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martedì 3 gennaio 2023

Siamo davvero tutti uguali?

Il discorso dell'uguaglianza è un tema assai delicato e che tocca molteplici aspetti e aree della vita umana.

E' insito nella natura dell'uomo e della società umana interrogarsi e riflettere su questo aspetto. Questa è proprio una delle maggiori caratteristiche che ci contraddistingue come specie e che ci differenzia in modo sostanziale dal resto delle altre specie animali.

Nessun altro animale si interroga se lui sia uguale o diverso ad un altro membro della sua specie.

L'uomo si. Ed è giusto che così faccia. 

Ma ripartendo dal principio della correttezza della domanda, esaminiamo quanto differenti possono essere le risposte al quesito a seconda dell'ambito in cui ci collochiamo.

I diritti, ad esempio. Appare ovvio che dinnanzi al rispetto dei diritti fondamentali, tutti gli esseri umani siano uguali. Questo è il più basilare fondamento della convivenza civile. E' il principio fondante di ogni società equa e moderna.

Che appaio chiaro a qualsiasi analisi che questo tipo di uguaglianza ancora non ci sia in nessun angolo del mondo è una cosa notevole.
Da molte parti si lotta perchè ci sia maggiore uguaglianza. E se esiste una lotta è perchè da più di una parte c'è una resistenza a questo principio.

Ma la riflessione di oggi parte da questi concetti e ritorna al nostro ambito preferito. Ovvero l'economia e la finanza.

E si racchiude in una domanda. Da un punto di vista economico è giusto, corretto e utile ipotizzare che tutti gli uomini (inteso in senso generale come tutti i maschi e tutte le femmine) siano uguali?

E' corretto ipotizzare che ogni uomo non sia altro che un numero? Che un ennesimo oggetto in una sequenza di oggetti? Che non sia altro che un individuo indistinguibile da ogni altro individuo?

Detto così, mi immagino che molti di noi storceranno il naso. A parte l'innato senso personale di sentirsi unici e quindi in una certa misura diversi dagli altri, c'è da constatare che anche in termini pratici le persone sono diverse. Hanno corpi diversi, esigenze diverse, vivono in posti diversi con necessità diverse.

La pubblicità di un assorbente femminile non è destinata ad un pubblico maschile. Quindi per quella azienda le persone non sono tutte uguali. E questo è solo un esempio. E il panorama è talmente vasto che c'è solo da perdere la testa nel vedere quante differenze ci sono.

Eppure..... in certi mercati..... si ha come la sensazione che si ritorni al concetto di essere tutti uguali.

Ad esempio nel mercato dei finanziamenti.

Così la mattina squilla il telefono e qualcuno ci chiede un finanziamento. Ovviamente siamo qui per questo. E la domanda è "Si, ma quanto è il tasso?". Domanda che presuppone automaticamente il fatto che egli pensa di essere uguale a tutti gli altri, nessuna differenza. Altrimenti non farebbe questo tipo di domanda.
Perchè un finanziamento non è un prodotto. Ma è un servizio. Ed essendo un servizio è palesemente legato alle specificità di chi lo richiede.

Altrimenti sarebbe come chiamare un meccanico e dirgli "Ho l'auto rotta, quanto mi costa aggiustarla?" senza che il meccanico abbia avuto modo di capire che tipo di auto abbiamo e quale sia il tipo di guasto.

Il problema nasce sulla questione dell'uguaglianza. Siamo tutti uguali, noi uomini, ma solo da un punto di vista teorico per quanto riguarda i diritti e il rispetto. All'atto pratico questa uguaglianza è una assurdità. E nella realtà quotidiana anche un problema. Perchè ognuno di noi è diverso e specifico. E richiede una attenzione "su misura" in qualunque tipo di relazione personale. Umana e professionale.

Cosa che la nostra agenzia, ha sempre cercato di dare.
O almeno questo è stato il nostro tentativo.

GRAZIE PER L'ATTENZIONE.

lunedì 12 dicembre 2022

Arriva Natale, quanto spenderemo quest'anno? Vediamo se questa domanda ha un senso.

Arriva Natale, per la gioia dei grandi e dei piccini.
Così almeno recitava il jingle (motivetto musicale con testo) di qualche tempo fa.

Come che sia, arriva il periodo degli anni che più di ogni altro esalta lo spirito consumistico del nostro tempo.

E' acclarato che il periodo di Natale (che si colloca a livello di calendario dalla fine di novembre fino ai primi di gennaio) sia il periodo dell'anno in cui individui e famiglie spendono di più. Non a caso è il periodo dei regali, delle cene anzi dei cenoni....

E ogni anno, si ripetono (ormai in modo quasi stucchevole e annoiato) i soliti ritornelli di giornali e Tv sull'entità delle spese (quanti soldi spenderà la famiglia media italiana?), sul menù di natale o di capodanno, su quali siano i regali più gettonati o i luoghi di villeggiatura preferiti.

Tutto visto e rivisto.

Sicuramente è questa un'occasione sociale che può dar spunto ad una riflessione più profonda sul senso dell'economia e della produzione. Non lo faremo qui ma è facile capire come riflettendo sul senso e sulla validità della tipologia dei nostri acquisti possiamo giungere facilmente ad una riflessione generale sul senso della nostra intera vita.

Ci colpisce una cosa, però.

L'economia è un equilibrio di scambi. Qualcosa va da un punto del sistema sociale ad un altro. E trattandosi di scambio questo spostamento (movimento) viene controbilanciato da uno spostamento che, almeno a livello di accordo e valutazione, deve essere di pari peso o valore. E' per questo che si parla di scambio.

Gli scambi generano un plusvalore. Ovvero il meccanismo stesso che porta a questo MOVIMENTO di oggetti, valori o energia da un punto all'altro e viceversa, crea un aumento del valore complessivo di ciò che abbiamo. Non è uno scambio a zero.

Cosa cambia? Riflettici! Cambia che le cose vengono allocate in un modo migliore. E questo genera benessere.

E' come se ci trovassimo di fronte ad una libreria completamente organizzata. E' di fronte a noi e tutti i libri sono impilati secondo un preciso ordine. La libreria è ordinata. Quindi sembrerebbe non ci sia bisogno di toccare alcunchè.

Ma un esame migliore della disposizione ci fa comprendere che dei miglioramenti possono essere effettuati. E quindi si prende un libro e lo si sposta in un altro punto della libreria. E da quel punto si prende il libro che li vi era posto (e che adesso non ha più un suo posto) e lo si ricolloca in un altro punto. E così via.
Dopo qualche tempo di spostamenti, otteniamo sempre una libreria con tutti i libri a posto. Ma questa volta con un criterio più logico che permette una ricerca del titolo o dell'argomento a noi caro più veloce, comodo e funzionale. La libreria ha aumentato la sua funzionalità. E quindi il potenziale di creazione di benessere.
Questo è potuto succedere con lo scambio dei libri da un punto all'altro della libreria.

Questo accade, in modo molto semplificato, nell'economia.

Ecco perchè è molto INFELICE e INFAUSTO leggere che "quest'anno gli italiani spenderanno per Natale bel 10 miliardi e 620 milioni di euro. Perchè nel linguaggio comune "spendere" è associato a qualcosa di negativo o ad una perdita. 
Perchè scrivere "gli italiani quest'anno a Natale SPENDERANNO 10 miliardi"?

Perchè non scrivere "gli italiani quest'anno a Natale GUADAGNERANNO 10 miliardi"? Sembra strano ma anche questa affermazione è vera.
Ogni euro speso viene incassato da qualcuno. Il quale con quell'euro ci paga il suo guadagno e anche quello di qualcuno che magari lavora per lui.
Lo abbiamo visto quando abbiamo chiuso le attività commerciali e ristoranti per il lockdown. Gli italiani non hanno speso (una parte) ma di fatto la mancata circolazione di denaro ha reso tutti più poveri.

Qui nasce il vero problema. Ovvero non che sia un pericolo spendere soldi per Natale. Ma in che modo e su quali cose o servizi investiamo il denaro.

Il problema è quindi non tanto spostare i libri nella libreria. Ma con quale criterio spostiamo i libri.
Perchè spesso anzichè portare più ordine, mettiamo i libri in un modo anche peggiore di quello che già avevano.
Perchè si compra qualcosa che non serve o che è di poco valore o di minore importanza.

Questa è la riflessione di oggi.
Buone Feste a tutti.

mercoledì 23 novembre 2022

L'uomo è homo consumens o homo sapiens sapiens?

Una parola nuova che ci piace molto è "homo consumens", coniata dal sociologo polacco Z. Bauman.

Di che si tratta?
Beh, sappiamo che ognuno di noi fa parte di una razza speciale di organismi viventi che si chiama homo sapiens sapiens.

Il problema è che questo termine, per quanto biologicamente azzeccato, spesso fa a cazzotti con la percezione che abbiamo nel mondo.
Suvvia... è palese che non tutti quelli che si fregiano di questo nome siano davvero così... sapienti. E addirittura sapienti al quadrato.

Si avvicina il periodo natalizio (oggi solo poco più di un mese alla festa maggiore dell'anno, il sacro natale) e in questo periodo le persone che abitano nella parte che definiamo "sviluppata" del globo si accingono a comprare e spendere come nessun altro periodo dell'anno.

Diciamo che se parliamo dell'essere umano come homo consumens invece che dell'essere umano come homo sapiens sembra che ci si possa avvicinare ad una descrizione più verosimile di noi stessi.

La grande domanda è? Siamo quello che siamo in quanto consumiamo?
Siamo perchè consumiamo?
Siamo in virtù di ciò che consumiamo?
In altre parole, il nostro valore come persone può essere misurato e dovrebbe essere misurato da ciò che acquistiamo e consumiamo?

Di primo acchito ci verrebbe da rispondere d'istinto e dire: "NO! Noi non siamo in quanto consumiamo ma siamo esseri senzienti che comunicano, socializzano, scoprono, dialogano, creano e ricercano nuovi orizzonti di libertà e conoscenza."

Di primo acchito. Certo. E forse, questo è anche vero.
Ma là fuori è una gara a chi compra di più. A chi consuma di più.
O così è stato fino a poco tempo fa. Perchè sembra che culturalmente stiamo iniziando a capire che non sempre PIU' è meglio, non sempre la crescita è positiva e la decrescita negativa.
In effetti c'è molta relatività in tutto ciò.

Ovviamente pagheremo lo scotto di aver abituato un paio di generazioni di persone ad una continua rincorsa all'avere cose in sostituzione del diventare persone etiche, oneste e che puntano ai valori. Perchè quando lanci un gruppo sociale in questa direzione, non è facile tirare il freno a mano e frenarsi all'improvviso.

Un tempo i bambini andavano a scuola con l'unica attenzione a imparare, giocare e qualche volta fare le marachelle.
Adesso i bambini vanno a scuola e fanno queste cose ma prima bisogna vedere che abbiano tutto: il quaderno giusto (con la copertina giusta, perchè per imparare è fondamentale che i quaderni siano griffati....), il diario giusto, la riga giusta, il compasso, la gomma dura, la gomma pane, la gomma bisdrucciola e quella anfetaminica.
E poi bisogna che i bambini siano ben vestiti. Che fai scherzi? Vorresti mai che qualcuno pensi male della famiglia. E poi i capelli a posto, il giubbottino, la sciarpina, i guantini, le scarpine, gli occhialini e chi più ne ha ne metta.
Non sia mai che qualcuno osservi il bambino e verifichi se è educato, pulito e bravo.

No, il giudizio è su quello che ha.
Perchè siamo homo consumens.

E so cosa dirai.
E' curioso che chi di lavoro aiuta le persone ad avere finanziamenti per le proprie esigenze di consumo, dica queste cose.
Ma le dico proprio perchè da quasi 20 anni faccio questo lavoro.
Anche un chirurgo estetico guadagna da questo ma dovrebbe essere abbastanza etico da consigliare nel modo giusto chi gli presenta davanti.

Come faccio io. Come fa la mia struttura.
Perchè per me l'uomo non è homo consumens. Anche se purtroppo non è ancora così sapiens come dovrebbe.

GRAZIE PER L'ATTENZIONE.

martedì 15 novembre 2022

Una storia: Gigetto, Beppe, Francolino e un estintore che deve essere venduto.

Salve, oggi raccontiamo una storia. Una storia sentita da un grande formatore e coaching, mister Fabio Gallarani.

Da una parte c'è Gigetto, che è un signora con una casa. Bella o brutta, non è cosa da sapere ai fini della nostra storia. Lui ha una casa.

Dall'altra parte c'è Beppe, che è un venditore di estintori. Molto appassionato del suo lavoro sa che gli estintori sono utili e quindi lui li vende con grande passione e trasporto. I suoi estintori sono perfetti e funzionano benissimo, costando il giusto. Va di casa in casa a procacciarsi delle vendite. 

Un giorno Beppe, suona alla casa di Gigetto.

"Buongiorno, sono Beppe della Estintori e affini spa, vendiamo estintori. Lei ha una bella casa e sarebbe l'ideale proteggerla da qualsiasi principio di incendio e bla bla bla."  Il nostro Beppe prova a fare la vendita.

Gigetto lo interrompe. Non ama i venditori. E poi proprio in quel giorno ha da fare, deve portare la moglie a fare compere. E' di malumore perchè sa che pomeriggio gli aspetta e poi... ma questi venditori.... non possono starsene a casa loro?

Insomma, per farla breve, Beppe prova a fare la sua vendita e cerca di usare tutte le armi a sua disposizione. In effetti cerca di forzare la vendita. Gigetto è spazientito, vorrebbe essere lasciato in pace ed esercita anche lui forza per mandar via il venditore e chiuderla li.

Beppe alla fine va via con le pive nel sacco. E' scontento. Perchè non è neanche riuscito a parlare o spiegare le sue ragioni e le ragioni del suo prodotto. Non ha fatto la vendita. Non ha guadagnato e anzi, sa anche di aver disturbato.

Gigetto alla fine rientra in casa. E' scontento. Perchè lo hanno disturbato e hanno invaso la sua privacy. Non ha acquistato. Ed è di malumore per questa visita e perchè il pomeriggio deve andare a fare shopping con la moglie.

DUE PERSONE SCONTENTE, NESSUNO SCAMBIO, NESSUN AUMENTO DI PRODUZIONE PER L'AZIENDA, NESSUN MIGLIORAMENTO DI QUALITA' DELLA VITA PER IL POTENZIALE COMPRATORE.

Qualche tempo dopo, scoppia un principio di incendio a casa di Gigetto. Cazzarola che disastro, presto.... Ci vuole un qualcosa per bloccare l'incendio prima che devasti la casa. Ma cosa? Una coperta? Macchè! Un secchio d'acqua? Ma che scherziamo, c'è il quadro elettrico e rischio di fare un macello.
Che si fa?

AIUTO! AIUTO! AIUTO! Qualcuno nei dintorni ha un estintore?

Francolino abita nei pressi di Gigetto. Francolino ha alcuni estintori in casa. Francolino va con un estintore da Gigetto e gli dice
"SERVE UN ESTINTORE? IO NE POSSIEDO VARI!"
Gigetto spalanca gli occhi: lui HA BISOGNO DELL'ESTINTORE. Così risponde:
"Si, mi serve. Pago quello che vuoi. Ma ora spegniamo l'incendio".

E così va. Francolino usa l'estintore, spegne l'incendio. Tutto è risolto.
Gigetto è felicissimo. E ringrazia Francolino. E ovviamente chiede quanto deve per il disturbo.

Francolino gli dice che l'estintore usato glielo da a prezzo di favore e in più gli consiglia di prendere un altro estintore. Non si sa mai nella vita.

Gigetto non batte ciglio. Paga per l'estintore usato e ne prende uno in più.

Non ha chiesto quanto costavano, non ha fatto preventivi, non ha fatto discussioni, non ha chiesto sconti nè dilazioni di pagamento.

COSA E' SUCCESSO QUI?

In una scenetta è successo ciò che succede tutti i giorni con la vendita e consumo di beni e servizi nella società. Ovvero il valore di qualcosa cambia a seconda delle situazioni. E il rapporto fra chi ha un problema o esigenza e chi offre una soluzione tramite un prodotto/servizio cambia a seconda delle situazioni.

Non c'è niente di giusto o sbagliato in entrambe le situazioni (Gigetto vs Beppe e Gigetto Vs Francolino). Semplicemente in contesti diversi si attuano comportamenti diversi.

Un contro è comprare un prodotto quando non ci sembra che ci serva. Si percepisce la vendita da parte di un altro come una forzatura e ciò ci infastidisce. Un conto è comprare un prodotto quando ci serve. Quando abbiamo la consapevolezza che abbiamo una necessità.

Ci sono molti insegnamenti che si possono trarre da questa storia. Come quello che ci fa vedere che il mondo della vendita tramite stimolo a comprare ha fatto il suo tempo.
E ora, in una società consumista avanzata, è giunto il tempo di creare i presupposti per ottenere richieste di aiuto. Non più il venditore che propone ma il (ex) venditore che fa in modo che il potenziale cliente lo contatti quando ha una esigenza.

Se ci pensate, un pò quello che facciamo in questo blog.

Noi siamo qui a parlare di cose di economia e finanza. Offriamo un servizio. Offriamo informazioni. Offriamo consulenza. Un giorno, uno dei lettori, avrà bisogno di un servizio finanziario. Magari di un finanziamento. E chiederà a qualche consulente che lavora per questo blog.

Speriamo che la storiella vi sia piaciuta.

GRAZIE MILLE PER L'ATTENZIONE.

venerdì 11 novembre 2022

L'uomo che ha perso più soldi nella storia in un solo giorno

"Storie di tutti i giorni" cantava Riccardo Fogli.
Ma non è questo il caso.
Anche se è una storia dei nostri giorni.

Particolare, veramente.

Di che parliamo? 
Di un giovane signore americano, al secolo Sam Bankman-Fried, che ha stabilito un record assoluto.

E' diventato colui che ha perso più soldi, come singolo individuo, in un solo giorno nella storia umana.

Parliamo di aver perso un valore stimato di 15 miliardi di dollari in un sol giorno.
Si, hai letto bene. Questo tizio ha perso 15 miliardi (non milioni, miliardi) di dollari in un sol giorno.

Ah, se sei preoccupato per lui, sappi che non è diventato povero, visto che è rimasto con 1 miliardo di euro di attivo ancora in suo possesso. Quindi probabilmente riuscirà a fare la spesa questa settimana.

Ma, a parte l'aspetto goliardico e quasi irriverente del fatto, che si presta a molteplici spunti di satira, la cosa dovrebbe farci fare e porre le giuste domande.

Questo blog nasce dall'idea di portare economia e finanza agli aspetti basici e comprensibili.

Quindi, cosa ne deduciamo?

Il senso comune di una persona comune si interroga e molti di noi si risponderanno che la cosa non è possibile. Come è possibile perdere o bruciare 15 miliardi di dollari in un giorno? Sembra strano. E in effetti lo è. Semplice.
Cosa abbiamo
Furto?
Incendio?
Alluvione?
Truffa?

Niente di tutto questo. La realtà, questa si amara e importante, è che al mondo ci sono moltissime persone che vengono ritenute ricche ma che poi, all'atto pratico, non lo sono.
Anche se lo sono.

Lo so. E' un paradosso. E infatti è questo paradosso che vogliamo esaminare.
Il signor Bankman-Fried è un grande investitore e proprietario di criptovalute. Il suo patrimonio e la sua ricchezza era dovuta al possesso di un portafoglio di questo tipo di valtte. Le criptovalute.... ricordi? Ne abbiamo parlato qui.
La questione è che se possediamo 100.000 sghenghi (nome inventato per dire una cosa) e il mercato (che è fondamentalmente un accordo non scritto) valuta ogni sghengo 100.00 euro, io avrò una ricchezza (potenziale) di 10 miliardi di euro. Ma se il mercato cambia idea, e il valore di uno sghengo crolla da 100.000 euro a 10 euro, io adesso avrò una ricchezza (sempre potenziale) di solo 1 milione di euro.

E così è andata al signore americano. 

La realtà è che stiamo entrando in un tunnel PERICOLOSISSIMO. Le persone ricche non sono più quelle che hanno beni di valore (terreni, case, industrie, macchinari, brevetti, formule) ma che hanno beni di valore stimato. E' tutto ormai una questione di valutazioni che si basano su valutazione che si basano su accordi che si basano su scommesse che si basano su andamenti di qualcosa. Che a volte sono cose concrete ma a volte no.

E' nostra opinione che dobbiamo svegliarci da questo specie di sogno. In cui la ricchezza (reale) viene ottenuta basandosi su produzione di cose intangibili.

Se la questione continua senza intervento non delle autorità ma nostro, si prepara un disastro.
Qui un approfondimento sulla notizia: https://www.fanpage.it/innovazione/tecnologia/la-storia-di-bankman-fried-il-miliardario-delle-cripto-che-ha-perso-il-94-dei-suoi-soldi-in-un-giorno/

GRAZIE MILLE PER L'ATTENZIONE

lunedì 8 agosto 2022

I comparatori di offerte finanziarie su internet: sono efficaci e trasparenti? (1a parte)

Da qualche anno è entrato nella nostra quotidianità l'uso di internet per l'acquisto di beni.

Sembra incredibile di come siano cambiate le nostre abitudini. Solo una decina o quindicina di anni fa gli acquisti on line erano marchiati di sospetto e il tutto sembrava non dovesse funzionare bene.

I critici osservavano che l'acquisto a distanza non poteva funzionare. E si dilungavano nell'elencare i motivi.

Questo valeva per i beni fisici, figuriamo per l'acquisto di servizi.

Eppure, ci ritroviamo oggi con una situazione totalmente ribaltata.
Uno degli uomini più ricchi del mondo ha creato e gestisce un sito di vendite on line. Talmente potente che spesso è un nemico inesorabile di attività in presenza.
Nel campo dei servizi è diventato ovvio per moltissime persone usare il proprio smartphone (la vera rivoluzione di internet sono stati gli smartphone, dobbiamo dirlo...) per accedere al proprio conto bancario, fare operazioni varie con le amministrazioni pubbliche e via dicendo.

Chi scrive fa il lavoro di consulente di prodotti finanziari dal 2006. Quando ancora si era soliti fare la promozione dei propri prodotti e offerte tramite volantini pubblicitari nelle buche delle lettere o nei tergicristalli delle auto parcheggiate.

Ora, nel campo dei prodotti finanziari (ma anche dei servizi di telefonia, delle assicurazioni e dei prodotti di fornitura energetica) la fanno da padrone I COMPARATORI.

Che non sono altro che dei siti in cui vengono presentati insieme le offerte di un grande numero di aziende in uno specifico tipo di prodotto.

Se un consumatore ha bisogno di un prestito (per parlare di qualcosa che ci riguarda), va su un comparatore (un sito internet), digita la cifra desiderata et voilà.... Ecco comparire le offerte di decine di banche e finanziarie.
Ordinate dall'offerta più conveniente alla meno conveniente.

Un bel servizio, non c'è che dire.... E infatti sempre più italiani si affidano a questo genere di ricerche per la scelta del prodotto/servizio giusto alle loro esigenze.

Ma è tutto così vero e funzionale? O c'è qualcosa che precisato?

Ovviamente si. Qualcosa va precisato. Non perchè i comparatori siano delle truffe o non siano trasparenti. Niente di tutto questo. Il problema è a monte, è nella filosofia della ricerca del consumatore stesso.

Per paragonare (mettere a confronto) due offerte di sue prodotti (che sia un bene fisico o un servizio) occorre che le caratteristiche di questi prodotti siano così simili da poter definire le 2 offerte come l'offerta di un medesimo prodotto.

E' come andare dal fruttivendolo e chiedere quanto costa un chilo di un tipo di frutta. Se poi voglio andare da un altro fruttivendolo per fare il paragone, devo accertarmi che sto chiedendo il prezzo di un tipo di frutto almeno simile, se non uguale. E sebbene questo sembri una sfumatura, in effetti non lo è.

Per rimanere in ambito vegetale, il costo di un chilo di Cocomero (o anguria) è diverso a seconda della qualità. E le differenze a volte sono sostanziose. C'è l'anguria da tot euro al chilo e l'anguria che costa il 50% in più oppure il doppio.
C'è l'anguria senza semi, c'è l'anguria di qualità, c'è l'anguria a chilometro zero, c'è l'anguria biologica, c'è l'anguria nera e quella striata. C'è anche l'anguria con il nome, di cui sentiamo parlare alla pubblicità in tv. E così via.

Alla fine il consumatore medio, dirà "Capito, ma alla fine sono tutte angurie. Quindi non capisco queste differenze. Prendo la meno cara".
Nella scelta dei prodotti, questo succede spesso. Il criterio principale con cui si sceglie il prodotto giusto per me è SOLO l'aspetto del costo. Sempre che il prodotto abbia le caratteristiche minime che stavo cercando.
E qui, e qui che casca l'asino. Ed è qui che l'argomento diventa interessante.

Ed è qui che parleremo di qualcosa di importante che riguarda i comparatori.
Ma questo nella seconda parte dell'articolo in pubblicazione nei prossimi giorni.

GRAZIE PER L'ATTENZIONE

venerdì 15 gennaio 2021

Cosa è la pubblicità e come ci condiziona.

Oggi mi va di parlare di qualcosa che sempre più sta diventando parte integrante della nostra vita.

In questo blog parliamo di denaro e lavoro. Anche di produzione e attività aziendale.

In minima parte di marketing, ma in questo caso il tema pubblicità è decisamente non limitabile ad esserne confinato nel contenitore "marketing".

Lo spunto viene dalla lettura di un articolo di un certo Thomas Smith il quale ha scritto una guida chiamata "Pubblicità di successo" nel 1885. Non proprio ieri. Non proprio 5 anni fa.

Stiamo parlando della fine del XIX secolo, quando il panorama della civiltà consumistica (che qualcuno ha anche chiamato la civiltà della Coca-Cola) era ancora da venire.

Leggete un pò cosa diceva:

 1. La prima volta che un uomo guarda una pubblicità, non la vede.

 2. La seconda volta, non se ne accorge.

 3. La terza volta è cosciente della sua esistenza.

 4. La quarta volta, ricorda vagamente di averla vista prima.

 5. La quinta volta la legge.

 6. La sesta volta storce il naso.

 7. La settima volta la legge e dice: "Santo cielo!"

 8. L'ottava volta, dice: "Ecco di nuovo quella roba confusa!"

 9. La nona volta, si chiede se sia qualcosa.

 10. La decima volta chiede al suo vicino se l'ha provata.

 11. L'undicesima volta, si chiede come fa a pagare l'inserzionista.

 12. La dodicesima volta, pensa che debba essere una buona cosa.

 13. La tredicesima volta, pensa che forse potrebbe valere qualcosa.

 14. La quattordicesima volta, ricorda di aver desiderato una cosa del genere da molto tempo.

 15. La quindicesima volta, è stuzzicato perché non può permettersi di comprarlo.

16. La sedicesima volta, pensa di comprarlo un giorno.

 17. La diciassettesima volta, fa un promemoria per acquistarlo.

 18. La diciottesima volta, giura di essere povero.

 19. La diciannovesima volta conta attentamente i suoi soldi.

 20. La ventesima volta che vede l'annuncio, acquista ciò che offre.

Ora, non è che dobbiamo prendere alla lettera ciò che il signor Smith scrive. Cioè che per ogni volta che si vede una pubblicità si debbano avere per forza quelle reazioni.

Ma è veramente, veramente interessante vedere che più o meno è realmente questo il percorso di reazione emozionale riguardo alla pubblicità di qualcosa.

Non solo, ho il fondato dubbio che questo tipo di atteggiamento (sempre di natura emozionale) si attui anche quando si presenta una nuova idea o un nuovo progetto.

Vi invito quindi a riflettere sulle potenzialità della pubblicità (se siete imprenditori) e sulle conseguenze nella vostra vita della pubblicità (se siete consumatori).

Scrivere la vostra opinione nei commenti.

In un prossimo post, raccoglierò eventuali commenti e li amplierò con la mia idea riguardo ciò che il signor Smith ci dice.

Grazie per l'attenzione.

martedì 11 luglio 2017

Breve guida ai fondi pensione

I fondi pensione sono un particolare prodotto finanziario e/o assicurativo, con regole ben precise e caratteristiche peculiari.
Oggi 1 italiano su 4 è iscritto alla previdenza complementare, ma spesso, a causa della scarsa informazione, non sfrutta al massimo i benefici.
Ma quali sono queste opportunità e come ottenere il massimo rendimento da un prodotto previdenziale?
Come tutte le cose, non esiste un’unica regola valida per tutti, ognuno di noi ha esigenze e disponibilità economiche diverse. Con questo post vogliamo provare a darti qualche consiglio generale dal quale potrai trarre le tue conclusioni.

1) Quando aprire un fondo pensione?Di solito si pensa che il momento giusto arrivi con il primo contratto di lavoro, ma in realtà… prima lo si apre meglio è:
–       La permanenza protratta nel tempo in prodotti di previdenza complementare viene premiata con una riduzione dell’aliquota di tassazione al momento della liquidazione del fondo: dal 15% diminuisce dello 0,30% per ogni anno successivo al 15°di iscrizione al fondo. Lo “sconto” può arrivare fino al massimo del 6% (quindi ad un’aliquota fiscale del 9%): un’evidente convenienza fiscale a seguito di una duratura permanenza nel Fondo.
–       Dopo 8 anni di adesione al fondo si può chiedere un anticipo del 75% per acquisto o ristrutturazione casa, o del 30% senza giustificato motivo. (Si può sempre chiedere un anticipo del 75% per spese sanitarie gravi);
Ti ricordiamo che si può aprire un fondo pensione anche solo contribuendo con poco e anche se si è intenzionati a non contribuire immediatamente: “Think big, start small” 😉

2) Quanto versare?Naturalmente questo dipende dalle possibilità di ognuno di noi, infatti i fondi pensione non prevedono una versamento minimo o fisso. SI può scegliere. Però, è utile sapere che:
–       I contributi versati fino a 5.164 euro sono deducibili.
Anche l’eventuale contributo del datore di lavoro è deducibile dall’ Irpef mentre il TFR non concorre alla formazione dell’importo deducibile. La deduzione massima comporta un risparmio fiscale che oscilla tra € 1.187 e i 2.220 (col versamento annuo di 5.164€);
–        agevolazione particolarmente interessante per i giovani lavoratori (assunti dopo il 1 gennaio 2007), dal  6° al 25° anno di permanenza nel fondo esiste la possibilità di dedurre fino al 50% in più della deducibilità di cui non si è usufruito nei primi 5 anni lavorativi (con un limite a 7.746,86 euro annui);
–       Anche I contributi versati sul fondo dei familiari fiscalmente a carico sono deducibili fino a 5.164 euro;

3) Come investire i soldi versati?Tutti i fondi pensione hanno diverse linee di investimento: dalla garantita alla più aggressiva. Quale scegliere?
–       Quando si è giovani vien consigliato di stare su linee più aggressive, spostandosi man mano verso linee più obbligazionarie o garantite con l’avvicinarsi della pensione. In questo modo si  cerca di rivalutare al meglio il capitale investito, mettendolo al riparo quando ci si avvicina all’età del pensionamento.
–       Esiste la possibilità di effettuare lo switch di linea d’investimento. Ogni fondo regola con criteri diversi le modalità per effettuarlo ma , da normativa, non si può effettuare più di una volta ogni 12 mesi.
–       Ci sono prodotti di previdenza che prevedono un meccanismo di riallocazione automatica chiamato: Life Cycle;

4) Come sfruttare al meglio il beneficio fiscale?La previdenza complementare rappresenta un’opportunità di risparmio a cui lo Stato riconosce agevolazioni fiscali di cui altre forme di risparmio non beneficiano. L’agevolazione vale anche nel caso che tu effettui versamenti a favore di familiari fiscalmente a tuo carico.
Come abbiamo già scritto, ogni anno, si può dedurre fino a 5.165 euro.
Per ottenere la deduzione, in sede di dichiarazione dei redditi, si deve allegare l’estratto conto del proprio fondo pensione, o la certificazione dei contributi versati (da chiedere al proprio fondo pensione), o la ricevuta dei bonifici effettuati (dai quali si evince il versamento in favore del fondo).

Quando chiedere la liquidazione del fondo?Al momento in cui raggiungi i requisiti per la pensione obbligatoria, e a condizione che tu possa far valere almeno cinque anni di partecipazione alla previdenza complementare, puoi trasformare la tua posizione individuale in rendita.
La rendita costituisce la tua pensione complementare. Puoi anche scegliere la liquidazione della tue  posizione individuale in un’unica soluzione fino a un massimo del 50% del capitale accumulato (in alcuni casi anche il 100%).
E’ possibile ottenere il riscatto o l’anticipazione dei soldi presenti sul tuo fondo pensione se sei in possesso di caratteristiche determinate dalla legge. [1]
Ma dal punto di vista della tassazione è più conveniente chiedere la prestazione al raggiungimento dei requisiti di pensionamento.
Infatti il patrimonio accumulato  (al netto dei rendimenti e dei contributi non dedotti) viene tassato da un massimo di 15% ad un minimo di 9%, (diminuisce dello 0,30% per ogni anno successivo al 15°)  mentre chi opta per anticipazioni o riscatti può essere tassato anche fino al 23%.
In conclusione, come avrai capito i fondi pensione sono uno strumento flessibile, che può essere usato in base alle esigenze  particolari di ognuno di noi, ma con delle regole ben precise che possono far ottenere più o meno vantaggi.
Se hai dei dubbi o vuoi farci delle domande specifiche non esitare a commentare qui sotto.

[1] In qualsiasi momento:
– un importo non superiore al 75%, per spese sanitarie conseguenti a situazioni gravissime attinenti a sé, al coniuge, ai figli, per terapie ed interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche.
Decorsi otto anni di iscrizione a forme pensionistiche complementari:
– un importo non superiore al 75%, per l’acquisto della prima casa di abitazione, per sé, per i figli, documentato con atto notarile. Interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) primo comma art. 31 Legge 5.08.1978 n. 457 e cioè interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia relativamente alla prima casa di abitazione, documentati come previsto dalla normativa stabilita dall’art. 1, comma 3, Legge27.12.1997 n. 449;
– un importo non superiore al 30% per la soddisfazione di ulteriori esigenze.
Riscatto individuale parziale (il 50% della posizione individuale maturata):
– In caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria.
Riscatto totale (con chiusura della posizione):
Ammesso ove le sotto indicate casistiche siano antecedenti al quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche:
– in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi;
– in caso di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo.
– qualora vengano meno i requisiti di partecipazione al Fondo stabiliti dalle fonti che dispongono l’adesione collettiva.
– In caso di decesso dell’aderente prima dell’esercizio del diritto alla prestazione pensionistica,la posizione individuale è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari designati dallo stesso,siano essi persone fisiche o giuridiche. In mancanza di tali soggetti la posizione rimane acquisita al Fondo.

giovedì 3 dicembre 2015

Economia, azienda e sistema bancario

Parlare di economia senza parlare di sistema bancario è veramente difficile in quanto le interrelazioni e gli intrecci presenti fra economia e finanza sono diventati incredibili.

Esistono aziende sane in Italia? Certo.

Esistono imprenditori virtuosi in Italia? Certo.

Esistono banche disgraziate che operano completamente in tradimento rispetto al loro ruolo istituzionale di supporto alle imprese sane e virtuose? Certo.

C'è un caso che mi ha colpito in modo particolare che simboleggia in modo esemplare tutti questi punti.

Non è intenzione di questo blog generalizzare o colpire tutte le figure professionali che nel sistema bancario ci lavorano. Ho personalmente lavorato ai margini del sistema bancario per quasi 7 anni in qualità di mediatore creditizio prima e come agente in attività finanziaria iscritto agli appositi albi professionali in Banca d'Italia.
So come in ogni ambiente e settore ci siano molte brave e oneste persone.

Ciò non toglie che sia proprio il sistema sbagliato. E se colpire o criticare il sistema significa scuotere in un certo senso anche le tranquillità e le certezze di chi vi lavora ed è quasi esente da colpe, dispiace ma rimane necessario. Il bene della collettività è sempre superiore al singolo interesse.

Questa è la storia di una società di eccellenza messa in ginocchio da una truffa bancaria e da un sistema che stritola le aziende per la sua burocrazia e per le leggi assurde che la governano.
Ecco il video.
 

Cosa ne salta fuori?
Che se sei un cittadino o una impresa, sei sempre in una posizione non paritaria nei confronti di un istituto di credito.
Se sbagli tu, sei finito: morto e sepolto. Se sbagliano loro, non succede niente.
E il problema non è il singolo direttore di banca che sbaglia.
Perchè è il sistema che ti porta a questo.
Perchè la banca dovrebbe avere a budget la collocazione di prodotti finanziari di alto e altissimo rischio (praticamente dei giochi di azzardo puri!)? Perchè?
Per fare utile?
Perchè sono una azienda privata che fa e deve fare utile?
Ancora con questa concezione del modello liberista vecchia di secoli, totalmente non aderente alla realtà dei fatti?

Il ruolo della banca è istituzionale. E sebbbene ogni tipo di azienda debba avere un equilibrio dei fra costi e ricavi e potersi autosostenere, occorre ricordare che la banca esiste per assolvere ad un ruolo.
Un ruolo talmente importante di essere di priorità sociale in un qualsiasi sistema economico.
Può quindi essere privata ma rimanendo aderente alla sua missione primaria.
Ovvero fornire servizi e assistenza finanziaria ai clienti.
Se tu vuoi essere una società che guadagna dal proporre investimenti a rischio, non fare la banca ma diventa (appunto) una società di investimenti.
Collocati sul mercato e non vivere della "autorità" che ti deriva dal fatto che le persone ancora guardano alla banca come una sorta di istituzione.
Diventa una azienda e guadagnati la fiducia delle persone. Di loro che cerchi i loro soldi per farglieli raddoppiare o farglieli perdere. D'altronde i casino on line e le sale slot vanno comunque bene.... perchè non dire chi sei veramente?

Ditemi cosa ne pensate.
Grazie mille.

martedì 24 marzo 2015

Euro si, Euro no, la civetta sul comò

Diciamocelo subito.
Il problema non è l'Euro in quanto Euro.
L'euro in quanto euro sarebbe come essere arrabbiati con la propria ragazza/moglie perchè si chiama Giovanna e non perchè ci ha traditi con il suo capoufficio.
Rendo l'idea?

Il problema non è il nome della moneta o il colore delle banconote. Non è neppure tanto il tasso di conversione con cui le monete nazionali europee si sono fuse nel 2002 (1998 in realtà a tavolino) con l'euro.

Il problema è di sostanza. Non di apparenza.

Il problema è che una valuta rappresenta in un certo modo un'economia.
E se si usano gli stessi parametri valutari per diverse economie (stessa moneta - economie diverse) si creano un problema di fondo che prima o poi scoppierà.

E' un pò come se avessimo una coppia di persone, l'una magrissima quasi anoressica e l'altra obesa.
E potessimo usare qualsiasi dieta volessivemo per aiutarli con l'unico limite che però è unica per entrambi.
Cioè se vogliamo far dimagrire l'obeso dobbiamo creare una dieta povera di calorie ma questa sarebbe anche la dieta dell'anoressico.
Oppure se volessimo far metter su peso all'anoressico, potremmo farlo ma questo comporterebbe che anche l'obeso ingrassi.
Certo è solo un esempio. Sappiamo che per ciò che fa ingrassare il magro non è poi così sufficiente per far ingrassare l'obeso. Era solo un esempio per far comprendere con un'immagine la difficoltà di usare la stessa politica valutaria centralizzata per stati con regolamenti e leggi interne diversi, sistemi produttivi diversi, tasso di occupazione diversi, bilanci pubblici diversi, esigenze diverse, livelli di esportazione diversi e via dicendo.

Tra l'altro, ma ci scriveremo un articolo apposta su questo, qualcuno ha fatto notare che anche un paese come l'Italia ha difficoltà ad avere una stessa politica valutaria per zone della propria nazione molto diverse fra loro come il nord (industrializzato ed esportatore) e il sud (meno produttivo e maggiormente importatore). 
In effetti per molti decenni si è optato per una politica valutaria centralizzata che probabilmente non è stata la scelta migliore, per quanto il Veneto non sarà mai così diverso dalla Calabria, come l'Italia lo è dalla Germania o dal Lussemburgo. Parliamo di ordini di grandezza di diversità veramente distanti.
Euro si o Euro no?
Già da tempo si parla di uscire dall'Euro e gli "euro-forici" contestano agli euro-scettici che questo tipo di uscita sia disastrosa e costosissima. Usando la strategia delle colonne d'Ercole per spaventare chi cerca di capire quali delle due strate è veramente conveniente per il cittadino italiano (non le lobby bancarie, non i proprietari delle multinazionali, non i politici o chi al posto loro).

Il tema ricorrente è:
"Usciamo dall'Euro e saremmo costretti ad una super-svalutazione della NUOVA LIRA al punto che questo sarebbe un disastro".

Bene. Può darsi. Può darsi che uscire dall'Euro abbia dei costi. Sarebbe assurdo pensare che un passaggio così pervasivo nella quotidianità avvenga a costo zero. Più che assurdo, ingenuo.
Ma d'altronde anche passare all'Euro ha avuto dei costi. O sbaglio?
Ma, a parte che svalutare una moneta non significa per forza qualcosa di negativo. E' solo un nome che viene usato per dire che viene cambiato il rapporto di cambio fra una moneta e l'altra.
E' ciò viene fatto per equilibrare i rapporti strettamente finanziari in modo che ci sia un equilibrio con l'economia reale.
IL PROBLEMA E' QUANDO UN'ECONOMIA POSSIEDE UNA MONETA CHE NON LA RAPPRESENTA COME TASSI DI CAMBIO CON L'ESTERNO.
Questo è un problema.

Ma non è neppure questo il punto.
Quando l'Euro era cambiato ad esempio a 1,39 sul dollaro (solo 10 mesi fa a maggio 2014!!!!) si spaventano i bambini con l'idea che uscendo dall'euro si sarebbe stati colpiti da una super svalutazione di almeno il 25% se non più.
Insopportabile per l'Italia. Scenari da "1997, fuga da New York" o da "Mad Max".
E ora?
Svalutazione in 10 mesi del 21%.
E' morto qualcuno?

Pausa di riflessione sulla poca fondatezza della tesi. Ridicoli.

E siccome non è solo una mia tesi, ecco un articolo sul Fatto Quotidiano del docente Paolo Becchi.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/23/uscita-dalleuro-quelli-svalutazione-credono-zittire-gli-euroscettici/1528565/

Grazie per l'attenzione.

giovedì 7 agosto 2014

Il problema dell'economia non è il denaro (banconote e conti correnti in euro)....

Mi scuserete se ho cercato di mettere tutto il succo dell'articolo nel titolo. O almeno se ci ho provato, colto da improvvisa frenesia.

Oggi cercherò, spero in modo quasi definitivo, di mettere la parola FINE su una bugia che circola sui mass-media e su internet. E sulla bocca delle persone mentre, distratte, chiaccherano prendendo un caffè o fumando una sigaretta in una pausa.

Rielaboro un pò molto del materiale che ho già scritto in precendenza ma spero di farlo in un modo che si possa capire in un solo articolo come funziona.

Iniziamo con alcune defizioni base.

PRODOTTO = qualcosa che viene creato o trasformato o semplicemente spostato nello spazio o nel tempo e che rappresenta, una volta scambiato, una utilità per qualcun altro. Un prodotto può essere una cosa, un oggetto, un materiale, un'energia o un servizio di qualsiasi tipo.

DENARO = Un simbolo che rappresenta ciò che viene prodotto in modo da semplificare gli scambi. Il denaro rappresenta sempre dei prodotti.

Da queste due semplici definizioni si capisce che il denaro non è il problema. Il denaro non può mai essere il problema. Perchè il denaro è ciò che arriva sempre dopo la produzione. Se non c'è produzione non c'è denaro. Se c'è poca produzione, c'è poco denaro. Questo vale per l'individuo ma anche per una collettività.
Ma allora perchè circola questa BUGIA? Cioè "L'economia non si riprende perchè c'è bisogno di far quadrare i conti pubblici e rimanere entro i parametri imposti dalla comunità europea. Quindi bisogna stringere i denti e tirare la cinghia." Inoltre si dice "Le banche, che sono in difficoltà per via dei numerosi prestiti che non stanno rientrando causa crisi, non erogano più finanziamenti e non è possibile quindi per le imprese rilanciarsi e riprendere a crescere!".

Quindi, traducendo, lo Stato non eroga soldi perchè deve risparmiare e le banche non prestano più soldi perchè non gli sono stati restituiti quelli che hanno prestato in passato.
Sarà vero?

Semplicemente no. Ma veramente bisogna vedere le cose in un modo semplice. E chi ti dice che le cose non sono così semplici vuole fregarti e indurti in errore, perchè le cose sono così semplici. Solo più estese e stratificate ma il concetto è sempre quello.
Perchè le frasi esposte sopra non sono corrette?

1) Uno stato non è un soggetto economico vero e proprio. Non è un'azienda, nè un privato e nè un consumatore. Lo stato è come il croupier di un tavolo di ruolette al casino. E' il banco, è qualcosa che sta lì perchè il gioco funzioni. Non partecipa al gioco. Lo stato stabilisce l'ammontare complessivo di produzione di una nazione e produce sufficienti quantità di denaro (che non ha valore nè costo in se) affinchè chi scambia beni e servizi non abbia problemi. Lo stato non ha bisogno di soldi perchè lo Stato li fabbrica. E ne deve fabbricare la quantità necessaria. Nè di meno (altrimenti ci sono i prodotti e il lavoro ma non i soldi per pagarli) nè di più (altrimenti c'è inflazione galoppante che distrugge il valore del denaro).
Che lo stato non possa pagare i dipendenti pubblici perchè i soldi sono finiti è un'assurdità contabile. Può sempre. Se ora non può significa che c'è qualche aspetto di questo meccanismo che ci viene taciuto o che viene alterato. E in questo caso entrano in gioco forze ormai più potenti dello stato stesso che lo obbligano a sottostare a voleri che non sono più in sintonia con le vere necessità di un popolo ma solo di un ristretto gruppo di privati.

2) Le banche non prestano del denaro prodotto da loro. Non prestano denaro accantonato che è stato quindi prodotto da qualcun altro. Da molto, molto tempo quasi tutte le banche private e commerciali non fanno altro che creare denaro dal nulla allo stesso modo di uno stato. Cambia semplicemente il motivo per cui prestano questi soldi. Ovvero lo fanno per pura speculazione o lucro. Creano denaro dal nulla e lo prestano chiedendo indietro molto di più (capitale + interessi) di quello che hanno prestato. Quel di più che richiedono indietro deve essere creato da nulla. Ed è frutto di durissimo lavoro. E, siccome il denaro che la banca presta viene creato senza sforzo, non si capisce perchè invece il denaro che si restituisce deve basarsi su così tanto sforzo?
Facciamo un esempio. Se un privato presta soldi ad un altro privato, egli subisce un danno o un potenziale danno per questa operazione. Egli si ritrova SENZA il suo denaro lavorato e guadagnato. Appare logico che chieda all'altro privato (colui che riceve il prestito) una piccola somma che giustifichi il suo"fastidio" o danno. In questo caso la richiesta di interessi sarebbe giustificata. Sarebbe come se ti "noleggiassi" qualcosa che è mio. Siccome me ne privo temporaneamente, tu mi paghi per questo servizio.

La banca però non ti presta il suo denaro..... Non ti presta neppure il denaro che ha nei suoi depositi in custodia. No! Ti presta del denaro che crea nell'attimo in cui decide di darti un prestito. Come fa? Semplice potere concesso dallo Stato.
Se io banca accetto di finanziarti, che so....., 100.000 euro non faccio altro che far comparire sulla contabilità del tuo conto corrente quella cifra. Prima era zero e dopo è 100.000.

Assurdo dirà qualcuno di voi! Ci saranno delle regole. Certo che ci sono. Ma questo viene fatto lo stesso. O penserete che se andate nella vostra banca, nelle cassaforti ci siano depositati tutti i soldi che risultano dalla somma di tutti i conti correnti di quella filiale? Ah, ah, ah! Ma lasciamo perdere.
Probabilmente in una filiale la somma dei soldi depositati nei conti correnti dei clienti raggiunge somme di qualche milione di euro mentre in cassa non ci sono mai più di 30/40 mila euro in contanti.
E lo stesso avviene presso TUTTE le altre filiali di TUTTE le altre banche d'Italia. E del mondo.
Al punto che se domani tutti i correntisti di una banca andassero nella stessa per farsi restituire tutti i soldi che hanno depositato la banca non potrebbe renderli. Non potrebbe neppure organizzarsi per dare i soldi indietro a livello contabile. Fallirebbe. Proprio perchè le banche prestano e danno più soldi di quelli che loro hanno ricevuto.
Si chiama riserva frazionaria ed è un potere bancario molto antico. Pervertito nei tempi moderni dalla nascita della moneta virtuale che oramai rappresenta i 3/4 del denaro circolante (bancomat, assegni, carte di credito, bonifici on line, etc...)

Si, qualcuno ribadirà che le cose non stanno così (anche se poi non spiegano mai nei dettagli e con concetti semplici perchè non stanno così. Si limitano solo a zittire e usare l'autorità per porre in ridicolo.....) ecco che quindi facciamo un esempio concreto.

In Sardegna, un gruppo di ragazzi ha negli anni creato una nuova moneta alternativa al denaro e al di fuori dal controllo delle banche. Questa moneta viene usata per favorire gli scambi. Non essendo l'unica moneta esistente e non essendo accettata dappertutto, in questo momento si usa per pagare parte del prodotto o servizio acquisto. In percentuali variabili.
Quindi posso andare in un supermercato affiliato e comprare 100 euro di alimentari, pagandoli 70 in moneta ufficiale (contanti o bancomat) e 30 in questa moneta virtuale.
Non farò il nome di questa moneta per evitare che qualcuno pensi che è solo un modo per pubblicizzare una nuova iniziativa. Sarò ben felice di farlo in privato, se qualcuno me lo chiede.

Sta di fatto che l'introduzione di questa (nuova) moneta favorisce gli scambi laddove prima non avvenivano a causa della mancanza di liquidità.
Questo potrebbe essere fatto anche dallo Stato. Anzi potrebbe essere fatto in proporzioni incredibili. Salvando posti di lavoro e aziende dalla difficoltà economica.

Alla fine occorre capire che il motivo per cui questi problemi di liquidità sono arrivati sono causati proprio dalle stesse persone e dalle stesse soluzioni che questi ultimi ci dicono ci tireranno fuori dalla crisi.
Austerità nei conti pubblici? Per carità, sono l'anticamera del disastro. Uno stato non è un comune cittadino o un'azienda che ha un bilancio di attività e passività o di entrate/uscite. Questa è una bugia nella e buona e far credere questo è come ingannare qualcuno dicendogli che oltre le colonne d'Ercole si cade nel vuoto.
Uno stato non fa parte del gioco economico. Ne è l'arbitro. Lo stato, di fatto, non è una identità facilmente identificabile quanto un sistema. Non ha bisogno di risparmiare.
Può farlo come singole entità.
Ad esempio una struttura pubblica può e deve economizzare sugli sprechi per puntare ad una maggiore efficienza. Ma questa è un'altra cosa. E' veramente un'altra cosa. Non c'entra niente con i "conti pubblici". Capite la differenza?
Se nelle scuole italiana sono assunti 150.000 persone come personale non docente (i vecchi bidelli) forse è lecito chiedersi se tutti questi impiegati siano necessari e produttivi. Visto e considerato che le pulizie dei locali adesso vengono sub-appaltate a ditte di pulizia esterna.
Ogni scuola dovrebbe avere un bilancio di entrate e uscite e tenere sotto controllo gli sprechi ovvero gli usi non produttivi di denaro.
Il denaro non si usa per pagare gli stipendi di qualcuno che non produce. Perchè quello non è denaro. Riguardiamo le definizioni di cui sopra e lo capireremo. Pagare qualcuno per non far niente fa finire tutta l'economia nei pasticci. Perchè quel denaro, sta in effetti rubando risorse ad altri che invece lavorano. E' uno spreco!
Quindi si..... quella scuola deve contenere i costi e eliminare gli sprechi. Si, tutte le scuole devono contenere i costi ed eliminare gli sprechi. Ma lo stato non è la somma delle scuole, di tutte le scuole. Lo stato è un sistema che gestisce la vita di tutti. A volte diventa soggetto attivo (la scuola, il ministero, il parlamento, la questura, il tribunale, l'ospedale) e quando lo diventa soggiace alle regole di un attore economico per cui non può spendere più di quanto produce.
Ma uno stato non può avere un debito.
Un debito con chi? Perchè?
Perchè si fa prestare i soldi dalle banche? Che sono soggetti privati?
E perchè uno stato si deve degradare al punto di andare da privati a chiedere dei soldi? Quando i soldi non sono nient'altro che un simbolo che il sistema inventa per far funzionare gli scambi?

Cioè una società di ragazzi sardi riesce a creare una moneta (un simbolo) che favorisce gli scambi e non ci riesce lo Stato?

Il problema dell'economia non è la mancanza di soldi. Non lo è. Lo è per il privato che ha lavoro e merci da dare ma che non riesce a vendere perchè chi comprerebbe è anch'egli senza soli.
Il problema dell'economia non è la mancanza di soldi. Lo stato può crearne quanti ne servono per far ripartire la produzione e gli scambi.
Alzate il livello di comprensione.
O vi porteranno via anche le mutande aspettando chissà quali riforme o cambiamenti.....
Se l'articolo vi è piaciuto, condividetelo.
Perchè solo l'informazione può tirarci fuori da questo pasticcio che diventa ogni giorno più grande.

Grazie per l'attenzione che mi avete prestato.
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