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martedì 4 febbraio 2014

Andare via dalla propria città?

Gli italiani sono stati un paese di emigranti. Lo sono stati in modo profondo e per lungo tempo.
Sul finire del 1800, l'italiano partiva per le Americhe. Negli Stati Uniti il nostro italico emigrante partiva perchè gli avevano detto che avrebbe trovato il paese lastricato di strade d'oro.
Quando arrivava, invece, scopriva 3 cose:
1) che le strade non erano lastricate d'oro.
2) che le strade non erano lastricate affatto.
3) che lastricarle era compito suo.

L'Argentina e altri paese del Latino America hanno ospitato talmente tanti italiani che trovare adesso un argentino che non abbia origini italiche è quasi impossibile.
Nel 1900, gli italiani sono andati in giro per l'Europa. In Belgio a scavare nelle miniere, in Francia a lavorare nelle industrie di trasformazione alimentare e in Germania nelle industrie meccaniche,
Abbiamo parenti stretti che sono emigrati.
Conosciamo la situazione da vicino.

Lasciamo perdere quindi ogni tipo di atteggiamento ostile all'emigrato a prescindere e riflettiamo sulla nuova ondata di "prurito da emigrazione" che sta colpendo molti italiani.
Innanzitutto è un dato statisticamente rilevante il fatto che molti più italiani si stiano trasferendo all'estero per trovare fortuna e lavoro.
Ma ciò che più inquieta sono i motivi e lo scenario generale.

Più che per cercare lavoro e denaro, la maggior parte degli italiani sembra che voglia emigrare dal loro paese per sfuggire a ciò che lasciano.
Via dall'Italia perchè dell'Italia non se ne può più!!
E non se ne può più delle sue ingiustizie, della sua mala politica, della sua corruzione ed inefficienza amministrativa, della sua lentezza nelle istituzioni.
Ma andare via dalla propria città e nazione è una soluzione?

Il discorso è semplice e complesso allo stesso tempo. Complesso perchè ogni persona ha una storia e un background diverso e non si può esprimere una legge che sia valida per tutti. E anche in questo caso le eccezioni sono previste.

Ma è semplice perchè prima di fuggire da qualche luogo, occorre capire esattamente da cosa si sta fuggendo.
Si sta fuggendo dalla pressione fiscale oppressiva italiana? Oppure semplicemente dal fatto che non si sta riuscendo a guadagnare abbastanza?
Quasi sicuramente la seconda ipotesi mascherata dalla prima.
E esprimiamo questo parere sapendo che la nostra posizione contro la deriva schizzoide della pressione fiscale è nota ed espressa chiaramente da tempo.

Se l'italiano che vuole fuggire veramente avesse voluto combattere l'eccesso di pressione fiscale avrebbe dovuto farlo da tempo. Non adesso che è più difficile evadere o che gli anni del cambiamento lo stanno colpendo in pieno (qualcuno chiama gli anni del cambiamento "crisi" ma noi preferiamo usare la prima definizione).
Una cosa è sbagliata se è sbagliata. Non è sbagliata solo perchè ci colpisce direttamente o perchè non riusciamo più ad eluderla.
Drogarsi (tanto per citare un altro esempio) è qualcosa di sbagliato a prescindere che ci sia in mezzo un nostro amico o parente prossimo.

Invece moltissimi italiani hanno volutamente chiuso gli occhi dinnanzi a errori organizzativi sociali per cui DOVEVANO per forza già da tempo muovere i propri disappunti. Ma non lo hanno fatto perchè il loro "giardino" era verde e non colpito dalla tempesta.
Salvo poi, invocare l'espatrio perchè la tempesta è arrivata ai loro piedi.

Che in Italia ci siano difficoltà strutturali è indubbio. Ma questa può essere una sfida ancora maggiore, una tenzone di portata ancora più ampia e quindi di più avvincente interesse.
Aprire una propria attività e farla andar bene in questo momento in Italia è la prova delle proprie capacità. Per qualcuno potrebbe essere sopraffacente ma per altri molto intrigante.
Si tratta sempre di capire cosa si vuole, dove si vuol arrivare e contra cosa dobbiamo scontrarci.
E poi rimboccarsi le maniche e darci sotto.

La tentazione di scappare è forte. E in alcuni casi necessaria. Soprattutto laddove si combatte da soli contro il resto di un sistema malato.
Sicuramente ci sono zone d'Italia in cui il connubio fra la mala amministrazione, la criminalità organizzata e la deriva sociale sono arrivate ad un punto tale che il singolo da solo ne è assolutamente sopraffatto.
In realtà lì il vero errore è combattere la guerra contro tutti da solo.
Qualcuno ci dice "Ma che potrei fare io? Tutto solo contro il sistema?"
Giusto! Corretto!
Ma come mai ti sei andato a ficcare nella condizione in cui sei da solo a combattere il sistema? E non sei parte di un gruppo che combatte il sistema? Un gruppo fatto di persone che come te intendono combattere il sistema?
Ovviamente ci solo in Italia molte persone che vorrebbero cambiare le cose e migliorarle. Che vorrebbero più etica e giustizia sociale.

Ecco perchè scappare è la scelta debole nel problema.
Perchè scappare rende il sistema ancora più forte.
E lascia altre singoli individui di buona volontà ancora più soli.

Quindi vediamo di darci da fare. In questi tempi di "crisi". Scusate, in questi tempi di cambiamento.
Grazie per l'attenzione.

lunedì 27 gennaio 2014

Denaro e preoccupazioni a riguardo

Il tema del denaro mi ha sempre affascinato.
E anche se qualcuno in fondo alla sala sghignazzerà leggendo questa frase, la realtà è che c'è differenza fra "desiderare denaro" e "essere incuriositi dal denaro".

Il denaro è una di quelle cose che passa trasversalmente la vita di quasi ogni uomo e donna sul pianeta. Che ne influenza le vite in un modo così profondo e permanente che liquidare tutta la faccenda con un solo
"Si, va bene. Si tratta di denaro"
mi sembra veramente poco.
Ho personalmente scritto un libro sul denaro e penso sia intelligente da parte mia segnalarvelo. In questo libro ho analizzato a fondo il perchè il denaro è tanto importante nella società di oggi.
Il denaro è una manifestazione dell'energia.
E in questa società è la manifestazione principi essendo le altre cadute in disuso. Non vi è più la conquista brutale di nuovi territori o popoli, non vi è il baratto e scompaiono altre forme di governo e di ripartizione della produzione.
Il comunismo ha dichiaratamente mostrato il suo fallimento e lo stato più comunista del pianeta terra, la Cina, è lo stato che possiede e compra più denaro di ogni altro.
Basti guardare l'elenco delle 10 banche più capitalizzate del mondo per capire.
Un giro su Google alla ricerca di questa classifica si fa in un paio di minuti.

Ma il denaro spesso è un fenomeno incompreso.
Dal cittadino comune, sicuramente ma anche da molti esponenti della cultura economica.
Che qualcuno di loro sappia come vanno le cose e non faccia niente è un'ipotesi non così campata in aria.

Questo blog ha sempre voluto parlare di denaro ed economia partendo da lontano e vedendo le cose in modo originale.
Non perchè ci piaccia per forza fare i bastian contrari. Non ci piace.
Facciamo i bastian contrari perchè siamo contrari alle opinioni dominanti. Che sono dominanti ma sbagliate. 

Si, lo so. Assurdo ma può succedere. Dominare ed essere nel torto. Hitler e il suo nazionalsocialismo è un esempio fin troppo facile da fare.

Nel corso del tempo forse il servizio da noi reso al lettore non è stato nè completo nè frequente.
E di questo siamo un pò dispiaciuti.

Cercheremo di porre rimedio a ciò in un nuovo 2014 che è iniziato da un mese.
Cercando di capire sempre di più riguardo al denaro e al perchè è diventato un problema e una preoccupazione per così tanti.

Saluti e grazie per l'attenzione.

lunedì 12 agosto 2013

Quali bugie ci raccontano sulle tasse?

E' possibile avere un'altra fiscalità e un altro livello di tassazione?
Si è possibile.

Lasciamo perdere chi, nello spazio pubblico dell'agorà politica, si spaccia per politico o rappresentante del popolo.
Lasciamo perdere le castonerie che taluni dicono e le inesattezze di parte che altri portano avanti.

Una tassazione più equa non solo è possibile ma è assolutamente necessaria.
Stiamo preparando del materiale per illustrare (prossimamente) quali sono le proposte di questo blog per una migliore, più equa e più sostenibile tassazione.
Scopo? Portare il peso delle tasse sul PIL dal 54% attuale (ma secondo alcuni parametri di calcolo anche il 65%) ad un ottimale 30/33% di peso delle tasse sul PIL.
Dalla metà ad un terzo. Quindi quello che rimane a famiglie, imprese e cittadini non è meno della metà ma più di 2/3.


Cominciamo oggi con l'illustrazione alcune bugie sulla tassazione:

a) Non si possono abbassare le tasse perchè si taglierebbero i servizi al cittadino.
b) Le tasse sul reddito sono la cosa equa. Chi guadagna di più deve pagare di più.
c) L'Italia non può diminuire le tasse perchè altrimenti i mercati esteri la punirebbero.
d) Le tasse sono così alte perchè nel nostro paese in molti evadono il fisco e non pagano quanto dovuto.

Esaminiamo queste prime 4 bugie una per una.

a) Non si possono abbassare le tasse perchè si taglierebbero i servizi al cittadino.
I servizi del cittadino è qualcosa che viene prodotto dalla collettività per la collettività. Il principio cardine di qualunque società è che niente possa essere consumato o utilizzato senza che a monte non ci sia stata della creazione. Ovvero prima si produce qualcosa e poi avviene il consumo di questa produzione. Se nessuno coltiva l'orto, non ci saranno i pomodori o le patate da consumare. Giusto?
I servizi che uno stato offre ai suoi cittadini sono realizzati da strutture organizzate. Così come un'impresa vende i suoi prodotti dopo averli "realizzati", così un ente pubblico, pubblica amministrazione o quant'altro deve realizzare i propri prodotti (in questo caso servizi!).
Non si è mai sentito che qualcuno (un impresa privata) non produce perchè non ha i fondi. Se non ha i fondi, significa solo che ha gestito male le sue finanze o che vende prodotti di qualità non accettabile o fa un pessimo marketing e così via. Insomma è un'azienda inefficiente.
Il problema è che troppi enti pubblici forniscono servizi senza scambio. E questo viola il principio base di ogni movimento economico.
Ma questo significa che anche cose come l'assistenza sanitaria devono essere a pagamento? No, non intendiamo questo.
Intendiamo dire che le strutture pubbliche devono essere effficienti. Il problema è che non lo sono. E se una pattuglia della polizia non può uscire perchè il ministero non ha finanziato l'acquisto di carburante, non è perchè non ci sono i soldi delle tasse.
Questa associazione di idee è falsa. Totalmente.
Si potrebbe aumentare il gettito delle tasse e avere problemi di inefficienza.
Viceversa è possibile diminuire il peso fiscale complessivo e mantenere un alto livello di servizi. Si potrebbe addirittura scoprire che correggere i veri motivi di questa inefficienza, si può anche aumentare il livello dei servizi

Al prossimo post per la spiegazione del perchè non è corretto dire che chi guadagna di più deve pagare di più.
Grazie per l'attenzione.

venerdì 9 agosto 2013

Crisi: ma esiste davvero? Noi non ne siamo così sicuri

Onestamente ci piace pensare al fatto che le parole siano strumenti che possiamo controllare e gestire secondo le nostre necessità.
Parlo di noi uomini, noi esseri umani.

Non ci piace l'idea che le parole abbiamo il potere di controllarci, causarci emozioni non corrispondenti alla realtà e che non siano sotto il nostro controllo.

Quando una parola viene usata in modo improprio, reca un pessimo servizio alla comunicazione. Non staremo qui ad elencare le centinaia, migliaia di parole il cui significato è stato distorto al punto che non servono più per il motivo per cui sono state create..... ovvero portare maggiore comprensione.

Così più parli, più leggi, più ascolti e meno capisci.
Assurdo? Però sta funzionando così.

E' da qualche anno che la parola "crisi" ci ha invaso e continua a risuonarci nelle orecchie.
Ma che significa crisi? Tralasciando alcune sfumature di significato che ci porterebbero in territorio troppo filosofico, per crisi la maggior parte delle persone intende un periodo in cui le cose non vanno come dovrebbero ma anzi precipitano verso il basso.
E per crisi economica, un periodo in cui il lavoro sparisce, le fabbriche e i negozi chiudono, gli operai e impiegati vengono licenziati e le famiglie tagliano le spese perchè non riescono più ad arrivare a fine mese.

Ma la crisi esiste davvero?
Sicuramente in questo momento e con questa domanda 7 persone su 10 cominceranno a pensare male di chi scrive questo articolo. Come minimo. Mentre 2 su 10 rimarranno attoniti a non capire cosa si vuol dire e solo uno dirà "La pensa come me!".

La nostra è una domanda provocatoria per far riflettere.
Nessuno qui sta minimamente insinuando che la scena che ci sta attorno (e ci limitiamo solo agli aspetti economici e finanziari senza neppure sfiorari temi sociali, etici e filosofici) sia ottimanale ma neppure buona.
E' una situazione bel lontana da un livello minimo di accettazione.
Ma la nostra opinione è che la scena è ben lontana dal livello minimo di accettazione così come lo era anche quella di 4/5/6 anni fa e cosi via.
O meglio, adesso stiamo vedendo gli effetti di una scena non ideale di qualche anno fa.

Siamo abituati dall'atteggiamento medico moderno a occuparci di qualcosa solo quando compare il dolore.
Ciò è il modo sbagliato di avvicinarsi ad un problema.
Curare un malato quando la malattia è al suo apice, significa non essersi presi cura del sano dal suo apice di salute, giù giù giù fino al momento peggiore.
La scena ideale non è curato un malato. Quello è l'ultimo atto quando gli altri altri non hanno funzionato.
La scena ideale è far si che un sano rimanga tale.

In un paese, ciò che si deve fare è impedire che l'economia crolli e non prendere provvedimenti per uscire dalla crisi.
Ma all'università e in tv insegnano che esiste il "ciclo economico" che è un concetto di base che ci dice che qualcosa attraversa degli alti e poi dei bassi.
E per quanto sia vero che nella vita non esistono solo le linee rette ma più verosimilmente le tendenze, è anche vero che il concetto per cui occorra accettare come fisiologici questi periodi di "crisi" è gravemente passivo e persino causa dello stesso periodo di crisi.
La crisi non esiste. O meglio è semplcemente inutile e dispersivo parlare di crisi.
Noi di Denaro e Dintorni non consideriamo funzionale questa definizione.
Arriviamo addirittura a pensare che senza il gram TAM TAM che i mass-media hanno fatto di questo concetto mentale collettivo, qualcuno sarebbe passato attraverso questo deserto senza accorgersi di niente.
E lo diciamo perchè tante persone, negli anni passati, non si sono accorti di niente.
Quando c'era tanto di cui accorgersi.

Sicuramente ci sono modelli di organizzazione economica che vanno riformati. Ma non da oggi.
Sicuramente ci sono influenze esterne alle dinamiche di mercato che le stanno alterando e fanno pagare il prezzo del conto ai cittadini. Ma non da oggi.
Sicuramente si stanno insegnando ai giovani ancora più bugie sulla finanza di quelle che hanno già insegnato ai grandi. Ma non da oggi.
Sicuramente c'è bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale che inverta i vettori di comprensione del denaro e del lavoro. Ma non da oggi.

Quindi perchè parlare di crisi? Non ha senso. O forse si?
Siamo in crisi, in un periodo di crisi. Ma secondo noi questa affonda le sue radici negli anni '70, si sviluppa embrionalmente negli anni '80, si mette al lavoro negli anni '90, per poi cominciare a manifestare i suoi primi effetti nei primi anni '2000 e i suoi effetti completi a fine decennio. Fino ad oggi.
E forse fino a domani.
Ciò dipende da noi, dalla nostra comprensione delle cause e dei fattori in gioco.
Parlare di crisi è fuorviante per tutti questi motivi.
E' sterile.

Non potremmo esprimere la cosa in un modo più semplice.

Sentir parlare di crisi al bar ma anche nei salotti della TV è disarmante. Parlano di inezie, di dettagli infinitesimali e di cose che neppure c'entrano.
E più che altro si ricoprono con questa coperta che tutto sembra spiegare.
"Eh, c'è proprio crisi!". Noi diremmo che ce l'hai tu una grande crisi. Di identità, di comprensione, di vitalità, di futuro.
Allora si. Allora pensiamo che ci sia la crisi.
Parlare di crisi in un momento in cui l'Uomo su questo pianeta sta producendo e consumando come non mai è economicamente assurdo.
Sicuramente ci sono aree in cui qualcosa funziona peggio degli altri posti.
E sicuramente ci sono grandi disparità di distribuzione di ricchezze.
Ma è tutta una cosa di questi ultimi 3/4 anni?
Sicuri?

Noi mica tanto.....

Grazie per l'attenzione.

lunedì 5 agosto 2013

Vivere in un paese economicamente confuso

Cosa è la confusione?
La confusione è uno stato di mancanza di comprensione di ciò che sta succedendo ma anche la constatazione che tutto si muove al di fuori del nostro controllo.

Il grando di confusione di qualcuno o di un'area è molto legato alle abilità.
Non possiamo dire, infatti, che un movimento X di particelle generi per forza della confusione.
Possiamo infatti immaginare un commesso o un barista che con facilità gestisci moltissime persone allo stesso momento senza per questo andare in confusione.
E' tutto molto legato alle soglie di abilità di chi è presente nella scena.

L'Italia è oggi un paese dove la confusione regna sovrana.
Non è, dal nostro punto di vista, un posto in cui ci sono dei problemi insormontabili. Non in quanto tali. Da un punto di vista tecnico, intendiamo.
Ma sicuramente operare in questo contesto è particolarmente difficile e frustrante.

Un cittadino che voglia fare le cose per bene, è angariato da un sistema di gestione delle cose burocratiche per cui è spesso molto più pericoloso fare le cose quasi-benissimo piuttosto che non farle per niente.
Prova a sbagliare qualche dato in una dichiarazione dei redditi........ E vedrai.

La soluzione di molti è: andiamo via da questa nazione.
Abbiamo pensato di scrivere questo articolo proprio dopo la notizia che un nostro conoscente ha pensato di risolvere la confusione andando via dall'Italia per andare in un paese vicino dove, pare, sia possibile lavorare meglio.
Sicuramente non ci sentiamo di criticare chi fa questa scelta nè di discuterne la bontà nè da un punto di vista lavorativo nè morale.
L'Italia è un paese confuso. Ma lo è anche perchè noi italiani abbiamo contribuito in una certa misura a renderlo tale. L'intero, in una nazione, non è solo la somma dei singoli comportamenti. Non lo è. L'intero è qualcosa di più. Ma dire che i nostri singoli comportamenti hanno contribuito in grande misura a rendere l'Italia quello che l'Italia è, è qualcosa che si avvicina al vero.

Più che altro pensavamo che se qualcuno non ce la fa in Italia e va all'estero, non è detto che lasci in Italia le cause delle sue difficoltà. E se queste cause invece fossero endogene, cioè dentro la persona stessa? Cosa succederebbe allora? Che uno va all'estero e si porta con se le proprie debolezze o errori.
E' un rischio. Una possibilità.
Cosa fare allora?

Comprendere perchè si è diventati confusi riguardo al lavoro e alle entrate vivendo in Italia.
Capire questo potrebbe anche portarci a risolvere le cose.
E guadagnare ciò che meritiamo senza dover per forza emigrare.

Grazie per l'attenzione.


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