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martedì 18 ottobre 2011

Una storia di ordinaria inefficienza economica

Nei giornali abbiamo pagine e pagine di discussioni riguardo ai veri o presunti motivi che hanno portato alla attuale crisi finanziaria in Italia e nel mondo.
Non parliamo poi dei talk show in TV sul soggetto.

In questo blog si cerca di osservare le cose da punti di vista diversi basandosi su una legge fondamentale della vita:
Se un problema non si risolve nonostante le varie soluzioni che si cercano a riguardo, significa che non è quello il vero problema ma ne nasconde semplicemente un altro che ne sta alla base. 
Oggi postiamo un breve sfogo pubblicato su un forum da parte di un italiano che è emigrato e che ha deciso di ritornare in Italia per portare avanti con la moglie francese un progetto imprenditoriale nel suo paese natale.
Questa breve storia personale non ha secondo noi bisogno di alcun commento, perchè si spiega da sola.

Ma il nostro commento è lapidario: il vero motivo delle difficoltà economiche risiede in questi aspetti che non sono soltanto della struttura economica e burocratica italiana ma sono ormai insiti nel tessuto etcnico degli italiani. Italiani come gruppo e non come totalità degli individui, ovviamente.
Ovvero nessuno sostiene che tutti gli italiani si comportino in questo modo oppure appoggino o siano d'accordo con queste incongruenze economiche e sociali (chiamiamole così!).
Ma non lavorare assiduamente per cambiare questi brutte attitudini è purtroppo sufficiente per consentire a queste ultime di sopravvivere.
E, purtroppo, la lotta dovrebbe cominciare dal vertice. Dove persone vengono investite dal popolo del mandato di occuparsi anche di ciò. E se il top management di una nazione cincischia con altri problemi di infima importanza, sicuramente il lavoro del resto della popolazione, e quindi del comune cittadino, non è facile.

Ecco a voi una normale (purtroppo!) storia dell'Italia di oggi. Messa qui solo ad esempio di mille altre storie di cui non siamo a conoscenza. Ovviamente l'italiano scritto del signore ha delle lacune (in parte corrette da noi) ma il senso si comprende benissimo.

Author: Giovanni
Comment:
salve mi chiamo Giovanni.... lavoro da un anno e mezzo nella attivita' di mia moglie come suo ragioniere.
Mia moglie è cittadina francese e aveva in francia a metz una parrucchieria ed un centro estetico e una piccola palestra. Io sono siciliano e amo la mia terra e o convinto lei di vendere tutto in francia e venire ad investire in sicilia.Cosi ha fatto ma maledico quel giorno perchè dopo aver investito il suo capitale dopo aver portato occupazione impiegando 7 persone e l'intento era quello di assumere altro personale per un idea sua senza chiedere aiuti statali si trova oggi dopo 18 mesi ancora senza licenza.
Questo perchè il comune con i suoi dirigenti si ostinano a ribaltare la sua pratica: siamo in muni (?) perchè noi non conosciamo nessuno - ha creato un centro originale dove c'e' un bar una palestra una parrucchieria un centro estetico ed un centro benessere nell`idea c`era anche un asilo ed un bed and breakfast ma pultroppo a qualcuno abbiamo dato fastidio ed adesso per colpa di questa lentezza ci hanno danneggiato e non sappiamo come uscirne.
Abbiamo anche delegato un avvocato ma invano ma e' niente a confronto a quello che mi hanno chiesto per velocizzare la licenza: cosa dobbiamo fare?

C'è bisogno di commentare?
Grazie per l'attenzione!

lunedì 17 ottobre 2011

Le banche nell'occhio del ciclone! Ma che strano? - 1a parte

E' sotto l'attenzione di tutti quanto è successo questo scorso sabato a Roma nell'ambito della manifestazione contro le banche e il sistema finanziario europeo e mondiale.
Promossa come la manifestazione degli indignados, degli indignati sarà sicuramente ricordata anche (o forse solo) per la manifestazione dei black bloc o, comunque, della distruzione di varie vie e negozi della nostra amata città eterna.
Tralasciando tutti gli aspetti prettamente di cronaca della vicenda e le dietrologie politiche sul chi abbia agito per distruggere e perchè, rimane un fatto che in un blog economico come il nostro non possiamo non evidenziare.

Sta crescendo la consapevolezza sul fatto che c'è qualcosa nel sistema finanziario mondiale e sul ruolo delle banche che non va.
E non intendiamo prendere nessuna posizione politica a riguardo. Ma solo una posizione di tipo accademico e di tipo razionale-analitico.

Perchè le banche sono nell'occhio del ciclone, per dirla in parole povere?

Qualcuno disse (credo fosse Abramo Lincoln) che si può ingannare qualcuno per sempre e tutti per un periodo ma che non si può ingannare tutti per sempre.
Il sistema bancario mondiale dovrà fare i conti con questo aforisma, che nasconde però una grande verità sociale.

Dovremmo partire dal concetto di cos'è una banca per comprendere qualcosa. Perchè dai concetti base non si parte mai.
Un banca è una struttura che riceve del denaro da alcuni elementi di una società per conservarlo e proteggerlo e che lo presta ad altri elementi della società che ne facciano richiesta dietro il pagamento del servizio.
La sua funzione è quella di permettere che il denaro (un simbolo della produzione di una società) inutilizzato in alcune aree abbia la possibilità di andare a svilippare la sua energia potenziale in altre aree della società.
Le banche hanno (avrebbero) quindi una funzione di utilità sociale molto spiccata. Se si limitassero ad essere delle istituzioni che accettano i depositi dei loro clenti e che ne gestissero la conservazione, sarebbe tutto più semplice. I conti correnti sarebbero delle sorta di depositi di sicurezza e le banche non sarebbero diverse da un qualcosa come Paypal o come le monete elettroniche tipo Alert Pay o Liberty Reserve.
Un servizio utile, veramente utile.

Ma le banche, per loro scelta tra l'altro (non dimentichiamo che sono proprio queste imprese che spendono milioni di euro per promuovere i loro servizi di finanziamento in ogni modo e su ogni luogo. Provate a scrivere "mutui" su Google e vedrete quanti link a pagamento di banche saltano fuori!), hanno deciso di prendere questi depositi e usarli per il "prestito". 
Ah, il prestito! Quale parola densa di significati ed emozioni.....
Innanzitutto prendiamo la parola prestito e la trasformiamo in "credito". Che fa più fashion e più style. Scusate l'ironia.
In ogni caso, Le banche accettano depositi e cercano individui e imprese a cui girare questi depositi dietro pagamento.
Ma funziona proprio così. NO. E qui sono nati tutti i problemi.
Le banche non prestano i soldi che raccolgono con i depositi di chi li ritiene di fiducia. O almeno non si fermano a questo.
Ogni banca comincia a gestire il proprio potenziale di credito (i soldi che possono prestare) in base a meccanismi via via sempre più complicati. Di base, per andare alla sostanza, generalmente prestato di più di quanto abbiano raccolto basandosi sul criterio (denominato riserva frazionaria!) che se in cassa hanno 10 possono prestare più di 10 tanto non può capitare che chi ha depositato ritiri nello stesso momento e metta quindi la banca in rischio fallimento.
Cioè io ho 100 milioni di euro depositati provenienti da 10.000 persone e comincio a prestare ad altre persone molto più dei 100 miloni. In alcuni casi fino a 10, 15 o 20 volte di più. Tanto è abbastanza improbabile che tutte e 10.000 le persone ritirino i soli contemporaneamente.
E poi, nel peggiore dei casi, io banca mi farò prestare  i soldi mancanti da un'altra banca.

Questo fatto, da solo, ha portato tutte le istituzioni bancarie a perdere il controllo della mole di prestiti (credito) erogati a vario titolo a imprese e privati.
SOLO QUESTO.
Se a questo ci aggiungiamo che molte banche hanno incluso nelle loro "attività" patrimoniali il possedere titoli di debito pubblico di stati che vivevano anch'essi sul debito, il cerchio si chiude.
Mi chiedo perchè si perda tempo a cercare le cause dei problemi del sistema finanziario mondiale ed europeo?

 A risentirci nella seconda parte.

sabato 15 ottobre 2011

E' tutta colpa dell'euro?

Euro, euro, euro.
Euro sta per Europa. Ed è la (ormai) ultrafamosa moneta dell'Unione Europea, messa lì come una sorta di totem per dire a tutto il mondo che l'Europa esiste ed è forte.

L'euro è attualmente in circolazione dal 2002 ed è diventata una moneta che fa parte della nostra vita quotidiana.
Sicuramente con la sua introduzione ci sono stati un pò di assestamenti e il trambusto non è mancato.
Diciamoci la verità?
Quanti di noi hanno pensato che l'euro fosse il colpevole delle traversie economiche e finanziarie che il bello stivale che si allunga nel Mediterraneo passa da ormai un decennio?
Io ho sentito dire spesso "E' tutta colpa dell'euro!" oppure "L'euro ha fatto aumentare tutto!".

Ma quanto sono valide e fondate queste accuse?

Una moneta è sia un metodo di misura che uno strumento di gestione dei rapporti finanziari fra stati.
Quindi, di base, uno strumento di misura non causa alcunchè, essendo un qualcosa di neutro.
Mi spiego.
Se volendo comprare 1 kg di pane, chiedo al panettiere 1 kg di pane e costui mi da 35,27 once di pane, a cosa vado incontro? Mi ha fregato forse? In realtà no, perchè mi ha dato la quantità di pane che ho richiesto misurata con un'altra unità di misura.

Quindi il fatto di pagare qualcosa con le lire o pagarle con gli euro, non dovrebbe cambiare.
Ma qui subentrano degli altri aspetti.
L'adozione dell'euro avviene perchè l'Italia smette di avere una sua politica monetaria e accetta di condividere questa politica con altri stati, tra cui soprattutto la Germania e la Francia.
Spiegare i meccanismi di politica monetaria in un articolo è praticamente impossibile (gli dedicheremo del tempo più avanti!) ma di base la politica monetaria si basa su 2 fatti:
1) la gestione della quantità di moneta circolante.
2) la fissazione del valore della moneta rispetto alle altre monete.

Per un lungo periodo di è cercato di creare un sistema di misura delle monete fisso e agganciato a qualcosa di concreto come l'oro.
Ovvero tanto, tanto tempo fa una moneta aveva un certo valore nominale in base ad un certo valore che derivava dall'oro (quantità di possesso di quello stato di oro). Poi ci furono tempeste e tifoni e l'unica moneta agganciata all'oro rimase il dollaro. Fino agli anni '70 in cui nessuna moneta è agganciata a nessun bene reale. Quindi ogni stato può stampare quanta moneta crede e può dare alla sua moneta il valore che vuole.
L'Italia lo sa bene, visto che più di una volta (prima dell'avvento dell'euro) le nostre autorità hanno ben pensato di svalutare la lira rispetto alle altre monete per sistemare i pasticci interni.
Lo so, tutto difficile, lo comprendo.
Ma c'è un punto che semplifica tutto.
La colpa non è di una moneta ma dei parametri a cui questa moneta di aggancia.
Il problema non è quindi se un euro vale 1936,27 lire o se il suo valore fosse stato di 1000 lire.
RICORDIAMOCI IL METRO DI MISURA.
Il punto è che ora l'economia italiana si è trovata con una moneta che non svaluta e con una moneta molto forte nei confronti delle altre, dollaro in testa.
Così per gli italiani forse è stato più conveniente comprare le cose in dollari ma assolutamente sconveniente per le esportazioni. Che infatti sono crollate.

Quindi è tutta colpa dell'euro? No. Per quanto nel passaggio dall'euro alle lire (troppo-troppo rapido) ci siano stati movimenti di assestamento che hanno causato notevoli danni.
Ne cito solo uno:
lo stato preleva dai suoi cittadini un'imposta chiamata Iva che va in percentuale sui prezzi. Dopo l'euro i costi degli immobili sono schizzati alle stelle. Lo stato ha DRENATO (leggi rubato) da tutte le compravendite una quota di tasse decisamente maggiore rispetto al passato. Soldi che vengono sottratti all'economia reale per essere buttati nel calderone senza fondo della finanza pubblica.

Di chi è la colpa quindi? Qualcuno dice della mancanza di crescita (in parte corretto) e qualcuno dice per l'incredile peso del debito pubblico (in gran parte corretto).
Potremmo parlarne ma lasciamo perdere questo euro.
Grazie per l'attenzione.

giovedì 13 ottobre 2011

Ciclo di vita di un mercato

Un concetto molto, molto importante è il cosidetto "ciclo di vita di un prodotto".

Questo concetto parte dal presupposto che un prodotto sia un'entità simile ad un organismo e che passi attraverso fasi di vita che non sono esattamente circolari ma, diciamo così, "dispersive".
Rendendo le coe molto semplici diremmo che ogni prodotto (intendendo con questo anche un servizio che è un tipo particolare di prodotto) passa attraverso 4 fondamentali fasi che sono:
Introduzione (chiamata anche nascita o paragonabile ad essa).
Sviluppo (chiamata anche crescita o paragonabile ad essa).
Maturità.
Declino.

A seguito del declino un prodotto è destinato alla morte a meno che non intervenga una sorta di infusione di giovinezza tramite qualche cambiamento che ne prolungherà la vita con una nuova (PICCOLA) fase di sviluppo e successiva fase di maturità.
In ogni caso alla lunga il destino di ogni prodotto è quello di scomparire.

Questo modello è molto utile perchè fa comprendere che un prodotto non può essere realizzato e venduto per sempre. Anzi mostra come in un primo momento renderà bene e poi sempre meno fino a che non sarà più desiderato e le vendite crolleranno.
Per alcuni prodotti la cosa potrebbe durare mesi per altri anni.

Se vogliamo oggi essere ancora più arguti, possiamo vedere che un mercato è un insieme di beni specifici (prodotti effettivi o servizi) che vengono scambiati.
Un mercato è quindi un agglomerato dei cicli di vita dei prodotti che lo compongono.
E, quindi, anch'esso attraverserà un percorso simile al ciclo di vita di un prodotto. Ovvero, dopo un tot di tempo, anche un certo mercato mostrerà una fase di maturità a cui seguirà una fase di declino che culminerà presto o tardi nella inesistenza di quel mercato.
A meno che il mercato non si rinnovi, il che darà nuovo sviluppo e nuova maturità allo stesso.

Far finta che le cose non siano così è una grande fonte di problemi per i singoli individui e, soprattutto, per gli amministratori di società private e di enti pubblici, locali o nazionali che siano.
In questi giorni si è celebrata la scomparsa di Steve Jobs, ritenuto (con merito) un genio dell'innovazone tecnologica.
Eppure non si mette in risalto la qualità maggiore del fondatore della Apple. Ovvero la sua capacità di innovare e guardare sempre più avanti.
Jobs ha creato mercati e fatto business dove non c'era neppure il concetto di crearli.

Se intendo crearmi una professione, occorre capire bene a quale punto stanno i mercati a cui io mi sto rapportando. E ricordare che esistono mercati locali e mercati regionali. Mercati nazionali e mercati internazionali.
Se intendo diventare un idraulico e inserirmi in questo mercato, dovrò valutare se nella mia zona il ciclo di vita di questa particolare forma di servizio è in una fase di crescita o di maturità o di declino.

Naturalmente non bisogna disperare se nella propria zona il mercato a cui ci si sta riferendo è in fase di declino. Potremmo scoprire (per restare con l'esempio di cui sopra) che a livello nazionale la professione dell'idraulico ha avuto delle evoluzioni. Possiamo scoprire che in altre zone l'idraulico arriva a casa delle persone con macchinari particolari e affronta il lavoro con una tecnica nuova ed innovativa, frutto di competenze mai avute.
E' evidente che in questo caso si pongono le basi per creare un'evoluzione di un mercato e dargli nuova linfa. Il vecchio mercato della zona riguardo gli idraulici in piena fase di maturità avanzata in cui la richiesta è completamente satura potrebbe avere nuove aperture con questa innovazione.

Ovviamente, ricreando un nuovo mercato degli idrauilici in zona si entra nella prima fase del ciclo di vita e cioè l'introduzione. E bisogna essere consapevoli di questo. Perchè caratteristica di questa fase (l'introduzione) è la presenza di costi superiori alle entrate (dovuti agli investimenti che ovviamente non hanno un ritorno immediato e alle vendite che iniziano a decollare ma che sono ancora basse) e la difficoltà di penetrazione.
Bisogna farsi conoscere, far comprendere che non si può più fare l'idraulico come i vecchi tempi, etc. etc.
Questo comporta fatica, impegno e applicazione.

Quando l'economia va male occorre riflettere su quanto siano maturi e in declino i mercati di quella particolare economia. Anzichè pensare a soluzioni strane da un punto di vista finanziario, bisogna apportare cambiamenti o nel prodotto o nell'ampiezza dei mercati.
 E lo stesso dicasi per le singole aziende e singole professioni.
Ma avremo modo di parlarne in seguito.
Grazie per l'attenzione.

martedì 11 ottobre 2011

L'affiancamento nel mondo del lavoro.

In questo blog ci è capitato di parlare del concetto di cambiare lavoro.
Vorrei aggiungere qualcosa a quel tema, spinto anche da alcuni avvenimenti di questi ultimi giorni.
Come professionista, devo confessare di aver cambiato vari lavori nella mia vita pur mantenendo stabile il mio ruolo fondamentale di consulente. Mi sono occupato anche di attività commerciale e quindi ho avuto modo di stare spesso in contatto con ogni tipo di clientela. Dal piccolo privato alla media azienda all'ente pubblico con tutte le sue regole peculiari e i suoi procedimenti normativi.

C'è un aspetto che, secondo me, merita ampiamente di essere trattato e la cui non considerazione può causare notevoli problemi.
Non solo nell'ambito del lavoro ma ora su questo aspetto ci soffermeremo.

Parliamo dell'affiancamento. Uso questo termine per designare quel meccanismo per cui qualcuno che si affaccia sulla scena del lavoro si affianza a qualcuno che già lavora per superare quella prima fase di inserimento che è, tra l'altro, la più difficile.
L'affiancamento non è di pe se una cosa negativa, anzi. Però in quel concetto sono racchiuse tante e tante sfumature che una riflessione è d'obbligo.

Quando una persona decide di svolgere una certa mansione (leggiamo lavoro) può essere più o meno ferrato a livello di conoscenza teorica della mansione stessa e del contesto che vi ruota intorno. Diciamo che un neolaureato esca dall'università con una conoscenza teorica della sua materia e che voglia ricoprire un ruolo in quello specifico campo di applicazione della materia.
Per motivi a noi sconosciuti, l'istruzione è diventata fondamentalmente un fatto teorico in cui sembra che basti conoscere delle cose per essere capace di creare degli effetti.
L'istruzione in realtà è un meccanismo di apprendimento. E siccome gli esseri umani sono fatti di carne ed ossa e operano nell'universo fisico fatto di materia ed energia, essi hanno bisogno di poter realizzare cose e maneggiare oggetti per raggiungere degli scopi.
Così l'uomo apprende tramite dei meccanismi che funzionano al meglio quando vi è un equilibrio fra concetti teorici e applicazione pratiche degli stessi.

Il ruolo di fornire questo equilibrio dovrebbe essere dato dalla scuola o dal formatore stesso. Studio la contabilità e faccio la contabilità. Studio la chimica e faccio il chimico. Studio il processo civile e faccio un processo civile.
Solo in una facoltà completamente teoretica, come una facoltà di filosofia, può essere concepito non vedere le applicazioni pratiche di quanto si studia. E non è un caso che la filosofia tutta si sia fatta una brutta fama proprio quando si è allontanata troppo dalla realtà.

Ma laddove non la scuola non fornisca questo supporto nell'apprendimento degli aspetti pratici, è il singolo che deve sopperire cercando qualcuno che lo aiuti in questa delicata fase.
La persona o struttura che aiuterà un individuo a completare questo percorso di apprendimento sarà l'affiancatore. La mancanza di questa figura può essere un disastro nella vita di un individuo.
Perchè non è possibile che si impari tutto attraverso gli errori.
A volte gli errori commessi possono essere tali e tanti che non si riesce più a riprendersi.
Avete mai provato a verificare se la forza di gravità funziona buttandovi dal 3 piano di un palazzo?
Dopo imparerete con troppo dolore come la legge della gravità funziona.

Morale? La morale è che quando si decide di cambiare lavoro o iniziarne un altro, occorra verificare le proprie conoscenze teoriche, migliorarle e trovare qualcuno a cui affiancarsi fino a quando i meccanismi di quel lavoro non ci saranno non solo chiari ma anche sotto il nostro controllo.

Grazie per l'attenzione.
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