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mercoledì 6 luglio 2022

Indebitamento e produzione

La parola indebitamento non è molto gradita nè amata dalle persone.

Quando si parla di indebitarsi, subito la mente va a situazioni non piacevoli e ad una condizione operativa non ottimale.

Non è per niente un caso che qualcuno usi l'espressione "Brutto come un debito" quando vuole esprimere un giudizio sulla bellezza di un'altra persona.

Tralasciando questo argomento di gustosa conversazione, il punto che volevamo sottolineare è come, facilmente, si confondano i termini DEBITO e INVESTIMENTO.

Ma forse stiamo correndo troppo. Facciamo un passo indietro. Cosa è un debito?

La parola debito non è un termine di solo uso finanziario. Non riguarda solo i soldi. Tant'è che si parla di "debiti formativi" nell'ambito della scuola quando uno studente non è andato bene oppure di parla di "debito morale" quando qualcuno ha fatto qualcosa per noi e ci tocca restituire il favore.
Un debito è una obbligazione di dare o restituire qualcosa, spesso riferito a entità monetarie (fonte TRECCANI).

Faccio debito quando qualcuno mi fornisce (presta) qualcosa e io lo debbo restituire. La situazione è classica nel mondo della finanza.
Ho necessità (per qualsiasi motivo, e dopo approfondiremo questo) di denaro e qualcuno me lo presta. Con l'accordo che glielo debba restituire in modo e tempi da stabilire. Qualche volta senza dover pagare il servizio e molto spesso dovendo pagare il servizio.

Ma cosa è un INVESTIMENTO? 
Un investimento è l'utilizzo di una certa quantità di denaro (ma può essere esteso anche all'utilizzo di cose, attrezzature, lavoro e conoscenza) per ottenere/realizzare un qualcosa che più avanti nel tempo mi consenta di guadagnare più denaro.
L'esempio arriva dalla natura. Ed è la prima forma di investimento che l'uomo ha conosciuto.

Si parla di agricoltura. Io ho un tot di semenze e le pianto. Pianto dei semi per avere delle piantagioni che poi produrranno un raccolto di qualcosa per cui avrò un rientro maggiore del valore di ciò che mi sono privato in un primo momento.
Questa è la teoria dei fagioli. Uso dei fagioli per far si che un domani abbia molti più fagioli.

Alcune volte ci si trova in una situazione in cui non si hanno semi da piantare ovvero, nella pratica, non si hanno soldi per effettuare un certo investimento.
E' in questi casi che si va da qualcuno che i soldi li ha e ne ha in eccesso (relativamente). Per farseli prestare.
Si fa, quindi, un debito per realizzare un investimento.
Realizzato l'investimento si avranno i soldi per ripagare il debito e (si spera) ne avanzeranno per noi.

Questo è il processo imprenditoriale. In cui un soggetto assume su di se il rischio di questa iniziativa. Ma se le cose vanno bene anche i benefici.

Che comunque non saranno solo a suo vantaggio. Perchè quando si realizza qualcosa di utile, anche se i profitti vanno solo a chi ha realizzato l'opera, spesso i vantaggi vengono distribuiti in tutta la popolazione e società. Immaginiamo che in città apra un nuovo negozio particolare. Una fumetteria o un negozio particolare di artigianato.
Il fatto stesso che questo negozio esista e che potenzialmente ci possa comprare qualcosa migliora automaticamente la mia qualità di vita. E quindi rende tutti un pò più "ricchi".

Indebitarsi non dovrebbe essere quindi una cosa spaventosa. Non di per se.
Spesso è stato il motore della crescita di società e nazioni.
Ci sono motivi e motivi per indebitarsi.

Una persona può prendere dei soldi in prestito per migliorare la qualità della sua vita, per fronteggiare una emergenza, per assicurare gli studi di un figlio e per realizzare un investimento.
In questo caso indebitarsi non è una cosa negativa.
In generale.

Che poi, tutte le cose debbano essere fatte con scrupolo e coscienza è un altro discorso.
Anche le lasagne sono buone ma forse non è indicato che ne mangiamo un chilo tutto in una volta. Occorre misurare e dosare ciò che si fa.

GRAZIE PER L'ATTENZIONE.

venerdì 1 luglio 2022

L'importanza dell'educazione finanziaria al giorno d'oggi








Il mondo della finanza è un mondo per lo più sconosciuto. Ai più.

Eppure esso è terribilmente importante. Visto che è un argomento che pervade la nostra vita quotidiana in modo totale. Non c'è individuo, in una delle principali economie planetarie, che non venga toccato quotidianamente dagli effetti delle cose che accadono nel mondo della finanza.

Ma cosa è la finanza, in prima luogo?
La finanza è la materia che si occupa dei soldi, del denaro. Questo detto in termini terra terra.

Qui i sapienti da salotto, gli intellettuali snob tutto tecnicismo e niente sostanza storceranno il naso, pensando, da puristi del linguaggio, che la FINANZA sia quella branca dell'economia che si occupa di investimenti e di un corretto uso del denaro. Ma non è così.

La finanza si occupa di denaro, è vero ma l'equazione FINANZA = INVESTIMENTI non è corretta. Gli investimenti hanno a che fare con la finanza, questo si. Così come un panettiere ha a che fare con il pane ma non è solo quello avendo una vita, famiglia, passione, hobby e forse anche un altro lavoro, così finanza e investimenti sono mondi che si toccano e si intersecano ma non vuol dire che siano la stessa cosa.

E' finanza quando il fine settimana facciamo la spesa, quando decidiamo quali bollette pagare, quando portare il nostro figlio dal dentista, quanto lunghe devono essere le nostre ferie e quante volte potremmo andare al mese al ristorante: o se mai ci potremmo andare almeno una volta.

E' finanza quando acquistiamo un'auto a rate e qualcuno decide se concederci un prestito o meno.
E' finanza quando i nostri prodotti preferiti che arrivano dall'estero aumentano di prezzo perchè ci sono state delle turbative sui mercati.
E' finanza quando non si trova lavoro.

Eh si, signori. Anche quest'ultimo fatto è legato alla finanza. Non è legato all'economia.

Se andate su e giù per questo blog, vedrete questo argomento trattato più e più volte. Da vari aspetti e punti di vista.
Ma qui volevamo sottolineare come sia importante, ora più che mai, insegnare i fondamenti finanziari a qualsiasi cittadino. Insegnarli tutti e il prima possibile, magari introducendo lo studio di questi argomenti in modo obbligatorio nei programmi scolastici a partire dalle elementari.

Diciamo questo perchè è assolutamente sconcertante che un comune cittadino di media intelligenza e media cultura, conosca dove si è combattuta la guerra punica, come sia morto Napoleone oppure sappia che il Nilo è il fiume più lungo del mondo ma non sappia cosa sia un merito creditizio.

Nè come si deve fare per averne uno buono.
Nè come si può comprendere quando ci viene proposto un buon finanziamento e quando non ci viene proposto un buon finanziamento.

L'acquisto dei beni, l'acquisto di una casa, il nostro benessere e quello dei nostri cari è legato a moltissimi aspetti che se seguiamo la catena alla fine partono da questioni puramente finanziarie.

Certo! Anche economiche. Ma anche questo è un dato che nell'educazione finanziaria viene insegnato: ovvero che prima di ogni finanza ci deve essere un'economia.

Il che tradotto per il singolo cittadino significa che prima che i soldi esistano, deve comunque esserci (da qualche parte) della produzione reale.

Ma di questo parleremo (in realtà, riparleremo) un'altra volta.

GRAZIE PER L'ATTENZIONE.

giovedì 18 febbraio 2021

Cambiamenti in vista sul sistema forfettario? Ma insomma queste tasse vanno pagate o no?

Parlando di soldi e denaro non è possibile non toccare, di tanto in tanto il tema delle tasse, del sistema fiscale e dei vari regimi di tassazione esistenti.

In particolare, ovvio, in Italia, visto che è il paese in cui sia io che te viviamo.

In realtà il soggetto delle tasse è sopravvalutato. O meglio, tirato in ballo nel discorso ad un livello di importanza e urgenza superiore a quello che (invece) dovrebbe avere.

Il perchè lo abbiamo già visto in precedenti post nel corso degli anni, ma per riassumere tutto in poche righe occorre ricordare che le tasse e le imposte non sono il modo con cui uno stato si procura le entrate. In modo definitivo.

Lo stesso nome "Agenzia delle Entrate" è fuorviante. E non si sottolineerà mai abbastanza quanto si possa condizionare l'altrui pensiero con una scorretta definizione di termini e parole.

Le tasse e le imposte sono il principale strumento che uno stato sovrano usa per intervenire sugli equilibri finanziari del sistema economico di cui è responsabile. In modo ancora più semplice, possiamo dire che è la leva con la quale uno stato aumenta o diminuisce l'ammontare monetario in circolazione a seconda delle esigenze dell'economia in quel particolare momento.

C'è troppo denaro in giro rispetto alle necessità della produzione REALE? Dreno denaro dal sistema aumentando o diversificando la pressione fiscale.
C'è poca liquidità finanziaria nel sistema (in Italia siamo da un ventennio in questa tragica situazione)? Immetto denaro nel sistema diminuendo la pressione fiscale.

Non servono i ristori o i finanziamenti a pioggia senza costrutto. Oppure l'elemosina di stato. Che concettualmente e spiritualmente è un sistema degradante perchè inchioda chi riceve i sussidi in una condizione mentale di ASSISTITO e quindi di incapace di badare a se stesso. Molto compassionevole ma sul lungo periodo deleterio per un corretto sviluppo economico e sociale.

Non che i provvedimenti di aiuto di quest'ultimo anno alle attività chiuse siano state un errore. Parliamo di in generale. Non di provvedimenti presi nell'ambito di un sistema già sbagliato dal principio. Con il covid19 e l'attuale sistema fiscale italiano, il modo più semplice per impedire un disastro sociale erano i ristori effettuati come lo sono stati. Anzi si è fatto anche poco. E male.

Ma torniamo all'argomento del post. In Italia da decenni si parla di taglio delle tasse. E' un cavallo di battaglia soprattutto dei movimenti e partiti di centro-destra, supportati per lo più da imprenditori e autonomi. Ma anche da tanti italiani a cui piace la meritocrazia. Ovvero se sono bravo e produttivo perchè mi devi punire quando invece quelli che non sono bravi nè produttivi vengono premiati?

In quest'ultima frase sta tutto il dramma della giustizia sociale. Che non tocca neanche il concetto di una società che invece sta anche attenta a non dimenticare CHI per un qualsiasi motivo del mondo si dovesse trovare in un qualche frangente della sua vita in difficoltà.

Si parla in questo momento, con l'avvento di una nuova stagione politica targata DRAGHI, di riforme fiscali ma nella direzione un pò contraria agli slogan sentiti ultimamente. Che però, appunto, sempre slogan sono rimasti. Si parla di modificare il sistema forfettario (una tassazione fissa al 15% per piccole attività e autonomi) per reintrodurre meccanismi di progressività.

Ora non essendoci ancora provvedimenti concreti, mi astengo dal commentare qualcosa. Ma mi inquieta il cambio di rotta. Che non mi sorprende più di tanto, in quanto il nuovo presidente del consiglio è stato scelto proprio perchè esponente di punta del movimento filosofico-economico di stampo europeo che è incline all'Austerity,  ovvero alla parsimonia e regolarità dei conti pubblici e della guerra totale al DEBITO PUBBLICO. Come se questo fosse il problema.

Il problema sono (per loro) i conti. Non le persone in difficoltà. Non un'economia basata su meccanismi sociali iniqui che portano a disparità enormi di ricchezze e quindi conflitti sociali. In cui vince chi ha la possibilità di attivare leve finanziarie speculative e perde chi lavora rimboccandosi le maniche e alzandosi alle 5 del mattino. 
La finanza vince sull'economia reale. Ma la finanza non crea cibo, nè un tetto sulla testa.

Quello lo fa l'economia reale.

Quindi niente. Aspettiamo come al solito i nuovi provvedimenti. E qui, cercheremo ancora di spiegare perchè è necessario che il sistema fiscale venga demolito e ricostruito in modo equo dalla base.
In modo che chi produce sia premiato e non derubato di ciò che prodotto e che invece siano penalizzati i parassiti. Non chi è in difficoltà. Ma chi strutturalmente ha stipendi e guadagni senza fare niente di valore.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 4 febbraio 2021

L'ora di Draghi, cosa c'è sotto? (non è un post di politica)

In questo blog non parliamo di politica (per quanto ogni qualvolta parli di argomenti attinenti al convivere delle persone è, alla fin fine, politica nel senso più antico del termine) ma cerchiamo di rimanere nel campo dell'economia e della finanza.

E' però impossibile non trattare l'argomento del giorno, ovvero l'irruzione quasi sfrontata e debordante del signor Mario Draghi nella scena di Salotto Italia.

La scelta di un nuovo Presidente del Consiglio è sicuramente un tema politico a tutto tondo. Ma quando la persona scelta è un ultra-famoso economista, nonchè per anni Governatore di Banca d'Italia prima e Governato della BCE, massimo rappresentazione bancaria del Vecchio Continente e di tutto il mondo, beh.... fare un paio di riflessioni nell'ambito dell'economia è giusto e, forse, anche doveroso.

La prima considerazione è rivolta al fatto che il signor Draghi sia sicuramente ben visto dagli addetti ai lavori e dai mercati. E questo, più che parlare di Draghi, ci porta a parlare di questo concetto chiamato, in modo molto sottile e direi subdolo, "i mercati". Ci chiediamo, come mai tutto questo rispetto e fiducia?

La seconda considerazione è rivolta al fatto che essendo questo futuro presidente del consiglio un economista, sicuramente grande attenzione sarà posta nei confronti della situazione economica nazionale. E qualcuno malignamente sussurra anche sul patrimonio di questa favolosa nazione che è l'Italia. Per deciderne uso e destinazione.

Ma partiamo con la prima considerazione. Arriva Draghi e vari indicatori economici mostrano subito il gradimento da parte dei "mercati". Perchè è un Presidente forte? O per usare le parole di Mattarella, un Presidente di alto profilo? Ma dicevamo dei mercati. Questo concetto che da anni è, sottobanco, assurto a divinità nel linguaggio forbito degli esperti del settore.

I "mercati" sono diventati una identità forte e quasi divina a cui far riferimento. Ci sono i popoli, ci sono i governi, le istituzioni, i politici, i governatori e via dicendo. Ma nessuno di questi ha così tanto potere e influenza come i "mercati". Che non sono dei luoghi nè sono esattamente delle aziende, gruppi economici o persone. Non sono nè una cosa nè l'altra ma un concetto complesso che, per dirla in modo semplice, nascondono agli occhi altri protagonisti che si vuol tenere nell'ombra.

Dire che sono i mercati a fare una certa cosa o l'altra, a reagire o meno a qualche evento è un modo molto comodo per dare la colpa a qualcosa di inafferrabile e impersonale. Una sorta di Destino, al di là del potere di controllo delle istituzioni, governi e politici. Se i "mercati" dicono qualcosa, occorre seguire ciò che dicono i mercati. Senza peraltro affermare la verità: ovvero che i "mercati" molto spesso possono dire ciò che qualcuno vuole che si dica. Senza che si sappia che è lui ad averlo detto.

Quindi è possibile manipolare i mercati? Sicuramente è un sistema complesso e non basta schiacciare un bottone per avere una risposta automatica. Ma se volessimo trovare un termine di paragone a cosa i mercati siano, potremmo paragonarli a quell'altra cosa inafferrabile chiamata "opinione pubblica".

Che è qualcosa che esiste ma non si sa esattamente dove è nè come è fatta. Quindi l'opinione pubblica dice una cosa ma in realtà è, quasi sempre, solo il megafono di qualcuno che intende imputare alla collettività un'idea specifica. E dopo che l'opinione pubblica ha detto o sostenuto qualcosa, spesso le persone si convincono di quell'idea. Anche se prima non la pensavano così.

Si può influenzare l'opinione pubblica. Si, non è semplice ma con i giusti strumenti si può fare. Si possono influenzare i mercati? Si, non è semplice ma con i giusti strumenti si può fare.

Che Draghi sarebbe stato il successore di Conte alla guida dell'Italia, e qui passiamo alla seconda considerazione, lo si sentiva dire in giro da molto tempo. Non da giorni o settimane, ma da mesi. Lo sentimmo già dal 2019 quando ci fu il crollo del primo governo Conte appoggiato da M5S e Lega. Per avere un quadro ancora più thriller della scena invito a leggere questo articolo di un giornalista indipendente molto in gamba. Già ad agosto aveva delineato per filo e per segno ciò che è avvenuto in questi giorni.

Perchè Draghi? Perchè è un economista e solo un esperto può occuparsi con successo del disastro di amministrazione economica che in questa nazione si porta avanti dal 1992 circa? 30 anni di devastazione della programmazione economica nazionale e svendita e smantellamento di tutto ciò che funzionava per offrirlo al miglior offerente?

Oppure perchè se qualcuno ha pianificato già, in altre stanze, progetti e piani difficili da digerire all'opinione pubblica (ecco qui) ma graditi ai mercati (ecco qui), il fatto che sia Draghi a proporli pubblicamente e garantire per loro semplificherebbe le cose?
Lo dico in altro modo. E se piani e provvedimenti economici di fatto non positivi per il popolo italiano (noi, la gente comune) ma positivi per gruppi ristretti di aziende e persone (quelli dietro ai "mercati") dovessero essere decisi, non è meglio che sia a farlo chi gode della fiducia dell'opinione pubblica?
Che non è la gente. Ma i mass-media con il loro tam-tam possono indurre le persone a pensarla come l'opinione pubblica.

E niente. Per ora salutiamo il signor Mario Draghi e riparleremo delle sue gesta. Che avranno a che fare con il denaro e i suoi dintorni.

martedì 11 agosto 2020

La moneta è come il sangue.... così dice Giacinto Auriti

 

Riporto una citazione del prof. Giacinto Auriti che di questi tempi è come una granita nel caldo afoso d'agosto.
Cosa diceva in sintesi questo signore (la solita mente italica geniale che viene sottovalutata solo perchè non si chiama Jackon Gold)?

Diceva che la moneta è come il sangue, la sua quantità va proporzionata alla entità del corpo da irrorare.
Cosa significa in parole povere?
Significa che la moneta 
1. NON HA NESSUN VALORE DI PER SE a meno del valore della sua funzione.
2. LA FUNZIONE DEL DENARO E' PERMETTERE LA CIRCOLAZIONE DI BENI E SERVIZI.

Quindi se un certo corpo (uno stato, una comunità o un villaggio) ha una certa dimensione e una certa economia (quantità di produzione effettiva di beni o servizi) a quel corpo occorre dare una certa adeguata quantità di moneta, che non è altro che il liquido che permette al corpo di funzionare.

Un corpo grande come un grande stato con una economia prospera ha necessità di MOLTO DENARO. E ogni qual volta l'economia cresce, è ovvio che ci deve essere più denaro in circolazione. Il rischio, se non si fa così, è che il corpo possa cominciare a funzionare male proprio per mancanza di circolazione del benessere. E questo può portare alla morte di singole cellule (quelle più lontane dal centro del corpo) o addirittura di interi organi. E prima o poi anche dell'intero corpo.

L'esempio che fa Auriti è che quando in un mercato le quantità di beni in vendita sono di più, occorrono più soldi per poterle comprare.
Perchè i soldi non hanno valore di per se. Ma solo nella misura in cui servono per comprare cose e servizi.
I soldi sono solo un sistema per scambiare valore. Non sono il valore.
Una persona, se le viene impedito di spendere i soldi che ha, è come se non li avesse. Perchè non ci può far niente.

L'esempio più eclatante è quella di un uomo che precipitasse in un'isola deserta con una valigia con 50 milioni di euro in carta. Se li non c'è nessuna attività umana che accetta quel denaro in cambio di cibo, riparo e strumenti, il nostro naufrago che se ne fa?
Forse ci accende il fuoco.

Dico che è importante sottolineare questo concetto basico del denaro anche se una volta esposto è praticamente una ovvietà in se.
Eppure leggendolo lo consideriamo una verità.
Ma vivendo operiamo come se la verità fosse esattamente l'opposto.

Le persone patiscono e si lamentano perchè non ci sono soldi. IL che è una assurdità, visto che il denaro è un prodotto umano e l'uomo (lo stato) ne può produrre quanto ne vuole.
Ciò che manca potrebbero essere le materie prime, l'energia, gli strumenti, i macchinari e anche la conoscenza e il know-how.
Potrebbe mancare anche la forza lavoro ma mai il denaro.
Perchè il denaro è il risultato di qualcosa che viene prodotto. 
Quindi viene prima il prodotto e poi il denaro.

Chi ti dice che non ci può essere una produzione (ad esempio un ospedale, una scuola o una strada) perchè non ci sono i soldi TI MENTE. Spesso sapendo di mentire in modo totale.

lunedì 6 gennaio 2020

Tanto lavoro = tanti soldi?

Fin da piccoli ci siamo sentiti dire alcune cose che, a prima vista,  sembrerebbe che non ci abbiano influenzato più di tanto.

Ci sono molte informazioni che ci arrivano dall'ambiente esterno. Quando si è piccoli e si cresce non è possibile conoscere tutto ciò che c'è da conoscere tramite esperienza diretta.
Così familiari, vicini, insegnanti, amici, conoscenti e poi (per la verità sempre con maggiore impatto) TV, giornali e internet cominciano a fornirci dati, insegnamenti, regole, notizie, schemi mentali e via dicendo.

Quanto queste informazioni sono corrette?
E quanto chi le riceve è in grado di fare un esame, uno screening di validità di ciò che riceve?

Trovare subito e in modo diretto tutte le risposte ai perchè della vita da soli NON E' POSSIBILE.
Ma neppure sembra funzionare il fatto di diventare una sorta di pattumieria che raccoglie ogni tipo di informazione, consiglio e verità.

Tra l'altro, più è vecchia l'informazione o la verità che ci hanno dato, più essa va a seppellirsi in profondità negli schemi del nostro pensiero. E quindi ormai lontano da un ri-esame critico della stessa.
Soprattutto quando quell'informazione viene detta, ripetuta e ripetuta continuamente.

E' possibile riesaminare ogni informazione che abbiamo ricevuto. E rielaborarla in modo funzionale. 
Prendiamone una: Tanto lavoro porta ad avere tanti soldi? Ovvio che no.
A meno che non definiamo in modo corretto che significa lavoro.
Se lavoro è uno sforzo fisico o mentale fatto per svolgere una mansione, tanto lavoro non porterà necessariamente tanti soldi. Anzi, il più delle volte porterà ad un esaurimento nervoso del lavoratore.

Ma se definiamo lavoro come "l'ottenimento di prodotti (beni o servizi) desiderati dal nostro referente che ci paga (datore di lavoro e/o cliente)", allora si.
Allora la frase "tanto lavoro uguale tanti soldi" diventerà realtà.

Quindi il fatto non è se occorre lavorare tanto. Ma se potremmo riuscire a produrre tanto. Cioè ottenere tanta produzione.

A scanso di equivoci, avremmo che la regola tanto lavoro = tanti soldi non è molto funzionale e ci porta a clamorosi vicoli ciechi.
La sostituiremo con la regola tanta produzione = tanti soldi.
E qui il discorso diventa semplicissimo.

Cosa produco nel mio lavoro? Quale è la richiesta che mi viene fatta (da chi mi paga, cliente o datore di lavoro che sia)?

Quindi, prima di capire cosa devo fare per produrre di più, devo assolutamente avere una idea chiara e precisa di cosa mi viene richiesto dal mio lavoro. Quale sia l'esatto tipo di azione o risultato che mi viene richiesto.

Definito con precisione quello, è abbastanza facile capire cosa occorra fare per produrre di più.

venerdì 24 giugno 2016

Brexit: finalmente qualcosa si muove in questa palude europea.....

Stamattina è tutto un discutere, argomentare ed esaminare.
La notizia è attivata....

La Gran Bretagna vota si all'uscita dall'Unione Europea e diventa nuovamente uno stato indipendente.

Spesso i giornali stampano titoloni e urlano annunci su notizie che hanno l'importanza di un brufolo sulla schiena di una formica nel giardino di casa.

Questa volta no.....
Questa volta è veramente una notizia storica. Di quelle che entrano a pieno titolo nei libri che i ragazzi studieranno a scuola fra qualche decennio.

Ma che significa in concreto? Che siginifica che la Gran Bretagna è adesso fuori dall'Europa?
Che hanno preso le isole inglesi e le hanno ancorate a qualche altro continente?
Certo che no.... Tra l'altro, essendo isole, anche geograficamente la Gran Bretagna è sempre stata un pò qualcosa a se stante rispetto all'Europa continentale. E culturalmente questo ha sicuramente inciso nella decisione degli inglesi di ritornare ad essere gli unici a poter decidere a casa propria, senza alcun tipo di intromissione decisionale esterna.....

Ma è qualcosa di buono?

Non mi aspettavo niente di diverso ma vedere la scempiaggine di affermazioni campate per aria sui presunti disastri finanziari ed economici che colpiranno sia gli inglesi che gli europeri a seguito di questa decisone è sempre una fatica immensa.

"CROLLO DELLE BORSE" - "STERLINA CHE PERDE VALORE" - "PENSIONI DEGLI INGLESI A RISCHIO".

Fare del terrorismo giornalistico è uno sport che piace a parecchi. Non importa se ciò che si dice non ha la minima attinenza con la realtà e con i fatti. Non importa.... Se urlato su giornali e Tg importanti, la stupidaggine arrurge immediatamente a verità non più cancellabile. Nemmeno se mostri a chi ci ha creduto che è una vera e proria falsità.

Ovvio che le borse mondiali hanno perso. Loro sono una specie di sala in cui si gioca d'azzardo in un modo legalizzato.
So che è un'espressione forte ma non è per niente esagerata (anche se non mi è possibile qui entrare nel dettaglio di come funzionino le borse valori nel mondo moderno).
Degli speculatori hanno puntato sul fatto che la Gran Bretagna restasse nella UE e hanno perso. Tutto qui.
Se qualcuno di noi aveva dei soldi in banca, quelli li ritrova.
Se avete una macchina parcheggiata nel garage, anche se le borse vanno giù, la macchina se la ritrova.

Ad inizio anno le borse mondiali hanno perso decine e decine di punti percentuali per altri motivi speculativi. Anche più di questi giorni e nessuno è morto. Le borse non misurano se una nazione è più ricca o più povera. Ci dicono solo che alcuni vincono e altri perdono. Scommettitori quindi. Come dentro un casinò.

La Sterlina forse perderà valore e forse no.
Ma se vogliamo essere precisi vediamo che i britannici non sono morti quando il cambio euro/sterlina era molto, molto, molto, molto più basso rispetto a quello odierno (periodo 1999-2008) nè che le pensioni degli inglesi siano state distrutte. (Nota bene, l'euro è in vigore dal 1999 e non dal 2002 come molti pensano. Nel 2002 c'è stata solo l'introduzione fisica della circolazione monetaria nella mani della persone ma da anni gli stati e le banche usavano l'euro.......).
Tra l'altro se si osserva bene, la tendenza al ribasso è in vigore già dal 2009 in cui ci fu un aumento del valore della sterlina per fini solamente speculativi (con il crollo di alcune banche la sterlina divenne un bene rifugio come il franco svizzero....). Quindi.....

Io penso adesso quello che ho sostenuto in tempi non sospetti (sia in conferenze pubbliche che in vari articoli e libri che ho pubblicato).
L'uscita della Gran Bretagna dal sistema politico-finanziario UE (e non dall'Europa ovviamente) è una buona cosa non in se e per se ma perchè il fatto da una spallata fortissima ad una sorta di ipnosi collettiva che nelle popolazioni europee si era creata.
Ovvero "NON SI TORNA INDIETRO".

"Anche se andiamo verso il baratro, ormai abbiamo questo sistema e sebbene faccia solo gli interessi delle banche, multinazionali e di una minoranza di persone e danneggi invece le economie e le culture europee, ce lo teniamo stretto".

Brexit significa che ogni condizione può essere rimediata. Forse adesso le cose in Gran Bretagna andranno bene o forse andranno male. Brexit non significa che i governanti inglesi e la sua economia automaticamente andranno bene. Dipende da molte altre scelte.
E' un pò come dire che per l'Italia uscire dall'euro automaticamente significa star meglio. Non è detto.
Le cose possono essere fatte in un modo giusto e in un modo sbagliato.

Ma Brexit da l'idea che "QUALCOSA PUO' ESSERE FATTO A RIGUARDO".

E la mia speranza è che in Italia qualcuno prenda coraggio e decida di portare anche l'Italia fuori da QUESTO tipo di Unione Europea, facendo in modo che si rimanga in Europa come nazione indipendente e collaborativa, aperta agli scambi commerciali e culturali ma dotati di sovranità monetaria e padroni delle nostre leggi.
Io non posso credere che sia possibile elaborare delle leggi giuste e valide per tutti gli europei da alcuni uffici a Bruxelles.
Luoghi in cuile particolarità etniche e culturali di un continente complesso e dotato di millenni di storia non possono essere dimenticate.
L'Europa non è gli USA.
Dalle nostre parti quelli di Livorno non vogliono avere niente a che fare con Pisa e parliamo di Stati Uniti d'Europa?
Concetto bello ma totalmente fittizio.

Facciamo in modo che la finanza venga messa da parte e la gente torni a lavorare e produrre cose concrete.
Questo riporterà il benessere.
E quando i popoli lavorano e stanno bene, vedi come stanno in pace gli uni con gli altri.
 
Grazie per l'attenzione.

mercoledì 21 ottobre 2015

Avere clienti e avere denaro: l'etica e l'economia!

Avere clienti è il problema supremo delle attività commerciali e industriali.
La realtà è che un grande, grande passo indietro va fatto.

Infatti dare un consiglio o una cura in un quadro clinico molto compromesso può essere un tremendo errore.
Se arrivasse da te una persona che da anni mangia male, non fa attività fisica di alcun tipo, prende tantissimi medicinali e conduce una vita sregolata, tu sapresti dove viene il problema.
E sapresti anche cosa fare a riguardo.

Ma se costui volesse risolvere la situazione in un giorno o due, cosa mai potresti dirgli?

Potrebbe anche essere che ogni cosa tu gli proponi possa essere usata contro di te. Perchè se il risultato (la cura) non arriva, allora la colpa è tua.

Lavoro come consulente aziendale e formatore.
E di situazioni del genere ne trovo tantissime ogni giorno.

Quale è il passo indietro che occore fare?
Questo passo è stabilire esattamente l'utilità di quello che si sta facendo o si sta vendendo in relazione all'insieme di persone (o gruppi) a cui ci si sta potenzialmente rivolgendo.
Lo so. Lo so.
Questo tipo di ragionamento ci porta in un ambito etico che sembra abbandonare il raggio ristretto dell'economia per entrare in quello della filosofia.
Ma di un'economia senza etica e senza criterio non ci siamo ancora stufati?
Fino a quando e fino a che punto occorrerà arrivare per comprendere che l'economia non può essere compresa e progettata senza essere inserita in binari di natura etica?
E che procedere (come in effetti si sta procedendo) in realtà, a medio termine, non farà anche che mostrare le sue inefficienze anche economiche.

Avere denaro è ciò che gli imprenditori vogliono.
Ma abbiamo più e più volte ribadito che il denaro è il risultato di un'azione economica che si chiama scambio. E che lo scambio si basa sul presupposto di incremento di valore delle persone incluse nello stesso al netto dei costi per far avvenire lo scambio.
Quindi avere più denaro senza avere più scambio non è possibile.
Ed ecco dove intervengono i clienti!!

Senza clienti non c'è scambio.
Per avere scambio occorrono i clienti. E che fare se i clienti non ci sono?

Questa è la vera domanda che ogni imprenditore si dovrebbe fare....
Perchè i clienti sono spariti? Perchè è diventato così difficile trovarli?
Dipende anche questo solo da una carenza di denaro?
Se si analizza cosa il denaro è, si comprende che la definizione è qualcosa di circolare e quindi inutile.
I clienti non sono spariti perchè è sparito il denaro. In quanto il denaro è il risultato degli scambi.
Qualcosa è successo.
Ma ne parleremo in un prossimo articolo:

Il denaro di serie A e il denaro di serie B
Grazie per l'attenzione.

venerdì 29 maggio 2015

Quanto costa ad un'azienda essere innovativa?

In economia l'innovazione è un concetto apparentemente complesso e ad una prima analisi da relegare solo ad alcuni specifici ambiti estremamente tecnici.

Si è parlato così tanto e così spesso di innovazione accostando il concetto alla tecnologia, ai computer, alle fonti energetiche, alla telefonia e via discorrendo che si è perso di vista la semplicità e basilarietà di questa idea.

Innovare significa semplicemente fare qualcosa che fino a quel momento non si faceva.

Non necessariamente l'innovazione è qualcosa di legato ad una mirabolante invenzione tecnologica o alla scoperta di chissà quale nuovo materiale o sostanza.

L'innovazione è talmente legata al concetto di sopravvivenza che sembra quasi ridicolo doverne parlare.
Ma in un modo in cui la presunzione di sapere sta prendendo sempre più spazio a discapito della conoscenza effettiva (teoria + pratica), appare evidente che non si debba dare niente per scontato.

In un periodo storico in cui le aziende stanno incontrando grandi difficoltà attorno a loro, INNOVARE non è solo uno sfizio o un lusso.
E' una assoluta necessità.
Innovare non significa stavolgere o rivoluzionare. Chi pensa che questi verbi siano sinonimi dovrebbe prendere in mano un dizionario e controllare.
Innovare significa prendere atto che qualcosa non sta andando bene e occorre trovare delle soluzioni.

Queste innovazioni possono essere
a. di Amministrazione.
b. di Marketing.
c. di Organizzazione interna.
d. di Produzione.
e. di Formazione.r
f. di Sviluppo nuovi mercati.

solo per citarne alcune.....
Un'azienda si può innovare, investendo nella formazione, proponendosi sul mercato in un modo nuovo, sperimentando nuove strategie, lanciando nuovi prodotti affini a quelli precedenti.
Non ci sono molti limiti all'innovazione. Tutt'altro.

Questo ha un costo?

Se per costo intendiamo delle uscite di denaro, certamente si. L'azienda che stia ferma o si muova, ha dei costi e delle uscite di denaro. Alcune uscite di denaro sono produttive di maggiori entrate future. Sono dei costi particolari: si chiamano investimenti.
L'innovazione è un investimento. Si.

Ma fermiamoci a riflettere su quali siano i costi che una azienda affronterà se NON innova, se NON cambia, se si FERMA a pensare che è dalla parte della ragione.

Esistono persone che staranno ore a spiegarti quanto loro siano dalla parte della ragione mentre piangono o si lamentano di ciò che non va nella loro vita. Ci sono aziende che ti spiegheranno per ore quanto siano bravi e competenti mentre le loro entrate e le loro vendite continuano a calare.

Un organismo che non cambia quando cambiano le cose attorno a lui è destinato a subire il destino. Se è fortunato, sopravviverà con qualche ferita e qualche abito stracciato. Se non è fortunato (tanti) semplicemente morirà.
Un'azienda che non innova in un periodo di crisi, attendendo l'abbondanza per innovare, non vedrà mai quell'abbondanza.

Quindi la domanda diventa...... quanto può costare ad un'azienda non essere innovativa?
Tutto, anche la propria stessa esistenza.

Grazie per l'attenzione.

lunedì 25 maggio 2015

Può una singola azienda andar bene mentre tutte le altre vanno male?

Salve, spesso durante i corsi che tengo in materia di marketing o ri-organizzazione aziendale ci capita di parlare di strumenti che l'azienda può usare per riuscire da questo periodo di difficoltà.

Prima ancora di comprendere a fondo questi strumenti e, ovviamente, prima ancora di metterli alla prova per verificare di persona la loro funzionalità......
questi concetti vengono bloccati da una sorta di disfattismo pre-giudiziale in cui la nota dominante è la seguente:
"E' inutile mettere in atto qualsiasi strumento perchè il problema risiede in fattori molto più grandi e che esulano le possibilità di intervento della piccola azienda. Il problema risiede nella macroeconomia, ovvero in ciò che il governo, le istituzioni e gli altri stati decidono e fanno".

Ad esempio, se ci riferiamo ad un territorio a forte vocazione turistica sembra quasi che qualsiasi iniziativa sia impossibile a meno che il mercato non ri-cominci di nuovo a fornire nuove presenze turistiche sul territorio.
Un ristoratore mi dice: "E' inutile che io faccia promozione e marketing, tanto se i turisti non ci sono non dipende da me!!"

Perchè questo pensiero?
In primo luogo perchè l'imprenditore, bersagliato continuamente dagli effetti deleteri della (pseudo)-informazione dei mass-media, ha ormai concentrato la sua attenzione sui problemi (EFFETTO) anzichè sulle possibili soluzioni (CAUSA).
E in secondo luogo perchè c'è una grande confusione fra due approcci ai problemi economici molto differenti seppur parzialmente interconnessi: ovvero l'approccio micro-economico e l'approccio macro-economico.

In termini semplici di che parliamo?
La microeconomia studia (essenzialmente) l'economia in piccolo ovvero il comportamento del singolo prodotture e del singolo consumatore pur se riunisce questi risultati in leggi di mercato.
La macroeconomia studia l'economia in grande ovvero il comportamento di stati, governi, leggi di mercato e tassi di cambio.
Il tutto semplificando all'osso le due disciplina.

E' ovvio che attualmente ci siano problemi economici dovuti a fattori che vanno molto al di là delle possibilità di intervento di una singola azienda. Ma anche di un gruppo di aziende associate. A volte anche dell'intervento di un singolo stato.
Se in una certa area economica ci sono difficoltà perchè la domanda è crollata, ci sono ovviamente fattori macroeconomici al lavoro. Potrebbero essere leggi errati sul lavoro, pressione fiscale scorretta sulle aziende, mancanza di finanziamenti pubblici o bancari, mancanza di infrastrutture e via dicendo.

Ma il fatto che questi fattori esistano, non dice nient'altro se non quanto sia duro l'ambiente in cui dobbiamo operare.
E una volta stimate le difficoltà, sopravvivvere e prosperare è sempre compito e responsabilità del singolo imprenditore.

Esempio.
In una zona turistica abbiamo un improvviso calo di presenze del 30%. Nella zona esistono 6 ristoranti.
Prima della "crisi" si registra la presenza di 1.000 turisti. Che ovviamente vanno a mangiare in più ristoranti nel loro periodo di permanenza. Per semplicità diciamo che ogni turista visita almeno 3 ristoranti (3.000 coperti). Abbiamo questa ipotesi.
Ristorante A - 500 coperti
Ristorante B - 300 coperti
Ristorante C - 700 coperti
Ristorante D - 250 coperti
Ristorante E - 900 coperti
Ristorante F - 350 coperti

Ovviamente i ristoranti avranno capienze diverse e costi di gestione diversi. Ma per semplicità vedremo che, a parte il ristorante B e quello E, gli altri lavorano più o meno nello stesso modo.
Dopo un qualche fattore MACROECONOMICO, i turisti spariscono e invece di 1.000 presenze se ne registrano 700. 
Secondo voi, questa diminuzione di presenze interesserà in modo UGUALE tutti i ristoranti? Forsi si o forse no. Non c'è diretta conseguenza. Ma molto probabilmente i ristoranti che lavoravano meglio perderanno meno clienti e coperti di quelli che lavoravamo peggio. Potremmo ipotizzare questo.

Ristorante A - 250 coperti
Ristorante B - 100 coperti
Ristorante C - 750 coperti
Ristorante D -  50 coperti
Ristorante E - 750 coperti
Ristorante F - 200 coperti

Cosa se ne deduce? Che su 6 ristoranti, ben 5 hanno avuto una diminuzione di presenze e coperti. Ma 1 ha addirittura avuto un aumento. Chi? Probabilmente quello più efficente che ha lavorato meglio o ha colto meglio alcune nuove opportunità. Magari quello che ha promosso di più, nonostante la crisi.
Ora, da un punto di vista macro-economico, il territorio è in crisi. E sicuramente molti posti di lavoro sono a rischio.
Il ristorante D e quello B probabilmente chiuderanno. O si dovranno indebitare per rimanere aperti e sperare che la crisi passi.
Anche il ristorante A e il ristorante F sono in gravi difficoltà.
Mentre il ristorante E ha avuto una diminuzione di entrate ma alla fine non si strappa i capelli.

Vedete quante scene differenti? Ognuna di esse può essere esaminata in un ambito diverso. C'è chi è andato male, chi malissimo, chi così-così e chi addirittura bene.

Il punto è che ogni Ristorante ha il potere di andare meglio se applica i giusti interventi nonostante la crisi. Chi lo farà? Chi lavorerà meglio, è ovvio. Chi farà la migliore promozione o offrirà il miglior prodotto. O entrambi.
E' possibile che tutti e sei i ristoranti lavorino meglio nonostante la crisi?
Si. Certo.
Lavorando bene, promuovendo, offrendo un servizio di qualità e così via, potrebbero portare i 700 turisti presenti ad andare più volte al ristorante portano a 4 visite di media per stagione contro le 3 dell'anno prima.
E così i ristoranti avrebbero 2.800 coperti da distribuirsi anzichè 2.100.
Vedete come può funzionare?
Ovviamente i soldi in più che i turisti spenderanno nel ristorante forse verranno tolti da gite in barca, o spese nei negozi o ..... non si sa. Ma così funziona il mercato. E' una questione di concorrenza.
Le aziende che gestiscono le linee telefoniche cellulari hanno cambiato il modo di spendere degli italiani. Se si esamina come è composto il paniere di spesa di una famiglia del 2015 è ben diverso da quello di una famiglia del 1985 ad esempio.

Una singola azienda può sempre migliorare le sue condizioni e la sua produzione. Anche in un momento di crisi. Sarà più difficile e dovrà erodere clienti ai concorrenti. Ma funziona così anche in momenti in cui la crisi non c'è.
Anche perchè se c'è mercato, nuove aziende apriranno per farci la concorrenza. Quindi non è possibile pensare di non doversi confrontare con qualcuno sul mercato.
Che sia una azienda simile alla nostra o un'azienda di un mercato complementare.

Spero di aver chiarito il concetto. Grazie per l'attenzione.

mercoledì 29 aprile 2015

Il marketing, questo sconosciuto.

L'economia, toccando aspetti quotidiani della nostra vita, è uno di quegli ambiti in cui più facilmente ci si addentra, senza averne una corretta padronanza.
Negli argomenti economici e imprenditoriali ci sono parole che vengo usato e di cui, di base, si abusa senza però conoscere a fondo l'argomento.

Il marketing è una di quelle parole.
Usata e abusata da individui, consulenti, siti internet, giornali.......

Si parla di fare marketing, curare il proprio marketing, internet marketing e via discorrendo....

Ma cosa è esattamente il marketing?
E' possibile spiegarlo in pochi e semplici parole?

Ci possiamo provare.....
Il marketing è l'attività che un imprenditore o un'azienda fa per piazzare il proprio prodotto o servizio nel mercato di riferimento. Cosa intendiamo per piazzare? Semplicemente collocare il suo prodotto in modo che sia visibile, che venga richiesto e acquistato.

Semplificando la definizione e andando proprio alla base del marketing, possiamo dire che esso è l'attività di trovare o stimolare una domanda di qualcosa

Se analizziamo l'attività di marketing possiamo identificare quindi alcuni punti importanti:
  1. L'esistenza di un gruppo di individui (mercato di riferimento) che possono avere un'esigenza.
  2. La definizione di quale sia il servizio/prodotto che possa soddisfare quell'esigenza.
  3. La preparazione, procuramento o costruzione di quel servizio/prodotto.
  4. L'informare il gruppo di individui dell'esistenza del nostro servizio/prodotto.
  5. L'ottenere al vendita del nostro servizio/prodotto in misura sufficiente per coprire i costi e garantire un guadagno.
  6. Lo studiare i mutamenti dell'esigenza per modificare/aggiornare il proprio servizio/prodotto e renderlo sempre desiderabile al mercato di riferimento.
Se esaminato in questi aspetti fondamentali, il marketing non è più una materia complessa, oscura o inutile. Tutt'altro.

Ad esempio, aprire un nuovo negozio nella propria città senza aver verificato tramite sondaggi e indagini se i prodotti in esso venduti siano richiesti o desiderati può essere un grave errore.
Molti di noi hanno visto aprire varie attività commerciali con grandi feste all'inaugurazione e con grande dispendio di investimenti. Attività che hanno chiuso i battenti solo pochi mesi dopo. La domanda sorge spontanea: "Ma che tipo di aspettative di fatturato avevano?". Evidentemente aspettative più alte della realtà. E l'altra domanda viene subito dopo: "Avevano verificato la fattibilità di quella iniziativa con opportuni sondaggi?".
Molto probabilmente la risposta all'ultima domanda era NO!

Quindi marketing non è un'attività che solo la Mulino Bianco, la Fiat, la Coca-Cola, la Findus o la McDonalds devono fare. Il marketing non è riservato esclusivamente alle grandi aziende che spendono milioni di euro in pubblicità.
Il marketing riguarda tutti. Anche la piccola ditta di giardinaggio che si propone nella sua città. Oppure l'attività commerciale di abbigliamento.
Anche questa deve scoprire l'esigenza del suo mercato di riferimento. Deve scoprire a cosa essa può essere una soluzione.
Anche essa deve organizzare il suo servizio per offrire ciò che il mercato chiede. Anche essa deve effettuare la corretta promozione per far conoscere il suo servizio.
Anche essa deve studiare bene il prezzo del suo servizio e tenersi aggiornata per non farsi cogliere impreparata dai cambiamenti di mercato.

Questo è il marketing nei suoi elementi essenziali. Poi possiamo complicare l'argomento scendendo in dettagli o addentrandoci nelle sottocategorie in cui il marketing di divide.

Come tutte le cose, alcune volte certi aspetti del marketing sono intuitivi. E una piccola azienda può, entro certi limiti, farcela da sola....
Ma un pò tutti i mercati sono diventati ultra-competitivi. E il buon senso e l'intuizione non sono più, spesso, sufficienti per migliorare la propria efficienza e capacità di raggiungere gli obiettivi.

Tutti devono fare marketing.
Non importa che sia una piccola ditta o una grande azienda. Non importa se vendete prodotti, se siete una azione di produzione o un'azienda di servizi.
Non importa che i vostri dipendenti siano più o meno di 10. Più o meno di 5.

Il marketing è importante in ogni momento. Spesso, omettere alcuni punti del marketing ci conduce verso il baratro anche quando le nostra capacità sono buone e il nostro prodotto/servizio ottimi.

Grazie per l'attenzione.

martedì 24 marzo 2015

Euro si, Euro no, la civetta sul comò

Diciamocelo subito.
Il problema non è l'Euro in quanto Euro.
L'euro in quanto euro sarebbe come essere arrabbiati con la propria ragazza/moglie perchè si chiama Giovanna e non perchè ci ha traditi con il suo capoufficio.
Rendo l'idea?

Il problema non è il nome della moneta o il colore delle banconote. Non è neppure tanto il tasso di conversione con cui le monete nazionali europee si sono fuse nel 2002 (1998 in realtà a tavolino) con l'euro.

Il problema è di sostanza. Non di apparenza.

Il problema è che una valuta rappresenta in un certo modo un'economia.
E se si usano gli stessi parametri valutari per diverse economie (stessa moneta - economie diverse) si creano un problema di fondo che prima o poi scoppierà.

E' un pò come se avessimo una coppia di persone, l'una magrissima quasi anoressica e l'altra obesa.
E potessimo usare qualsiasi dieta volessivemo per aiutarli con l'unico limite che però è unica per entrambi.
Cioè se vogliamo far dimagrire l'obeso dobbiamo creare una dieta povera di calorie ma questa sarebbe anche la dieta dell'anoressico.
Oppure se volessimo far metter su peso all'anoressico, potremmo farlo ma questo comporterebbe che anche l'obeso ingrassi.
Certo è solo un esempio. Sappiamo che per ciò che fa ingrassare il magro non è poi così sufficiente per far ingrassare l'obeso. Era solo un esempio per far comprendere con un'immagine la difficoltà di usare la stessa politica valutaria centralizzata per stati con regolamenti e leggi interne diversi, sistemi produttivi diversi, tasso di occupazione diversi, bilanci pubblici diversi, esigenze diverse, livelli di esportazione diversi e via dicendo.

Tra l'altro, ma ci scriveremo un articolo apposta su questo, qualcuno ha fatto notare che anche un paese come l'Italia ha difficoltà ad avere una stessa politica valutaria per zone della propria nazione molto diverse fra loro come il nord (industrializzato ed esportatore) e il sud (meno produttivo e maggiormente importatore). 
In effetti per molti decenni si è optato per una politica valutaria centralizzata che probabilmente non è stata la scelta migliore, per quanto il Veneto non sarà mai così diverso dalla Calabria, come l'Italia lo è dalla Germania o dal Lussemburgo. Parliamo di ordini di grandezza di diversità veramente distanti.
Euro si o Euro no?
Già da tempo si parla di uscire dall'Euro e gli "euro-forici" contestano agli euro-scettici che questo tipo di uscita sia disastrosa e costosissima. Usando la strategia delle colonne d'Ercole per spaventare chi cerca di capire quali delle due strate è veramente conveniente per il cittadino italiano (non le lobby bancarie, non i proprietari delle multinazionali, non i politici o chi al posto loro).

Il tema ricorrente è:
"Usciamo dall'Euro e saremmo costretti ad una super-svalutazione della NUOVA LIRA al punto che questo sarebbe un disastro".

Bene. Può darsi. Può darsi che uscire dall'Euro abbia dei costi. Sarebbe assurdo pensare che un passaggio così pervasivo nella quotidianità avvenga a costo zero. Più che assurdo, ingenuo.
Ma d'altronde anche passare all'Euro ha avuto dei costi. O sbaglio?
Ma, a parte che svalutare una moneta non significa per forza qualcosa di negativo. E' solo un nome che viene usato per dire che viene cambiato il rapporto di cambio fra una moneta e l'altra.
E' ciò viene fatto per equilibrare i rapporti strettamente finanziari in modo che ci sia un equilibrio con l'economia reale.
IL PROBLEMA E' QUANDO UN'ECONOMIA POSSIEDE UNA MONETA CHE NON LA RAPPRESENTA COME TASSI DI CAMBIO CON L'ESTERNO.
Questo è un problema.

Ma non è neppure questo il punto.
Quando l'Euro era cambiato ad esempio a 1,39 sul dollaro (solo 10 mesi fa a maggio 2014!!!!) si spaventano i bambini con l'idea che uscendo dall'euro si sarebbe stati colpiti da una super svalutazione di almeno il 25% se non più.
Insopportabile per l'Italia. Scenari da "1997, fuga da New York" o da "Mad Max".
E ora?
Svalutazione in 10 mesi del 21%.
E' morto qualcuno?

Pausa di riflessione sulla poca fondatezza della tesi. Ridicoli.

E siccome non è solo una mia tesi, ecco un articolo sul Fatto Quotidiano del docente Paolo Becchi.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/23/uscita-dalleuro-quelli-svalutazione-credono-zittire-gli-euroscettici/1528565/

Grazie per l'attenzione.

giovedì 3 luglio 2014

Espandersi nei momenti di crisi. - 2a parte

Per espandersi dobbiamo assimilare un concetto molto importante. Per illustrarlo ricorriamo ad una metafora ovvero ad una rappresentazione scenica di una situzione immaginaria che piuttosto che spiegare ciò che stiamo dicendo, ce lo "mostra".

Immaginiamo di essere dei piloti di auto. Siamo dei piloti sportivi. Abbiamo imparato a guidare l'auto in ogni situazione. Sappiamo accellerare, frenare e ogni genere di diavoleria che vediamo fare in tv agli stuntmen dei film di inseguimento d'auto.

Il pilota ha il controllo del suo mezzo. Egli sa cosa deve muovere e spostare per ottenere l'effetto desiderato. Il fatto che la strada sia impervia, sia bagnata, che tiri vento incide solo nella misura in cui il pilota ne prende atto e elabora le soluzioni appropriate.

Il pilota o è bravo o non lo è.
Non accade che uno sia un bravo pilota con il sole e sia incapace di guidare con la pioggia. E se anche lo fosse, egli vedrebbe subito che c'è un'area di abilità di guida in cui è carente e che deve migliorare.
Se il pilota guida male, il risultato è che egli guida male. Nessuno da la responsabilità o la colpa alla strada o a qualsiasi altro fattore.
Questo si chiama "RESPONSABILITA'". Essere responsabili significa varie cose. Tra queste "la sensazione di essere incaricato di qualcosa", o, più pertinentemente, "l'abilità e la volontà di considerarsi CAUSA".
Di fronte ad un problema si può scegliere cosa si vuole essere. Si può optare per sentirsi un effetto o per sentirsi una causa. Causa o effetto. E' una questione di scelta.
Se una persona attribuisce la causa a qualcun altro o a qualcos'altro, da potere a quella entità e la rende causa. E rende se stesso un effetto. Al punto che se continuiamo in modo imperterrito a eleggere gli altri causa e noi effetto (è colpa tua, è sempre colpa tua, è colpa del governo, è colpa del datore di lavoro, è colpa della moglie, dei figli, della società.....) diventiamo pian piano delle vittime. Gli altri sono causa e noi subiamo. Gli altri sono causa e noi effetto. Fino al punto di non poter causare più niente.

Per controllare un problema od una situazione, dobbiamo porci nella posizione di sentirci causa.
Dobbiamo far ricadere la situazione nella nostra sfera personale di controllo. Deve essere qualcosa su cui è possibile far qualcosa.
Siamo dei piloti? C'è un problema? Bene! Cosa può fare il pilota che gli permette di superare l'ostacolo?
E' un modo di pensare. Può non essere istintivo ragionare così e probabilmente c'è del lavoro da fare affinchè diventi un abitudine e un modo naturale e immediato di comportarsi.
Ma questo atteggiamento ci porta ad essere ESTROVERSI e non INTROVERSI. Quindi possiamo guardare fuori e, mentre osserviamo, possiamo percepire meglio ciò che ci circonda e trovare meglio le soluzioni.

Espandersi nei momenti di crisi è possibile e doveroso. Perchè se tutti si espandono, magicamente la crisi non c'è più. E la crisi comincia a sparire velocemente anche quando relativamente POCHI individui cominciano a espandersi.

Altrimenti ci releghiamo nella posizione di attesa, cioè ci aspettiamo che qualcuno faccia qualcosa. E potremmo diventare mummie prima che ciò accada. In ogni caso nel periodo in cui attendiamo ci stiamo eleggendo a vittime. Perchè non siamo causa ma siamo effetto.

Nel prossimo e conclusivo articolo sommeremo il concetto di innovazione, di responsabilità (essere causa) con l'ultimo fattore che deve essere presente per poterci espandere.
Vi attendiamo.

Grazie per l'attenzione.

martedì 29 aprile 2014

Il mercato



Il mercato viene definito come il luogo in cui domanda e offerta di beni e servizi si incontrano.

Può essere un luogo fisico, reale e concreto (una piazza, un negozio, un centro commerciale.....) oppure un luogo non fisico ma mentale, quindi niente di concreto o solido che possa essere toccato con le mani.

Quando nei mass-media ci si riferisce alla parola "mercato" ci si riferisce ovviamente al secondo modo di intendere la parola.

Quando la signora Rosa parla di "mercato" è altrettanto ovvio che si riferisca al mercatino rionale del suo quartiere.

Il mercato è quindi un luogo, virtuale o reale, in cui gli scambi avvengono.
Perchè avvengono gli scambi?
Sembra una domanda da salottino di persone che non hanno nient'altro di meglio da fare.
Chi è pieno di lavoro da fare sorriderà di fronte a questa domanda. Ma ogni tanto ri-analizzare le banalità ci può far scoprire che, forse, ci siamo allontanati troppo dalla giusta strada da percorrere.

Perchè avvengono gli scambi di beni e servizi?
Perchè lo scambio aumenta la soddisfazione di entrambe le parti, ovvero sia di chi compra che di chi vende.
La soddisfazione o piacere è una misura del valore che diamo al prodotto o servizio.
Il valore di un prodotto NON è il suo prezzo. Ma di questo ne parleremo meglio in un altro momento.
Sta di fatto che se io ho un orto e produco 20 kg di pomodori, un kg di pomodori avrà per me un valore (un grado di soddisfazione) minore rispetto ad una persona che non ha nessun pomodoro.
Così se io vendo a lui 1 kg di pomodori, lui mi da dei soldi che mi rendono contento e lui si prende i pomodori che lo rendono contento.

Può succedere che nel vendere qualcosa ci sia un pò di dispiacere del privarsi del bene o del servizio. Se vendo una mia casa al mare, non sono proprio contentissimo. Così come forse non sono contentissimo di venire a casa tua e pulirti il giardino dalle erbacce.
Ma questa insoddisfazione viene superata dalla soddisfazione del guadagno che ne deriva.

Che mi permetterà di procurarmi qualche altro bene o servizio che desidero da tempo. Una casa al mare più grande. Oppure un orologio e via dicendo.

La somma delle soddisfazioni di venditore/acquirente deve essere superiore alla condizione precedente affinchè uno scambio avvenga.

Cosa ci serve tutta questa riflessione? Per comprendere che un mercato crolla quando non c'è più soddisfazione nell'ottenere quel tipo di prodotto o servizio.
Un'azienda che vende dovrebbe sapere che quello che lei vende o produce deve necessariamente apportare soddisfazione a chi compra.

In questi tempi di contrazione della domanda di mercato, alcuni fanno osservare che SOLO un calo dei prezzi può far ripartire la domanda stessa. Benchè si basi sulla giusta osservazione che una diminuzione dei prezzi sia uno stimolo alla ripresa dei consumi, vediamo che l'osservazione non è completa. E può risultare apportatrice di errori grossolani.
Non sempre un mercato i cui prezzi vanno giù diventa appetibile.
L'esempio classico è il mercato immobiliare.
Quando i prezzi scendono troppo, qualche acquirente può sentirti demotivato a comprare perchè questo destabilizza le sue previsioni.
"Se compro oggi a 100 perchè non aspettare domani che comprerei a 90?"
Oppure:
"Nessuno compra. Perchè io dovrei comprare? Non sarà meglio aspettare?"
 
Ciò accade anche perchè chi compra è più invogliato a farlo quando sa che molti altri comprano.
Se esaminiamo altri prodotti noteremo altre cose curiose.
Ad esempio in questo momento l'individuo medio non si sente "sbagliato" nello spendere centinaia di euro nel cellulare di ultima generazione. Nemmeno se un esame delle sue entrate e disponibilità finanziarie evidenziano che un tale bene non sia alla sua portata. Nel senso che la persona si compra il nuovo cellulare ma poi si lamenta di far fatica ad arrivare a fine mese con il resto delle spese.

Ricordiamo però che l'attitudine ad acquistare è basata sull'emozione e sul grado di soddisfazione che un acquisto da.
In questo momento possedere l'ultimo smartphone disponibile potrebbe essere l'unica soddisfazione che l'individuo si prende.


Alla fine cosa possiamo comprendere da questa analisi di cosa sia il mercato?
1) Il mercato non è una entità unica, non è una persona o un qualcosa di tangibile. Chiamiamo mercato le interazioni complessive di un numero più o meno grande di persone. Al mercato si possono dare poche colpe. Anzi nessuna. Alle persone o aziende che dentro vi operano, qualche responsabilità invece gliela si può dare.
2) Produrre o proporre un bene o servizio che non incrementi la soddisfazione degli altri è controproducente.
3) La sola discesa del prezzo non sempre è da sola in grado di far ripartire le vendite. Un aumento della percezione di chi compra dell'ulilità o dell'aumento di soddisfazione che un bene o servizio causa, invece si.

Grazie per l'attenzione.
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