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martedì 5 agosto 2014

Espandersi nei momenti di crisi. - 3a parte

Dopo aver assimilato che, a prescindere da qualunque condizione si trovi la strada in cui stiamo viaggiando, tocca sempre a noi piloti dell'auto mantenere il controllo della stessa e dopo aver assimilato il concetto che solo innovandosi si può continuare a mantenere alto il nostro potenziale di sopravvivenza, giungiamo adesso all'ultimo fattore che deve essere preso in considerazione per potersi espandere anche nei momenti di crisi.

Questo fattore è il marketing ovvero lo studio della domanda o la creazione della stessa. Forse in un prossimo futuro potremmo dedicare un post apposito sul marketing in modo da fugare le complessità e alterazioni che purtroppo spesso sono state introdotte riguardo questo argomento.

Un buon articolo che spiega bene e in termini molto semplici cosa sia il marketing lo trovate a questo indirizzo: ideemarketing.learningschool.it

Il marketing è quindi definito come occuparsi della domanda di un prodotto o servizio, investigandola, comprendendola, incrementandola, stimolandola o addirittura creandola.
Una domanda di un prodotto può essere creata.
Il telefono cellulare ne è un esempio. Quando a metà degli anni '90 i cellulari cominciarono a comparire sul mercato non accadde perchè le persone piangevano e bussavano ai produttori di strumenti tecnologici chiedendo che il cellulare venisse costruito e venduto. Nessuno si strappava i capelli perchè non poteva telefonare mentre guidava o mandare messaggi alla sua amata sdraiato sul divano.
L'esigenza non c'era. Guardiamo oggi come siamo messi. E' praticamente inimmaginabile per moltissimi di noi anche solo concepire la nostra giornata senza l'ausilio del cellulare. Saremmo irraggiungibili, non potremmo sapere le cose in tempo reale e un altro sterminato elenco di cose.
20 anni fa, qualcuno creò un prodotto e stimolò la domanda di quel prodotto e del beneficio che il prodotto poteva creare.

Produrre qualcosa senza che dall'altra parte ci sia qualcuno che desideri quel prodotto o servizio è un suicidio. Al punto che è meglio, prima di aprire un'attività o iniziare a produrre qualcosa, sincerarsi che ciò che si intende fare abbia mercato e possa essere desiderato una volta offerto.
Altrimenti si corre il rischio di andare dagli esquimesi a vendere climatizzatori o frigoriferi.
O stufe a pellet all'equatore.......

Le crisi economiche seguono anche i cicli di vita di alcuni prodotti o stili di consumo. Arrivati ad un certo punto, quando il prodotto o servizio ha cessato il suo ciclo vitale, se non si effettua un cambiamento il mercato entra in crisi.

In generale le aziende si curano poco del proprio marketing. Una volta che qualcosa sta andando bene, semplicemente continuano a "picchiare" duro pensando che per decenni o per secoli niente mai cambierà e tutto andrà bene.
Un esempio è stato il settore edile in Sardegna. Per tutta una serie di fattori, tra la fine degli anni '90 e i primi anni 2000 è iniziata una fase di crescita esponenziale delle case vacanze. Si vendevano case a velocità superiore alla possibilità di costruirle, al punto che interi cantieri era già venduti ancor prima che il primo mattone venisse apposto per la costruzione.
Questa enorme esplosione della DOMANDA di case vacanze in Sardegna ha fatto concentrare gli imprenditori del settore unicamente sulla produzione. Perchè quello era il problema. L'offerta doveva pareggiare la domanda, che era forte e in crescita.
Il mercato è cresciuto per circa 15 anni fino al 2008/2009 biennio in cui si sono sovrapposte varie situazioni. L'esplosione dei problemi bancari e di finanziamento mondiale con l'esaurimento della fase di crescita della domanda di case vacanze.
Così, mentre sempre più imprenditori entravano nel mercato per sostenere e aumentare l'offerta, improvvisamente la domanda di case vacanza crolla.
Non diciamo si azzera. Diciamo crolla. Ovvero diminuisce di percentuali importanti.
E tutto proprio mentre l'offerta continua ad aumentare.
Perchè questo? Perchè chi sosteneva l'offerta non aveva la capacità (e forse la preparazione e l'attitudine) di percepire immediatamente questo cambiamento. E quindi per alcuni anni (almeno 3/4) ha continuato a costruire nonostante non ci fosse più la domanda che ci si aspettava.
Ecco la crisi.....
Ma a noi interessa capire come se ne può uscire....

E la risposta è proprio quella. Occuparsi del marketing.
Ovvero vedere come aumentare la domanda o occuparsi di un nuovo tipo di domanda se quella precedente non sta più reagendo agli stimoli.
Questo viene fatto con la giusta promozione. Ricordandosi però che la promozione si effettua quando si ha ben compreso con che tipo di domanda si ha a che fare e in che modo interagire con essa.
Altrimenti una promozione senza cura è solo una promozione sprecata.
Perchè dice solo "Compra qui" ma non sa a chi si rivolge e nè se colpisce veramente le esigenze (domanda) di chi riceve quel messaggio promozionale.

Quindi si promuove qualcosa che ha bisogno solo di essere conosciuta perchè si è sicuri che essa sia un qualcosa di desiderato, desiderabile o necessario.
Perdere tempo e risorse a promuovere qualcosa che non è richiesto o necessario porta a dei fallimenti clamorosi.
E' anche un discorso di grandi numeri.
Se arrivano 1000 turisti (facciamo sempre questo esempio per rimanere in tema all'esempio precedente) in un'area, e mediamente il 50% di loro decide di usufruire dei servizi di ristorazione avremmo un numero potenziale di 500 persone che possono tramutarsi in clienti.
Se esistono 20 attività che si possono spartire queste 500 persone, occorrerà vedere se questo numero sia sufficiente per consentire a tutte le attività di prosperare.

E' naturale e nell'ordine delle cose che non tutte e 20 le attività andranno in profitto. Alcune di esse avranno una bassa qualità o dei problemi organizzativi o di pubblicità per cui di queste 500 persone, raggiungeranno pochi o nessun cliente.
Questo accadrebbe anche se i clienti potenziali fossero 1000. O 2000.

Con una differenza.
Se sono solo 500, gli errori e i costi derivanti dagli errori si riveleranno prima e in modo più marcato. Tutto qui. L'abbondanza di potenziali clienti serve solo a mascherare per un pò di tempo il problema.

Concludiamo dicendo che per espandersi nei momenti di crisi, ci sono 2 punti di vista, 2 posizioni da cui osservare la scena. C'è il punto di vista della singola attività che deve aumentare i clienti, il fatturato e la redditività. E c'è il punto di vista di un settore, un'area o un'intera nazione che deve aumentare il movimento dell'economia.

Nel caso prospettato sopra, c'è differenza fra le azioni che deve fare il singolo ristorante per avere più clienti (fra i 500 potenziali!) e le azioni che l'associazione dei ristoranti o gli enti locali debbano fare per aumentare il numero di presenze turistiche generali (i 1000 turisti prospettati). E' chiaro il concetto?

Grazie mille per l'attenzione.

lunedì 17 febbraio 2014

Tasse e crescita

Le tasse stanno diventando l'argomento principale dell'economia italiana.
E questo ci dice già a quale assurdo livello di degradazione la disciplina economica si sia ridotta.
Un pò come se una persona senza soldi stesse a pensare a come spendere le entrate che non ha.
Sarebbe molto meglio che si preoccupasse in quel momento di pensare a come FAR entrare nuovi soldi piuttosto che a come spenderli.

Pensare alle tasse in un momento di grande recesso dell'economia è come pensare a come spendere i soldi che non ci sono.

La prova, nel mondo reale in cui viviamo, l'ha fornito l'aumento dell'iva dal 21 al 22%. Un aumento di aliquota ha comportato una diminuzione degli introiti (vedi http://news.supermoney.eu/opinioni/2014/02/focus-sulla-micoreconomia-italiana-nel-2013-0060950.html).

Un'altra prova (per chi ne avesse bisogno) è la contrazione di entrate tributarie dalla tassazione dei carburanti.
Sono aumentate le accise sulla benzina ma le entrate complessive sono diminuite a causa del minor consumo da parte degli italiani (http://www.filippobusin.it/it/1802/maggiori-aumenti-minori-entrate.html).
E quest'ultimo articolo è molto esaustivo anche nel far comprendere il perchè di questo fatto.
Ovvero che più tassi e meno incassi. Più aumenti le tasse e meno introiti complessivi hai.
Perchè le persone diminuiscono i consumi (meno entrate da imposte indirette) e aziende e individui fatturano meno (meno entrate da imposte dirette).
Si chiama curva di Laffer, dall'economista che illustrò che il gettito complessivo delle imposte raggiunge un massimo ad un certo punto di pressione fiscale per poi diminuire all'aumento della pressione fiscale.
laffer 

L'immagine si spiega da sola e non ci vogliono complicate spiegazioni per comprenderlo.
Perchè allora si continua a parlare di tasse, di prelievo fiscale e di evasione?
Anzi la campagna mediatica per dare la responsabilità di tutti i mali possibili dell'economia italiana e delle finanze pubbliche all'evasione fiscale è quasi martellante.
Dappertutto gli evasori fiscali vengono dipinti come criminali che vivono alle spalle del cittadino onesto.

Ora ci piacerebbe che l'immagine sia vicina al vero. Ma così non è. E questo senza MAI sostenere che l'evasione fiscale è qualcosa da proteggere o giustificare.
Ma sarebbe come pensare che Garibaldi era un criminale solo perchè non schierato con i potenti del tempo o che i valorosi italiani della Resistenza anti-fascista dei criminali solo perchè contro l'ordine costituito. Chi ragionerebbe così?
E' capitato fin troppe volte che il ribelle fosse dalla parte del giusto e del bene. O sbagliamo?
Ciò non significa che ribellarsi sia sempre giusto.
Fila il ragionamento?

La realtà è che in un paese giusto e democratico deve esistere un modo per far sentire alle persone che sono parte del tessuto economico e amministrativo di quella nazione. UNO (e scrivo uno..... per dire che non è l'unico!!) dei modi è quello di contribuire allo stato tramite tassazione o prelievo fiscale.
Ma esistono molti modi di prendere i soldi con imposte e tasse. Ed esistono livelli diversi di prelevare.

Così donare il sangue è giusto. Simbolo di partecipazione e solidarietà. Ma nessuno dona più di 500 ml di sangue per volta. E non lo fa se non è pienamente in salute. E non lo fa prima che il suo corpo non abbia re-integrato il sangue già donato.
Altrimenti non è solidarietà ma è vampirizzare il donante. E' creargli problemi di salute. O ucciderlo! Se si esagera.

Il paragone pensiamo calzi a pennello. Non credete?
Grazie per l'attenzione.

martedì 4 febbraio 2014

Andare via dalla propria città?

Gli italiani sono stati un paese di emigranti. Lo sono stati in modo profondo e per lungo tempo.
Sul finire del 1800, l'italiano partiva per le Americhe. Negli Stati Uniti il nostro italico emigrante partiva perchè gli avevano detto che avrebbe trovato il paese lastricato di strade d'oro.
Quando arrivava, invece, scopriva 3 cose:
1) che le strade non erano lastricate d'oro.
2) che le strade non erano lastricate affatto.
3) che lastricarle era compito suo.

L'Argentina e altri paese del Latino America hanno ospitato talmente tanti italiani che trovare adesso un argentino che non abbia origini italiche è quasi impossibile.
Nel 1900, gli italiani sono andati in giro per l'Europa. In Belgio a scavare nelle miniere, in Francia a lavorare nelle industrie di trasformazione alimentare e in Germania nelle industrie meccaniche,
Abbiamo parenti stretti che sono emigrati.
Conosciamo la situazione da vicino.

Lasciamo perdere quindi ogni tipo di atteggiamento ostile all'emigrato a prescindere e riflettiamo sulla nuova ondata di "prurito da emigrazione" che sta colpendo molti italiani.
Innanzitutto è un dato statisticamente rilevante il fatto che molti più italiani si stiano trasferendo all'estero per trovare fortuna e lavoro.
Ma ciò che più inquieta sono i motivi e lo scenario generale.

Più che per cercare lavoro e denaro, la maggior parte degli italiani sembra che voglia emigrare dal loro paese per sfuggire a ciò che lasciano.
Via dall'Italia perchè dell'Italia non se ne può più!!
E non se ne può più delle sue ingiustizie, della sua mala politica, della sua corruzione ed inefficienza amministrativa, della sua lentezza nelle istituzioni.
Ma andare via dalla propria città e nazione è una soluzione?

Il discorso è semplice e complesso allo stesso tempo. Complesso perchè ogni persona ha una storia e un background diverso e non si può esprimere una legge che sia valida per tutti. E anche in questo caso le eccezioni sono previste.

Ma è semplice perchè prima di fuggire da qualche luogo, occorre capire esattamente da cosa si sta fuggendo.
Si sta fuggendo dalla pressione fiscale oppressiva italiana? Oppure semplicemente dal fatto che non si sta riuscendo a guadagnare abbastanza?
Quasi sicuramente la seconda ipotesi mascherata dalla prima.
E esprimiamo questo parere sapendo che la nostra posizione contro la deriva schizzoide della pressione fiscale è nota ed espressa chiaramente da tempo.

Se l'italiano che vuole fuggire veramente avesse voluto combattere l'eccesso di pressione fiscale avrebbe dovuto farlo da tempo. Non adesso che è più difficile evadere o che gli anni del cambiamento lo stanno colpendo in pieno (qualcuno chiama gli anni del cambiamento "crisi" ma noi preferiamo usare la prima definizione).
Una cosa è sbagliata se è sbagliata. Non è sbagliata solo perchè ci colpisce direttamente o perchè non riusciamo più ad eluderla.
Drogarsi (tanto per citare un altro esempio) è qualcosa di sbagliato a prescindere che ci sia in mezzo un nostro amico o parente prossimo.

Invece moltissimi italiani hanno volutamente chiuso gli occhi dinnanzi a errori organizzativi sociali per cui DOVEVANO per forza già da tempo muovere i propri disappunti. Ma non lo hanno fatto perchè il loro "giardino" era verde e non colpito dalla tempesta.
Salvo poi, invocare l'espatrio perchè la tempesta è arrivata ai loro piedi.

Che in Italia ci siano difficoltà strutturali è indubbio. Ma questa può essere una sfida ancora maggiore, una tenzone di portata ancora più ampia e quindi di più avvincente interesse.
Aprire una propria attività e farla andar bene in questo momento in Italia è la prova delle proprie capacità. Per qualcuno potrebbe essere sopraffacente ma per altri molto intrigante.
Si tratta sempre di capire cosa si vuole, dove si vuol arrivare e contra cosa dobbiamo scontrarci.
E poi rimboccarsi le maniche e darci sotto.

La tentazione di scappare è forte. E in alcuni casi necessaria. Soprattutto laddove si combatte da soli contro il resto di un sistema malato.
Sicuramente ci sono zone d'Italia in cui il connubio fra la mala amministrazione, la criminalità organizzata e la deriva sociale sono arrivate ad un punto tale che il singolo da solo ne è assolutamente sopraffatto.
In realtà lì il vero errore è combattere la guerra contro tutti da solo.
Qualcuno ci dice "Ma che potrei fare io? Tutto solo contro il sistema?"
Giusto! Corretto!
Ma come mai ti sei andato a ficcare nella condizione in cui sei da solo a combattere il sistema? E non sei parte di un gruppo che combatte il sistema? Un gruppo fatto di persone che come te intendono combattere il sistema?
Ovviamente ci solo in Italia molte persone che vorrebbero cambiare le cose e migliorarle. Che vorrebbero più etica e giustizia sociale.

Ecco perchè scappare è la scelta debole nel problema.
Perchè scappare rende il sistema ancora più forte.
E lascia altre singoli individui di buona volontà ancora più soli.

Quindi vediamo di darci da fare. In questi tempi di "crisi". Scusate, in questi tempi di cambiamento.
Grazie per l'attenzione.

lunedì 27 gennaio 2014

Denaro e preoccupazioni a riguardo

Il tema del denaro mi ha sempre affascinato.
E anche se qualcuno in fondo alla sala sghignazzerà leggendo questa frase, la realtà è che c'è differenza fra "desiderare denaro" e "essere incuriositi dal denaro".

Il denaro è una di quelle cose che passa trasversalmente la vita di quasi ogni uomo e donna sul pianeta. Che ne influenza le vite in un modo così profondo e permanente che liquidare tutta la faccenda con un solo
"Si, va bene. Si tratta di denaro"
mi sembra veramente poco.
Ho personalmente scritto un libro sul denaro e penso sia intelligente da parte mia segnalarvelo. In questo libro ho analizzato a fondo il perchè il denaro è tanto importante nella società di oggi.
Il denaro è una manifestazione dell'energia.
E in questa società è la manifestazione principi essendo le altre cadute in disuso. Non vi è più la conquista brutale di nuovi territori o popoli, non vi è il baratto e scompaiono altre forme di governo e di ripartizione della produzione.
Il comunismo ha dichiaratamente mostrato il suo fallimento e lo stato più comunista del pianeta terra, la Cina, è lo stato che possiede e compra più denaro di ogni altro.
Basti guardare l'elenco delle 10 banche più capitalizzate del mondo per capire.
Un giro su Google alla ricerca di questa classifica si fa in un paio di minuti.

Ma il denaro spesso è un fenomeno incompreso.
Dal cittadino comune, sicuramente ma anche da molti esponenti della cultura economica.
Che qualcuno di loro sappia come vanno le cose e non faccia niente è un'ipotesi non così campata in aria.

Questo blog ha sempre voluto parlare di denaro ed economia partendo da lontano e vedendo le cose in modo originale.
Non perchè ci piaccia per forza fare i bastian contrari. Non ci piace.
Facciamo i bastian contrari perchè siamo contrari alle opinioni dominanti. Che sono dominanti ma sbagliate. 

Si, lo so. Assurdo ma può succedere. Dominare ed essere nel torto. Hitler e il suo nazionalsocialismo è un esempio fin troppo facile da fare.

Nel corso del tempo forse il servizio da noi reso al lettore non è stato nè completo nè frequente.
E di questo siamo un pò dispiaciuti.

Cercheremo di porre rimedio a ciò in un nuovo 2014 che è iniziato da un mese.
Cercando di capire sempre di più riguardo al denaro e al perchè è diventato un problema e una preoccupazione per così tanti.

Saluti e grazie per l'attenzione.

mercoledì 27 febbraio 2013

Quali nuovi scenari per l'economia italiana?

Oggi, inaugurandoti il 2013 su questo blog con il primo post dell'anno, decidiamo di dedicarci ad un tema estremamente complesso e scottante, pur nella sua incredibile attualità.
Due giorni fa il popolo italiano ha sentenziato il suo stato d'animo con le ultime votazioni politiche. I risultati sono chiari e univoci: gli italiani hanno una gran voglia di cambiamento e pochissima stima e fiducia nei confronti dei vecchi politici e leader.
Per la prima volta nella storia repubblicana, al parlamento ci sarà un'invasione di nuove facce completamente al di fuori dagli schemi partitocratici e di quella che oramai da tutti è stata definita come la "casta".
Forse faranno bene o forse faranno male. Solo il tempo ci darà risposta. Ma il cambiamento è epocale.

E una delle prime cose di cui tutti i nuovi (quasi) mille eletti dovranno affrontare sarà la situazione economica italiana.
Sarà un problema del parlamento ma ancor più del governo che da queste elezioni ne scaturirà (se si riuscirà a farlo venire alla luce).

Quale è l'attuale scenario italiano?
L'Italia è ancora la seconda economia manufatturiera d'Europa. Che ricordiamolo è comunque l'area mondiale in cui si produce (e consuma di più) nel mondo. La somma del PIL europeo è infatti superiore a quello degli Stati Uniti.
Ma, diciamocelo, già dagli anni '80 l'industria e la produzione manifatturiera italiana non è stata gestita nè fatta sviluppare. Sono mancati i piani strategici di sviluppo. Una incredibile miopia politica ha impedito una visione lungimirante nel medio e lungo periodo.

Attualmente la burocrazia e la sua ancora incredibile inefficienza, il terribile peso della pressione fiscale e la completa non funzionalità di un sistema di giustizia civile hanno di fatto smantellato la solidità del tessuto produttivo italiano.
Diciamocelo, non ci vuole un esperto in materie economiche e finanziarie per capirlo.
In Italia in questi ultimi anni si è puntato il dito sul fenomeno dell'evasione fiscale. Che è sicuramente un costo per la società e un indicatore di malfunzionamento e inefficienza.
Ma forse ci viene il dubbio che eleggere a (unico) colpevole l'evasione fiscale sia un pò troppo.

Ci sono talvolta taluni comportamenti, anche del singolo individuo o impresa, che spesso sono più dannosi del semplice non pagare le tasse dovute. Prendiamo ad esempio una consuetudine diffusa nel nostro stivale che è quella di non investire in innovazione e aumento della qualità.

Ma detto questo, quali possono essere le strade che ci potrebbero portare fuori da questa specie di palude in cui le persone si sentono sempre più imprigionate e che sempre più sta tarpando le ali ai progetti dei giovani e meno giovani italiani?

Questo blog, in tutta la sua umiltà, ne indica principalmente uno: l'aumento della capacità competitiva di ogni individuo e azienda italiana. 
E' una meta elevata ma semplice da capire e da mettere in pratica.
Chi andrà al governo deve mettere questo punto in cima alla sua lista delle cose da fare.
Come poi, concretamente, realizzi questa meta è un tema che possiamo affrontare nei dettagli.
La soluzione non è quindi (in ordine casuale e sparso....):
1) Regalare soldi a pioggia agli italiani.
2) Dare posti di lavoro inutili in strutture pagate dal pubblico.
3) Continuare a martellare gli italiani per scovare tutti gli evasori istituendo un regime di polizia.
4) Cercare fantomatici investitori stranieri che non si sa chi siano nè cosa vogliano.
5) Semplicemente ridurre la pressione fiscale senza cambiamenti strutturali.
6) Fare il credito di imposta.
e via dicendo.
Non che queste soluzioni non possano avere del buono ognuna di se e per se.
In un quadro organico potrebbero avere la loro utilità.

Ma è sbagliato pensare che dei dettagli tecnici o dei singoli provvedimenti sostituiscano la meta.
La meta è far diventare questa nazione efficiente.
Individualmente, a livello aziendale e a livello di organizzazione pubblica.

Se non lo faremo, non ce la faremo.
Grazie per l'attenzione.

giovedì 20 ottobre 2011

La crisi degli asini (una storia per capire!)

Oggi voglio raccontarvi una storia.
Per cercare di capire, attraverso una novella, cosa sta succedendo nella nostra vita quotidiana per colpa di questa "fantomatica" crisi che sembra attanagliarci.
Buona lettura.

LA CRISI DEGLI ASINI
Un uomo in giacca e cravatta è apparso un giorno in un villaggio. In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a € 100 in contanti ogni asino che gli sarebbe stato offerto. I contadini erano effettivamente un po' sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua.
L'uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 € per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali. Il giorno seguente offrì 300 € a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio.
Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che avrebbe comprato asini a 500 € la settimana successiva e se ne andò dal villaggio.
Il giorno dopo, affidò al suo socio la mandria che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l'ordine di vendere le bestie 400 € l'una. Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100 €, la settimana successiva tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per far ciò, si indebitarono con la banca.
Come era prevedibile, i due uomini d'affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con asini senza valore e debiti fino a sopra i capelli. Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti. Il corso dell'asino era crollato. Gli animali furono sequestrati ed affittati ai loro precedenti proprietari dal banchiere.
Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune. Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, suo caro amico e primo assessore).
Eppure quest'ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio né quelli del Comune, e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti. Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l'aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia.
Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità ... Venne innalzata l'età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici, abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate. Dicevano che era inevitabile e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini.

Questa storia vi ricorda qualcosa ? ... 

Sarei grato a chi legge questa storia che facesse girare il messaggio il più possibile.
La rete ci offre la possibilità di comunicare. Non sottovalutiamo questo potere.
Segnala questo articolo ai tuoi amici.
Un momento di riflessione può essere utile a tutti.
Senza per forza entrare nelle complicazioni della finanza e dell'economia.

Un grazie a Massimo Bonoldi per l'idea e un grazie a Lorenzo de Santis per l'input.

Grazie per l'attenzione

martedì 18 ottobre 2011

Una storia di ordinaria inefficienza economica

Nei giornali abbiamo pagine e pagine di discussioni riguardo ai veri o presunti motivi che hanno portato alla attuale crisi finanziaria in Italia e nel mondo.
Non parliamo poi dei talk show in TV sul soggetto.

In questo blog si cerca di osservare le cose da punti di vista diversi basandosi su una legge fondamentale della vita:
Se un problema non si risolve nonostante le varie soluzioni che si cercano a riguardo, significa che non è quello il vero problema ma ne nasconde semplicemente un altro che ne sta alla base. 
Oggi postiamo un breve sfogo pubblicato su un forum da parte di un italiano che è emigrato e che ha deciso di ritornare in Italia per portare avanti con la moglie francese un progetto imprenditoriale nel suo paese natale.
Questa breve storia personale non ha secondo noi bisogno di alcun commento, perchè si spiega da sola.

Ma il nostro commento è lapidario: il vero motivo delle difficoltà economiche risiede in questi aspetti che non sono soltanto della struttura economica e burocratica italiana ma sono ormai insiti nel tessuto etcnico degli italiani. Italiani come gruppo e non come totalità degli individui, ovviamente.
Ovvero nessuno sostiene che tutti gli italiani si comportino in questo modo oppure appoggino o siano d'accordo con queste incongruenze economiche e sociali (chiamiamole così!).
Ma non lavorare assiduamente per cambiare questi brutte attitudini è purtroppo sufficiente per consentire a queste ultime di sopravvivere.
E, purtroppo, la lotta dovrebbe cominciare dal vertice. Dove persone vengono investite dal popolo del mandato di occuparsi anche di ciò. E se il top management di una nazione cincischia con altri problemi di infima importanza, sicuramente il lavoro del resto della popolazione, e quindi del comune cittadino, non è facile.

Ecco a voi una normale (purtroppo!) storia dell'Italia di oggi. Messa qui solo ad esempio di mille altre storie di cui non siamo a conoscenza. Ovviamente l'italiano scritto del signore ha delle lacune (in parte corrette da noi) ma il senso si comprende benissimo.

Author: Giovanni
Comment:
salve mi chiamo Giovanni.... lavoro da un anno e mezzo nella attivita' di mia moglie come suo ragioniere.
Mia moglie è cittadina francese e aveva in francia a metz una parrucchieria ed un centro estetico e una piccola palestra. Io sono siciliano e amo la mia terra e o convinto lei di vendere tutto in francia e venire ad investire in sicilia.Cosi ha fatto ma maledico quel giorno perchè dopo aver investito il suo capitale dopo aver portato occupazione impiegando 7 persone e l'intento era quello di assumere altro personale per un idea sua senza chiedere aiuti statali si trova oggi dopo 18 mesi ancora senza licenza.
Questo perchè il comune con i suoi dirigenti si ostinano a ribaltare la sua pratica: siamo in muni (?) perchè noi non conosciamo nessuno - ha creato un centro originale dove c'e' un bar una palestra una parrucchieria un centro estetico ed un centro benessere nell`idea c`era anche un asilo ed un bed and breakfast ma pultroppo a qualcuno abbiamo dato fastidio ed adesso per colpa di questa lentezza ci hanno danneggiato e non sappiamo come uscirne.
Abbiamo anche delegato un avvocato ma invano ma e' niente a confronto a quello che mi hanno chiesto per velocizzare la licenza: cosa dobbiamo fare?

C'è bisogno di commentare?
Grazie per l'attenzione!

martedì 11 gennaio 2011

E' possibile avere una sicurezza con il lavoro?

In questi giorni tiene banco una delle più classiche controversie e contrapposizioni del mondo del lavoro attuale, ovvero lo scontro fra alta dirigenza di una grande azienda e sindacati.
A scuola si studiano le grandi conquiste che i sindacati hanno ottenuto nella storia a favore dei lavoratori.
E' nostra opinione che il lavoro non sia un diritto solamente ma sia qualcosa di più nella vita di una persona.

Il lavoro è un'attività che è il fondamento della sopravvivenza di un essere umano. Quello che per gli animali sono la caccia o altre varie tecniche di sopravvivenza, per l'uomo è il lavoro.
E' il modo in cui la nostra razza produce ciò che ci permette di continuare a sopravvivere su questo pianeta.
Il lavoro occupa la maggior parte del tempo giornaliero e settimanale delle persone. Si stima il 60 o il 70%. E, soprattutto, il lavoro attira la maggior parte dell'attenzione disponibile delle persone.
Il lavoro è una delle attività più qualificanti per l'individuo. Alzi la mano chi da un giudizio, più o meno positivo, su un'altra persona senza basarsi sulle proprie opinioni riguardo al lavoro del giudicato.
Il lavoro di una persona lo caratterizza. Non che condividiamo in toto questo punto, ma così è nella nostra società.

Nei mass-media, grandi strumenti di DISinformazione e DIStrazione di massa, si continua a parlare di lavoro, diritto al lavoro e sicurezza del posto di lavoro.
Personalmente parlare di sicurezza del posto di lavoro ha un senso se si parla di sicurezza SUL posto di lavoro.
Ma il lavoro è stabile e sicuro solo quando è finalizzato ad ottenere della produzione etica e utile all'intera comunità.

Come si può pretendere di dare ad un lavoratore un posto sicuro quando questo concetto è aleatorio per definizione?
Nei secoli scorsi esistevano lavori che adesso non esistono più. Adesso ci sono lavori che nei prossimi 50/100 anni scompariranno. E qualcuno non aspetterà così tanto tempo.
Esistono mansioni che devono essere automatizzate o sostituite. 
Di certo, e su questo comprendiamo chiunque lavori per una grande azienda, non è possibile che i lavoratori siano solo ingranaggi di una grande macchina e tutto sia lecito per raggiungere produzione e produttività.

Quindi il cambiamento deve essere prima di tutto culturale che economico o finanziario.
Mi dispiace dirlo ma benchè molti sindacalisti siano sinceramente interessati ad ottenere il meglio possibile per il loro iscritti, noi non crediamo che le loro azioni siano connotate da lungimiranza.
Quale è la nostra proposta?
In un prossimo post la sottoporreno alla vostra attenzione.

Grazie per l'attenzione.

venerdì 8 ottobre 2010

Quanti poveri e quanti ricchi vi sono?

Ricchezza e povertà non sono temi che vengono trattati da poco.
E, a seguito di questi 2 , anche il concetto di eguaglianza e diseguaglianza.
Per qualche tempo, soprattutto dalla fine dell'800 fino agli anni '60 e '70, si avuta l'illusione (ma era proprio un'illusione e neppure di tutti) che si potesse distribuire la ricchezza presente su questo pianeta ad un numero maggiore di persone.

Sono cresciuto in un piccolo paese. Un piccolo paese che negli anni '70 era ancora saldamente ancorato in un contesto pre-industriale. Sono nato in Sardegna e non tutti sanno che solo 30 e 40 anni fa questa bellissima regione era molto, molto diversa dall'immagine che i giornali di gossip e l'immaginario collettivo hanno creato.
Mi ricordo (io non sono vecchio e quindi la cosa fa ancora più testo) che da bambino in paese vi erano coloro che venivano considerati ricchi. Ma non lo capivi nè da come di vestivano nè dalla macchina nè da niente. Era solo una voce. Si sapeva che la famiglia tal dei tali era "ricca" soprattutto in virtù dell'estensione di terre agricole in loro possesso piuttosto che dal numero degli animali dell'allevamento.
Di alcuni si vociferava che avessero i miliardi (di lire al tempo) in banca ma si vedeva girare questa gente sempre con gli abiti da campagna e sul loro trattore. Forse era vero o forse no.
Ma io ho visto i miei compaesani conoscere un aumento del benessere economico in tempi talmente rapidi che la cosa può assurgere a paradigma. L'influsso della Costa Smeralda cominciò ad arrivare, con un'ondata lunga, anche nel mio paese non proprio situato sul mare. Ma le persone si spostavano e andavano a lavorare a neppure tanti km da casa, in paese cominciavano a nascere e svilupparsi i bed and breackfast o gli agriturismi.
Sta di fatto che nuove macchine venivano acquistate, miglioramenti strutturali venivano apportati alle case, persone meglio vestite cominciavano a vedersi sempre più numerose.
Il mio paese è stato quasi uno spot a come questo modello economico (il modello capitalistico post-industriale con la presenza non meglio definita dell'interferenza pubblica e associativa) potesse distribuire a molti la ricchezza in mano a pochi.

Non vi racconterò adesso come le cose siano andate a finire nei dettagli ma quello spot non era nient'altro che uno spot.
La realtà è che la ricchezza continua ad essere in mano a sempre meno persone e sempre più questo sistema economico dimostra la sua incapacità a requilibrare i disequilibri.
Qualcuno dirà perchè lo stato e il pubblico interviene e non si da modo al mercato stesso di trovare degli equilibri.
Parleremo in qualche altro post dell'errore di fondo del meccanismo equilibratore del libero mercato.

Per adesso sappiamo che i ricchi ridiventano sempre più ricchi e molte famiglie un tempo considerate medio-borghese navigano troppo velocemente verso il margine superiore delle fasce definite povere.
Chi è povero oggi?
E' una definizione difficile anche se non impossibile. Così come definire chi è ricco e chi non lo è.
Povero viene definito colui che non ha finanze tali da garantire la sussistenza.
Ma cosa è la sussistenza in una normale città della nostra Italia oggi?
Avere una casa degna di questo nome, mangiare sufficientemente e dignitosamente e potersi permettere un livello minimo di quelle tanto agognate comodità moderne.
Entrando nel merito si vede quando la situazione sia spinosa.
Troppo spesso si pensa che i poveri siano solo coloro che vivono come clochard dormendo nelle panchine e facendo l'elemosina.
Mi dispiace, ma è una definizione e un'immagine di comodo.
Povero è un concetto relativo, molto relativo. In certi luoghi del mondo, aveva l'acqua corrente e cibo sufficiente è un indice di ricchezza. In certi contesti non avere l'I-phone o la macchina di grossa cilindrata è essere considerati poveri.
Povero è colui che si sente tale.
Il vero problema è che viviamo in un modo che continua ad alzare il livello di quello che è il minimo desiderabile e da possedere. Questo, anche se l'economia dovesse anche andar bene (COSA CHE NON E' VERA!), implica che sempre più persone sentirebbero, con il passare del tempo, di essere poveri.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 23 settembre 2010

E' sicuro avere un lavoro dipendente?

Quando ero piccolo, mia madre era solita ripetermi in continuazione una solfa che doveva imprimersi a forza nei substrati del mio inconscio.
Mi diceva continuamente che dovevo preoccuparmi, una votla divenuto adulto, a farmi una posizione e trovare un posto fisso.
Le frasi erano diverse, i modi erano vari e i risultati altalenanti. Ma il concetto di fondo era quello.
Mia madre diceva quelle cose nel mio interesse, cercando di insegnarmi qualcosa che sarebbe stata utile per me.

La società umana è un contesto strano perchè una volta trovata una soluzione, che diventa una regola di vita, spesso muta a tal punto che la regola valida fino a solo pochi anni prima diventa in un primo istante inutile e successivamente dannosa.

La società umana ha nel fattore cambiamento uno dei suoi presupposti. E se centinaia di anni fa i mutamenti era nell'ordine di secoli, dopo i mutamenti sono diventati dell'ordine di decine di anni e adesso anche di soli pochi anni.

Il lavoro fisso aveva il vantaggio di conferire sicurezza. Adesso questo vantaggio è stato azzerato dalle problematiche di immobilità che esso comporta.
Non è possibile parlare di questa cosa parlando per astrazioni o generalizzazioni. Non staremo a dire tutti i posti fissi, tutti i lavori da dipendente.....
Capite che la cosa è stupida in se. Credo che sia evidente il senso del discorso.

Oggi come oggi, è crollato l'assunto che avere un lavoro dipendente sia sicuro. Forse Può essere stato vero in passato in questa nostra Italia. Forse negli anni '50, '60, '70 e '80. Un lavoro come statale, come dipendente pubblico o delle forze armate forse anche oggi garantisce determinati vantaggi. Ma probabilmente questi vantaggi e questa sicurezza è inversamente proporzionale all'anzianità di servizio. Chi inizia oggi in questi lavori ha sicuramente la scena meno favorevole rispetto a chi è già lì da tempo.

Ma sicuramente avere un contratto di assunzione a tempo indeterminato avrebbe bisogno, come minimo, di un restyling del nome. 
A tempo indeterminato era inteso fino a qualche anno fa come infinito. O per lo meno, fino alla propria pensione o alla propria morte. A volte le cose coincidono ma questo è un altro discorso.....
Io direi che la frase a tempo indeterminato debba essere sostituita da ASSUNTO A STABILITA' INDETERMINATA.
Un assunto oggi come oggi è totalmente in balia degli eventi.
La sua ditta potrebbe chiudere, potrebbe trasferirsi, potrebbe essere oggetto di giochi di speculazione finanziaria, borsistica o di clientelismo politico. La ditta potrebbe metterlo in esubero, pre-pensionamento, cassa integrazione e via dicendo. Dall'oggi al domani. Senza che, necessariamente, questo significhi che il prodotto o servizio della ditta sia diventato non richiesto o abbia subito un decremento dell'interesse.
Ormai non si può più dire che chi chiude lo fa perchè sta andando male.
Quante aziende italiane stanno licenziando pur andando bene o talvolta benissimo? Pur se i loro prodotti continuano ad avere successo ed essere richiesti dal mercato?
Quanto made in italy viene semplicemente localizzato altrove? Possiamo chiamarlo sempre made in italy?
Ma questa è un'altra domanda. E un altro post.

Oggi come oggi non è minimamente sicuro avere un lavoro dipendente. Come non è sicuro mettersi in proprio.
Siamo in una jungla e le leggi brutali e spietate della lotta alla sopravvivenza stanno riprendendo il sopravvento sul concetto di società civile. Qualcuno applaude questo. Io non applaudo questo perhcè questo inbarbarimento ci viene politicamente venduto come apertura dei mercati, come globalizzazione e come aumento della produttività.
E non scrivo queste cose cercando di difendere in modo egualmente politico il vetusto discorso delle conquiste sindacali e robe simili. Chi conosce il mio pensiero sa quanto sono distante dall'uso politico e demagogico di queste conquiste sociali.
La lotta per la sopravvivenza è qualcosa di duro. Non ci si può dimenticare di questo.
L'essere umano ha deciso di creare delle società per sopravvivere meglio.
Nel fare questo è avanzato lungo la linea, diventando sempre più civile e sempre più intrecciato con il suo prossimo.
Non si può pretendere di guadagnare denaro e quindi cibo, vestiario, riparo e qualità della vita, senza produrre.
A NESSUNO DOVREBBE ESSERE PERMESSO QUESTO.
Salvo aiutare chi si trova momemntaneamente in una condizione negativa dovuta alle normali avversità della vita e ha bisogno di sostegno da parte del gruppo sociale a cui si riferisce. E il concetto di momentaneamente è vario quanto varie sono le situazioni dei singoli. Ma il concetto rimane lo stesso.
Quale soluzione a tutto questo?

Ne riparleremo prossimamente in questa sede.
Grazie per l'attenzione.

venerdì 26 marzo 2010

Da cosa dipende avere un lavoro? Cerchiamo una risposta

Da cosa dipende avere un lavoro?
Passo indietro.
Che cos'è un lavoro?

Lo so, sto procedendo in modo asciutto e diretto. Forse gradireste dei preliminari ma oggi non sono in vena di mielosi corteggiamenti.
Subito al sodo!

Un lavoro è qualcosa che possiamo definire prendendo a prestito le definizioni della fisica.
Per la fisica il lavoro è forza x spostamento.
Nel mondo economico il lavoro forse non ha o non dovrebbe avere un tipo di definizione così puntuale ma ci interessa il concetto.
Il concetto è che il lavoro è qualcosa legato ad un'applicazione di energia per ottenere un mutamento.

L'economia si basa sulla creazione di mutamenti al fine di tenere in vita un sistema.
E il lavoro è il manifestarsi di questi mutamenti.
Quindi lavorare può essere ridefinito in modo piuttosto semplificato come applicarsi nella gestione di qualcosa che muta o si sposta in uno spazio.
Ancora più semplificato il lavoro può essere definito come la gestione di energia nello spazio.

Da cosa dipende avere e mantenere un lavoro?

Dipende dalla propria capacità e abitilità nel sapere quale energia occorre gestire, in quale punto dello spazio e ottenere un mutamento che abbia effetti positivi.
Semplificando, avere un lavoro dipende dalla propria capacità di SAPER FARE qualcosa.
E ottenere mutamenti con effettivi positivi per il sistema di riferimento.

Qualunque deviazione da questo presupposto di base, ci fa entrare nel caos delle ideologie politiche o nell'insensatezza di tutte quelle pseudo definizioni sociol-baristiche-the alle 5 che le persone a volte mettono in piedi.

Se vogliamo avere un lavoro, occorre:
1) capire il sistema di riferimento nel quale stiamo operando! (abitare a Milano non è la stessa cosa che lavorare a Il Cairo o a Crotone o a Maracalagonis)
2) conoscere quali capacità naturali abbiamo.
3) stimare le proprie risorse materiali, spirituali, culturali e di rapporti di amicizia abbiamo.
4) valutare quale tipo di prodotto/servizio siamo in grado di eseguire in questo momento.
5) decidere quali attività da noi conosciute sono affini ai 4 punti di cui sopra.
6) stilare una classifica delle attività da noi conosciute in base a quanto bene riescano ad amalgamare i primi 4 punti di cui sopra.
7) decidere quale attività intraprendere.
8) crearsi un'identità lavorativa (esempio: io sono un elettricista!) definendo il nome di quello che siamo, l'attività concreta di quello che dovremmo fare e l'oggetto/servizio che dovremmo ottenere.
9) stabilire in modo ancor più preciso che prodotto/servizio finale dobbiamo ottenere.
10) verficare nuovamente che quello che dobbiamo ottenere sia SCAMBIABILE con il sistema di riferimento come da punto 1. Per scambiabile intendiamo qualcosa che il sistema deve richiedere ciò che potremmo offrire o almeno deve poter desiderare in tempi stretti questo prodotto/servizio se glielo offriamo.

A questo punto sappiamo chi siamo e cosa vogliamo.
Ma più importante sappiamo che possiamo offrire. Ovvero COSA SAPPIAMO FARE.
Questo nostro "saper fare" avrà un prezzo ovvero ci sarà una valutazione di quanto il sistema vuol pagare quel "saper fare".

Come si può vedere alla fine la procedura è semplice e molti di voi l'hanno seguita in quasi tutti i gradini.
Eppure c'è una spinta confusionaria e disgregante che continua a far dubitare le persone riguardo a ciò.
Si introducono fattori non pertinenti, come la scorciatoia criminale oppure la collocazione parassitaria.

Ho cercato a volte di assumere persone per le mie aziende.
Offrivo dei posti di lavoro, guadagno e possibilità di crescita.
Eppure moltissimi venivano da me e prima ancora di capire cosa veniva loro proposto mi chiedevano "Quanto pagate?".
Al che io rispondevo: "Tu quanto vuoi guadagnare?". Risposta= punto di domanda grande grande!
Allora correggevo: "Quanto pensi di valere tu? Quale compenso pensi sia adeguato alla tua compentenza e professionalità?". Qui le risposte fioccavano.
12 euro l'ora oppure 1200 euro al mese o robe del genere.
Al che tornavo in sella e chiedevo: "Tu cosa sai fare?". E qui ritornava la nebbia.

Ma mi chiedo come si può cercare un lavoro se non si sa fare qualcosa di specifico?
Beh, qualcuno di voi obietterà che una persona va in giro e, se ha bisogno di lavorare, si mette a disposizione per fare quello che c'è da fare. La persona è volenterosa e impara in fretta.
Ho conosciuto questo tipo di persone e questo genere di lavori.
Non c'è da meravigliarsi che oggi lavorino e domani no. Non hanno identità. Non sanno ottenere qualcosa ma solo tramutarsi in un ingranaggio che funziona in quella macchina specifica.
Sparati fuori dalla macchina non servono più.

So che le mie parole sembrano dure. Lo sono. E mi sono sforzato di ammorbidirle parecchie.
E se qualcuno pensa che sia una persona a cui hanno fatto trovare sempre la pappa pronta o che non ha sgobbato in lungo e in largo fin da giovane, conoscendo ogni tipo di lavoro......
beh, costui si sbaglia.
Non dico di aver fatto tutti i lavori di questo mondo ma sicuramente i principali si.
Ho lavorato in campagna e ho raccolto frutta. Ho lavorato come operaio edile e come caricatore di camion. Ho fatto il camionista e il cameriere. Il commesso e il venditore porta a porta.
Ho fatto l'imprenditore e il consulente aziendale.

Da cosa dipende avere un lavoro?
FIRST da una visione chiara delle cose e SECOND dal saper essere bravi a fare qualcosa di concreto che possa essere collocata sul mercato come fattore di scambio.
Alla prossima.

per Aspera ad Astra!
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