà come mai affermiamo questo. Avremo modo in prossimi post di dimostrarlo. Anche se girovagando per il nostro blog, ci sono vari post che lo mostrano, anche se a volte in modo un pochino più indiretto.
Come qui (http://denaroedintorni.blogspot.com/2023/01/taglio-delle-accise-e-aumento-del-costo.html) nel nostro ultimo post sull'aumento dei carburanti. 

Il concetto base è che un governo dovrebbe essere un governo. E dovrebbe governare. Con tutto ciò che significa governare.
E se è ben comprensibile che governare significa ANCHE occuparsi dell'economia di una nazione, è altrettanto vero che non significa SOLO occuparsi dell'economia di una nazione.
Sarebbe come se un padre di famiglia pensasse che il suo ruolo di genitore si limitasse solamente a portare i soldi a casa e non far mancare nulla di beni e servizi ai membri della sua famiglia.
Chi ha il coraggio di dire che questo sia sufficiente?
In una certa misura, è suo compito anche occuparsi dell'educazione etica ed emotiva dei propri figli.
E, sicuramente, ci sono anche dei valori spirituali e sentimentali che vanno coltivati.
Che tra l'altro rappresentano la parte più degna di essere vissuta dell'avere una famiglia.

Purtroppo, oggi i governi non sono che pallide marionette collocate li da poteri e forze economiche talmente potenti che l'individuo comune fatica anche solo a capirlo. Un pò come quando si parla della vastità delle distanze fra le stelle. Leggiamo i dati numerici ma la cosa va oltre la nostra concreta capacità di farcene un'idea concreta.
Quando si legge che una multinazionale ha guadagnato MILIARDI di dollari, ci si chiedere cosa mai possa significare tutto ciò.
E' curioso che le grandi aziende private vivano producendo utili (per sè) mentre le organizzazioni pubbliche e statali vivano perennemente con una spada che penzola sopra di loro chiamata DEBITO.

La risposta viene data fin dagli studi universitari o addirittura dalle scuole superiori: qualunque organizzazione pubblica è difettosa e inefficiente per natura mentre le organizzazioni private sono efficienti per definizioni.
Questo è l'assioma (legge basilare quasi indimostrabile e da prendere come dato di fede) che circola da decenni nel mondo politico che ha portato a vendere importanti strutture pubbliche a gruppi privati sotto la grande campagna promozionale delle PRIVATIZZAZIONI.

La democrazia era una meta. Una meta di libertà. Libertà di discutere della città. La democrazia era il potere al popolo. Che potesse discutere dei temi importanti della polis, della città.
Ma ora i temi importanti della città vengono discussi neanche più dai politici ma dagli ESPERTI. Perchè i politici non hanno il tempo di studiare e formarsi dovendo partecipare a meeting, riunioni, campagne elettorali, cene di mediazione e rappresentanza.
Così la democrazia viene svuotata di significato.

E l'economia diventa una scienza oscura che parla di cose che il cittadino medio non capisce.

Volevamo solo avvisare il lettore che questo non accade a caso ma è senzientemente voluto da qualcuno che ha l'interesse di governare l'economia senza che nessuno capisca cosa sta facendo.

L'unica arma a disposizione del cittadino è la conoscenza.
Solo la conoscenza apre le porte alla possibilità di essere liberi.
Il possesso di beni e la ricchezza non danno la libertà. Ti danno solo una prigione con tutti i confort.

Dicci cosa ne pensi nei commenti.
GRAZIE PER L'ATTENZIONE.

giovedì 26 gennaio 2023

Impara l'arte e mettila da parte

I proverbi sono una cosa strana.
Sono modi di dire che, in genere, si sentono dagli anziani e dalla tradizione.
Nati per dare delle indicazioni ai volenterose ma spesso confusionarie giovani leve, hanno assunto nel tempo un connotato un pò burlesco e comunque non serioso.

Eppure se prendiamo molti proverbi troveremo che il concetto base che esportano è talvolta ricco di grande acume e profondità.
Non è sempre vero, sia chiaro.
Non diventeremo di botto dei fan sfegatati o dei talebani del proverbio. Ma, osservando le cose con calma, neppure ci sembra una posizione sana quella di non analizzare mai il significato di alcuni proverbi.

Uno di questi recita "Impara l'arte e mettila da parte".
Che in questi ultimi anni di andamento economico ci sembra non una cosa furba e valida. Ci sembra una verità totale e anzi, forse, l'unica via di uscita alle tante difficoltà che incontriamo e un modo per gestire le crisi economiche finanziarie che stanno imperversando in modo ormai calendarizzato nella nostra società.

Che significa questo proverbio?

Innanzitutto si parla di imparare qualcosa. E questo forse è il punto più alto e quindi più saggio del proverbio. "Impara l'arte" dice.
Imparare non vuol dire studiare qualcosa per superare un esame. Non significa frequentare in modo da scaldare bene un banco e non significa presenziare e avere conferma la propria presenza.
Imparare significa APPRENDERE, FARE PROPRIA una capacità e un saper fare.
Non significa neppure cose come ricordare, saper enunciare, saper esporre. Non significa superare l'esame o rispondere alle domande del test.

Imparare è direttamente connesso all'azione e indica la capacità di qualcuno di saper fare e padroneggiare un argomento. 
Poi si dice ARTE. Nel senso che molte discipline hanno delle informazioni tecniche che si trovano nei libri e nella scuola. Diciamo che quelle sono le basi tecniche dell'argomento. Ma le cose diventano anche un'arte intendendo con questo che non tutto può comunque essere codificato.

Così per cucinare, sicuramente occorre conoscere le caratteristiche dei cibi, le varie modalità di cottura, le tecniche e le ricette così come gli strumenti del mestiere. Ma poi c'è l'aspetto artistico che non significa solo che le cose si fanno per divertimento (artistico non vuol dire riservato ai momenti di cazzeggio o divertimento) ma che, essendoci sfumature complesse, spesso per padroneggiare al 100% qualcosa ci sono ambiti in cui una persone deve creare e, talvolta, improvvisare.

Come che sia, l'arte è un argomento o materia. Nel proverbio in questione è un saper fare e quindi anche un mestiere, una professione.
Impara l'arte. 
Magari fai un certo lavoro. Ma ti dice "impara l'arte". Impara qualche altra cosa. Impara molte altre cose.

In una società complessa e iperstrutturata come la nostra, in cui l'avanzamento tecnologico ha reso allo stesso tempo migliore e peggiore la nostra vita (che paradosso!!), è veramente difficile pensare di poter vivere anche solo una vita tranquilla senza avere l'attitudine ad imparare cose nuove.

Tutto cambia così in fretta.....
Dopo che impari, metti ciò che hai imparato da parte e continui a vivere e fare ciò che facevi prima. E attendi. Magari per tutta la vita ciò che hai imparato di nuovo non ti servirà ma se ti serve lo avrai appreso e sarai già pronto ad usarlo.
Non JUST IN TIME, quindi in tempo reale. Ma avendo già appreso ciò che poteva servirmi.

Così possiamo avere qualcuno che lavora, che impara un nuovo o più nuovi lavori e mestieri. Magari ben diversi da quello che attualmente sta facendo.
Oppure abbiamo qualcuno che non smette mai di imparare nuove utili informazioni, in attesa che questa sua aumentata conoscenza diventi un possibile alleato nelle nuove difficoltà che potrebbero sorgere.

Ecco quindi che ci piace molto questo proverbio:
IMPARA L'ARTE E METTILA DA PARTE.

Grazie per l'attenzione.

mercoledì 23 novembre 2022

L'uomo è homo consumens o homo sapiens sapiens?

Una parola nuova che ci piace molto è "homo consumens", coniata dal sociologo polacco Z. Bauman.

Di che si tratta?
Beh, sappiamo che ognuno di noi fa parte di una razza speciale di organismi viventi che si chiama homo sapiens sapiens.

Il problema è che questo termine, per quanto biologicamente azzeccato, spesso fa a cazzotti con la percezione che abbiamo nel mondo.
Suvvia... è palese che non tutti quelli che si fregiano di questo nome siano davvero così... sapienti. E addirittura sapienti al quadrato.

Si avvicina il periodo natalizio (oggi solo poco più di un mese alla festa maggiore dell'anno, il sacro natale) e in questo periodo le persone che abitano nella parte che definiamo "sviluppata" del globo si accingono a comprare e spendere come nessun altro periodo dell'anno.

Diciamo che se parliamo dell'essere umano come homo consumens invece che dell'essere umano come homo sapiens sembra che ci si possa avvicinare ad una descrizione più verosimile di noi stessi.

La grande domanda è? Siamo quello che siamo in quanto consumiamo?
Siamo perchè consumiamo?
Siamo in virtù di ciò che consumiamo?
In altre parole, il nostro valore come persone può essere misurato e dovrebbe essere misurato da ciò che acquistiamo e consumiamo?

Di primo acchito ci verrebbe da rispondere d'istinto e dire: "NO! Noi non siamo in quanto consumiamo ma siamo esseri senzienti che comunicano, socializzano, scoprono, dialogano, creano e ricercano nuovi orizzonti di libertà e conoscenza."

Di primo acchito. Certo. E forse, questo è anche vero.
Ma là fuori è una gara a chi compra di più. A chi consuma di più.
O così è stato fino a poco tempo fa. Perchè sembra che culturalmente stiamo iniziando a capire che non sempre PIU' è meglio, non sempre la crescita è positiva e la decrescita negativa.
In effetti c'è molta relatività in tutto ciò.

Ovviamente pagheremo lo scotto di aver abituato un paio di generazioni di persone ad una continua rincorsa all'avere cose in sostituzione del diventare persone etiche, oneste e che puntano ai valori. Perchè quando lanci un gruppo sociale in questa direzione, non è facile tirare il freno a mano e frenarsi all'improvviso.

Un tempo i bambini andavano a scuola con l'unica attenzione a imparare, giocare e qualche volta fare le marachelle.
Adesso i bambini vanno a scuola e fanno queste cose ma prima bisogna vedere che abbiano tutto: il quaderno giusto (con la copertina giusta, perchè per imparare è fondamentale che i quaderni siano griffati....), il diario giusto, la riga giusta, il compasso, la gomma dura, la gomma pane, la gomma bisdrucciola e quella anfetaminica.
E poi bisogna che i bambini siano ben vestiti. Che fai scherzi? Vorresti mai che qualcuno pensi male della famiglia. E poi i capelli a posto, il giubbottino, la sciarpina, i guantini, le scarpine, gli occhialini e chi più ne ha ne metta.
Non sia mai che qualcuno osservi il bambino e verifichi se è educato, pulito e bravo.

No, il giudizio è su quello che ha.
Perchè siamo homo consumens.

E so cosa dirai.
E' curioso che chi di lavoro aiuta le persone ad avere finanziamenti per le proprie esigenze di consumo, dica queste cose.
Ma le dico proprio perchè da quasi 20 anni faccio questo lavoro.
Anche un chirurgo estetico guadagna da questo ma dovrebbe essere abbastanza etico da consigliare nel modo giusto chi gli presenta davanti.

Come faccio io. Come fa la mia struttura.
Perchè per me l'uomo non è homo consumens. Anche se purtroppo non è ancora così sapiens come dovrebbe.

GRAZIE PER L'ATTENZIONE.

martedì 8 novembre 2022

Cosa è il pareggio di bilancio di uno stato?

Mi ha sempre colpito come, in certi frangenti, determinate parole o concetti base tendano a diventare "famosissimi" e quindi essere sulla bocca di tutti.

Per poi attendere la fine di quella moda e tornare nell'anonimato.
Un pò come succede per molti cantanti, gruppi musicali, starlette o attori/attrici.

In un momento non li conosce nessuno.
In un altro momento ne parlato tutti, anche in un modo esagerato.
In un altro momento ancora, nessuno (se non gli addetti ai lavori) ne parla più.

Certi concetti economici e/o finanziari ripercorrono lo stesso schema.

Relegati nei libri di economia prima, sulla bocca di tutti dopo e di nuovo dimenticati.

Uno di questi concetti è il pareggio di bilancio.
Soprattutto in contesto pubblico. I TG, i giornali e i talk show ne parlano.

Il Rispetto dei Parametri è un altro termine che simboleggia e affianca il pareggio di bilancio.

A parte che il nome stesso, Rispetto dei Parametri, ricorda fin troppo un altisonante nome dato ad una divinità, la domanda è sempre: CHI STABILISCE CHI SIANO I SACRI PARAMETRI DA RISPETTARE?

Ovviamente gli esperti. Che poi non si sa mai chi siano costoro, oscuri trafficanti di normative sepolti in qualche ufficio periferico di Bruxelles. Chissà....

Ma parlavamo di pareggio di bilancio. 
Un pareggio di bilancio è semplicemente, in un rendiconto di entrate e uscite, una situazione in cui, appunto, vi è una corrispondenza o esattezza fra le uscite e le entrate.

Semplice? Certo. Ma non fidiamoci dell'apparenza.

In bilancio finanziario (sia che parliamo di azienda che di una famiglia che di un ente pubblico) ci sono molti fattori non oggettivi che determinano cosa è un entrata e cosa un uscita.

A livello basico non vi è complessità. Una uscita è una perdita di denaro, una entrata è un afflusso di denaro.
Ma quando si valutano situazione complesse, determinare cosa si una perdita o un'uscita è più complesso. E si fanno valutazioni. Al punto che gli enti preposti al controllo continuano a emettere regole per stabilire una certa oggettività di valutazione.
Ma ciò non toglie che queste regole siano sempre e soltanto accordi.

Per uno stato, pareggio di bilancio vuol dire che le uscite statali sono state pari alle entrate statali. E quindi questo può sembrare una cosa buona.
Ma non lo è necessariamente.

Se infatti osserviamo che le spese di uno stato diventano la ricchezza di aziende e privati (sono servizi erogati al cittadino) e se osserviamo che le entrate di uno stato sono ricchezza di aziende e privati che vengono portate via (le tasse), allora si capisce che in un bilancio in pareggio, uno stato da al cittadino quanto un cittadino da allo stato.

Il che sembrerebbe giusto. Ma significa solo che lo stato non sta creando ricchezza. E questo porta al fatto che se un popolo, una nazione vuole crescere, tale crescita debba arrivare SOLAMENTE dalle maggiori entrate del cittadino stesso.

Lo stato non contribuisce all'economia. Questo è un pareggio di bilancio. Egli tanto prende e tanto da.
Questo può piacere a qualcuno ma occorre osservare che in questo modo tutta, e diciamo tutta, l'iniziativa di crescita è demandata al privato.
Che, quando non è organizzato, non può attuare delle iniziative valide per la crescita.

Un esempio semplice semplice sono gli investimenti strutturali. CHE NON POSSONO ESSERE FATTI DA UN PRIVATO, per quanto sia ricco e grande.
Come fa un privato a costruire strade, a creare linee ferroviarie o a determinare costi di trasporto più abbordabili (si veda in Sardegna il problema della continuità territoriale?).

Qui si scontrano 2 visioni dell'economia. Da una parte quella keynesiana in cui si sostiene che anche in una economia di mercato, lo stato è fondamentale per gli investimenti pubblici. Dall'altra quella neo-liberista in cui si sostiene che lo stato deve di fatto scomparire e farsi da parte, lasciando ai mercati tutto il potere.

Ovviamente non nasconderemo che riteniamo questa seconda visione sbagliata. Non vogliamo essere imparziali. Avremo modo di dimostrarlo.

GRAZIE PER L'ATTENZIONE.

venerdì 1 luglio 2022

L'importanza dell'educazione finanziaria al giorno d'oggi








Il mondo della finanza è un mondo per lo più sconosciuto. Ai più.

Eppure esso è terribilmente importante. Visto che è un argomento che pervade la nostra vita quotidiana in modo totale. Non c'è individuo, in una delle principali economie planetarie, che non venga toccato quotidianamente dagli effetti delle cose che accadono nel mondo della finanza.

Ma cosa è la finanza, in prima luogo?
La finanza è la materia che si occupa dei soldi, del denaro. Questo detto in termini terra terra.

Qui i sapienti da salotto, gli intellettuali snob tutto tecnicismo e niente sostanza storceranno il naso, pensando, da puristi del linguaggio, che la FINANZA sia quella branca dell'economia che si occupa di investimenti e di un corretto uso del denaro. Ma non è così.

La finanza si occupa di denaro, è vero ma l'equazione FINANZA = INVESTIMENTI non è corretta. Gli investimenti hanno a che fare con la finanza, questo si. Così come un panettiere ha a che fare con il pane ma non è solo quello avendo una vita, famiglia, passione, hobby e forse anche un altro lavoro, così finanza e investimenti sono mondi che si toccano e si intersecano ma non vuol dire che siano la stessa cosa.

E' finanza quando il fine settimana facciamo la spesa, quando decidiamo quali bollette pagare, quando portare il nostro figlio dal dentista, quanto lunghe devono essere le nostre ferie e quante volte potremmo andare al mese al ristorante: o se mai ci potremmo andare almeno una volta.

E' finanza quando acquistiamo un'auto a rate e qualcuno decide se concederci un prestito o meno.
E' finanza quando i nostri prodotti preferiti che arrivano dall'estero aumentano di prezzo perchè ci sono state delle turbative sui mercati.
E' finanza quando non si trova lavoro.

Eh si, signori. Anche quest'ultimo fatto è legato alla finanza. Non è legato all'economia.

Se andate su e giù per questo blog, vedrete questo argomento trattato più e più volte. Da vari aspetti e punti di vista.
Ma qui volevamo sottolineare come sia importante, ora più che mai, insegnare i fondamenti finanziari a qualsiasi cittadino. Insegnarli tutti e il prima possibile, magari introducendo lo studio di questi argomenti in modo obbligatorio nei programmi scolastici a partire dalle elementari.

Diciamo questo perchè è assolutamente sconcertante che un comune cittadino di media intelligenza e media cultura, conosca dove si è combattuta la guerra punica, come sia morto Napoleone oppure sappia che il Nilo è il fiume più lungo del mondo ma non sappia cosa sia un merito creditizio.

Nè come si deve fare per averne uno buono.
Nè come si può comprendere quando ci viene proposto un buon finanziamento e quando non ci viene proposto un buon finanziamento.

L'acquisto dei beni, l'acquisto di una casa, il nostro benessere e quello dei nostri cari è legato a moltissimi aspetti che se seguiamo la catena alla fine partono da questioni puramente finanziarie.

Certo! Anche economiche. Ma anche questo è un dato che nell'educazione finanziaria viene insegnato: ovvero che prima di ogni finanza ci deve essere un'economia.

Il che tradotto per il singolo cittadino significa che prima che i soldi esistano, deve comunque esserci (da qualche parte) della produzione reale.

Ma di questo parleremo (in realtà, riparleremo) un'altra volta.

GRAZIE PER L'ATTENZIONE.

lunedì 27 giugno 2022

Il credito al consumo è un "prodotto" come gli altri? parte II

Abbiamo raccontato le avventure del nostro amico GIGI (qui). 

Tutto questo sembra molto scolastico ma è per portare alla semplicità dei concetti che se analizzati nella loro quotidianità ci possono sfuggire. O apparire più complicati di quello che sono.

E' logico che quasi ogni consumatore sia sempre leggermente diffidente nei confronti di chi vende qualcosa. Ne parleremo in modo espresso in un prossimo articolo (Perchè il consumatore ha spesso così tanta diffidenza nei confronti di chi gli propone qualcosa?) ma qui ci basta riflettere che questo accade.

I motivi li vedremo ma per ovviare a questa diffidenza, spesso il consumatore cerca di esercitare un controllo sulle trattative di vendita. Cosa più che onesta e più che doverosa.

Così quando il consumatore, il nostro amico GIGI, va da qualche parte o contatta qualcuno per comprare qualcosa, prima di impegnarsi cerca di ottenere il numero maggiore di informazioni per esprimere un giudizio di convenienza.

E anche questo non è solo più che giustificato ma è esattamente ciò che un qualsiasi potenziale cliente dovrebbe fare: informarsi delle caratteristiche salienti di ciò che sta acquistando o vorrebbe acquistare.
Anche per paragonare le diverse offerte di mercato.

Ma è qui che GIGI, il nostro amico GIGI spesso cade.
Il prodotto "Credito al consumo" (chiamato semplicemente finanziamento) non è un prodotto fisico ma un servizio tagliato su misura della persona che lo richiede. Quindi, prima di poterlo "cucire" addosso al potenziale cliente, occorre fare un lavoro.

Per chi vende una stampante di un computer il prezzo di questa non cambia se a comprarla è GIGI o BEPPE o TIZIO o CAIO. Non cambia. Il prezzo sarà sempre quello. A meno che uno di questi signori non dica "Ne voglio mille, che prezzo mi fai...:"

Rendo l'idea?

Per chi VENDE un finanziamento o del credito al consumo, chi lo "compra" è assolutamente importante. Quindi ci sarà un prezzo di questo prodotto per GIGI, un altro prezzo per BEPPE e un altro prezzo per CAIO.
Questo sembra brutto, ma non è una questione personale. I prezzi sono differenti perchè le posizioni socio-economiche di diversi richiedenti sono diverse.

Facciamo un esempio semplice.

Immaginiamo che al telefono un cliente ci chieda un preventivo di costi per un finanziamento di 15.000 euro. Per chi deve preparare questa "sorta" di preventivo ci sono un sacco di informazioni che servono. Perchè? Lo abbiamo detto. E' un servizio tagliato su misura, non un oggetto solido.

Quindi servirà l'età del richiedente, il suo stato familiare, la presenza o meno di altri prestiti, l'ammontare di reddito percepito al mese, il tipo di lavoro svolto, il tipo e grandezza dell'azienda per cui lavora. E a seconda del tipo di finanziamento sarà necessario conoscere lo storico dei pagamenti del passato oppure la presenza o meno di un buon stato di salute.

Quindi.... Se il cliente che chiama non fornisce questi dati, che tipo di preventivo potrà essere dato?
La verità è che quando questo preventivo viene dato, il suo valore è quasi nullo. Perchè quasi sempre si manda il preventivo di una persona con una condizione ideale. Giovane, con lavoro pubblico o statale, con ampio reddito e così via.

Sappiamo che è fastidioso dover interagire con un professionista in modo ampio. Sembra una perdita di tempo. Ma a meno che non siamo noi stessi dei professionisti del settore, è molto facile cadere in errore.

Perchè il credito al consumo è un prodotto completamente diverso dagli altri.


GRAZIE PER L'ATTENZIONE.

giovedì 23 giugno 2022

Il credito al consumo è un "prodotto" come gli altri? parte I

Il credito al consumo è stata una delle invenzioni del sistema economico capitalista moderno.

L'idea di prendere un prodotto OGGI e pagarlo un poco per volta nel tempo, è stata la colonna portante di tutta l'economia.

Dalla fine della seconda guerra mondiale ad adesso.

Quale è questa idea?

L'idea è che ogni lavoratore produce della ricchezza nel corso di un certo tempo. Se egli lavora come operaio in una azienda, si sa che in un lasso di tempo di 10 anni (per esempio) egli produrrà della ricchezza derivante dal suo lavoro (insieme a quello degli altri ovviamente).
Il nostro lavoratore (che chiameremo GIGI per comodità) può quindi idealmente creare una lunga linea di produzione di ricchezza: dall'oggi ad un certo punto del futuro.

Gigi sa che alla fine di questa lunga linea, egli potrà disporre di una certa ricchezza. Che (badate bene) non è regalata. Ma è sua. E' una sua ricchezza perchè la produrrà lui.
Da un punto di vista logico egli può prendere quindi questa ricchezza futura e usarla.

Gigi SA che disporrà di una certa ricchezza. La difficoltà sta nel prendere questa sua ricchezza, che egli ha nel futuro, e portarla nel tempo presente, nell'oggi, nel mondo reale in cui egli concretamente vive. E questo lo si fa vendendo a qualcuno quella ricchezza (del futuro) e facendosi dare in cambio una stessa quantità di ricchezza nel tempo presente.

Questa operazione si chiama FINANZIAMENTO. Tu vendi della ricchezza che avrai ma che ancora non hai e ottieni della ricchezza che esiste ora.
La cosa ha un costo, ovviamente. Perchè lo scambio non è alla pari. Chi ti da la sua ricchezza al presente ha degli svantaggi perchè si sta privando di una cosa posseduta. Con tutto ciò che ne deriva in mancate occasioni da sfruttare.
Questo costo è simboleggiato in modo matematico dal cosiddetto INTERESSE. Che altro non che il costo (espresso in termini percentuali) che dobbiamo pagare per portare i nostri futuri guadagni del futuro al presente.

Questo costo è direttamente proporzionale ad alcuni fattori. I più importanti di questi sono:
a. Il grado di rischio nel rientrare in possesso del denaro prestato (connessi a una molteplicità di fattori quali l'insolvenza del creditore ma non solo).
b. La quantità di concorrenza presente sul mercato dei prestatori di denaro.

La domanda dell'articolo è quindi:
Il credito al consumo è un prodotto come gli altri? Cioè come un barattolo di piselli, un pacchetto di sigarette, un intervento di un idraulico o un sacco di pellet?

NO.

Non è un prodotto come un altro perchè chi richiede un finanziamento (e quindi chi ottiene il credito al consumo) non paga con soldi immediati. Ma paga con dei soldi futuri.
Sia il costo che la restituzione di ciò che gli è stato prestato.

Facciamo un esempio con un altro prodotto: i pomodori.
Mettiamo che io sono GINO e sono un ortolano che coltiva pomodori. A casa ho dei figli che vanno pazzi per i pomodori. Ed è per questo che li coltivo. Ad un certo punto mi servono altri pomodori ma il nuovo raccolto arriverà solo fra qualche mese. Ma i pomodori mi servono subito. Posso scoprire che vicino a me ho un altro ortolano che ha prodotto molti più pomodori di quelli che gli servono adesso. Egli si avvicina e mi dice:

"Senti un pò. Io ho molti pomodori adesso ma non mi servono tutti. Mentre tu adesso ne hai bisogno ma non ne hai. Viceversa io ne avrò bisogno fra qualche mese e non avendo raccolti in corso, rimarrò senza. Mentre tu aspetti a raccogliere il nuovo raccolto.
Che ne dici se io ti do questi pomodori ora e tu mi restituisci i pomodori che ti ho dato adesso fra un pò con i pomodori del tuo nuovo raccolto?".

Quando questo avviene con i soldi, chi riceve il finanziamento deve, oltre che restituire i soldi prestati, pagare anche il prezzo del servizio.

CONTINUA sul prossimo articolo.

martedì 9 marzo 2021

Il Recovery Fund è una iniziativa utile o meno per il nostro paese?

In realtà in questo articolo non parleremo necessariamente del Recovery Fund. Ne parleremo ma se ti aspetti che sia una disamina esatta di questo meccanismo, delle sue caratteristiche ed implicazioni, sei andato a parare nel posto e nel post sbagliato.

O forse no. Dipenderà dal tuo atteggiamento nei confronti di queste due parole e del concetto che esse portano avanti.

Recovery Fund sta per "fondo per la ripresa". In poche parole non è nient'altro che una iniziativa collettiva dell'Unione Europea per trovare delle risorse (finanziandosi sul mercato tramite l'emissione di titoli di debito pubblico) garantite dall'intero bilancio UE (tutti i paesi), risorse che saranno poi girate ai singoli paesi per il superamento dei disastri all'economia causati dalla pandemia del covid19. Qui un articolo che spiega in modo abbastanza semplice e coinciso cosa sia.

In se e per se sembra una cosa logica e di buon senso. E forse lo è. In generale lo è ma se non può essere minimamente messo in dubbio il concetto generale, è nei dettagli di come lo si implementa (mette in atto) che sta la differenza fra una cosa buona e una cosa meno buona.

La cosa che invece ci preme sottolineare è come questo strumento sia venuto fuori in un momento di EMERGENZA e venga "venduto" come soluzione originale e quasi temeraria quando, vedendo cosa è e cosa fa, sembrerebbe dover essere uno strumento di normale amministrazione.

Della serie, per essere ancora più diretti e semplici, "Se la UE non crea e non usa strumenti come il Recovery Fund per aiutare gli stati membri" a cosa serve la UE? Cioè quale è la sua reale ragione di esistenza?

Pensiamo che su questo punto occorra veramente fare delle riflessioni, perchè ormai stiamo costruendo un grattacielo dando per scontate le fondamenta e le basi su cui la nostra costruzione è fissata. E ci stiamo innalzando verso l'alto senza preoccuparci se lo si possa fare senza il pericolo che tutto crolli su di noi. E ad ogni piano che aggiungiamo alla nostra creazione, ci sentiamo sempre più sicuri perchè il nostro ragionamento è: "Il nuovo piano costruito è solido perchè si basa su un altro piano costruito che è altrettanto solido. E tutto è solido perchè ormai sono tanti piani che andiamo su e tutto funziona benissimo". 

Un modo molto stupido di ragionare. Perchè non è la prima volta che vediamo strutture gigantesche che, ad un certo punto, crollano su se stesse perchè basate su presupposti deboli o addirittura inesistenti.

Quali possono essere questi presupposti deboli? Beh, nel blog ne abbiamo parlato spesso e a lungo. Ma se volessimo solo radunarli in poche righe potremmo dire che sono:
a. Mancata unificazione delle regole del mercato del lavoro fra stati.
b. Imposizione di una unificazione finanziaria in mancanza di una unificazione dei sistemi fiscali dei vari stati.
c. Unione monetaria di paesi con poteri di acquisto troppo diversi fra loro uniti da una stessa politica finanziaria.
d. Eliminazione del potere di uso degli strumenti finanziari consueti da parte degli stati membri.
e. Utilizzo di fondi provenienti dal mercato privato per finanziarie iniziative e piani pubblici.

Questo solo per elencare i principali punti di debolezza della struttura economica europea.
La quale continua a basarsi su un approccio e strategie che trovano la loro ragion d'essere in teorie economiche e finanziarie che tali sono e tali rimangono. Non verità ma teorie. Spesso forzatamente elevate a verità assolute e di sistema.

Quindi in Italia siamo contenti che arriveranno tutti i soldi del Recovery Plan. Però intanto quei soldi dovranno essere utilizzati nel modo in cui qualcun altro dice che debbano essere utilizzati e in realtà senza un vero cambio di rotta nelle scelte strategiche economiche di una nazione, l'Italia, che ha delle potenzialità incredibili e che invece continua a operare da circa 20/25 come la cugina sfigata e povera dei ricchi signori del centro e nord Europa.

Ruolo creato dalle macchiette e dalle barzellette. Che noi possiamo fare su noi stessi, che altri non hanno il diritto di fare.
Grazie per l'attenzione.

martedì 11 luglio 2017

Breve guida ai fondi pensione

I fondi pensione sono un particolare prodotto finanziario e/o assicurativo, con regole ben precise e caratteristiche peculiari.
Oggi 1 italiano su 4 è iscritto alla previdenza complementare, ma spesso, a causa della scarsa informazione, non sfrutta al massimo i benefici.
Ma quali sono queste opportunità e come ottenere il massimo rendimento da un prodotto previdenziale?
Come tutte le cose, non esiste un’unica regola valida per tutti, ognuno di noi ha esigenze e disponibilità economiche diverse. Con questo post vogliamo provare a darti qualche consiglio generale dal quale potrai trarre le tue conclusioni.

1) Quando aprire un fondo pensione?Di solito si pensa che il momento giusto arrivi con il primo contratto di lavoro, ma in realtà… prima lo si apre meglio è:
–       La permanenza protratta nel tempo in prodotti di previdenza complementare viene premiata con una riduzione dell’aliquota di tassazione al momento della liquidazione del fondo: dal 15% diminuisce dello 0,30% per ogni anno successivo al 15°di iscrizione al fondo. Lo “sconto” può arrivare fino al massimo del 6% (quindi ad un’aliquota fiscale del 9%): un’evidente convenienza fiscale a seguito di una duratura permanenza nel Fondo.
–       Dopo 8 anni di adesione al fondo si può chiedere un anticipo del 75% per acquisto o ristrutturazione casa, o del 30% senza giustificato motivo. (Si può sempre chiedere un anticipo del 75% per spese sanitarie gravi);
Ti ricordiamo che si può aprire un fondo pensione anche solo contribuendo con poco e anche se si è intenzionati a non contribuire immediatamente: “Think big, start small” 😉

2) Quanto versare?Naturalmente questo dipende dalle possibilità di ognuno di noi, infatti i fondi pensione non prevedono una versamento minimo o fisso. SI può scegliere. Però, è utile sapere che:
–       I contributi versati fino a 5.164 euro sono deducibili.
Anche l’eventuale contributo del datore di lavoro è deducibile dall’ Irpef mentre il TFR non concorre alla formazione dell’importo deducibile. La deduzione massima comporta un risparmio fiscale che oscilla tra € 1.187 e i 2.220 (col versamento annuo di 5.164€);
–        agevolazione particolarmente interessante per i giovani lavoratori (assunti dopo il 1 gennaio 2007), dal  6° al 25° anno di permanenza nel fondo esiste la possibilità di dedurre fino al 50% in più della deducibilità di cui non si è usufruito nei primi 5 anni lavorativi (con un limite a 7.746,86 euro annui);
–       Anche I contributi versati sul fondo dei familiari fiscalmente a carico sono deducibili fino a 5.164 euro;

3) Come investire i soldi versati?Tutti i fondi pensione hanno diverse linee di investimento: dalla garantita alla più aggressiva. Quale scegliere?
–       Quando si è giovani vien consigliato di stare su linee più aggressive, spostandosi man mano verso linee più obbligazionarie o garantite con l’avvicinarsi della pensione. In questo modo si  cerca di rivalutare al meglio il capitale investito, mettendolo al riparo quando ci si avvicina all’età del pensionamento.
–       Esiste la possibilità di effettuare lo switch di linea d’investimento. Ogni fondo regola con criteri diversi le modalità per effettuarlo ma , da normativa, non si può effettuare più di una volta ogni 12 mesi.
–       Ci sono prodotti di previdenza che prevedono un meccanismo di riallocazione automatica chiamato: Life Cycle;

4) Come sfruttare al meglio il beneficio fiscale?La previdenza complementare rappresenta un’opportunità di risparmio a cui lo Stato riconosce agevolazioni fiscali di cui altre forme di risparmio non beneficiano. L’agevolazione vale anche nel caso che tu effettui versamenti a favore di familiari fiscalmente a tuo carico.
Come abbiamo già scritto, ogni anno, si può dedurre fino a 5.165 euro.
Per ottenere la deduzione, in sede di dichiarazione dei redditi, si deve allegare l’estratto conto del proprio fondo pensione, o la certificazione dei contributi versati (da chiedere al proprio fondo pensione), o la ricevuta dei bonifici effettuati (dai quali si evince il versamento in favore del fondo).

Quando chiedere la liquidazione del fondo?Al momento in cui raggiungi i requisiti per la pensione obbligatoria, e a condizione che tu possa far valere almeno cinque anni di partecipazione alla previdenza complementare, puoi trasformare la tua posizione individuale in rendita.
La rendita costituisce la tua pensione complementare. Puoi anche scegliere la liquidazione della tue  posizione individuale in un’unica soluzione fino a un massimo del 50% del capitale accumulato (in alcuni casi anche il 100%).
E’ possibile ottenere il riscatto o l’anticipazione dei soldi presenti sul tuo fondo pensione se sei in possesso di caratteristiche determinate dalla legge. [1]
Ma dal punto di vista della tassazione è più conveniente chiedere la prestazione al raggiungimento dei requisiti di pensionamento.
Infatti il patrimonio accumulato  (al netto dei rendimenti e dei contributi non dedotti) viene tassato da un massimo di 15% ad un minimo di 9%, (diminuisce dello 0,30% per ogni anno successivo al 15°)  mentre chi opta per anticipazioni o riscatti può essere tassato anche fino al 23%.
In conclusione, come avrai capito i fondi pensione sono uno strumento flessibile, che può essere usato in base alle esigenze  particolari di ognuno di noi, ma con delle regole ben precise che possono far ottenere più o meno vantaggi.
Se hai dei dubbi o vuoi farci delle domande specifiche non esitare a commentare qui sotto.

[1] In qualsiasi momento:
– un importo non superiore al 75%, per spese sanitarie conseguenti a situazioni gravissime attinenti a sé, al coniuge, ai figli, per terapie ed interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche.
Decorsi otto anni di iscrizione a forme pensionistiche complementari:
– un importo non superiore al 75%, per l’acquisto della prima casa di abitazione, per sé, per i figli, documentato con atto notarile. Interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) primo comma art. 31 Legge 5.08.1978 n. 457 e cioè interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia relativamente alla prima casa di abitazione, documentati come previsto dalla normativa stabilita dall’art. 1, comma 3, Legge27.12.1997 n. 449;
– un importo non superiore al 30% per la soddisfazione di ulteriori esigenze.
Riscatto individuale parziale (il 50% della posizione individuale maturata):
– In caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria.
Riscatto totale (con chiusura della posizione):
Ammesso ove le sotto indicate casistiche siano antecedenti al quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche:
– in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi;
– in caso di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo.
– qualora vengano meno i requisiti di partecipazione al Fondo stabiliti dalle fonti che dispongono l’adesione collettiva.
– In caso di decesso dell’aderente prima dell’esercizio del diritto alla prestazione pensionistica,la posizione individuale è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari designati dallo stesso,siano essi persone fisiche o giuridiche. In mancanza di tali soggetti la posizione rimane acquisita al Fondo.

venerdì 29 maggio 2015

Quanto costa ad un'azienda essere innovativa?

In economia l'innovazione è un concetto apparentemente complesso e ad una prima analisi da relegare solo ad alcuni specifici ambiti estremamente tecnici.

Si è parlato così tanto e così spesso di innovazione accostando il concetto alla tecnologia, ai computer, alle fonti energetiche, alla telefonia e via discorrendo che si è perso di vista la semplicità e basilarietà di questa idea.

Innovare significa semplicemente fare qualcosa che fino a quel momento non si faceva.

Non necessariamente l'innovazione è qualcosa di legato ad una mirabolante invenzione tecnologica o alla scoperta di chissà quale nuovo materiale o sostanza.

L'innovazione è talmente legata al concetto di sopravvivenza che sembra quasi ridicolo doverne parlare.
Ma in un modo in cui la presunzione di sapere sta prendendo sempre più spazio a discapito della conoscenza effettiva (teoria + pratica), appare evidente che non si debba dare niente per scontato.

In un periodo storico in cui le aziende stanno incontrando grandi difficoltà attorno a loro, INNOVARE non è solo uno sfizio o un lusso.
E' una assoluta necessità.
Innovare non significa stavolgere o rivoluzionare. Chi pensa che questi verbi siano sinonimi dovrebbe prendere in mano un dizionario e controllare.
Innovare significa prendere atto che qualcosa non sta andando bene e occorre trovare delle soluzioni.

Queste innovazioni possono essere
a. di Amministrazione.
b. di Marketing.
c. di Organizzazione interna.
d. di Produzione.
e. di Formazione.r
f. di Sviluppo nuovi mercati.

solo per citarne alcune.....
Un'azienda si può innovare, investendo nella formazione, proponendosi sul mercato in un modo nuovo, sperimentando nuove strategie, lanciando nuovi prodotti affini a quelli precedenti.
Non ci sono molti limiti all'innovazione. Tutt'altro.

Questo ha un costo?

Se per costo intendiamo delle uscite di denaro, certamente si. L'azienda che stia ferma o si muova, ha dei costi e delle uscite di denaro. Alcune uscite di denaro sono produttive di maggiori entrate future. Sono dei costi particolari: si chiamano investimenti.
L'innovazione è un investimento. Si.

Ma fermiamoci a riflettere su quali siano i costi che una azienda affronterà se NON innova, se NON cambia, se si FERMA a pensare che è dalla parte della ragione.

Esistono persone che staranno ore a spiegarti quanto loro siano dalla parte della ragione mentre piangono o si lamentano di ciò che non va nella loro vita. Ci sono aziende che ti spiegheranno per ore quanto siano bravi e competenti mentre le loro entrate e le loro vendite continuano a calare.

Un organismo che non cambia quando cambiano le cose attorno a lui è destinato a subire il destino. Se è fortunato, sopravviverà con qualche ferita e qualche abito stracciato. Se non è fortunato (tanti) semplicemente morirà.
Un'azienda che non innova in un periodo di crisi, attendendo l'abbondanza per innovare, non vedrà mai quell'abbondanza.

Quindi la domanda diventa...... quanto può costare ad un'azienda non essere innovativa?
Tutto, anche la propria stessa esistenza.

Grazie per l'attenzione.

lunedì 25 maggio 2015

Può una singola azienda andar bene mentre tutte le altre vanno male?

Salve, spesso durante i corsi che tengo in materia di marketing o ri-organizzazione aziendale ci capita di parlare di strumenti che l'azienda può usare per riuscire da questo periodo di difficoltà.

Prima ancora di comprendere a fondo questi strumenti e, ovviamente, prima ancora di metterli alla prova per verificare di persona la loro funzionalità......
questi concetti vengono bloccati da una sorta di disfattismo pre-giudiziale in cui la nota dominante è la seguente:
"E' inutile mettere in atto qualsiasi strumento perchè il problema risiede in fattori molto più grandi e che esulano le possibilità di intervento della piccola azienda. Il problema risiede nella macroeconomia, ovvero in ciò che il governo, le istituzioni e gli altri stati decidono e fanno".

Ad esempio, se ci riferiamo ad un territorio a forte vocazione turistica sembra quasi che qualsiasi iniziativa sia impossibile a meno che il mercato non ri-cominci di nuovo a fornire nuove presenze turistiche sul territorio.
Un ristoratore mi dice: "E' inutile che io faccia promozione e marketing, tanto se i turisti non ci sono non dipende da me!!"

Perchè questo pensiero?
In primo luogo perchè l'imprenditore, bersagliato continuamente dagli effetti deleteri della (pseudo)-informazione dei mass-media, ha ormai concentrato la sua attenzione sui problemi (EFFETTO) anzichè sulle possibili soluzioni (CAUSA).
E in secondo luogo perchè c'è una grande confusione fra due approcci ai problemi economici molto differenti seppur parzialmente interconnessi: ovvero l'approccio micro-economico e l'approccio macro-economico.

In termini semplici di che parliamo?
La microeconomia studia (essenzialmente) l'economia in piccolo ovvero il comportamento del singolo prodotture e del singolo consumatore pur se riunisce questi risultati in leggi di mercato.
La macroeconomia studia l'economia in grande ovvero il comportamento di stati, governi, leggi di mercato e tassi di cambio.
Il tutto semplificando all'osso le due disciplina.

E' ovvio che attualmente ci siano problemi economici dovuti a fattori che vanno molto al di là delle possibilità di intervento di una singola azienda. Ma anche di un gruppo di aziende associate. A volte anche dell'intervento di un singolo stato.
Se in una certa area economica ci sono difficoltà perchè la domanda è crollata, ci sono ovviamente fattori macroeconomici al lavoro. Potrebbero essere leggi errati sul lavoro, pressione fiscale scorretta sulle aziende, mancanza di finanziamenti pubblici o bancari, mancanza di infrastrutture e via dicendo.

Ma il fatto che questi fattori esistano, non dice nient'altro se non quanto sia duro l'ambiente in cui dobbiamo operare.
E una volta stimate le difficoltà, sopravvivvere e prosperare è sempre compito e responsabilità del singolo imprenditore.

Esempio.
In una zona turistica abbiamo un improvviso calo di presenze del 30%. Nella zona esistono 6 ristoranti.
Prima della "crisi" si registra la presenza di 1.000 turisti. Che ovviamente vanno a mangiare in più ristoranti nel loro periodo di permanenza. Per semplicità diciamo che ogni turista visita almeno 3 ristoranti (3.000 coperti). Abbiamo questa ipotesi.
Ristorante A - 500 coperti
Ristorante B - 300 coperti
Ristorante C - 700 coperti
Ristorante D - 250 coperti
Ristorante E - 900 coperti
Ristorante F - 350 coperti

Ovviamente i ristoranti avranno capienze diverse e costi di gestione diversi. Ma per semplicità vedremo che, a parte il ristorante B e quello E, gli altri lavorano più o meno nello stesso modo.
Dopo un qualche fattore MACROECONOMICO, i turisti spariscono e invece di 1.000 presenze se ne registrano 700. 
Secondo voi, questa diminuzione di presenze interesserà in modo UGUALE tutti i ristoranti? Forsi si o forse no. Non c'è diretta conseguenza. Ma molto probabilmente i ristoranti che lavoravano meglio perderanno meno clienti e coperti di quelli che lavoravamo peggio. Potremmo ipotizzare questo.

Ristorante A - 250 coperti
Ristorante B - 100 coperti
Ristorante C - 750 coperti
Ristorante D -  50 coperti
Ristorante E - 750 coperti
Ristorante F - 200 coperti

Cosa se ne deduce? Che su 6 ristoranti, ben 5 hanno avuto una diminuzione di presenze e coperti. Ma 1 ha addirittura avuto un aumento. Chi? Probabilmente quello più efficente che ha lavorato meglio o ha colto meglio alcune nuove opportunità. Magari quello che ha promosso di più, nonostante la crisi.
Ora, da un punto di vista macro-economico, il territorio è in crisi. E sicuramente molti posti di lavoro sono a rischio.
Il ristorante D e quello B probabilmente chiuderanno. O si dovranno indebitare per rimanere aperti e sperare che la crisi passi.
Anche il ristorante A e il ristorante F sono in gravi difficoltà.
Mentre il ristorante E ha avuto una diminuzione di entrate ma alla fine non si strappa i capelli.

Vedete quante scene differenti? Ognuna di esse può essere esaminata in un ambito diverso. C'è chi è andato male, chi malissimo, chi così-così e chi addirittura bene.

Il punto è che ogni Ristorante ha il potere di andare meglio se applica i giusti interventi nonostante la crisi. Chi lo farà? Chi lavorerà meglio, è ovvio. Chi farà la migliore promozione o offrirà il miglior prodotto. O entrambi.
E' possibile che tutti e sei i ristoranti lavorino meglio nonostante la crisi?
Si. Certo.
Lavorando bene, promuovendo, offrendo un servizio di qualità e così via, potrebbero portare i 700 turisti presenti ad andare più volte al ristorante portano a 4 visite di media per stagione contro le 3 dell'anno prima.
E così i ristoranti avrebbero 2.800 coperti da distribuirsi anzichè 2.100.
Vedete come può funzionare?
Ovviamente i soldi in più che i turisti spenderanno nel ristorante forse verranno tolti da gite in barca, o spese nei negozi o ..... non si sa. Ma così funziona il mercato. E' una questione di concorrenza.
Le aziende che gestiscono le linee telefoniche cellulari hanno cambiato il modo di spendere degli italiani. Se si esamina come è composto il paniere di spesa di una famiglia del 2015 è ben diverso da quello di una famiglia del 1985 ad esempio.

Una singola azienda può sempre migliorare le sue condizioni e la sua produzione. Anche in un momento di crisi. Sarà più difficile e dovrà erodere clienti ai concorrenti. Ma funziona così anche in momenti in cui la crisi non c'è.
Anche perchè se c'è mercato, nuove aziende apriranno per farci la concorrenza. Quindi non è possibile pensare di non doversi confrontare con qualcuno sul mercato.
Che sia una azienda simile alla nostra o un'azienda di un mercato complementare.

Spero di aver chiarito il concetto. Grazie per l'attenzione.
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