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giovedì 6 ottobre 2011

Cosa poteva fare il governo? Ma Berlusconi dormiva....

Anni fa, un signore di nome Vitaletti propose un nuovo sistema fiscale per il nostro paese. A quel tempo Tremonti non era ancora il deus ex-machina dell'economia e decise di sposare il concetto di fondo di quel professore universitario e cioè che le imposte (da non confondere con le tasse!!) andrebbero applicate su un principio di demerito e improduttività anzichè come ora su un meccanismo di punizione di chi produce.

Ovvero QUESTO è il grande cambiamento che il sottoscritto apporterebbe in questa (e anche altre) nazioni per portare un equilibro fra chi produce e che non produce, rispettando il principio della contribuzione alle spese di uno stato.

La riforma (che molti tra cui il sottoscritto si auguravano potesse essere fatta da un non politico come Berlusconi) era di abolire ogni tipo di imposta sui guadagni ma di trasferirla sui consumi.
Detassare i guadagni e tassare i consumi ha l'ovvia conseguenza di premiare i primi e penalizzare i secondi.
E questo porta le persone a privilegiare la produzione anzichè il consumo. Ma questo non comporta alcun problema su una possibile depressione dei consumi. Perchè se una persona guadagna di più è comunque portato a spendere, anche se ciò che compra è maggiormente costoso. E' solo una questione di differente approccio. Quindi un vero governo che veramente volesse fare le riforme avrebbe dovuto abolire l'irpef (o lasciarla per una quota minima) e incrementare le imposte indirette come l'IVA. Aumentando le classi di tassazione IVA, in modo da penalizzare i beni di minore necessità più legata ad un acquisto puramente edonistico come i beni del lusso.
Se io sono un industriale che dichiara 10 milioni di euro di fatturato e 100.000 euro di utile, se non ho imposte sui guadagni, sarò incentivato a dichiarare tutto e non fare nero? Certo che si. Così il fatturato non sarà più di 10 milioni ma avremo i 20 milioni che realmente produco. E l'industriale può dichiarare il suo milione di euro di utile. Ciò che succede è che i beni di lusso hanno un'IVA (faccio un esempio) del 40% anzichè del 20% (adesso 21%). Anzi un bene come uno yacht ha un'iva del 50%. Così io che voglio comprarmi la barca da 5 milioni di euro (4 milioni circa + 21% di iva), pagherò la barca non più 5 milioni ma 6 milioni (4+2 di iva).
Lo stato detassa l'imprenditore della metà dei suoi utili (500.000 € di imposte su un milione di utile) e guadagna una somma di 4 volte superiore con il rientro dell'iva.

Questo è solo un esempio. Ma se vediamo il cittadino con uno stipendio, lui avrebbe più soldi in busta paga. Ma sarebbe anche maggiormente responsabilizzato a gestire meglio i suoi soldi.

Questo meccanismo sarebbe altamente premiante per chi risparmia ed investe e altamente penalizzante per chi spende.
Ma Keynes, nel secolo scorso, disse una stupidaggine quando disse che è la domanda che salva l'economia. E' per colpa sua che siamo diventati tutti consumatori.
Così l'occidente consuma mentre l'estremo oriente e i paesi emergenti producono. E la ricchezza fugge da noi e va da loro. Chi ha la liquidità adesso sul pianeta? Forse gli USA o l'Europa che pensano da decenni solo a spendere e non più a produrre? Perchè qualche stolto ha dato retta a quel pazzo di J.M. Keynes e ha spinto tutti a foraggiare la DOMANDA, la DOMANDA, la DOMANDA.
Anche nei giorni scorsi in TV qualcuno parlava di rilanciare la domanda e i consumi.
E rilanciare la produzione? No, quello no.

Alla prossima. Cordiali saluti.

martedì 20 settembre 2011

Gli ulteriori errori della recente manovra economica italiana: Berlusconi e Tremonti.

Abbiamo visto, nel precedente post, che il punto di partenza è la questione del debito.
Una regola ferrea di qualunque amministrazione (pubblica o privata che sia non importa) è che non si può spendere più di quanto non si abbia.
Scriviamola come legge.
REGOLA AUREA: non si può spendere più di quanto non si possieda.
Questa regola potrebbe avere delle momentanee eccezioni ma non può avvenire che le eccezioni diventino la norma e la norma un'eccezione.

E' vero che possiamo ipotecare una parte di quanto abbiamo e di quanto ipotizziamo guadagneremo nel prossimo futuro per avere dei soldi ORA.
Questo si chiama prendere un prestito o otttenere un finanziamento.
Un'azienda può chiedere dei soldi al mercato e promettere di restituirli in una certa data pagando degli interessi.
Questo lo si può fare e si è tanto più giustificati a farlo tanto più i soldi chiesti in prestito hanno lo scopo di creare nuova ricchezza.
Così un singolo può andare a chiedere dei soldi per aprire un'attività. Meno comprensibile è vedere una persona chiedere dei soldi in prestito solo per pagare le spese correnti.

L'italia è arrivata al punto di chiedere dei soldi in prestito (emettendo titoli di debito pubblico) per pagare gli interessi sul debito già esistente. Fare debiti per pagare i debiti.

Il nostro attuale governo, come le decine che lo hanno precedeto, spendono più di quanto esiste nelle casse dello stato. E continuano a fare debiti per finanziare queste uscite.
Cosa bisognava fare (non ora!) ma da anni?
Di sicuro lavorare per diminuire il debito pubblico e per favorire la crescita economica.
E come lo si sarebbe potuto realizzare?
Ci sono molte cose che si sarebbe potuto fare. Alcune avrebbero risolto il problema e alcune lo avrebbero solo limitato. Io personalmente ho delle posizioni abbastanza radicali su quello che si sarebber potuto e DOVUTO fare. Perchè penso che se un sistema genera problemi giganteschi è inutile cercare di metterci continuamente delle pezze. E' più facile cambiare l'intero sistema.
Ma comprendo che questo comporta una rivoluzione delle cose che solo pochi sono disposti ad accettare.
Perchè in questo sistema malato gli italiani (la maggioranza degli italiani) ci ha sguazzato. Altrimenti non avremmo al governo delle persone che non hanno fatto il bene del paese ma hanno mantenuto solo lo status quo.
Ma ora non è possibile rimandare al futuro il problema.

Elenco in rapida successione i provvedimenti che avrei attuato se fossi stato Tremonti e Berlusconi. Ovvero se ne avessi avuto il potere.

Vi rimando ai prossimi post, esaminare (uno per uno) questi provvedimenti nei dettagli:
1) Taglio di tutti gli enti inutili (Quasi totalità delle province, enti parastatali). Immediato e senza alcuna preoccupazione delle conseguenze.
2) Riforma di tutti gli organigrammi pubblici. Inserimento, a fianco della propria mansione, di un prodotto oggettivo di produzione che misuri la produttività del dipendente. Taglio drastico delle dotazioni e vantaggi dei politici. Riduzione dei compensi e dei benefit. Limitazione dei posti disponibili in parlamento per professioni particolari come avvocati, ingegneri e comercialisti per impedire che gruppi ampi solo qualche decine di migliaia di persone decidano per decine di milioni.
3) Abolizione delle imposte dirette progressive sui redditi e sulla produzione. No a tassare chi produce. Si a tassare chi consuma. Il consumo è il problema, non la produzione. E' ovvio che se si produce si consuma, ma la produzione viene prima del consumo. Per stimolare i consumi ci vuole la produzione. Quindi aumento di imposte come l'IVA e abolizione dell'IRPEF.
4) Possibilità di scaricare dalle imposte ogni costo per dare un'utilità diretta a tutti i consumatori a richiedere fatture e ricevute. Un altro provvedimento è la triangolazione dei pagamenti. Tu idraulico fai un lavoro a me, mi emetti una fattura e io pago la tua associazione di categoria, che visto il documento gira i soldi all'idraulico. Che per ottenere i soldi dovrà essere obbligato ad emettere fattura.
5) Abolizione di ogni costo contributivo per chiunque intraprenda l'attività di imprenditore, agente o commerciante per i primi anni di attività. Semplificazione delle procudere di gestione di un'impresa. Apertura di strutture pubbliche di gestione fiscale delle imprese a costi ridotti.
6) Detassazione degli utili reinvestiti.
7) Semplificazione delle procedure di finanziamento privato con obbligo dell'ente finanziatore a inserire una sua figura di controllo (tutor) all'interno dell'azienda.
8) Apertura di istituti di credito pubblici.
9) Creazione di Albi di ogni figura commerciale con un esatto prospetto di qualifiche necessarie.
10) Creazione di un ufficio che indichi a tutte le scuole superiori quali professioni debbano essere spinte nella formazione degli studenti e nella canalizzazione all'università.

Per ora mi fermo.
Ci sarebbe un altro provvedimento a monte di questi da prendere ma è qualcosa di forse troppo radicale ora. Si tratterebbe di nazionalizzare la propria banca centrale sottraendola al controllo di istituti di credito privati (la controllante che controlla il controllato di proprietà del controllato stesso!).
E, se si avesse veramente coraggio, anche l'uscita dal giogo della banca centrale europea con la gestione interna della propria moneta senza debito.
Ma questo è un lungo discorso.

Grazie per l'attenzione.

venerdì 16 settembre 2011

Gli errori della recente manovra economica italiana: Berlusconi e Tremonti.

Diciamoci la verità! Berlusconi e Tremonti non hanno colpe. Su tutto quanto è stato proposto per sanare le voragini del debito pubblico italiano, non hanno alcuna responsabilità.
Anzi, diciamola tutta. Forse loro non contano proprio niente e ciò che hanno fatto, è stato solo a loro ordinato perchè ci mettessero la faccia.
Ma questa è politica e forse ci sbagliamo.

Quindi facciamo un passo indietro e facciamo finta che siano loro gli artefici di questa manovra.
Cominciamo con ordine:
1) Il governo dichiara che per impedire che i mercati "divorino" con la speculazione l'Italia, occorre una manovra di riordino dei conti pubblici. Ma che significa ciò? Di base vi è un dato che deve essere tenuto in considerazione. Ovvero quale sia l'ammontare di debito pubblico dell'Italia e quanto grande sia questo in termini relativi in relazione alla produzione della nazione.
Attualmente il debito pubblico italiano ammonta a più di 1.911 miliardi di euro. Per la precisione il debito è di 1.911.807.000.000 di euro.
Se lo paragoniamo solamente al dicembre del 2010 c'è veramente da spaventarsi: allora era di 1.843 miliardi di euro. Un aumento di 69 miliardi di euro in poco più di 6 mesi.
Ma cosa sono sti 2 mila miliardi di debito? E, domande delle domande che tutti si fanno ma nessuno (per paura di essere tacciato da ignorante) ha il coraggio di porre, a CHI dobbiamo sti soldi?
Il debito pubblico è semplicemente un debito. Ovvero dei soldi che qualcuno ha prestato allo stato Italia per pagarci ciò che ci paga (stipendi pubblici, costi pubblici, finanziamenti, soldi ai ministeri, soldi a regioni, province, comuni, comunità montane e chissà cos'altro). Nè più e nè meno di una famiglia che non ce la fa ad andare avanti e che chiede dei soldi a qualcuno per continuare a vivere allo stesso tenore di vita del mese precedente.
E a chi dobbiamo questi soldi? A chi li ha prestati allo stato tramite l'acquisto di titolo di debito pubblico (bot, cct, btp, etc.): Ovvero banche, società e singoli individui. Italiani o stranieri che siano. 
Guardiamo un grafico che la dice lunga:
Se osserviamo il grafico nei primi anni '80, il debito dello stato era in un certo modo sotto controllo. Esso si aggirava intorno al 60% della produzione italiana. Un modo di dire che lo stato guadagna 100.000 euro all'anno e il suo debito ammonta a 60.000 €. Quindi qualcosa è successo da quegli anni.
E questo qualcosa è che si è cominciato a spendere più di quello che si poteva/doveva.
Perchè? Questa è una domanda più politica che economica.
I governi di quel periodo erano i governi socialisti-democristiani di Craxi prima e dei democristiani usa e getta Goria, De Mita, Andreotti dopo. Il tutto in un'escalation infernale che porta il debito pubblico a raddoppiare le due dimensioni portandosi al 120% del prodotto interno lordo nel 1994.
Al lettore trarre le conclusioni.
Qualcuno obietterà che quel debito è stato usato per mandare avanti le cose, l'economia, finanziare la crescita e altre panzane del genere. La realtà è che la crescita si ottiene con il risparmio e l'investimento. Non con il debito. Questo è un dato talmente di buon senso che nessun economista lo sottoscrive perchè rende inutile l'economista stesso.

Ma torniamo all'errore dell'attuale manovra. Dove sta questo errore? Se si osserva il grafico le cose sono leggermente migliorate fino al 2002 per poi tornare a peggiorare violentemente.
L'errore sta nelle omissioni che sono state fatte in tutti questi anni.
Così come si rimprovera lo studente che cerca di preparare l'esame a pochi giorni dalla data ultima fissata nel calendario anzichè sfruttare tutti i mesi che si ha a disposizione; così come si rimprovera al padre di famiglia che deve pagare la rata annuale di qualcosa se egli cerca una soluzione gli ultimi giorni prima della scadenza, anzichè aver messo da parte i soldi piano piano.
Così non possiamo che bacchettare un governo che adesso si propone come salvatore della patria ma che cerca di tappare falle che si sono aperte per il suo non far niente.
Niente di Berlusconi e niente di Tremonti da un decennio e oltre.

Faremo un esame ancora più dettagliato degli errori della manovra nei prossimi post.

Grazie per l'attenzione.

lunedì 30 maggio 2011

Equitalia o IN-Equitalia? Questo è il problema.....

Equitalia o in-Equitalia?
Questo è il problema.... Diremmo se volessimo parafrasare il conosciutissimo passaggio dell'Amleto di Shakespeare.
Cos'è Equitalia? Beh, per saperne di più, per i pochi che non ne avessermo mai sentito parlare, rimandiamo alla seguente pagina. Di base Equitalia è una società privata a completa gestione pubblica (è per metà dell'Agenzia delle Entrate e per metà dell'INPS) che si occupa di riscuotere tasse, balzelli d'ogni sorta e tipo e multe non riscosse.
Il nome presupporrebbe l'espletamento di un compito compensativo delle ingiustizie presenti in Italia.
O qualcuno pensa che nella nostra nazione non vi siano ingiustizie, sociali, penali o economiche che siano?
Equitalia sta incontrando numerose critiche e opposizioni, sia di natura giornalistica che di protesta fatta da persone in carne ed ossa nelle strade e nelle sedi opportune.
Ma probabilmente tutto ciò che è successo non è niente con quello che accadrà qui in Italia se chi di dovere non provvederà ad apportare vistosi cambiamenti nei confronti di questo ente.
Le critiche le avrete sentite anche voi oppure qualcuno di voi potrebbe aver vissuto sulla propria pelle le iniquità di chi ha l'equità solo nel proprio nome.
Qualcuno mi potrebbe accusare di essere un sostenitore dell'evasione fiscale e del qualunquismo che impera nella nostra nazione.
Vorrei ribadirlo, come in precedenza esposto, per il sottoscritto è corretto pagare le tasse, tutte le tasse.
Ma il sottoscritto pensa anche che lo stato esista per servire il cittadino e non il contrario.
Siccome le cose non sono sempre sullo stesso piano, esistono delle scale di importanza relativa.
E il principio che le tasse devono essere eque e funzionali viene PRIMA del fatto che tutti i cittadini le debbano pagare.
Vogliamo fare un esempio? Facciamolo.
Parliamo dei contributi INPS. I contributi INPS "dovrebbero" essere dei versamenti che una persona effettua ad un gestore pubblico affinchè questo possa restituire una data somma mensile (pensione) nel momento in cui chi versa non sia più nelle condizioni di potersi sostenere con il proprio lavoro.
Una sorta di previdenza, diciamo. Io metto da parte oggi, così un domani che non posso lavorare quei risparmi mi torneranno utili.
La cosa ha un senso, certo!

Ma perchè è obbligatorio? E perchè vi sono degli importi minimi di versamento?
L'obbligatorietà dei contributi INPS può trovare risposta nel fatto che i soldi versati all'ente previdenziale servono per altre ragioni, quali ad esempio gli ammortizzatori sociali, quali cassa integrazione e simili. Beh, allora i contributi INPS non sono solo un accantonamento per il mio futuro ma una sorta di quota associativa, sul tipo dei consorzi fidi, per cui tutti versano nel caso in cui alcuni ne abbiano bisogno.
Giusto? Già, è proprio così!
Se non fosse che non tutti quelli che versano hanno il diritto a ricevere degli ammortizzatori sociali. Un lavoratore autonomo non ha questo diritto. E allora perchè ha l'obbligo di versare i suoi contributi? Perchè è un obbligo e non una facoltà?
E perchè vi sono delle quote minime a prescindere dai ricavi?

Se io avessi un'assicurazione pensionistica di tipo privato con l'accordo di versare una quantità X al mese, nel momento in cui non avessi le sufficienti entrate per pagare, chiederei che il mio PIANO DI ACCUMULO (si chiama così) venga semplicemente sospeso. E se venisse interrotto, riceverei nella data prevista la somma che salterebbe fuori sa un semplice calcolo di matematica finanziaria.
Invece l'INPS pretende da molti dei pagamenti non proporzionati alle capacità reddituali di chi versa per le proprie esigenze di cassa. Incassi dai lavoratori di oggi per pagare i pensionati di ieri. Altrimenti il sistema salta.
Ma allora non è possibile esaminare questo fatto?
Si parla di non poter togliere alle persone i diritti acquisiti? Qualcuno mi può spiegare perchè questa apparente equa legge debba causare che altre persone siano VESSATE da richieste ingiuste? Cioè se io non prenderò la mia futura pensione, nonostante i miei versamenti, perchè non si può ridurre la pensione che qualcuno prende da 10 o 20 anni?
Equitalia usa metodi da stato di polizia per riscuotere cifre che non sono EQUE su imposte che non sono EQUE. Perchè dovrei pagare il 130% di una somma che non sono riuscito a versarti?
Vi è un dolo? Ai danni di chi? Questo INPS lo dovrebbe spiegare. Perchè se anche vi fosse, la responsabilità di chi è? Del contribuente o dell'INPS stessa?
Sarebbe come se un negoziante citasse in tribunale un cliente che non lo ha pagato come responsabile del fatto che egli non ha pagato i suoi fornitori. Non funziona così. Ognuno è responsabile dei suoi pagamenti. E ogni struttura, compresa l'INPS, dovrebbe avere un suo metodo per gestire le inadempienze.
Non sto a elencare tutte le cose che sono inique in Equitalia.
E' iniquo che per un piccolo debito, una persona abbia degli atti giudiziari su tutti i suoi beni.
E' iniquo che le cifre richieste vengano continuamente aumentate di more e costi. E' una sorta di usura legalizzata.
E' iniquo che i casi di mancato pagamento non vengano esaminati da un punto di vista etico e di società civile invece che semplicemente da un punto di vista burocratico.
Vivo in una città in cui il comune (a torto o a ragione) eroga dei fondi per sovvenzionare gli studi primari ai figli dei Rom presenti. Una città in cui un lavoratore autonomo in difficoltà non solo non riesce a pagare quanto deve a causa di norme ingiuste e una pressione fiscale impossibile da sopportare ma in cui si viene messi all'indice e crocifissi per averci provato.
Quale è l'esito prossimo futuro?
Che non vi sarà lo stimolo a rischiare e a provare a fare nuova imprenditorialità.
Questo già succede.
Questo già accade.
E il passo successivo è la scorciatoia della criminalità o dell'evasione.
Equitalia è un problema politico. E' un problema non la struttura ma i motivi per cui è lì.
Equitalia non è al servizio della collettività. Lo sarebbe se, con un peso fiscale corretto, essa fosse lì a far pagare i furboni.
Equitalia è al servizio dei furboni. Quelli che, siccome ingrassano con la spartizione politica delle risorse, pensano che il modo per fare cassa sia quello di spremere le persone più deboli e meno ricche della società.
Equitalia farà diventare i poveri ancora più poveri e i ricchi ancora più ricchi.
Equitalia ti porta via la casa perchè le devi 40.000 euro. Vendere la tua casa che ne vale 200.000 alla metà. Chi la compra la rivenderà a prezzo di mercato e farà un sacco di soldi.
Equitalia portà disuguaglianza.
Io non so quanto la gente starà a guardare.
Grazie per l'attenzione.

venerdì 21 gennaio 2011

Le tasse: è giusto pagarle? (3a e ultima parte)

Concludiamo questa carrellata cercando di tirare le somme di quanto ci siamo detti.
In una nazione in cui vi è la necessità di servizi di utilità pubblica, tutti i cittadini sono tenuti a contribuire al costo complessivo di questi beni. 
Laddove non sia possibile stimare in quale parte questi servizi portino utilità al singolo cittadino e laddove si possa stimare che oltre l'utilità effettiva ci sia un'utilità potenziale, il costo dei servizi deve essere pagato da tutti i cittadini.
Citiamo il servizio di ordine pubblico svolto dai corpi di polizia.
Non vi è possibilità di stabilire in quale misura un cittadino fruisce di questa utilità. Sapere che la propria città è sicura e un corpo organizzato di polizia vigila su tutti non è suddivisibile. Su ognuno di noi ricade l'utilità potenziale di questo servizio sociale.
Lo stesso dicasi della scuola.
Il fatto che la scuola esiste e sia a disposizione di tutti è un'utilità potenziale per qualunque cittadino. Poco importa se abbiamo figli che vanno a scuola o meno. Potremmo averli e quindi potremmo usufruire di questo servizio. D'altronde questo, più che un costo, è anche (E SOPRATTUTTO diremmo noi!) un investimento e quindi uno stato (provate a dirlo all'attuale governo in carica se ci riuscite) non dobrebbe MAI e dico MAI lesinare soldi da devolvere alla costruzione dei pilastri del futuro ovvero la formazione scolastica delle nuove generazioni.

E' giusto quindi pagare le imposte!
Ed è giusto pagare anche le tasse cioè pagare per avere un servizio pubblico di utilità individuale.
Parliamo di pagare le tasse sui rifiuti, sulle prestazioni sanitarie non di emergenza e non indinspensabili e su tutte le concessioni che l'ente pubblico fa ad un individuo a discapito dell'intera comunità.
Sapevate, ad esempio, che lo stato italiano si fa pagare pochissimi soldi (veramente pochi) per dare alle imprese che imbottigliano l'acuqa minerale la concessione allo sfruttamento delle falda acquifere o delle fonti del nostro territorio?
Perchè queste aziende dovrebbero pagare poco per vendere un bene che è di tutti? Teoricamente l'acqua potabile dovrebbe giungere in tutte le case e ognuno dovrebbe pagare una quota per il consumo. Ma questa quota dovrebbe servire solo a coprire i costi per la fornitura del servizio e non comprendere fattori di lucro.
Nel prezzo della minerale che comprate ogni giorno, fatto 100 il prezzo di un litro di quell'acqua, il costo puro per la raccolta e imbottigliamento dell'acqua è molto, molto piccolo. Diciamo che costerà 1 o forse meno. Il resto sono costi di trasporto (certo se ci beviamo l'acqua che arriva dall'altra parte d'Italia), di pubblicità e puro lucro.

Esistono sicuramente delle tasse che non sono giuste in se e tasse che sono inappropriate come meccanismo di pagamento. Citiamo nel primo caso la tassa sul possesso di un televisore. Innanzitutto è una tassa subdola perchè spacciata per qualcosa che non è. La chiamano "canone RAI" ma non è un costo di abbonamento per la visione dei canali Rai. Piuttosto è una tassa sul possesso di un apparecchio radio-televisivo.Hai una tv o una radio a casa? Devi pagare! E a niente serve dire o argomentare che uno non guarda la Rai!
Forse potremmo anche accettare l'idea che si debba pagare per possedere uno strumento elettronico. Forse.
Sa molto di balzello medioevale (non dimentichiamo che questa tassa è stata creata in periodo fascista quando avere una tv o una radio era un lusso per ricchi!) ma se il costo fosse molto contenuto, potremmo anche accettarlo. Ho un bene di lusso e pago per il suo possesso. In cambio lo stato mi fornisce un servizio pubblico di informazione e formazione. Cioè mi mette in onda dei contenuti per cui ha un senso la tassa.
Ma se guardiamo i motivi per cui dobbiamo pagare la tassa sul possesso di una TV non si capisce cosa stiamo pagando.
Forse gli stipendi di tutti quelli che lavorano in Rai? E perchè sono tutte figure necessarie per i servizi di cui parlavamo prima? Ovviamente no, perchè la Rai svolge il suo servizio di utilità pubblica in misura molto molto marginale. Talmente marginale che molti strumenti di Internet oggi hanno soppiantato la necessità che la Rai esista. Su internet possiamo andare a visionare gli atti del parlamento, i decreti del governo, avere risposte, enciclopedie, sapere news da tutto il mondo, programmi culturali e di formazione e documentari a go-go.
Insomma si è capito l'antifona.

 Alcune tasse sono giuste ma il loro meccanismo di pagamento è scorretto. Il classico esempio è la tassa sui rifiuti. Che si paga in base alle dimensioni della propria casa o dal tipo di attività imprenditoriale che si svolge.
Solo una minima parte della tassa dovrebbe essere fissa e ripartatita in modo uguale per tutti. Il resto (la gran parte) dovrebbe essere pagata in proporzione alla produzione effettiva di riufti e non a quella potenziale.
Qualcuno dirà che è difficile farlo ma la difficoltà nella misurazione della produzione di rifiuti non è una scusante.
Occorre impegno e sicuramente un cambio drastico delle abitudini di vita ma è possibile, come dimostrato laddove piccole ma volonterose amministrazioni locali hanno provato soluzioni alternative.

In Italia attualmente il peso fiscale è pari a più della metà dei guadagni per gli autonomi e un pò meno della metà dei guadagni per i dipendenti. Questo mediamente. Il peso fiscale italiano è uno dei maggiori d'Europa e dell'intero pianeta, fatti salvi i paesi tipo "Repubblica delle Banane"- I servizi che lo stato italiano eroga sono immensamente al di sotto della soglia minima di decenza in molti settori. Lo stato prende più di quello che rende al cittadino.
E poi ci meravigliamo se gli italiani non vogliono pagare? Gli italiani onesti, intendiamo.
Perchè oltre questi vi sono gli italiani disonesti, e sono tanti, tantissimi, che non pagherebbero neanche se lo stato italiano e i suoi enti rendessero come servizio più di quanto prelevano. Costoro stanno troppo bene perchè vivono in un contesto in cui si sentono anche giustificati nel non pagare e in cui si confondono con le persone per bene vessate dal fisco.

Quale è la strada? Recuperare soldi dall'evasione fiscale? Solo in parte. Quello va fatto ma lo stato italiano (e quindi tutti noi che lo costruiamo collettivamente) deve dimostrare un cambio radicale con il passato.
Dovrebbe decidere di dare una svolta, abbassando il peso fiscale sulle spalle dei cittadini onesti.
Si inizia dall'abbassare il livello delle imposte e dal cancellare l'esistenza di molte tasse inique o esose.
Questo comporterà la mancanza di fondi per far funzionare le cose. Sicuro. Ma da lì si inizia, altrimenti non ne usciamo più.
E gli italiani, già abituati ad un pessimo servizio pubblico generale, se ne faranno una ragione sapendo che questo sarebbe solo provvisorio.
Meno tasse significa maggiore prosperità per i cittadini e alla fine per lo stato, che ritroverebbe i denari per far funzionare i suoi servizi. Non puoi tassare uno che non ha niente o ha poco. Il 50% di poco è poco. Il 25% di molto è molto. Non so se rendo l'idea.
Ma di possibili soluzioni all'attuale sistema fiscale, parleremo in un prossimo articolo.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 20 gennaio 2011

Le tasse: è giusto pagarle? (2a parte)

Nel precedente articolo, abbiamo già illustrato che qualcosa che non va nel pagamento dei tributi (parliamo del nostro paese cioè l'Italia) c'è.
Esamiamo meglio questo concetto.

Se un gruppo di persone vive insieme ci sono dei costi comuni per dei servizi che non è possibile dividere in modo specifico per ognuno dei membri.
Se in un villaggio occorre costruire una diga, un muro di cinta questo è un bene a utilità collettiva. Non si potrà dire che questo ne beneficia più di quell'altro.
Se parliamo di uno stato, servizi pubblici come la polizia, la magistratura e via discorrendo servono proprio per far funzionare le cose.
Esistono paesi, ad esempio gli Stati Uniti, in cui certi servizi non vengono considerati pubblici come la sanità.
In Italia la sanità è pubblica e il servizio è esteso in automatico per tutti i cittadini italiani e non solo. Negli Stati Uniti sei coperta da protezione e cure sanitarie solo se hai pagato la copertura assicurativa.
Potremmo discutere quale delle 2 opzioni sia giusta ma non è questo il momento e ci porterebbe troppo fuori tema.
Sta di fatto che un servizio pubblico ha un costo e qualcuno lo debba pagare.
L'opinione di questo blog è che tutti i cittadini di uno stato debbano contribuire ad un servizio pubblico ma che occorra creare dei meccanismi di ri-equilibro per evitare che ci siano persone che usufruiscono del servizio in maniera eccessiva e che ci siano persone che non usufruiscono di nessun servizio pagando profumatamente.

Quindi è giusto pagare le tasse e le imposte? Certo, e non ci si dovrebbe neppure porre il problema.
Qualcuno parla di evitare di pagare le imposte come segno di disubbidienza civile.
Può essere un sistema ma solo quando è correlato da un'effettiva volontà di voler cambiare le cose. Penso che la cosa abbia un senso solo se accompagnata da effettive e continue azioni concrete che vadano a ribadire alla collettività l'ingiusto squilibrio delle imposizioni fiscali. Si, insomma, cortei, manifestazioni, forum, passaparola, associazionismo, comunicati, spazi web esplicativi, incontri con le autorità politiche e le altre associazioni civili. Quindi non solo non pagare le tasse e le imposte.

In Italia, come praticamente ogni altra parte del mondo, esiste il principio della contribuzione fiscale proporzionale al reddito in misura crescente. Ovvero più guadagni e più alta è la percentuale di quanto tu devi versare al fisco. A prima vista il concetto che i ricchi paghino più tasse (consentitemi questa semplificazione verbale per non essere pesante nell'esposizione) sembrerebbe un concetto molto democratico ed equo.
Ma sovente quello che sembra giusto ed equilibrato sulla carta non lo è nella realtà.
La realtà, quello spazio in cui le cose avvengono per davvero, è qualcosa di estremamente complesso. Non è infrequente che fattori molto importanti nella scena sfuggano alle verifiche e vadano a rovesciare l'esito delle soluzioni proposte.
Che chi più guadagna, più debba pagare i costi dei servizi collettivi potrebbe (dico potrebbe perchè qualche altra cosa da aggiungere vi sarebbe) essere qualcosa di equo e socialmente corretto se questo avvenisse in un contesto di sistema economico fondato in misura altrattanto precisa sull'equità e sulla giustizia sociale.
Una società in cui i redditi delle persone provenissero dalle loro abilità e capacità, dal loro talento, inventiva, tenacia e persistenza. Una società in cui non ci fossero barriere lobbistiche a che le persone meritevoli potessero giungere a ricoprire posti e ruoli coerenti con il loro bagaglio professionale.
Il concetto che chi guadagna di più, di più debba essere tassato è fondamentalmente di stampo giacobino prima e marxista poi. Sembrerebbe corretto prendere a chi ha di più ma vorrei sottolineare un concetto fondamentale.

Nella società esistono delle persone che, per vitalità, intraprendenza e abilità, riescono a portare avanti le cose. Creano società imprenditoriali, aprono fabbriche negozi o creano prodotti o inventano servizi. Migliorano il mondo, creano produzione. Permettono a molti di avere un lavoro. Ci sono gli artisti che grazie al loro lavoro creano un futuro per la loro società. 
Una società vive e prospera sul lavoro delle persone etiche e attive. Una società avvizzisce a causa dei parassiti, dei disonesti o delle persone che non fanno niente.
Esiste una regola generale che una società ottiene ciò che premia o privilegia mentre vede allontanarsi ciò che combatte o penalizza. Premiare le persone produttive, le attività etiche e le iniziative creative porta a maggior produzione, etica e creatività. Penalizzare il parassitismo e la disonestà, porterà ugualmente a comportamenti virtuosi. 
Ora nessuno intende dire che è utile abbandonare le persone indigenti o distruggere chi non fa niente. La regola è rivolta a dei comportamenti e non a degli individui.
Penalizzare il parassistismo o il guadagno tramite attività distruttive, non significa che si porti avanti una crociata morale contro chi lo sta facendo.
Occorre avere rispetto per tutti i lavoratori e mai e poi mai questo blog assumerà posizioni di elogio tout court del capitalismo contro i lavori meno pagati e più umili. Anzi.
Il capitalismo è un sistema che premia il parassitismo e penalizza la creatività e il talento.
Fare i soldi con i soldi non ha nessun prodotto di valore da distribuire nella società.
Il capitalista non è l'imprenditore che mette su l'azienda. Il capitalista è qualcuno che lavora con i capitali.
Marchionne è un capitalista come la famiglia che lo ha messo lì, per fare un esempio.
Un manager che dirige un azienda che guadagna centinaia di migliaia di volte lo stipendio di un operaio non è qualcosa di equo. Esiste un'asimmetricità enorme anche nel meccanismo di premio del lavoro di costui.
Ma anche questo adesso ci porterebbe troppo fuori tema. E non preoccupatevi che torneremo sull'argomento.

Concludiamo l'articolo (rimandando la conclusione di tutto questo discorso alla terza e ultima parte) dicendo che la grande riforma fiscale sarebbe in realtà la riforma del meccanismo delle entrate di una persona.
Un economista e professore universitario di nome Vitaletti propose, tra le sue varie proposte, una diminuzione del peso delle imposte sul reddito a favore di un aumento del peso delle imposte sul consumo. Ovvero più soldi in busta paga con IRPEF più leggere se non quasi nulle e costi maggiori sull'IVA, con scaglioni differenziati in base all'uso necessario o voluttuario dell'oggetto.
In questo modo tutti avrebbero guadagnato di più e i soldi per i servizi pubblici sarebbero arrivati prelevandoli in maniera volontaria (chiunque può decidere di spendere in un oggetto o risparmiare) dal consumo.
Questo avrebbe stimolato la produzione e il risparmio e penalizzato il consumo (o sperpero in certi casi). Soprattutto per i beni di lusso.
Ovvero quei beni che solo i ricchi possono comprare, creando nuovamente una sorta di giustizia sociale e fiscale.
Ma l'articolo si è fatto lungo.
Vi ringrazio per l'attenzione e vi aspetto nella terza parte.

martedì 18 gennaio 2011

Le tasse: è giusto pagarle? (1a parte)


Tasse, tasse, tasse.
Tasse, tasse, tasse......

Questa parola sta diventando un incubo per tutti. Per i ricchi ma anche per i poveri. Per questi ultimi, in teoria, non ci dovrebbero essere problemi, in quanto chi non ha denaro non dovrebbe contribuire.
Ma a conti fatti, sono proprio le fasce più in difficoltà finanziaria a subire maggiormente la vessazione di un sistema che di equo e di razionale ha ben poco.
Qualche precisazione, innanzitutto:

TASSA: la parola indica un pagamento che deve essere fatto ad un ente pubblico per la fruizione di un servizio. Prevede quindi il meccanismo di scambio: qualcosa di definito (tassa) per qualcosa di specifica e immediata fruibilità (servizio).

IMPOSTA: la parola indica un pagamento che deve essere fatto allo stato o altro ente amministrativo pubblico senza alcuna controprestazione diretta ma che è ciononostante obbligatorio e legato, per quanto riguarda l'ammontare, alle proprie entrate.

Nel linguaggio comune parliamo di tasse e imposte spesso senza una distinzione di fondo e ci riferiamo con esse a tutti i tributi (soldi dati all'ente pubblico) a prescindere dalla loro natura.
Ma eguagliare queste 2 parole causa molti danni, anche se non immediatamente visibili.

La tassa è una sorta di prezzo del servizio pubblico. Non è molto divera dal pagamento di un costo di un qualsiasi servizio il mercato offra. Vuoi andare dal parrucchiere? Costa 16 euro (o 20 o quel che l'è!). Vuoi avere il cellulare in abbonamento? Costa 5,16 euro al mese (o quel che l'è!).
La tassa, nel momento in cui la fruizione del servizio che compra fosse libera, è qualcosa di assolutamente democratico e giusto.
Salire su un autobus municipale comporta il pagamento di un costo. Perchè gli autobus non nascono nei campi, perchè chi li guida non è lì per la gloria, perchè i motori consumano carburante come qualsiasi altro mezzo.
Vorrei però apportare una precisazione: il costo della corsa dell'autobus dovrebbe essere formato da 2 componenti. Una (diretta) pari al costo di mercato di una corsa come se il servizio fosse erogato da una qualsiasi impresa privata. Un'altra componente (indiretta) pari al valore sella potenzialità di servizio offerta.
E su questo permettetemi di spendere 2 parole:

Se io abitassi in una città di 200.000 abitanti, ipotizzerei che fosse per me possibile spostarmi con mezzi pubblici per la città. Poi mi compro l'auto e non uso mai il mezzo pubblico. Ma il mezzo pubblico è sempre lì. Se la mia auto si guasta, io so di poter contare sulla linea 10 che passa sotto casa mia. Se non uso l'autobus, non pago niente. Ma in realtà un servizio lo sto sempre ottenendo. Anche se è potenziale. Ma quella potenzialità ha un costo. Tant'è che senza la ricompensazione di questo costo (del servizio potenziale) non vi sarebbe la convenienza economica a gestire la rete di collegamenti pubblici.
Questa cosa l'ho scoperta anni fa nel mio paese quando, viaggiando spesso dallo stesso ad un paese vicino, constatai che sul mezzo vi erano sempre pochissimi passeggeri. L'autobus era grande ma viaggiava vuoto.
Siccome la compagnia era privata mi chiesi come potevano fare a sostenere le spese in quanto era evidente che l'autobus viaggiasse sempre in perdita.
Investigai e venni a scoprire che la regione Sardegna sosteneva la compagnia privata con un finanziamento annuale per garantire che la tratta fosse coperta e attiva. L'ente pubblico sosteneva un costo per fornire a dei suoi cittadini la possibilità di avere dei collegamenti fra paesi altrimenti abbandonati. 
Servizio pubblico. Fondamentale. In una società che si definisce civile, un elemento portante della convivenza in gruppo.
Con quei soldi la compagnia privata riusciva a gestire la linea.

Veniamo al costo del biglietto dell'autobus. Da una parte abbiamo la prestazione di un servizio e dall'altra l'offerta di un servizio pubblico o, meglio, di utilità pubblica che ha un valore anche se non viene usato dal singolo cittadino. La prima componete viene pagata con una tassa (il costo del biglietto), la seconda con un'imposta (valore potenziale di servizio).
Ogni cittadino deve contribuire alle utilità pubbliche potenziali.

E' giusto pagare le tasse (meglio i tributi)? E' giusto, e la cosa è eticamente ed economicamente indiscutibile.
E' giusto pagare QUELLE tasse, riferendoci a tasse e imposte che lo stato italiano impone (appunto) ai suoi cittadini?
Beh, per quanto sarà il prossimo post a completare questa risposta, fatemi anticipare che
NO, non è GIUSTO pagare le tasse e le imposte con cui lo stato italiano vessa (dal verbo vessare: tormentare, affliggere, opprimere insistentemente con maltrattamenti materiali e morali) i suoi cittadini.
Non vi è proporzione fra quanto pagato e i servizi ricevuti e non vi è giustizia sociale nel meccanismo con cui i cittadini sono chiamati a contribuire.

Il nostro non è un invito alla dis-onestà. E' un invito alla civiltà e alla trasparenza. Al comune e logico vivere civile in cui responsabilità e onori vengano distribuiti secondo un criterio equo.
Ma di questo parleremo nella seconda parte del post.

Grazie per l'attenzione.

mercoledì 25 novembre 2009

Arriva lo scudo fiscale

Come succede spesso in questo italico stivale che si protende dalle algide Alpi fino alle calde acque del mediterraneo, la nazione va avanti per "tranche", per argomenti o, potremmo meglio dire, per tormentoni.

Processo breve, influenza A, la morte del trans.....
E tra questi lo scudo fiscale.

Cos'è lo Scudo Fiscale?
Beh, a fianco c'è una vignetta che lo spiega.
E il mio post è finito.

Si, lo so, tratto in modo dissacrante un argomento serio come il denaro, come le tasse, i provvedimenti di questo governo.
NO!
Il mio scopo è solo quello di portare economia e finanza nella giusta prospettiva ovvero di argomenti e materie calate nella vita di tutti i giorni, prive di sofismi e di inacessibilità.
Non parliamo di filosofia trascendentale, parliamo di come e dove vanno i soldi, di come si gestisce la giornata, si fa la spesa.... insomma, ci siamo capiti.

Lo scudo fiscale è un provvedimento che ha lo scopo di invogliare chi ha portato all'estero capitali non dichiarati a riportarli in Italia con una tassazione veramente minima, attualmente il 5%.
Intenzione del governo con questo provvedimento è rastrellare risorse cercando di tassare (quasi niente) montagne di denaro che sono già sfuggite al setaccio contributivo.
Le intenzioni sembrano buone ma l'inferno, come si dice, è lastricato di buone intenzioni.

Il sospetto, da più parti, è che l'attuale governo spesso attui provvedimenti che beneficiano un gruppo di italiani ma che tra questi italiani vi sia sempre LUI, ovvero il presidente del consiglio, mr. rockstar (vedi ANSA) Berlusconi. E anche molti dei suoi accoliti e dignitari.
La strategia, dicono sempre i ben informati, è che se vuoi attuare un provvedimento che ti favorisce, creando una legge Ad Personam, basta mostrare che questo provvedimento, per quanto sia vantaggioso per te, lo è anche per migliaia di italiani o per l'Italia.
Così ti metto il digitale terrestre che è utile (!!!!!), che fa questo e quello. E' per l'Italia. Poco importa se il gruppo aziendale che maggiormente se ne sta beneficiando sia proprio Mediaset.
Vivo in Sardegna e la mia regione è da 2 anni già entrata in questo mondo digitale terrestre.
Quando il segnale partì, STRANAMENTE, Mediaset era già pronta! Tecnologicamente e professionalmente. E già incassava i soldi vendendo film e partite.
La Rai, teoricamente più televisione di stato, non trasmetteva neppure.... che coincidenza!

Ma non siamo qui per parlare di tecnologia ma di Scudo Fiscale.

Lo scudo fiscale è un'ignominia. Questo il parere del blog.
Anche perchè io non sono un giornalista e non devo rimanere imparziale. Ma imparziale de che?

Chi di voi lettori è un operaio o un piccolo professionista, sa quanto sia stritolato da tasse, balzelli e imposte.
Quando un provvedimento è contrario alla migliore sopravvivenza di un gruppo, esso è sbagliato.
Non importa quanto sembra essere il male minore.
Basta riflettere solo su un punto:
se si puniscono i comportamenti positivi e onesti e si premiano i comportamenti distruttivi e disonesti, SI OTTERRANNO SEMPRE PIU' COMPORTAMENTI DISTRUTTIVI E DISONESTI.

Questa ferrea legge è evidente per se e chiunque la riconoscerà come vera. A meno che non sia una di quelle persone che già da tempo attua uno di questi comportamenti distruttivi o disonesti.
Il piccolo vantaggio di incassare qualche miliardo di euro (che verranno poi usati male dal governo) non è sufficiente a ripagare l'ENORME danno all'onestà dei cittadini e alla fiducia nel convivere civile in questo stato.
Questo punto non lo esaminano.
Esaminano solo gli introiti in denaro.
A parte che, da più parti, si sollevano obiezioni sulla possibilità che questi capitali realmente rientrino in Italia. Qualcuno dice che addirittura li si può "scudare" e lasciare all'estero.
Non ho letto la legge e neppure voglio farlo.

Conclusioni: continuiamo a permettere che onestà e correttezza siano i fattori dominanti e sempre più tasse dovremo pagare. Non meravigliatevi che il prossimo anno le imposte e le tasse aumenteranno. Il circolo è vizioso.
Perchè sempre più persone saranno portate a "fare le furbe" e questo comporterà che il peso delle tasse verrà diviso fra sempre meno persone.

E guardacaso queste meno persone sono proprio le più indifese e spesso le più oneste.

E anche in questo caso
per Aspera ad Astra!

sabato 14 novembre 2009

E' giusto pagare le tasse?

Non voglio fare una domanda provocatoria e banale ma riflettere a fondo e con serietà sul problema.

Quello che, dal mio punto punto di vista, sta accandendo è che a furia di parlarne o straparlarne, discuterne e urlarne l'argomento sia diventato stantio e finto, ormai lontano dal concetto fondamentale della cosa.

Facciamo un passo indietro.
E per farlo cerco di immaginarmi una società o lo stato di cui stiamo parlando come un semplice villaggio con intorno monti, campagne, campi, fiumi e boschi.

Questo villaggio è composto di poche migliaia di uomini. Ci sono uomini adulti che sono adatti a lavorare e donne adulte adatte a curare la casa e la famiglia.
(Non me abbiano a male le lettrici di questo blog per questo esempio. Non voglio discriminare o offendere nessuno ma è giusto per rendere la cosa estremamente semplice! Quindi gli uomini del villaggio lavorano e le donne gestiscono casa e bambini).
Ogni abitante del villaggio ha un suo compito, più o meno. Ci sono pescatori del vicino lago e cacciatori nel vicino bosco. Ci sono coltivatori e pastori. Ci sono i carpentieri e i falegnami. Ci sono coloro che cuciono e coloro che fabbricano. C'è anche qualcuno che fa arte e qualcuno che si occupa degli aspetti spirituali. C'è il maestro del villaggio e così via. Ovviamente ci sono coloro che si occupano della sicurezza interna e coloro che amministrano le esigenze complessive del villaggio stesso.

E qui veniamo al punto.

Quando si vive in comunità ci sono dei costi che la comunità deve affrontare per organizzare e gestire necessità collettive.
Il villaggio potrebbe avere bisogno di mura di cinta a protezione da possibili attacchi esterni.
Non serve solo ad un abitante ma a tutti. Chi dovrebbe contribuire? Tutti, è ovvio.
Se nel vicino fiume deve essere fatta una diga e delle condotte per portare l'acqua al pozzo interno del villaggio, chi deve contribuire? Tutti, è ovvio.
Ma in che misura? E in che modo?

In un piccolo villaggio è facile verificare chi contribuisce e chi no.
In un piccolo villaggio è molto probabile che un perdigiorno e fannullone non verrebbe tollerato che per un piccolo lasso di tempo. Dopo di ciò verrebbe allontanato dal villaggio.
Perchè?
Perchè sarebbe un parassita. E non lavorando probabilmente si dedicherebbe ad attività contrarie alla buona sopravvivenza del villaggio stesso.

In un piccolo villaggio la relazione fra ciò che l'abitante contribuisce e i benefici che egli ottiene sono facilmente visibili. E questo facilità le cose.
E' probabile che i contributi a progetti comuni vengano fatte su una base volontaria. Cioè potrebbe capitare che ognuno dona ciò che ritiene opportuno in base all'importanza della cosa e in base alle proprie capacità contributive (parliamo anche di contributo in lavoro).
Una cosa del genere accade ora quando, a seguito di qualche disastro, scatta la corsa ai soccorsi tramite donazioni.... Vedi Tsunami o terremoto in Abruzzo.

E' giusto pagare le tasse? La risposta è definitivamente si.
Ma questo forse era scontato.

Quello a cui voglio arrivare è: è giusto pagare le tasse in un paese come l'Italia? O meglio, le tasse che noi paghiamo in Italia sono giuste? E' giusto che chi più contribuisce come lavoro alla collettività debba anche pagare con tributi monetari?
Si capisce dove intendo arrivare.....?

Questo ci pone in un altra ottica e di questo parleremo nel prossimo post.

Grazie e buona settimana a tutti.
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