Al giorno d'oggi il lavoro è diventato una pietra miliare della vita di tutti noi.
Ci si dispera se lo si perde, lo si ricerca disperatamente se non lo si ha, lo si invidia a chi lo possiede.
Il lavoro ormai è diventato un concetto talmente solido da non essere più un'attività (io svolgo un lavoro) ma un oggetto (io possiedo un lavoro).
Giorni fa leggevo un articolo di un formatore e consulente di marketing italiano, il quale giustamente poneva in rilievo come i parametri del mondo del lavoro sia profondamente mutati rispetto ai paradigmi (cioè agli schemi di funzionamento) dei decenni scorsi.
Ma in un modo profondo e radicale!
Ovvero, se fino a qualche anno fa il concetto era statico (fai le scuola, laureati all'università, trova una collocazione in una grande azienda o avvia la tua carriera professionale fino alla fine dei tuoi giorni) ora è diventato dinamico.
Ma cosa significa in realtà questo passaggio da statico a dinamico?
Significa che prima la meta era il possesso di un contratto di lavoro ovvero l'occupare una posizione all'interno di una schema organizzativo. Io vengo assunto da qualche parte, ho il posto fisso e questo mi mette al riparo da tutto. Forse, nel mentre, posso anche imparare a fare qualcosa.
L'occupare un posto era la meta. E per fare questo contavano i certificati e gli status: cosa hai fatto? che scuole hai frequentato? quali certificati hai? Il famoso curriculum, insomma.
Valuti qualcuno in base a quello che HA FATTO!
Passato, vedete? Il paramentro era il passato.......
Ma in un contesto completamente diverso, in cui i mercati spostano violentemente le risorse da un paese all'altro e in cui i governi nazionali faticano a trovare dei sistemi sovranazionali per regolamentare le differente normative delle nazioni coinvolte, non conta più cosa qualcuno ha fatto o quali certificati ha ottenuto.
Alcune volte, il fatto di aver occupato per 20 anni una certa posizione in una struttura rigida, viene addirittura visto come un impendimento piuttosto che come un punto a favore.
Adesso vi è un netto spostamento verso il futuro e verso ciò che un individuo PUO' FARE! e non verso ciò che ha fatto.
L'attenzione si sposta dagli studi e dai certificati (che garantiscono solo che qualcuno conosce come le cose si facevano..... in passato!) alla capacità di anticipare le esigenze del mercato o di trovare soluzioni ai problemi.
In pratica si cercano persone con una formazione diversa e proiettata nel futuro.
Persone che non solo siano in grado di operare nel presente ma, SOPRATTUTTO, che siano in grado di adattarsi ai prossimi imminenti cambiamenti del mercato.
Cioè il lavoro, da oggi in poi, sarà continuamente rivoluzionato da cambiamenti. Sarà tutto un work in progress, ovvero un cambiamento continuo. Ecco il motivo di avere nella propria squadra persone che riescano a tollerare questa mutabilità e trasformare i cambiamenti in opportunità.
In questi giorni si parla tanto (come nei recenti anni) di aumento della flessibilità.
Le imprese chiedono la possibilità di avere strumenti maggiormente flessibili.
I sindacati e i lavoratori temono (spesso a ragione) che dietro questa parola ci sia solo una scappatoia per scaricare i propri dipendenti da parte dei datori di lavoro. Quindi flessibilità vista come precarietà.
E di certo con la precarietà è duro, durissimo, incredibilmente duro riuscire a pianificare il proprio futuro.
Il tema è talmente vasto che è impossibile esaurirlo non solo in un articolo ma in 40 o 50 articoli.
Ci vorrebbe un intero libro che analizzi come da un'idea si possa passare a dei provvedimenti pratici senza danneggiare nessuna delle parti coinvolte.
Il punto è che il lavoro non è un oggetto. Il lavoro è una capacità. Una capacità che viene percepita dagli altri e che gli altri mettono in azione tramite la domanda (incarichi, assunzioni, ordini). Una capacità che diventa prodotti e servizi.
Così chi cerca lavoro pensando che sta cercando un oggetto da acquistare che qualcuno vende da qualche parte, ha molte difficoltà nel trovare lavoro. Cerca qualcosa che non c'è fuori di lui.
Il lavoro è dentro di lui.
E' una verità oltrmodo dura, oltremodo.
E' una frase che attirerà i disappunti e le antipatie di alcuni e le perplessità di molti.
Ma rifletteteci un attimo e vedrete che se qualcuno cerca un lavoro senza offrire delle capacità (e non titoli, status o robe simili), non cerca lavoro ma un regalo. O qualcosa del genere.
Quale soluzione, quindi? Di sicuro, sia che si cerchi un primo lavoro o un reinserimento nel mondo del lavoro dopo averne perso uno, interrogarsi su quali capacità potenziali siamo in grado di offire sul mercato è il primo punto.
Se non abbiamo capacità da offrire, trovare lavoro sarà sicuramente arduo.
Grazie per l'attenzione.