Tanti auguri a voi lettori di questo blog.
So che non lo aggiorno spesso ma il 2010 sarà il suo anno.
Grazie mille.
giovedì 24 dicembre 2009
venerdì 11 dicembre 2009
Capitalismo e comunismo: 2a parte.
Proseguiamo con il nostro esame su queste 2 forme di organizzazione economica, il comunismo e il capitalismo, che apparentemente appaiono essere lontane anni luce l'una dall'altra e che per tutto il XX secolo sono state in aperto contrasto.
Ricordiamo la premessa della 1a parte:
Se si premiano (validano) le situazioni con statistiche alte (cose che vanno bene), continueremo ad ottenere statistiche alte.
Se si puniscono le situazioni con statistiche alte, si otterranno statistiche basse.
Rovesciando la cosa:
Se si premiano le statistiche basse, si otterranno statistiche basse.
Se si puniscono le statistiche alte, si otterranno statistiche basse.
Quale caratteristica possono mai avere capitalismo e comunismo per cui possiamo arditamente affermare che sono effetti della stessa causa oppure facce della stessa medaglia? Diciamo pure modelli figli del medesimo genitore e forse per questo in contrasto violento fra loro?
Il comunismo preleva da chi lavora in modo totale e ripartisce in modo egualitario. Engels, co-fondatore del comunismo con Karl Marx, sosteneva il motto: "Da ciascuno secondo le proprie possibilità, a ciascuno secondo le proprie necessità!".
L'idea portante è molto romantica e, antropologicamente, ammirevole.
In realtà il comunismo a conquistato (per poi perderlo) mezzo mondo solamente in virtù di questa meta: far si che nessuno nella società fosse abbandonato a se e fosse diseguale rispetto ad altri nel suo vivere concreto.
Ma esaminiamo da un punto di vista pragmatico il sistema.
Abbiamo un villaggio. Un villaggio composto da 100 persone, più o meno. In esso vi è una embrionale ripartizione dei ruoli. C'è chi coltiva, chi alleva, chi fa il falegname, chi produce vestiti, chi fa il fabbro e così via.
Il comunismo prevede che ognuno dia il massimo e produca e metta la sua produzione insieme a quella degli altri.
Quello che succederà (si può fare l'esperimento) è che qualcuno, dopo un pò, si accorgerà di lavorare più degli altri ma di ricevere, secondo lui, decisamente meno di quanto produce. Qualcun altro, all'inverso, otterrà più di quanto produce.
Questa situazione viola completamente la regola della premessa. Chi produce viene "punito" e spinto a produrre meno. Il ragionamento è che, comunque, lui riceverà sempre le stesse cose in cambio del suo lavoro. Chi non produce vede una convenienza a non continuare a produrre perchè tanto gli viene dato in proporzione alle sue necessità.
Questo però porta in generale ad una diminuzione della produzione dell'intero villaggio. E in pratica questo comportamento porta tutti ad essere più poveri. Che poi è quello che è successo laddove sono stati implementati i modelli comunisti come nell'est europeo. Alla fine il sistema è collassato per mancanza di produzione.
Quindi ne traiamo una scoperta: il comunismo premia le statistiche basse e punisce le statistiche alte.
Vediamo il capitalismo.
In esso, ricordandoci del nostro villaggio, vedremo che ognuno produce e tiene per se quello che produce, scambiandolo sul mercato e ottenendone maggiore ricchezza, sia che essa sia sotto forma di baratto o di denaro.
Ma qui vi è il primo errore in cui molti cadono nell'esame del sistema capitalistico.
Confondono il capitalismo con il sistema di mercato. In realtà queste cose non sono identiche ma semplicemente soventemente sovrapposte.
Cioè si presentano insieme ma non sono la stessa cosa.
In senso stretto il capitalismo prevederebbe che alcuni componenti del villaggio abbiamo la proprietà di qualcosa. Ad esempio delle terre circostanti il villaggio, o del fiume vicino, delle miniere o delle botteghe. Prendiamo il caso che ci sia solo uno che possieda tutte le botteghe e attività artigianali. Lui le mette in opera e richiede il lavoro di altri membri del villaggio a cui passa un compenso fisso sulla cosa. Fabbrica beni e servizi da cui ottiene un certo valore. Lascia a chi lavora (operai) una parte di questo e trattiene per se il resto come profitto.
Fin qui ci siamo? E' semplice. Ma è su questo punto che è facile confondersi.
Questo non è il capitalismo. Non nel senso in cui lo abbiamo presentato. Qualcuno lo chiama capitalismo ma questa definizione deve essere abbandonata perchè porta a delle conseguenze logiche di analisi delle concrete situazioni di mercato che comportano distorsioni troppo evidenti.
Non è una definizione funzionale.
Lo so, lo so. La cosa si sta incartando e diventando complicata. Abbiate pazienza e sbrogliamo il tutto.
Anche se qualcuno nel villaggio possiede i mezzi (il capitale) e pur facendo lavorare altre persone rispettasse le regole premesse, il villaggio andrebbe bene e la produzione crescerebbe.
Immaginiamoci che PIPPO, proprietario di tutte le botteghe e dei campi del villaggio, ricompensasse i suoi operai in base alla produzione. Quello che una volta era chiamato "lavoro a cottimo"! Che succederebbe? Di base questo meccanismo annullerebbe la barriera del capitale.
Io, GIGI, agricoltore ricevo una ricompensa (poco importa se in beni o in denaro) proporzionale ai PRODOTTI ottenuti a prescindere che il terreno sia mio o di PIPPO.
Ed ecco lì il bivio! Eccolo lì il maggiordomo assassino!
Il bivio è IN BASE A QUALE FATTORE CHI LAVORA VIENE RICOMPENSATO?
In base al tempo passato a produrre o in base ai PRODOTTI ottenuti?
Questo crea una grande differenza.
Se paghiamo un operaio per le sue ore di lavoro, ci allontaniamo dalla situazione naturale in cui se non si ottengono prodotti si muore di fame. Perchè si crea l'idea mentale che è il nostro tempo a valere e non l'applicazione della nostra abilità nel conseguire un risultato.
Se aprite un negozio e non vendete, poco importa quante ore siete stati dietro il bancone.
Se siete degli agenti e incotrante mille clienti, poco importa quante ore e km avete divorato.
Il capitalismo entra di scena quando il proprietario dei mezzi di produzione paga a tempo chi lavora per lui consentendogli di mettere da parte per lui stesso quello che Marx chiamava il Plusvalore. Ma qui siamo solo all'ingresso del capitalismo.
Perchè se chi mette a disposizione i propri mezzi di produzione, organizza l'attività dei collaboratori/operai e crea qualcosa (l'azienda!!) che altrimenti non ci sarebbe stata, questo va ancora bene.
Anzi va molto bene. Perchè questo è lo spirito imprenditoriale. Un membro del villaggio capisce che organizzando certi mezzi e persone può ottenere qualcosa di più da vendere agli altri villaggi: questo è buono, porta ricchezza. E la cosa è tanto più buona quanto la distribuzione di questa ricchezza si attua rispettando la regola delle premesse. Gli operai più bravi ricevono di più e quelli meno bravi di meno.
I problemi nascono quando nel sistema imprenditoriale di mercato, qualcuno comincia a guadagnare senza fare niente. Ecco il capitalista. Lui, in un qualche modo, molto spesso politico ovvero di accordi privati di spartizione delle risorse, si pone in una posizione dominante.
E guadagna dal semplice prestare il capitale senza nessun apporto.
Quindi se in un sistema imprenditoriale di mercato, permettiamo che le persone ricevano denaro in base al tempo prestato e non in base ai prodotti e se permettiamo che persone del villaggio ricevano qualcosa senza produrre, allora ritorniamo nel meccanismo del comunismo.
Chi riceve senza fare niente o facendo poco, continuerà a farlo.
Mentre chi si sbatte dalla mattina alla sera per cercare di migliorare le cose comincerà a tirare i remi in barca.
Attualmente nel mondo occidentale non vi è un'economia di mercato basata sul premiare le statistiche alte cioè chi produce.
E del comunismo, i nostri governi hanno preso solo l'aspetto malato ovvero premiare le statistiche basse ovvero chi non fa niente.
Chi di noi non si indigna quando sa che un parlamentare, dopo un paio di anni di legislatura, prenderà una pensione vitalizia pari al suo stipendio parlamentare. Chi non si indigna o prende dei soldi senza meritarli o spera di farlo. O copre qualcuno che è in quella situazione.
Gli altri si indignano.
Perchè non vi è corrispondenza fra il denaro guadagnato e il prodotto.
Perchè un parlamentare deve prendere 10 o 20mila euro al mese (non so esattamente) a priori dei risultati! Perchè deve vestirsi bene quando va a Roma?
Per carità, siamo seri. E smettiamola con questa idea di destra e sinistra. Concetti ideologici creati nell'ottocento totalmente inapplicabili nella realtà di oggi.
Il piccolo imprenditore che lavora da mattina a sera rischiando di suo ha il diritto al profitto. Lui rende la società più ricca.
Ma anche l'impiegato e operaio virtuoso che si impegna e fa guadagnare la sua azienda dovrebbe essere premiato. A discapito dei suoi colleghi non bravi come lui.
Ma questo sembra utopia in un capitalismo che di mercato imprenditoriale ha ben poco ma che di semi comunisti nel suo ventre parecchi.
Alla prossima e grazie dell'attenzione.
per Aspera ad Astra!
Ricordiamo la premessa della 1a parte:
Se si premiano (validano) le situazioni con statistiche alte (cose che vanno bene), continueremo ad ottenere statistiche alte.
Se si puniscono le situazioni con statistiche alte, si otterranno statistiche basse.
Rovesciando la cosa:
Se si premiano le statistiche basse, si otterranno statistiche basse.
Se si puniscono le statistiche alte, si otterranno statistiche basse.
Quale caratteristica possono mai avere capitalismo e comunismo per cui possiamo arditamente affermare che sono effetti della stessa causa oppure facce della stessa medaglia? Diciamo pure modelli figli del medesimo genitore e forse per questo in contrasto violento fra loro?
Il comunismo preleva da chi lavora in modo totale e ripartisce in modo egualitario. Engels, co-fondatore del comunismo con Karl Marx, sosteneva il motto: "Da ciascuno secondo le proprie possibilità, a ciascuno secondo le proprie necessità!".
L'idea portante è molto romantica e, antropologicamente, ammirevole.
In realtà il comunismo a conquistato (per poi perderlo) mezzo mondo solamente in virtù di questa meta: far si che nessuno nella società fosse abbandonato a se e fosse diseguale rispetto ad altri nel suo vivere concreto.
Ma esaminiamo da un punto di vista pragmatico il sistema.
Abbiamo un villaggio. Un villaggio composto da 100 persone, più o meno. In esso vi è una embrionale ripartizione dei ruoli. C'è chi coltiva, chi alleva, chi fa il falegname, chi produce vestiti, chi fa il fabbro e così via.
Il comunismo prevede che ognuno dia il massimo e produca e metta la sua produzione insieme a quella degli altri.
Quello che succederà (si può fare l'esperimento) è che qualcuno, dopo un pò, si accorgerà di lavorare più degli altri ma di ricevere, secondo lui, decisamente meno di quanto produce. Qualcun altro, all'inverso, otterrà più di quanto produce.
Questa situazione viola completamente la regola della premessa. Chi produce viene "punito" e spinto a produrre meno. Il ragionamento è che, comunque, lui riceverà sempre le stesse cose in cambio del suo lavoro. Chi non produce vede una convenienza a non continuare a produrre perchè tanto gli viene dato in proporzione alle sue necessità.
Questo però porta in generale ad una diminuzione della produzione dell'intero villaggio. E in pratica questo comportamento porta tutti ad essere più poveri. Che poi è quello che è successo laddove sono stati implementati i modelli comunisti come nell'est europeo. Alla fine il sistema è collassato per mancanza di produzione.
Quindi ne traiamo una scoperta: il comunismo premia le statistiche basse e punisce le statistiche alte.
Vediamo il capitalismo.
In esso, ricordandoci del nostro villaggio, vedremo che ognuno produce e tiene per se quello che produce, scambiandolo sul mercato e ottenendone maggiore ricchezza, sia che essa sia sotto forma di baratto o di denaro.
Ma qui vi è il primo errore in cui molti cadono nell'esame del sistema capitalistico.
Confondono il capitalismo con il sistema di mercato. In realtà queste cose non sono identiche ma semplicemente soventemente sovrapposte.
Cioè si presentano insieme ma non sono la stessa cosa.
In senso stretto il capitalismo prevederebbe che alcuni componenti del villaggio abbiamo la proprietà di qualcosa. Ad esempio delle terre circostanti il villaggio, o del fiume vicino, delle miniere o delle botteghe. Prendiamo il caso che ci sia solo uno che possieda tutte le botteghe e attività artigianali. Lui le mette in opera e richiede il lavoro di altri membri del villaggio a cui passa un compenso fisso sulla cosa. Fabbrica beni e servizi da cui ottiene un certo valore. Lascia a chi lavora (operai) una parte di questo e trattiene per se il resto come profitto.
Fin qui ci siamo? E' semplice. Ma è su questo punto che è facile confondersi.
Questo non è il capitalismo. Non nel senso in cui lo abbiamo presentato. Qualcuno lo chiama capitalismo ma questa definizione deve essere abbandonata perchè porta a delle conseguenze logiche di analisi delle concrete situazioni di mercato che comportano distorsioni troppo evidenti.
Non è una definizione funzionale.
Lo so, lo so. La cosa si sta incartando e diventando complicata. Abbiate pazienza e sbrogliamo il tutto.
Anche se qualcuno nel villaggio possiede i mezzi (il capitale) e pur facendo lavorare altre persone rispettasse le regole premesse, il villaggio andrebbe bene e la produzione crescerebbe.
Immaginiamoci che PIPPO, proprietario di tutte le botteghe e dei campi del villaggio, ricompensasse i suoi operai in base alla produzione. Quello che una volta era chiamato "lavoro a cottimo"! Che succederebbe? Di base questo meccanismo annullerebbe la barriera del capitale.
Io, GIGI, agricoltore ricevo una ricompensa (poco importa se in beni o in denaro) proporzionale ai PRODOTTI ottenuti a prescindere che il terreno sia mio o di PIPPO.
Ed ecco lì il bivio! Eccolo lì il maggiordomo assassino!
Il bivio è IN BASE A QUALE FATTORE CHI LAVORA VIENE RICOMPENSATO?
In base al tempo passato a produrre o in base ai PRODOTTI ottenuti?
Questo crea una grande differenza.
Se paghiamo un operaio per le sue ore di lavoro, ci allontaniamo dalla situazione naturale in cui se non si ottengono prodotti si muore di fame. Perchè si crea l'idea mentale che è il nostro tempo a valere e non l'applicazione della nostra abilità nel conseguire un risultato.
Se aprite un negozio e non vendete, poco importa quante ore siete stati dietro il bancone.
Se siete degli agenti e incotrante mille clienti, poco importa quante ore e km avete divorato.
Il capitalismo entra di scena quando il proprietario dei mezzi di produzione paga a tempo chi lavora per lui consentendogli di mettere da parte per lui stesso quello che Marx chiamava il Plusvalore. Ma qui siamo solo all'ingresso del capitalismo.
Perchè se chi mette a disposizione i propri mezzi di produzione, organizza l'attività dei collaboratori/operai e crea qualcosa (l'azienda!!) che altrimenti non ci sarebbe stata, questo va ancora bene.
Anzi va molto bene. Perchè questo è lo spirito imprenditoriale. Un membro del villaggio capisce che organizzando certi mezzi e persone può ottenere qualcosa di più da vendere agli altri villaggi: questo è buono, porta ricchezza. E la cosa è tanto più buona quanto la distribuzione di questa ricchezza si attua rispettando la regola delle premesse. Gli operai più bravi ricevono di più e quelli meno bravi di meno.
I problemi nascono quando nel sistema imprenditoriale di mercato, qualcuno comincia a guadagnare senza fare niente. Ecco il capitalista. Lui, in un qualche modo, molto spesso politico ovvero di accordi privati di spartizione delle risorse, si pone in una posizione dominante.
E guadagna dal semplice prestare il capitale senza nessun apporto.
Quindi se in un sistema imprenditoriale di mercato, permettiamo che le persone ricevano denaro in base al tempo prestato e non in base ai prodotti e se permettiamo che persone del villaggio ricevano qualcosa senza produrre, allora ritorniamo nel meccanismo del comunismo.
Chi riceve senza fare niente o facendo poco, continuerà a farlo.
Mentre chi si sbatte dalla mattina alla sera per cercare di migliorare le cose comincerà a tirare i remi in barca.
Attualmente nel mondo occidentale non vi è un'economia di mercato basata sul premiare le statistiche alte cioè chi produce.
E del comunismo, i nostri governi hanno preso solo l'aspetto malato ovvero premiare le statistiche basse ovvero chi non fa niente.
Chi di noi non si indigna quando sa che un parlamentare, dopo un paio di anni di legislatura, prenderà una pensione vitalizia pari al suo stipendio parlamentare. Chi non si indigna o prende dei soldi senza meritarli o spera di farlo. O copre qualcuno che è in quella situazione.
Gli altri si indignano.
Perchè non vi è corrispondenza fra il denaro guadagnato e il prodotto.
Perchè un parlamentare deve prendere 10 o 20mila euro al mese (non so esattamente) a priori dei risultati! Perchè deve vestirsi bene quando va a Roma?
Per carità, siamo seri. E smettiamola con questa idea di destra e sinistra. Concetti ideologici creati nell'ottocento totalmente inapplicabili nella realtà di oggi.
Il piccolo imprenditore che lavora da mattina a sera rischiando di suo ha il diritto al profitto. Lui rende la società più ricca.
Ma anche l'impiegato e operaio virtuoso che si impegna e fa guadagnare la sua azienda dovrebbe essere premiato. A discapito dei suoi colleghi non bravi come lui.
Ma questo sembra utopia in un capitalismo che di mercato imprenditoriale ha ben poco ma che di semi comunisti nel suo ventre parecchi.
Alla prossima e grazie dell'attenzione.
per Aspera ad Astra!
venerdì 4 dicembre 2009
Capitalismo e comunismo: 1a parte.
Parlando di denaro e di economia, non si può non parlare dei 2 sistemi fondamentali economici su cui si è dibattuto e si dibatte ancora.
Questi 2 "...ismi" sono talmente entrati nei luoghi comuni della cultura occidentale da aver aninato ricerche, movimenti culturali, rivoluzioni sociali e ogni tipo possibilie di creazione artistica.
Sono sempre stati visti come i 2 nemici, come le 2 vie tra cui scegliere, come i 2 elementi che si combattono ma che non possono vivere l'uno senza l'altro come una sorta di "Don Camillo e Peppone"... che coincidenza era pure comunista.
In questo articolo, però, voglio stravolgere questo appassito criterio di archiviazione dei 2 sistemi economici e mostrare, non so se per la prima volta, come una chiave interpretativa di notevole portata possa essere quella di vedere i 2 sistemi come la diversa faccia della stessa medaglia.
E mostrare come entrambi sono sistemi che sono contrari alla migliore gestione del panorama economico e finanziario.
Ovviamente sto esprimendo un personale giudizio e una linea che sarà molto evidente in questo blog. Quindi non scatenatevi senza ritegno a dirmi che le mie sono interpretazioni e prese di parte.
Lo sono. Quindi è già tutto chiaro. Ma lo sono come lo sono quelli di chiunque.
E nessuno venga a dirmi che c'è un approccio imparziale alla cosa. Non c'è. E non c'è maggiore ipocrisia di chi dice che sta solo esponendo i fatti. Forse lo farà in modo imparziale. Ma già la scelta dell'argomento e dei fatti di cui parlare, sottointende qualcosa di parte.
CAPITALISMO: una buona definizione (non l'unica) sarebbe quella che descrive questo sistema come:
il sistema economico in cui la proprietà dei mezzi di produzione è nelle mani di soggetti privati unici proprietari chiamati "capitalisti" (perchè possiedono il capitale) e in cui esistono altri individui che prestano il proprio lavoro ai capitalisti dietro compenso. I lavoratori non sono proprietari della loro produzione e vivono solo del lavoro e solo quindi "salariati". I capitalisti guadagnano nella rendita della produzione tramite il profitto.
COMUNISMO: una possibile definizione sarebbe:
il sistema economico in cui la proprietà dei mezzi di produzione è nelle mani della collettività e in cui tutti gli individui sono parte di questo sistema senza che nessuno di essi sia proprietario di niente. I compensi sono distribuiti secondo criteri di necessità decisi dal sistema e nessuno può accumulare capitale in forma privata.
Appare ovvio come le 2 definizioni descrivono delle situazioni generali che nella realtà concreta possono presentarsi in molti modi.
Lasciando perdere la politicizzazione dei 2 sistemi, è innegabile osservare che a seguito della caduta del muro di Berlino, il sistema comunista abbia perso moltissima credibilità da un punto di vista operativo mentre il capitalismo sembra dominare incontrastato nel mondo, soprattutto quello ricco.
Prima di approfondire la questione, vorrei citare una legge naturale che quasi chiunque in buona fede non può che osservare essere vera e valida in ogni contesto e situazione.
PREMESSA: potendo indicizzare qualsiasi fenomeno umano relativo alla produzione (economia) possiamo vedere che ogni situazione possa essere simboleggiata da un andamento statistico. Se la produzione (esempio!!) consiste di numero di sedie prodotte e vendute da un falegname, vedremo che la cosa può essere simboleggiata da un andamento statistico, che potrebbe anche essere rappresentato da un grafico. Possiamo vedere, che con un pò di sforzo, qualunque attività possa essere rappresentata da una statistica.
Questa statistica può avere una tendenza ad andare verso l'alto (statistica alta) oppure una tendenza ad andare verso il basso (statistica bassa).
In generale potremmo chiamare statistiche basse tutte le situazioni (al limite anche sociali) in cui le cose vanno male o sono contrarie ai migliori interessi della maggior parte delle persone coinvolte. E, di converso, statistiche alte le cose che vanno bene e che sono favorevoli ai migliori interessi della maggior parte delle persone coinvolte.
LA LEGGE CI DICE:
Se si premiano (validano) le situazioni con statistiche alte (cose che vanno bene), continueremo ad ottenere statistiche alte.
Se si puniscono le situazioni con statistiche alte, si otterranno statistiche basse.
Rovesciando la cosa:
Se si premiano le statistiche basse, si otterranno statistiche basse.
Se si puniscono le statistiche alte, si otterranno statistiche basse.
Alla seconda parte del post vedere come questa legge si possa applicare in generale e come si applica nello specifico alla comprensione del comunismo e del capitalismo.
Grazie per l'attenzione.
per Aspera ad Astra!
Questi 2 "...ismi" sono talmente entrati nei luoghi comuni della cultura occidentale da aver aninato ricerche, movimenti culturali, rivoluzioni sociali e ogni tipo possibilie di creazione artistica.
Sono sempre stati visti come i 2 nemici, come le 2 vie tra cui scegliere, come i 2 elementi che si combattono ma che non possono vivere l'uno senza l'altro come una sorta di "Don Camillo e Peppone"... che coincidenza era pure comunista.
In questo articolo, però, voglio stravolgere questo appassito criterio di archiviazione dei 2 sistemi economici e mostrare, non so se per la prima volta, come una chiave interpretativa di notevole portata possa essere quella di vedere i 2 sistemi come la diversa faccia della stessa medaglia.
E mostrare come entrambi sono sistemi che sono contrari alla migliore gestione del panorama economico e finanziario.
Ovviamente sto esprimendo un personale giudizio e una linea che sarà molto evidente in questo blog. Quindi non scatenatevi senza ritegno a dirmi che le mie sono interpretazioni e prese di parte.
Lo sono. Quindi è già tutto chiaro. Ma lo sono come lo sono quelli di chiunque.
E nessuno venga a dirmi che c'è un approccio imparziale alla cosa. Non c'è. E non c'è maggiore ipocrisia di chi dice che sta solo esponendo i fatti. Forse lo farà in modo imparziale. Ma già la scelta dell'argomento e dei fatti di cui parlare, sottointende qualcosa di parte.
CAPITALISMO: una buona definizione (non l'unica) sarebbe quella che descrive questo sistema come:
il sistema economico in cui la proprietà dei mezzi di produzione è nelle mani di soggetti privati unici proprietari chiamati "capitalisti" (perchè possiedono il capitale) e in cui esistono altri individui che prestano il proprio lavoro ai capitalisti dietro compenso. I lavoratori non sono proprietari della loro produzione e vivono solo del lavoro e solo quindi "salariati". I capitalisti guadagnano nella rendita della produzione tramite il profitto.
COMUNISMO: una possibile definizione sarebbe:
il sistema economico in cui la proprietà dei mezzi di produzione è nelle mani della collettività e in cui tutti gli individui sono parte di questo sistema senza che nessuno di essi sia proprietario di niente. I compensi sono distribuiti secondo criteri di necessità decisi dal sistema e nessuno può accumulare capitale in forma privata.
Appare ovvio come le 2 definizioni descrivono delle situazioni generali che nella realtà concreta possono presentarsi in molti modi.
Lasciando perdere la politicizzazione dei 2 sistemi, è innegabile osservare che a seguito della caduta del muro di Berlino, il sistema comunista abbia perso moltissima credibilità da un punto di vista operativo mentre il capitalismo sembra dominare incontrastato nel mondo, soprattutto quello ricco.
Prima di approfondire la questione, vorrei citare una legge naturale che quasi chiunque in buona fede non può che osservare essere vera e valida in ogni contesto e situazione.
PREMESSA: potendo indicizzare qualsiasi fenomeno umano relativo alla produzione (economia) possiamo vedere che ogni situazione possa essere simboleggiata da un andamento statistico. Se la produzione (esempio!!) consiste di numero di sedie prodotte e vendute da un falegname, vedremo che la cosa può essere simboleggiata da un andamento statistico, che potrebbe anche essere rappresentato da un grafico. Possiamo vedere, che con un pò di sforzo, qualunque attività possa essere rappresentata da una statistica.
Questa statistica può avere una tendenza ad andare verso l'alto (statistica alta) oppure una tendenza ad andare verso il basso (statistica bassa).
In generale potremmo chiamare statistiche basse tutte le situazioni (al limite anche sociali) in cui le cose vanno male o sono contrarie ai migliori interessi della maggior parte delle persone coinvolte. E, di converso, statistiche alte le cose che vanno bene e che sono favorevoli ai migliori interessi della maggior parte delle persone coinvolte.
LA LEGGE CI DICE:
Se si premiano (validano) le situazioni con statistiche alte (cose che vanno bene), continueremo ad ottenere statistiche alte.
Se si puniscono le situazioni con statistiche alte, si otterranno statistiche basse.
Rovesciando la cosa:
Se si premiano le statistiche basse, si otterranno statistiche basse.
Se si puniscono le statistiche alte, si otterranno statistiche basse.
Alla seconda parte del post vedere come questa legge si possa applicare in generale e come si applica nello specifico alla comprensione del comunismo e del capitalismo.
Grazie per l'attenzione.
per Aspera ad Astra!
mercoledì 25 novembre 2009
Arriva lo scudo fiscale
Come succede spesso in questo italico stivale che si protende dalle algide Alpi fino alle calde acque del mediterraneo, la nazione va avanti per "tranche", per argomenti o, potremmo meglio dire, per tormentoni.
Processo breve, influenza A, la morte del trans.....
E tra questi lo scudo fiscale.
Cos'è lo Scudo Fiscale?
Beh, a fianco c'è una vignetta che lo spiega.
E il mio post è finito.
Si, lo so, tratto in modo dissacrante un argomento serio come il denaro, come le tasse, i provvedimenti di questo governo.
NO!
Il mio scopo è solo quello di portare economia e finanza nella giusta prospettiva ovvero di argomenti e materie calate nella vita di tutti i giorni, prive di sofismi e di inacessibilità.
Non parliamo di filosofia trascendentale, parliamo di come e dove vanno i soldi, di come si gestisce la giornata, si fa la spesa.... insomma, ci siamo capiti.
Lo scudo fiscale è un provvedimento che ha lo scopo di invogliare chi ha portato all'estero capitali non dichiarati a riportarli in Italia con una tassazione veramente minima, attualmente il 5%.
Intenzione del governo con questo provvedimento è rastrellare risorse cercando di tassare (quasi niente) montagne di denaro che sono già sfuggite al setaccio contributivo.
Le intenzioni sembrano buone ma l'inferno, come si dice, è lastricato di buone intenzioni.
Il sospetto, da più parti, è che l'attuale governo spesso attui provvedimenti che beneficiano un gruppo di italiani ma che tra questi italiani vi sia sempre LUI, ovvero il presidente del consiglio, mr. rockstar (vedi ANSA) Berlusconi. E anche molti dei suoi accoliti e dignitari.
La strategia, dicono sempre i ben informati, è che se vuoi attuare un provvedimento che ti favorisce, creando una legge Ad Personam, basta mostrare che questo provvedimento, per quanto sia vantaggioso per te, lo è anche per migliaia di italiani o per l'Italia.
Così ti metto il digitale terrestre che è utile (!!!!!), che fa questo e quello. E' per l'Italia. Poco importa se il gruppo aziendale che maggiormente se ne sta beneficiando sia proprio Mediaset.
Vivo in Sardegna e la mia regione è da 2 anni già entrata in questo mondo digitale terrestre.
Quando il segnale partì, STRANAMENTE, Mediaset era già pronta! Tecnologicamente e professionalmente. E già incassava i soldi vendendo film e partite.
La Rai, teoricamente più televisione di stato, non trasmetteva neppure.... che coincidenza!
Ma non siamo qui per parlare di tecnologia ma di Scudo Fiscale.
Lo scudo fiscale è un'ignominia. Questo il parere del blog.
Anche perchè io non sono un giornalista e non devo rimanere imparziale. Ma imparziale de che?
Chi di voi lettori è un operaio o un piccolo professionista, sa quanto sia stritolato da tasse, balzelli e imposte.
Quando un provvedimento è contrario alla migliore sopravvivenza di un gruppo, esso è sbagliato.
Non importa quanto sembra essere il male minore.
Basta riflettere solo su un punto:
se si puniscono i comportamenti positivi e onesti e si premiano i comportamenti distruttivi e disonesti, SI OTTERRANNO SEMPRE PIU' COMPORTAMENTI DISTRUTTIVI E DISONESTI.
Questa ferrea legge è evidente per se e chiunque la riconoscerà come vera. A meno che non sia una di quelle persone che già da tempo attua uno di questi comportamenti distruttivi o disonesti.
Il piccolo vantaggio di incassare qualche miliardo di euro (che verranno poi usati male dal governo) non è sufficiente a ripagare l'ENORME danno all'onestà dei cittadini e alla fiducia nel convivere civile in questo stato.
Questo punto non lo esaminano.
Esaminano solo gli introiti in denaro.
A parte che, da più parti, si sollevano obiezioni sulla possibilità che questi capitali realmente rientrino in Italia. Qualcuno dice che addirittura li si può "scudare" e lasciare all'estero.
Non ho letto la legge e neppure voglio farlo.
Conclusioni: continuiamo a permettere che onestà e correttezza siano i fattori dominanti e sempre più tasse dovremo pagare. Non meravigliatevi che il prossimo anno le imposte e le tasse aumenteranno. Il circolo è vizioso.
Perchè sempre più persone saranno portate a "fare le furbe" e questo comporterà che il peso delle tasse verrà diviso fra sempre meno persone.
E guardacaso queste meno persone sono proprio le più indifese e spesso le più oneste.
E anche in questo caso
per Aspera ad Astra!
Processo breve, influenza A, la morte del trans.....
E tra questi lo scudo fiscale.
Cos'è lo Scudo Fiscale?
Beh, a fianco c'è una vignetta che lo spiega.
E il mio post è finito.
Si, lo so, tratto in modo dissacrante un argomento serio come il denaro, come le tasse, i provvedimenti di questo governo.
NO!
Il mio scopo è solo quello di portare economia e finanza nella giusta prospettiva ovvero di argomenti e materie calate nella vita di tutti i giorni, prive di sofismi e di inacessibilità.
Non parliamo di filosofia trascendentale, parliamo di come e dove vanno i soldi, di come si gestisce la giornata, si fa la spesa.... insomma, ci siamo capiti.
Lo scudo fiscale è un provvedimento che ha lo scopo di invogliare chi ha portato all'estero capitali non dichiarati a riportarli in Italia con una tassazione veramente minima, attualmente il 5%.
Intenzione del governo con questo provvedimento è rastrellare risorse cercando di tassare (quasi niente) montagne di denaro che sono già sfuggite al setaccio contributivo.
Le intenzioni sembrano buone ma l'inferno, come si dice, è lastricato di buone intenzioni.
Il sospetto, da più parti, è che l'attuale governo spesso attui provvedimenti che beneficiano un gruppo di italiani ma che tra questi italiani vi sia sempre LUI, ovvero il presidente del consiglio, mr. rockstar (vedi ANSA) Berlusconi. E anche molti dei suoi accoliti e dignitari.
La strategia, dicono sempre i ben informati, è che se vuoi attuare un provvedimento che ti favorisce, creando una legge Ad Personam, basta mostrare che questo provvedimento, per quanto sia vantaggioso per te, lo è anche per migliaia di italiani o per l'Italia.
Così ti metto il digitale terrestre che è utile (!!!!!), che fa questo e quello. E' per l'Italia. Poco importa se il gruppo aziendale che maggiormente se ne sta beneficiando sia proprio Mediaset.
Vivo in Sardegna e la mia regione è da 2 anni già entrata in questo mondo digitale terrestre.
Quando il segnale partì, STRANAMENTE, Mediaset era già pronta! Tecnologicamente e professionalmente. E già incassava i soldi vendendo film e partite.
La Rai, teoricamente più televisione di stato, non trasmetteva neppure.... che coincidenza!
Ma non siamo qui per parlare di tecnologia ma di Scudo Fiscale.
Lo scudo fiscale è un'ignominia. Questo il parere del blog.
Anche perchè io non sono un giornalista e non devo rimanere imparziale. Ma imparziale de che?
Chi di voi lettori è un operaio o un piccolo professionista, sa quanto sia stritolato da tasse, balzelli e imposte.
Quando un provvedimento è contrario alla migliore sopravvivenza di un gruppo, esso è sbagliato.
Non importa quanto sembra essere il male minore.
Basta riflettere solo su un punto:
se si puniscono i comportamenti positivi e onesti e si premiano i comportamenti distruttivi e disonesti, SI OTTERRANNO SEMPRE PIU' COMPORTAMENTI DISTRUTTIVI E DISONESTI.
Questa ferrea legge è evidente per se e chiunque la riconoscerà come vera. A meno che non sia una di quelle persone che già da tempo attua uno di questi comportamenti distruttivi o disonesti.
Il piccolo vantaggio di incassare qualche miliardo di euro (che verranno poi usati male dal governo) non è sufficiente a ripagare l'ENORME danno all'onestà dei cittadini e alla fiducia nel convivere civile in questo stato.
Questo punto non lo esaminano.
Esaminano solo gli introiti in denaro.
A parte che, da più parti, si sollevano obiezioni sulla possibilità che questi capitali realmente rientrino in Italia. Qualcuno dice che addirittura li si può "scudare" e lasciare all'estero.
Non ho letto la legge e neppure voglio farlo.
Conclusioni: continuiamo a permettere che onestà e correttezza siano i fattori dominanti e sempre più tasse dovremo pagare. Non meravigliatevi che il prossimo anno le imposte e le tasse aumenteranno. Il circolo è vizioso.
Perchè sempre più persone saranno portate a "fare le furbe" e questo comporterà che il peso delle tasse verrà diviso fra sempre meno persone.
E guardacaso queste meno persone sono proprio le più indifese e spesso le più oneste.
E anche in questo caso
per Aspera ad Astra!
sabato 14 novembre 2009
E' giusto pagare le tasse?
Non voglio fare una domanda provocatoria e banale ma riflettere a fondo e con serietà sul problema.
Quello che, dal mio punto punto di vista, sta accandendo è che a furia di parlarne o straparlarne, discuterne e urlarne l'argomento sia diventato stantio e finto, ormai lontano dal concetto fondamentale della cosa.
Facciamo un passo indietro.
E per farlo cerco di immaginarmi una società o lo stato di cui stiamo parlando come un semplice villaggio con intorno monti, campagne, campi, fiumi e boschi.
Questo villaggio è composto di poche migliaia di uomini. Ci sono uomini adulti che sono adatti a lavorare e donne adulte adatte a curare la casa e la famiglia.
(Non me abbiano a male le lettrici di questo blog per questo esempio. Non voglio discriminare o offendere nessuno ma è giusto per rendere la cosa estremamente semplice! Quindi gli uomini del villaggio lavorano e le donne gestiscono casa e bambini).
Ogni abitante del villaggio ha un suo compito, più o meno. Ci sono pescatori del vicino lago e cacciatori nel vicino bosco. Ci sono coltivatori e pastori. Ci sono i carpentieri e i falegnami. Ci sono coloro che cuciono e coloro che fabbricano. C'è anche qualcuno che fa arte e qualcuno che si occupa degli aspetti spirituali. C'è il maestro del villaggio e così via. Ovviamente ci sono coloro che si occupano della sicurezza interna e coloro che amministrano le esigenze complessive del villaggio stesso.
E qui veniamo al punto.
Quando si vive in comunità ci sono dei costi che la comunità deve affrontare per organizzare e gestire necessità collettive.
Il villaggio potrebbe avere bisogno di mura di cinta a protezione da possibili attacchi esterni.
Non serve solo ad un abitante ma a tutti. Chi dovrebbe contribuire? Tutti, è ovvio.
Se nel vicino fiume deve essere fatta una diga e delle condotte per portare l'acqua al pozzo interno del villaggio, chi deve contribuire? Tutti, è ovvio.
Ma in che misura? E in che modo?
In un piccolo villaggio è facile verificare chi contribuisce e chi no.
In un piccolo villaggio è molto probabile che un perdigiorno e fannullone non verrebbe tollerato che per un piccolo lasso di tempo. Dopo di ciò verrebbe allontanato dal villaggio.
Perchè?
Perchè sarebbe un parassita. E non lavorando probabilmente si dedicherebbe ad attività contrarie alla buona sopravvivenza del villaggio stesso.
In un piccolo villaggio la relazione fra ciò che l'abitante contribuisce e i benefici che egli ottiene sono facilmente visibili. E questo facilità le cose.
E' probabile che i contributi a progetti comuni vengano fatte su una base volontaria. Cioè potrebbe capitare che ognuno dona ciò che ritiene opportuno in base all'importanza della cosa e in base alle proprie capacità contributive (parliamo anche di contributo in lavoro).
Una cosa del genere accade ora quando, a seguito di qualche disastro, scatta la corsa ai soccorsi tramite donazioni.... Vedi Tsunami o terremoto in Abruzzo.
E' giusto pagare le tasse? La risposta è definitivamente si.
Ma questo forse era scontato.
Quello a cui voglio arrivare è: è giusto pagare le tasse in un paese come l'Italia? O meglio, le tasse che noi paghiamo in Italia sono giuste? E' giusto che chi più contribuisce come lavoro alla collettività debba anche pagare con tributi monetari?
Si capisce dove intendo arrivare.....?
Questo ci pone in un altra ottica e di questo parleremo nel prossimo post.
Grazie e buona settimana a tutti.
Quello che, dal mio punto punto di vista, sta accandendo è che a furia di parlarne o straparlarne, discuterne e urlarne l'argomento sia diventato stantio e finto, ormai lontano dal concetto fondamentale della cosa.
Facciamo un passo indietro.
E per farlo cerco di immaginarmi una società o lo stato di cui stiamo parlando come un semplice villaggio con intorno monti, campagne, campi, fiumi e boschi.
Questo villaggio è composto di poche migliaia di uomini. Ci sono uomini adulti che sono adatti a lavorare e donne adulte adatte a curare la casa e la famiglia.
(Non me abbiano a male le lettrici di questo blog per questo esempio. Non voglio discriminare o offendere nessuno ma è giusto per rendere la cosa estremamente semplice! Quindi gli uomini del villaggio lavorano e le donne gestiscono casa e bambini).
Ogni abitante del villaggio ha un suo compito, più o meno. Ci sono pescatori del vicino lago e cacciatori nel vicino bosco. Ci sono coltivatori e pastori. Ci sono i carpentieri e i falegnami. Ci sono coloro che cuciono e coloro che fabbricano. C'è anche qualcuno che fa arte e qualcuno che si occupa degli aspetti spirituali. C'è il maestro del villaggio e così via. Ovviamente ci sono coloro che si occupano della sicurezza interna e coloro che amministrano le esigenze complessive del villaggio stesso.
E qui veniamo al punto.
Quando si vive in comunità ci sono dei costi che la comunità deve affrontare per organizzare e gestire necessità collettive.
Il villaggio potrebbe avere bisogno di mura di cinta a protezione da possibili attacchi esterni.
Non serve solo ad un abitante ma a tutti. Chi dovrebbe contribuire? Tutti, è ovvio.
Se nel vicino fiume deve essere fatta una diga e delle condotte per portare l'acqua al pozzo interno del villaggio, chi deve contribuire? Tutti, è ovvio.
Ma in che misura? E in che modo?
In un piccolo villaggio è facile verificare chi contribuisce e chi no.
In un piccolo villaggio è molto probabile che un perdigiorno e fannullone non verrebbe tollerato che per un piccolo lasso di tempo. Dopo di ciò verrebbe allontanato dal villaggio.
Perchè?
Perchè sarebbe un parassita. E non lavorando probabilmente si dedicherebbe ad attività contrarie alla buona sopravvivenza del villaggio stesso.
In un piccolo villaggio la relazione fra ciò che l'abitante contribuisce e i benefici che egli ottiene sono facilmente visibili. E questo facilità le cose.
E' probabile che i contributi a progetti comuni vengano fatte su una base volontaria. Cioè potrebbe capitare che ognuno dona ciò che ritiene opportuno in base all'importanza della cosa e in base alle proprie capacità contributive (parliamo anche di contributo in lavoro).
Una cosa del genere accade ora quando, a seguito di qualche disastro, scatta la corsa ai soccorsi tramite donazioni.... Vedi Tsunami o terremoto in Abruzzo.
E' giusto pagare le tasse? La risposta è definitivamente si.
Ma questo forse era scontato.
Quello a cui voglio arrivare è: è giusto pagare le tasse in un paese come l'Italia? O meglio, le tasse che noi paghiamo in Italia sono giuste? E' giusto che chi più contribuisce come lavoro alla collettività debba anche pagare con tributi monetari?
Si capisce dove intendo arrivare.....?
Questo ci pone in un altra ottica e di questo parleremo nel prossimo post.
Grazie e buona settimana a tutti.
Iscriviti a:
Post (Atom)