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sabato 15 ottobre 2011

E' tutta colpa dell'euro?

Euro, euro, euro.
Euro sta per Europa. Ed è la (ormai) ultrafamosa moneta dell'Unione Europea, messa lì come una sorta di totem per dire a tutto il mondo che l'Europa esiste ed è forte.

L'euro è attualmente in circolazione dal 2002 ed è diventata una moneta che fa parte della nostra vita quotidiana.
Sicuramente con la sua introduzione ci sono stati un pò di assestamenti e il trambusto non è mancato.
Diciamoci la verità?
Quanti di noi hanno pensato che l'euro fosse il colpevole delle traversie economiche e finanziarie che il bello stivale che si allunga nel Mediterraneo passa da ormai un decennio?
Io ho sentito dire spesso "E' tutta colpa dell'euro!" oppure "L'euro ha fatto aumentare tutto!".

Ma quanto sono valide e fondate queste accuse?

Una moneta è sia un metodo di misura che uno strumento di gestione dei rapporti finanziari fra stati.
Quindi, di base, uno strumento di misura non causa alcunchè, essendo un qualcosa di neutro.
Mi spiego.
Se volendo comprare 1 kg di pane, chiedo al panettiere 1 kg di pane e costui mi da 35,27 once di pane, a cosa vado incontro? Mi ha fregato forse? In realtà no, perchè mi ha dato la quantità di pane che ho richiesto misurata con un'altra unità di misura.

Quindi il fatto di pagare qualcosa con le lire o pagarle con gli euro, non dovrebbe cambiare.
Ma qui subentrano degli altri aspetti.
L'adozione dell'euro avviene perchè l'Italia smette di avere una sua politica monetaria e accetta di condividere questa politica con altri stati, tra cui soprattutto la Germania e la Francia.
Spiegare i meccanismi di politica monetaria in un articolo è praticamente impossibile (gli dedicheremo del tempo più avanti!) ma di base la politica monetaria si basa su 2 fatti:
1) la gestione della quantità di moneta circolante.
2) la fissazione del valore della moneta rispetto alle altre monete.

Per un lungo periodo di è cercato di creare un sistema di misura delle monete fisso e agganciato a qualcosa di concreto come l'oro.
Ovvero tanto, tanto tempo fa una moneta aveva un certo valore nominale in base ad un certo valore che derivava dall'oro (quantità di possesso di quello stato di oro). Poi ci furono tempeste e tifoni e l'unica moneta agganciata all'oro rimase il dollaro. Fino agli anni '70 in cui nessuna moneta è agganciata a nessun bene reale. Quindi ogni stato può stampare quanta moneta crede e può dare alla sua moneta il valore che vuole.
L'Italia lo sa bene, visto che più di una volta (prima dell'avvento dell'euro) le nostre autorità hanno ben pensato di svalutare la lira rispetto alle altre monete per sistemare i pasticci interni.
Lo so, tutto difficile, lo comprendo.
Ma c'è un punto che semplifica tutto.
La colpa non è di una moneta ma dei parametri a cui questa moneta di aggancia.
Il problema non è quindi se un euro vale 1936,27 lire o se il suo valore fosse stato di 1000 lire.
RICORDIAMOCI IL METRO DI MISURA.
Il punto è che ora l'economia italiana si è trovata con una moneta che non svaluta e con una moneta molto forte nei confronti delle altre, dollaro in testa.
Così per gli italiani forse è stato più conveniente comprare le cose in dollari ma assolutamente sconveniente per le esportazioni. Che infatti sono crollate.

Quindi è tutta colpa dell'euro? No. Per quanto nel passaggio dall'euro alle lire (troppo-troppo rapido) ci siano stati movimenti di assestamento che hanno causato notevoli danni.
Ne cito solo uno:
lo stato preleva dai suoi cittadini un'imposta chiamata Iva che va in percentuale sui prezzi. Dopo l'euro i costi degli immobili sono schizzati alle stelle. Lo stato ha DRENATO (leggi rubato) da tutte le compravendite una quota di tasse decisamente maggiore rispetto al passato. Soldi che vengono sottratti all'economia reale per essere buttati nel calderone senza fondo della finanza pubblica.

Di chi è la colpa quindi? Qualcuno dice della mancanza di crescita (in parte corretto) e qualcuno dice per l'incredile peso del debito pubblico (in gran parte corretto).
Potremmo parlarne ma lasciamo perdere questo euro.
Grazie per l'attenzione.

giovedì 13 ottobre 2011

Ciclo di vita di un mercato

Un concetto molto, molto importante è il cosidetto "ciclo di vita di un prodotto".

Questo concetto parte dal presupposto che un prodotto sia un'entità simile ad un organismo e che passi attraverso fasi di vita che non sono esattamente circolari ma, diciamo così, "dispersive".
Rendendo le coe molto semplici diremmo che ogni prodotto (intendendo con questo anche un servizio che è un tipo particolare di prodotto) passa attraverso 4 fondamentali fasi che sono:
Introduzione (chiamata anche nascita o paragonabile ad essa).
Sviluppo (chiamata anche crescita o paragonabile ad essa).
Maturità.
Declino.

A seguito del declino un prodotto è destinato alla morte a meno che non intervenga una sorta di infusione di giovinezza tramite qualche cambiamento che ne prolungherà la vita con una nuova (PICCOLA) fase di sviluppo e successiva fase di maturità.
In ogni caso alla lunga il destino di ogni prodotto è quello di scomparire.

Questo modello è molto utile perchè fa comprendere che un prodotto non può essere realizzato e venduto per sempre. Anzi mostra come in un primo momento renderà bene e poi sempre meno fino a che non sarà più desiderato e le vendite crolleranno.
Per alcuni prodotti la cosa potrebbe durare mesi per altri anni.

Se vogliamo oggi essere ancora più arguti, possiamo vedere che un mercato è un insieme di beni specifici (prodotti effettivi o servizi) che vengono scambiati.
Un mercato è quindi un agglomerato dei cicli di vita dei prodotti che lo compongono.
E, quindi, anch'esso attraverserà un percorso simile al ciclo di vita di un prodotto. Ovvero, dopo un tot di tempo, anche un certo mercato mostrerà una fase di maturità a cui seguirà una fase di declino che culminerà presto o tardi nella inesistenza di quel mercato.
A meno che il mercato non si rinnovi, il che darà nuovo sviluppo e nuova maturità allo stesso.

Far finta che le cose non siano così è una grande fonte di problemi per i singoli individui e, soprattutto, per gli amministratori di società private e di enti pubblici, locali o nazionali che siano.
In questi giorni si è celebrata la scomparsa di Steve Jobs, ritenuto (con merito) un genio dell'innovazone tecnologica.
Eppure non si mette in risalto la qualità maggiore del fondatore della Apple. Ovvero la sua capacità di innovare e guardare sempre più avanti.
Jobs ha creato mercati e fatto business dove non c'era neppure il concetto di crearli.

Se intendo crearmi una professione, occorre capire bene a quale punto stanno i mercati a cui io mi sto rapportando. E ricordare che esistono mercati locali e mercati regionali. Mercati nazionali e mercati internazionali.
Se intendo diventare un idraulico e inserirmi in questo mercato, dovrò valutare se nella mia zona il ciclo di vita di questa particolare forma di servizio è in una fase di crescita o di maturità o di declino.

Naturalmente non bisogna disperare se nella propria zona il mercato a cui ci si sta riferendo è in fase di declino. Potremmo scoprire (per restare con l'esempio di cui sopra) che a livello nazionale la professione dell'idraulico ha avuto delle evoluzioni. Possiamo scoprire che in altre zone l'idraulico arriva a casa delle persone con macchinari particolari e affronta il lavoro con una tecnica nuova ed innovativa, frutto di competenze mai avute.
E' evidente che in questo caso si pongono le basi per creare un'evoluzione di un mercato e dargli nuova linfa. Il vecchio mercato della zona riguardo gli idraulici in piena fase di maturità avanzata in cui la richiesta è completamente satura potrebbe avere nuove aperture con questa innovazione.

Ovviamente, ricreando un nuovo mercato degli idrauilici in zona si entra nella prima fase del ciclo di vita e cioè l'introduzione. E bisogna essere consapevoli di questo. Perchè caratteristica di questa fase (l'introduzione) è la presenza di costi superiori alle entrate (dovuti agli investimenti che ovviamente non hanno un ritorno immediato e alle vendite che iniziano a decollare ma che sono ancora basse) e la difficoltà di penetrazione.
Bisogna farsi conoscere, far comprendere che non si può più fare l'idraulico come i vecchi tempi, etc. etc.
Questo comporta fatica, impegno e applicazione.

Quando l'economia va male occorre riflettere su quanto siano maturi e in declino i mercati di quella particolare economia. Anzichè pensare a soluzioni strane da un punto di vista finanziario, bisogna apportare cambiamenti o nel prodotto o nell'ampiezza dei mercati.
 E lo stesso dicasi per le singole aziende e singole professioni.
Ma avremo modo di parlarne in seguito.
Grazie per l'attenzione.

martedì 11 ottobre 2011

L'affiancamento nel mondo del lavoro.

In questo blog ci è capitato di parlare del concetto di cambiare lavoro.
Vorrei aggiungere qualcosa a quel tema, spinto anche da alcuni avvenimenti di questi ultimi giorni.
Come professionista, devo confessare di aver cambiato vari lavori nella mia vita pur mantenendo stabile il mio ruolo fondamentale di consulente. Mi sono occupato anche di attività commerciale e quindi ho avuto modo di stare spesso in contatto con ogni tipo di clientela. Dal piccolo privato alla media azienda all'ente pubblico con tutte le sue regole peculiari e i suoi procedimenti normativi.

C'è un aspetto che, secondo me, merita ampiamente di essere trattato e la cui non considerazione può causare notevoli problemi.
Non solo nell'ambito del lavoro ma ora su questo aspetto ci soffermeremo.

Parliamo dell'affiancamento. Uso questo termine per designare quel meccanismo per cui qualcuno che si affaccia sulla scena del lavoro si affianza a qualcuno che già lavora per superare quella prima fase di inserimento che è, tra l'altro, la più difficile.
L'affiancamento non è di pe se una cosa negativa, anzi. Però in quel concetto sono racchiuse tante e tante sfumature che una riflessione è d'obbligo.

Quando una persona decide di svolgere una certa mansione (leggiamo lavoro) può essere più o meno ferrato a livello di conoscenza teorica della mansione stessa e del contesto che vi ruota intorno. Diciamo che un neolaureato esca dall'università con una conoscenza teorica della sua materia e che voglia ricoprire un ruolo in quello specifico campo di applicazione della materia.
Per motivi a noi sconosciuti, l'istruzione è diventata fondamentalmente un fatto teorico in cui sembra che basti conoscere delle cose per essere capace di creare degli effetti.
L'istruzione in realtà è un meccanismo di apprendimento. E siccome gli esseri umani sono fatti di carne ed ossa e operano nell'universo fisico fatto di materia ed energia, essi hanno bisogno di poter realizzare cose e maneggiare oggetti per raggiungere degli scopi.
Così l'uomo apprende tramite dei meccanismi che funzionano al meglio quando vi è un equilibrio fra concetti teorici e applicazione pratiche degli stessi.

Il ruolo di fornire questo equilibrio dovrebbe essere dato dalla scuola o dal formatore stesso. Studio la contabilità e faccio la contabilità. Studio la chimica e faccio il chimico. Studio il processo civile e faccio un processo civile.
Solo in una facoltà completamente teoretica, come una facoltà di filosofia, può essere concepito non vedere le applicazioni pratiche di quanto si studia. E non è un caso che la filosofia tutta si sia fatta una brutta fama proprio quando si è allontanata troppo dalla realtà.

Ma laddove non la scuola non fornisca questo supporto nell'apprendimento degli aspetti pratici, è il singolo che deve sopperire cercando qualcuno che lo aiuti in questa delicata fase.
La persona o struttura che aiuterà un individuo a completare questo percorso di apprendimento sarà l'affiancatore. La mancanza di questa figura può essere un disastro nella vita di un individuo.
Perchè non è possibile che si impari tutto attraverso gli errori.
A volte gli errori commessi possono essere tali e tanti che non si riesce più a riprendersi.
Avete mai provato a verificare se la forza di gravità funziona buttandovi dal 3 piano di un palazzo?
Dopo imparerete con troppo dolore come la legge della gravità funziona.

Morale? La morale è che quando si decide di cambiare lavoro o iniziarne un altro, occorra verificare le proprie conoscenze teoriche, migliorarle e trovare qualcuno a cui affiancarsi fino a quando i meccanismi di quel lavoro non ci saranno non solo chiari ma anche sotto il nostro controllo.

Grazie per l'attenzione.

lunedì 10 ottobre 2011

Dove trovare dei mercati?

Uno dei problemi più sentiti dalle persone di ogni latitudine e longitudine è:
dove trovo del denaro?
Che è un modo più diretto per dire "dove trovo del lavoro o delle occasioni di business?". Che è un modo più diretto di dire:
Come posso trovare un mercato?
Invece che starnazzare su cose di cui non capisco niente o di cui, se ne hanno capito qualcosa, mentono per favorire i padroni, i giornalisti e opinionisti che in Tv e nei giornali parlano di politica dovrebbero puntare l'attenzione sul nocciolo della questione:
la dimensione, la localizzazione e la qualità dei mercati di riferimento.

Questo è valido sia per il singolo che per un distretto che per un'intera nazione.
Ma cosa intendiamo con "MERCATO"?

Un mercato si intende genericamente l'insieme e l'incontro fra la domanda e l'offerta di un bene o servizio. In misura più ristretta si intende il luogo (fisico o virtuale) dove tale incontro avviene e in cui si da vita allo scambio.

Quando qualcuno consuma (ha necessità o ricerca qualcosa) va nel mercato (il luogo in cui si scambia il tipo di bene o il tipo di servizio di cui parliamo) e visualizza le offerte.
Viceversa quando qualcuno produce (offre qualcosa) va nel mercato e pone il suo oggetto in vendita.
Questo luogo è per lo più virtuale per quasi tutti i mercati. Ad esempio, se voglio comprare una giocattolo, il mercato sarà rappresentato dagli spazi fisici dei negozi della mia città e zone limitrofe ma anche dai cataloghi di chi vende a distanza e dalle pagine di internet, dove molteplici venditori offrono qualcosa.
Porre dei confini ad un mercato è sempre più difficile.
Se prima, quando volevi comprare della verdura, andavi (appunto) al mercato della tua città e velocemente potevi capire quale fosse il prezzo di qualcosa, ora ci sono molte più difficoltà a stabilire come e dove finisca un mercato.

Ma, a parte queste riflessioni, il mercato è sempre il punto di riferimento di di chiunque.
Non che esso assurga a ruolo di Dio. Sbaglia chi pensa questo. Il mercato è un pò come il tempo meterologico. Può essere bello o brutto ma se si esce per fare una passeggiata non si può prescindere da esso.
Quando un'economia (che è di base l'insieme del mercato + i produttori + i consumatori + le regole collettive di quell'insieme di persone cioè le leggi) va male, significa solo che il numero di scambi e la loro qualità sono diminuiti ovvero che non si produce più.
Se vogliamo risanare un'economia occorre fare riferimento ai mercati.

Anche un singolo individuo deve fare i conti con i mercati quando non trova lavoro o quando volesse trovare un lavoro più soddisfacente (da un punto di vista monetario ma anche professionale).
Cioè se un lavoro è in una fase di mercato implosiva in cui gli spazi, le occasioni, gli affari e gli scambi si vanno via via contraendo, è d'obbligo pensare che esistano 2 soluzioni:
1) si cambia mercato o
2) si espande il mercato.
Quando in una zona che si è specializzata in una particolare produzione, il lavoro viene a mancare, ciò avviene perchè il mercato si è contratto. Ovvero la domanda di quel prodotto di è contratta. E si è contratta o per motivi di ciclo di vita di un mercato (ne parleremo in un prossimo post) o perchè in qualche altra parte del mondo qualcuno è diventato più bravo o più economico nell'offrire la stessa cosa.
Se estrarre il carbone in Sardegna non è più conveniente, è inutile cercare il sesso degli angeli. Il mercato si è ristretto: o lo si espande cercando nuovi potenziali clienti oppure si smette di estrarre il carbone in Sardegna.
Se si mantengono aperte le miniere con iniezioni di denaro pubblico solo per garantire i posti di lavoro, si otterrà solo che il crollo dell'area economica sarà rimandato e più fragoroso. E in più saranno stati spesi invano dei soldi che potevano essere usati per iniziare una nuova produzione.

Alla prossima. 
Grazie per l'attenzione.

sabato 8 ottobre 2011

Cosa fare di un milione di euro?

Diciamoci la verità!
Chi di noi non ha mai dedicato un quarto d'ora del suo tempo a fantasticare sul come spendere un milione di euro nel caso in cui si dovesse diventare proprietari di questa cifra.

Cosa faresti tu se possedessi un milione di euro? Io per non sbagliarmi, tanto stiamo fantasticando, mi immagino cosa farei se avessi magicamente vinto 67 o 102 milioni di euro.
Tanto non costa niente aumentare le cifre.

A parte questo, immaginare cosa si farebbe se si venisse improvvisamente in possesso di una certa cifra è un esercizio utile. Anche da un punto di vista strettamente scolastico.

Non è un caso, infatti, che moltissimi neo-milionari siano tornati ad essere dei poveracci o delle normali persone (come prima dell'incredibile afflusso di denaro nelle loro mani) dopo pochissimo tempo. Anzi la norma è che entro 5 anni le persone non abili che entrano in possesso di cifre a 6 zeri, ritornino nella loro precedente condizione finanziaria.
Questo significa che quel patrimonio è stato dilapidato in soli 5 anni.
Non accade a tutti ma questo ci dovrebbe far riflettere.
Sicuramente prima di ogni altro fattore, vi sono degli schemi mentali che ereditiamo dall'ambiente o che si formano nella nostra testa attraverso le nostre esperienze e cultura.
Chi vive per anni con uno stipendio da impiegato o operaio e che è solito fare i conti con bollette, rate e un piccolissimo gruzzoletto sul conto corrente, impara ad operare con i soldi con dei meccanismi precisi.
E quando lui entra in possesso di molti soldi, continua ad operare con quei meccanismi.

Qualcuno disse che se una ragiona da povero, continuerà ad essere povero anche se avesse un milione di euro.

Cosa fare quindi se si vince un milione di euro? Di sicuro le risposte valide potrebbero essere molte.
Ma distinguiamo subito alcuni aspetti.
E il più importante è la distinzione fra spesa e investimento.
Quale è la differenza?
Spesa è ciò per cui diamo dei soldi che finisce in un consumo immediato. Spendiamo per qualcosa che ci darà del godimento. Ovvero qualcosa che non permetterà di guadagnare altri soldi.
Inverimento è ciò per cui diamo dei soldi che non finisce in un consumo immediato. Spendiamento per qualcosa che ci permetterà di ottenere degli altri soldi.
Ovviamente è comprensibile che le 2 categorie succitate non sono degli assoluti. E' impossibile che qualcosa che consumiamo non abbia anche delle caratteristiche che in un certo modo portino ad un vantaggio in termini di investimento ed è impossibile che un investimento non abbia anche un qualche connotato di godimento.
Se dovessi spendere i nostri soldi in una vacanza, questo sarebbe un puro godimento ma il ricaricare quelle batterie, il sentirsi bene porterebbe sicuramente un giovamento sulla nostra produttività.
Così come, parallelamente, il sapere di aver vincolato dei soldi in un fondo patrimoniale che incasserò fra 10 anni non potrà comunque non portare a sentirmi meglio. Fosse solo per il fatto di avere una sicurezza in più.

In ogni caso vincendo un milione di euro, bisognerebbe stare attenti a quanti giocattoli si comprano. E per giocattolo intendiamo spendere in cose che appagano il nostro piacere immediato ma non sono specificatamente destinate a produrre di più.
Comprarsi una nuova grande casa, una (o 2) nuove auto, il guardaroba nuovo, farsi una lunghissima vacanza in giro per il mondo, comprarsi Iphone, Ipad, Ipod, Inonsocos'altro, più televisori LCD da 1200 pollici in 8D e un'impianto stereo che quando lo accendi quelli al concerto degli ACDC a 20 km non sentono niente è qualcosa di bello.
Ma dopo poco avremmo bruciato una grande occasione: quella di fare il cambio di velocità nella propria vita.

La più grande ricchezza si possa avere è possedere strumenti di produzione.
Il primo, e il più importante, è la nostra capacità personale di produrre. Spessissimo questo è proprio fuori fuoco.
Investire su se stessi è quanto di meglio si possa fare sempre. E questo non significa solo andare a scuola e prendere 27 master. E' in senso ampio. Qualche volta investire su se stessi significa anche trattarsi bene. In che potrebbe significare non trattarsi male, non ingurgitare troppe droghe o porcherie e via dicendo.

Poi ovviamente ci sono tanti altri strumenti di produzione. Imprese, locali, diritti d'autore, contratti, linee di comunicazione e via dicendo.
Il tutto molto diversificato a seconda dell'attività.
Vi andrebbe se ne parliamo con calma caso per caso?
Grazie per l'attenzione.


giovedì 6 ottobre 2011

Cosa poteva fare il governo? Ma Berlusconi dormiva....

Anni fa, un signore di nome Vitaletti propose un nuovo sistema fiscale per il nostro paese. A quel tempo Tremonti non era ancora il deus ex-machina dell'economia e decise di sposare il concetto di fondo di quel professore universitario e cioè che le imposte (da non confondere con le tasse!!) andrebbero applicate su un principio di demerito e improduttività anzichè come ora su un meccanismo di punizione di chi produce.

Ovvero QUESTO è il grande cambiamento che il sottoscritto apporterebbe in questa (e anche altre) nazioni per portare un equilibro fra chi produce e che non produce, rispettando il principio della contribuzione alle spese di uno stato.

La riforma (che molti tra cui il sottoscritto si auguravano potesse essere fatta da un non politico come Berlusconi) era di abolire ogni tipo di imposta sui guadagni ma di trasferirla sui consumi.
Detassare i guadagni e tassare i consumi ha l'ovvia conseguenza di premiare i primi e penalizzare i secondi.
E questo porta le persone a privilegiare la produzione anzichè il consumo. Ma questo non comporta alcun problema su una possibile depressione dei consumi. Perchè se una persona guadagna di più è comunque portato a spendere, anche se ciò che compra è maggiormente costoso. E' solo una questione di differente approccio. Quindi un vero governo che veramente volesse fare le riforme avrebbe dovuto abolire l'irpef (o lasciarla per una quota minima) e incrementare le imposte indirette come l'IVA. Aumentando le classi di tassazione IVA, in modo da penalizzare i beni di minore necessità più legata ad un acquisto puramente edonistico come i beni del lusso.
Se io sono un industriale che dichiara 10 milioni di euro di fatturato e 100.000 euro di utile, se non ho imposte sui guadagni, sarò incentivato a dichiarare tutto e non fare nero? Certo che si. Così il fatturato non sarà più di 10 milioni ma avremo i 20 milioni che realmente produco. E l'industriale può dichiarare il suo milione di euro di utile. Ciò che succede è che i beni di lusso hanno un'IVA (faccio un esempio) del 40% anzichè del 20% (adesso 21%). Anzi un bene come uno yacht ha un'iva del 50%. Così io che voglio comprarmi la barca da 5 milioni di euro (4 milioni circa + 21% di iva), pagherò la barca non più 5 milioni ma 6 milioni (4+2 di iva).
Lo stato detassa l'imprenditore della metà dei suoi utili (500.000 € di imposte su un milione di utile) e guadagna una somma di 4 volte superiore con il rientro dell'iva.

Questo è solo un esempio. Ma se vediamo il cittadino con uno stipendio, lui avrebbe più soldi in busta paga. Ma sarebbe anche maggiormente responsabilizzato a gestire meglio i suoi soldi.

Questo meccanismo sarebbe altamente premiante per chi risparmia ed investe e altamente penalizzante per chi spende.
Ma Keynes, nel secolo scorso, disse una stupidaggine quando disse che è la domanda che salva l'economia. E' per colpa sua che siamo diventati tutti consumatori.
Così l'occidente consuma mentre l'estremo oriente e i paesi emergenti producono. E la ricchezza fugge da noi e va da loro. Chi ha la liquidità adesso sul pianeta? Forse gli USA o l'Europa che pensano da decenni solo a spendere e non più a produrre? Perchè qualche stolto ha dato retta a quel pazzo di J.M. Keynes e ha spinto tutti a foraggiare la DOMANDA, la DOMANDA, la DOMANDA.
Anche nei giorni scorsi in TV qualcuno parlava di rilanciare la domanda e i consumi.
E rilanciare la produzione? No, quello no.

Alla prossima. Cordiali saluti.

mercoledì 5 ottobre 2011

Perchè le borse vanno su e giù? C'è un senso in tutto questo?

Non ci possiamo nascondere dietro ad un dito.
La stragrande maggioranza degli italiani si chiede cosa mai succeda a queste borse che vanno su e giù.
Contemplo le facce di molte persone quando i tg annunciano pomposi che la borsa ha avuto un crollo del 3,4% o un rialzo dell'1%.
Con gli occhi spauriti annuiscono alla notizia mettendo in scena una faccia meditabonda quasi come se riflettessero sulla cosa.
Così persone che non hanno quasi neppure un conto corrente bancario o un bancomat, sospirano perchè la borsa ha perduto punti percentuali e "bruciato" chissà quanti milioni di euro di capitalizzazione.
Ah, non è buono!! Ah, che disgrazia!!
Ma nella mente di costoro non vi è la minima idea di cosa in realtà comporti una borsa che continua a perdere. E cosa significhi, in realtà, la frase "La borsa di Milano brucia x milioni di euro".
Ma milioni di chi? E come li brucia? Con l'accendino?

Non è possibile spiegare in un solo post i meccanismi di borsa, di cosa comporti quando un indice di borsa sale o scende e tutto il resto. O forse si?
Diciamo che si può semplificare la cosa fino agli estremi ma ho paura che se dovessimo dire all'osso cosa esattamente accade in quelle arene in cui così tante persone vendono e comprano, molte persone rimarrebbero di sasso dicendo "No, non può essere solo così!".
Allora penserebbero che l'autore del blog non capisce niente di finanza e semplifica le cose proprio per difendere la sua ignoranza e mancanza di professionalità. Forse. A te la scelta.

Le borse vanno su e giù perchè sono solo un gioco speculativo che non ha niente a che fare con la realtà della produzione economica.
Le borse sono un luogo in cui qualcuno cerca di fare i soldi con i soldi e in cui si scommette.
Diciamo che le borse assomigliano ad un'agenzia scommesse. Magari non sono fratelli ma cugini si.

Così quando una borsa "brucia" milioni o miliardi di euro, la realtà è quella frase non significa in se proprio niente.
Certo se il giorno prima ci accordiamo che qualcosa vale 1000 euro e il giorno dopo cambiamo questo accordo e la cosa vale 500, si sono "bruciati" ben 500 euro. Ma vi era una bugia fin dall'inizio.

Facciamo così. Vi lascio con una domanda e domani capiremo perchè le borse vanno su e giù.
La domanda è questa:

Sono più ricco se ho 5 mele che valgono 2 euro l'una o se o 3 mele che valgono 5 euro l'una?

Scrivetemi la risposta e poi capiremo perchè le borse vanno su e giù.
Grazie per l'attenzione.

lunedì 3 ottobre 2011

I finanziamenti delle banche: perchè sono calati?

E' sotto gli occhi di tutti il fatto che sia drasticamente diminuita la quantità di finanziamenti (sia in termini numerici che di singola entità) da parte di banche e finanziarie sia alle imprese che ai singoli lavoratori.

Questo è uno degli effetti di quella cosa chiamata crisi. La quale, per il fatto di avere un nome, non è che sia una creatura ben conosciuta.
Ma questa è un'altra storia.

Ho sentito i pareri più discordanti sulla cosa.
Qualcuno che dice che è meglio così perchè prima le banche prestavano troppi soldi e con troppa facilità.
Qualcuno che dice che è un disastro perchè così si impedisce al mercato di crescere e alle aziende di prosperare. E che impedisce alle persone meno ricche di acquistare tramite mutui capienti la loro agognata prima casa.

L'economia appare sempre una scienza oscura perchè si analizzano sempre gli effetti e mai le cause. Così queste ultime passano in secondo piano a vantaggio di ciò che appare.

Un pò come quando si ha la febbre e i dolori articolari. Ci interessa che passino, non che si abbia un corpo in buona salute.

Sta di fatto che i finanziamenti delle banche sono calati solo per strategia. Parliamo di alta strategia bancaria i cui vantaggi sono rivolti ad una cerchia molto ristretta di operatori. Non di certo tutto il settore imprenditoriale di banche e finanziarie. Anzi se qualche banca fallisce, se molte finanziarie chiudono è ancora meglio per questo manipolo di persone.
E' un discorso di regole.
Le regole sono ciò che fa si che un gioco sia un gioco e non un inferno. Se chi gioca non lo fa rispettando le regole non vi è la possibilità di portare avanti un'attività ordinata e divertente ma diventa solo un macello in cui regna il caos e la furberia.
Se si decide che si prestano dei soldi a certi parametri, occorre mantenere questo impegno.

Ma qui entreremo nel problema se l'attività bancaria è giusto che sia qualcosa di lasciato al privato o meno.
Ma di questo parleremo in un prossimo post.

Grazie per l'attenzione.

sabato 24 settembre 2011

Caro Giulio e caro Silvio: cosa potevate fare? Qualche idea...

Caro Giulio e caro Silvio (ma potrò scriverlo?), cosa si poteva fare nei precedenti mesi e nei precendeti anni?
A parte tutte le vostre parole, i vostri buoni propositi, era possibile per l'Italia attuare delle decisioni che potevano impedire che si giungesse a questo livello di disperazione finanziaria?
Si.
Era possibile.
Colpevoli di innnumerevoli atti di omissione.

Oggi come oggi da più parti si sollevano critiche  e dissenso sulle iniziative del governo. Ma, come ben sappiamo, distruggere è facile. Ma meno facile è proporre delle soluzioni alternative.

Oggi vogliamo illustrarne alcune. Questo è un blog. E' scritto con l'idea di rivolgersi a tutti. Quindi perdonatemi se su alcuni punti sembrerà una illustrazione superficiale. In realtà ci sono delle altre cose che era e che è possibile fare. Ma per limitarci ad un breve elenco, ne scegliamo 10.
1) Taglio di tutti gli enti inutili (Quasi totalità delle province, enti parastatali).
Di questo se ne parla, se ne parla. Ma parlare non è governare. Un ente pubblico deve esistere perchè fornisce un servizio. E perchè i servizi che offrono sono superiori ai costi che richiedono. In Italia esistono enti come le provincie che sono solo degli stipendifici e dei parcheggi per politici. Servono per fornire potere ai partiti perchè forniscono loro una riserva di poltrone in cui sistemare questo o quel politico. Di sicuro un paese con uffici e servizi pubblici, ben organizzato e con agenzie e sportelli sul territorio è da preferire ad un paese con burocrazia centralizzata. Ma è ora necessario dare un taglio, sacrificando anche qualche ufficio o qualche ente che magari sta facendo il suo dovere. Toglierlo per fare tabula rasa ed, eventualmente, tra qualche anno riorganizzare il tutto.
Ci sono molti comuni troppo piccoli. Questi comuni dovrebbero essere accorpati ad altri comuni. E per non far svanire la rappresentanza locale, trasformarsi in circoscrizioni o dislocazioni territoriali, con uno o due funzionari, anzichè sindaco, assessori, consiglieri e compagnia cantante.
Lo stesso dicasi per moltissimi enti inutili come ad esempio le comunità montane. Per citare un esempio, in Sardegna le C.M. sono state abolite e nessuno se ne accorto. Ve ne era una che già nel nome faceva ridere per la contraddizione in termini e cioè Comunità Montana Riviera di Gallura.

2) Riforma di tutti gli organigrammi pubblici
Vi è stato in questo governo un ministro che ha cercato di fare qualcosa a riguardo. Brunetta è tutto tranne che simpatico. Ma il suo intento era giusto. Forse le sue soluzioni non lo sono state. Sicuramente i suoi metodi non sono stati molto popolari. Ma questo è il problema della democrazia. Come si può mettere in riga le persone e circoscrivere le inefficienze (il che comporta colpire sempre qualcuno) cercando di essere anche popolari? 
Ovviamente non si può generalizzare. Ovviamente non si può avere un atteggiamento quasi misticamente prevenuto nei confronti dei dipendenti delle strutture pubbliche. Ovvio.
Ma in Italia ci sono troppi dipendenti pubblici. Gli esempi si sprecano. E tutto basandosi sul fatto che così si creano posti di lavoro (e posti per collocare gli amici o elettori del politico di turno).
Le cose non funzionano così. Il principio keynesiano che basta pagare qualcuno perchè scavi un buco e lo ricopra in modo che poi spenda quello stipendio e metta in moto la macchina economica del paese non funziona. Non funziona. E' sbagliato. E Keynes ha torto. Benchè sia seguito da moltissimi paesi nel mondo.
Se un lavoro non serve, è meglio non farlo. Perchè la ricchezza non è il passaggio di moneta ma l'ottenimento di un prodotto (servizio) utile alla sopravvivenza.
Quindi occorre licenziare decine di migliaia di persone che COSTANO ma non producono. E non perchè siano degli scansafatiche. No. Perchè il sistema è inefficiente.
Ovviamente si può equilibrare il sistema. Lo si può razionalizzare. Ma per farlo occorre mandar via le figure inutili e assumere le figure utili.
Facciamo un esempio? Perchè molti sportelli aprono solo poche ore al giorno, costringendo il cittadino a operare in quella piccola finestra di tempo. Non c'è personale. C'è troppo da fare. Questa è la risposta classica. Bene! Assumete qualcun altro. Non si può la risposta. Non ci sono soldi!
Questa è follia pura.
La ricchezza è il servizio. Se c'è bisogno del servizio, i soldi sono quella produzione. Non è certo la carta moneta con cui si paga un dipendente. Forse può valere per una struttura privata (piccola) ma non per un ente amministrativo pubblico.
Cioè non ci si può porre il problema che non ci sono i soldi per pagae una mansione utile e produttiva e poi pagare posizioni superflue e non produttive.
Quanti hanno il doppio incarico? Vogliamo parlarne? Perchè?
Perchè il capo della polizia italiana guadagna circa 600.000 euro l'anno mentre il capo della polizia tedesca non arriva a 100.000? Forse non si può vivere con 100.000 euro l'anno? E il lavoro di un poliziotto che rischia la vita nelle strade vale così di meno di un dirigente?
E il gasolio delle loro auto è meno importante.

Quello che occorre fare è prendere tutti gli organigrammi di qualsiasi struttura pubblica e capire quale sia il prodotto finale di valore che ognuno di quei ruoli deve ottenere. E verificare se lo si sta ottenendo.
E' responsabilità dei superiore verificare questo e accettare che essi vengano messi a verifica. Ovviamente se già i nostri ministri non sono onesti e i nostri parlamentari efficienti..... Il pesce puzza sempre dalla testa. Ma proseguiamo.
Anzi ci vediamo lunedì perchè il post è diventato fin troppo lungo.
Grazie per l'attenzione.

martedì 20 settembre 2011

Gli ulteriori errori della recente manovra economica italiana: Berlusconi e Tremonti.

Abbiamo visto, nel precedente post, che il punto di partenza è la questione del debito.
Una regola ferrea di qualunque amministrazione (pubblica o privata che sia non importa) è che non si può spendere più di quanto non si abbia.
Scriviamola come legge.
REGOLA AUREA: non si può spendere più di quanto non si possieda.
Questa regola potrebbe avere delle momentanee eccezioni ma non può avvenire che le eccezioni diventino la norma e la norma un'eccezione.

E' vero che possiamo ipotecare una parte di quanto abbiamo e di quanto ipotizziamo guadagneremo nel prossimo futuro per avere dei soldi ORA.
Questo si chiama prendere un prestito o otttenere un finanziamento.
Un'azienda può chiedere dei soldi al mercato e promettere di restituirli in una certa data pagando degli interessi.
Questo lo si può fare e si è tanto più giustificati a farlo tanto più i soldi chiesti in prestito hanno lo scopo di creare nuova ricchezza.
Così un singolo può andare a chiedere dei soldi per aprire un'attività. Meno comprensibile è vedere una persona chiedere dei soldi in prestito solo per pagare le spese correnti.

L'italia è arrivata al punto di chiedere dei soldi in prestito (emettendo titoli di debito pubblico) per pagare gli interessi sul debito già esistente. Fare debiti per pagare i debiti.

Il nostro attuale governo, come le decine che lo hanno precedeto, spendono più di quanto esiste nelle casse dello stato. E continuano a fare debiti per finanziare queste uscite.
Cosa bisognava fare (non ora!) ma da anni?
Di sicuro lavorare per diminuire il debito pubblico e per favorire la crescita economica.
E come lo si sarebbe potuto realizzare?
Ci sono molte cose che si sarebbe potuto fare. Alcune avrebbero risolto il problema e alcune lo avrebbero solo limitato. Io personalmente ho delle posizioni abbastanza radicali su quello che si sarebber potuto e DOVUTO fare. Perchè penso che se un sistema genera problemi giganteschi è inutile cercare di metterci continuamente delle pezze. E' più facile cambiare l'intero sistema.
Ma comprendo che questo comporta una rivoluzione delle cose che solo pochi sono disposti ad accettare.
Perchè in questo sistema malato gli italiani (la maggioranza degli italiani) ci ha sguazzato. Altrimenti non avremmo al governo delle persone che non hanno fatto il bene del paese ma hanno mantenuto solo lo status quo.
Ma ora non è possibile rimandare al futuro il problema.

Elenco in rapida successione i provvedimenti che avrei attuato se fossi stato Tremonti e Berlusconi. Ovvero se ne avessi avuto il potere.

Vi rimando ai prossimi post, esaminare (uno per uno) questi provvedimenti nei dettagli:
1) Taglio di tutti gli enti inutili (Quasi totalità delle province, enti parastatali). Immediato e senza alcuna preoccupazione delle conseguenze.
2) Riforma di tutti gli organigrammi pubblici. Inserimento, a fianco della propria mansione, di un prodotto oggettivo di produzione che misuri la produttività del dipendente. Taglio drastico delle dotazioni e vantaggi dei politici. Riduzione dei compensi e dei benefit. Limitazione dei posti disponibili in parlamento per professioni particolari come avvocati, ingegneri e comercialisti per impedire che gruppi ampi solo qualche decine di migliaia di persone decidano per decine di milioni.
3) Abolizione delle imposte dirette progressive sui redditi e sulla produzione. No a tassare chi produce. Si a tassare chi consuma. Il consumo è il problema, non la produzione. E' ovvio che se si produce si consuma, ma la produzione viene prima del consumo. Per stimolare i consumi ci vuole la produzione. Quindi aumento di imposte come l'IVA e abolizione dell'IRPEF.
4) Possibilità di scaricare dalle imposte ogni costo per dare un'utilità diretta a tutti i consumatori a richiedere fatture e ricevute. Un altro provvedimento è la triangolazione dei pagamenti. Tu idraulico fai un lavoro a me, mi emetti una fattura e io pago la tua associazione di categoria, che visto il documento gira i soldi all'idraulico. Che per ottenere i soldi dovrà essere obbligato ad emettere fattura.
5) Abolizione di ogni costo contributivo per chiunque intraprenda l'attività di imprenditore, agente o commerciante per i primi anni di attività. Semplificazione delle procudere di gestione di un'impresa. Apertura di strutture pubbliche di gestione fiscale delle imprese a costi ridotti.
6) Detassazione degli utili reinvestiti.
7) Semplificazione delle procedure di finanziamento privato con obbligo dell'ente finanziatore a inserire una sua figura di controllo (tutor) all'interno dell'azienda.
8) Apertura di istituti di credito pubblici.
9) Creazione di Albi di ogni figura commerciale con un esatto prospetto di qualifiche necessarie.
10) Creazione di un ufficio che indichi a tutte le scuole superiori quali professioni debbano essere spinte nella formazione degli studenti e nella canalizzazione all'università.

Per ora mi fermo.
Ci sarebbe un altro provvedimento a monte di questi da prendere ma è qualcosa di forse troppo radicale ora. Si tratterebbe di nazionalizzare la propria banca centrale sottraendola al controllo di istituti di credito privati (la controllante che controlla il controllato di proprietà del controllato stesso!).
E, se si avesse veramente coraggio, anche l'uscita dal giogo della banca centrale europea con la gestione interna della propria moneta senza debito.
Ma questo è un lungo discorso.

Grazie per l'attenzione.

venerdì 16 settembre 2011

Gli errori della recente manovra economica italiana: Berlusconi e Tremonti.

Diciamoci la verità! Berlusconi e Tremonti non hanno colpe. Su tutto quanto è stato proposto per sanare le voragini del debito pubblico italiano, non hanno alcuna responsabilità.
Anzi, diciamola tutta. Forse loro non contano proprio niente e ciò che hanno fatto, è stato solo a loro ordinato perchè ci mettessero la faccia.
Ma questa è politica e forse ci sbagliamo.

Quindi facciamo un passo indietro e facciamo finta che siano loro gli artefici di questa manovra.
Cominciamo con ordine:
1) Il governo dichiara che per impedire che i mercati "divorino" con la speculazione l'Italia, occorre una manovra di riordino dei conti pubblici. Ma che significa ciò? Di base vi è un dato che deve essere tenuto in considerazione. Ovvero quale sia l'ammontare di debito pubblico dell'Italia e quanto grande sia questo in termini relativi in relazione alla produzione della nazione.
Attualmente il debito pubblico italiano ammonta a più di 1.911 miliardi di euro. Per la precisione il debito è di 1.911.807.000.000 di euro.
Se lo paragoniamo solamente al dicembre del 2010 c'è veramente da spaventarsi: allora era di 1.843 miliardi di euro. Un aumento di 69 miliardi di euro in poco più di 6 mesi.
Ma cosa sono sti 2 mila miliardi di debito? E, domande delle domande che tutti si fanno ma nessuno (per paura di essere tacciato da ignorante) ha il coraggio di porre, a CHI dobbiamo sti soldi?
Il debito pubblico è semplicemente un debito. Ovvero dei soldi che qualcuno ha prestato allo stato Italia per pagarci ciò che ci paga (stipendi pubblici, costi pubblici, finanziamenti, soldi ai ministeri, soldi a regioni, province, comuni, comunità montane e chissà cos'altro). Nè più e nè meno di una famiglia che non ce la fa ad andare avanti e che chiede dei soldi a qualcuno per continuare a vivere allo stesso tenore di vita del mese precedente.
E a chi dobbiamo questi soldi? A chi li ha prestati allo stato tramite l'acquisto di titolo di debito pubblico (bot, cct, btp, etc.): Ovvero banche, società e singoli individui. Italiani o stranieri che siano. 
Guardiamo un grafico che la dice lunga:
Se osserviamo il grafico nei primi anni '80, il debito dello stato era in un certo modo sotto controllo. Esso si aggirava intorno al 60% della produzione italiana. Un modo di dire che lo stato guadagna 100.000 euro all'anno e il suo debito ammonta a 60.000 €. Quindi qualcosa è successo da quegli anni.
E questo qualcosa è che si è cominciato a spendere più di quello che si poteva/doveva.
Perchè? Questa è una domanda più politica che economica.
I governi di quel periodo erano i governi socialisti-democristiani di Craxi prima e dei democristiani usa e getta Goria, De Mita, Andreotti dopo. Il tutto in un'escalation infernale che porta il debito pubblico a raddoppiare le due dimensioni portandosi al 120% del prodotto interno lordo nel 1994.
Al lettore trarre le conclusioni.
Qualcuno obietterà che quel debito è stato usato per mandare avanti le cose, l'economia, finanziare la crescita e altre panzane del genere. La realtà è che la crescita si ottiene con il risparmio e l'investimento. Non con il debito. Questo è un dato talmente di buon senso che nessun economista lo sottoscrive perchè rende inutile l'economista stesso.

Ma torniamo all'errore dell'attuale manovra. Dove sta questo errore? Se si osserva il grafico le cose sono leggermente migliorate fino al 2002 per poi tornare a peggiorare violentemente.
L'errore sta nelle omissioni che sono state fatte in tutti questi anni.
Così come si rimprovera lo studente che cerca di preparare l'esame a pochi giorni dalla data ultima fissata nel calendario anzichè sfruttare tutti i mesi che si ha a disposizione; così come si rimprovera al padre di famiglia che deve pagare la rata annuale di qualcosa se egli cerca una soluzione gli ultimi giorni prima della scadenza, anzichè aver messo da parte i soldi piano piano.
Così non possiamo che bacchettare un governo che adesso si propone come salvatore della patria ma che cerca di tappare falle che si sono aperte per il suo non far niente.
Niente di Berlusconi e niente di Tremonti da un decennio e oltre.

Faremo un esame ancora più dettagliato degli errori della manovra nei prossimi post.

Grazie per l'attenzione.

giovedì 15 settembre 2011

Gli errori della recente manovra economica italiana

Salve a tutti, dopo un'estate di passione passata a lavorare duramente (questo è l'unico motivo per cui ho tradito i lettori di questo blog) e senza l'opportunità di poter scrivere e postare un solo articolo, eccoci qui a settembre a guardarci intorno.
Lo so, lo so.
Mai come questo settembre si vedono in giro facce shockate che ancora non sanno capacitarsi di quanto stia avvenendo.
In un paese come l'Italia che è famosa per il suo immobilismo, per i processi che durano un paio di secoli, per iter burocratici che aspettano che i cittadini mettano la dentiera, tutto sta accadendo fin troppo velocemente.
Non siamo abituati, credo chiunque lo possa capire.

Sta di fatto che il nostro (pseudo)governo ha varato una incredibile manovra finanziaria con lo scopo di "correggere" i conti pubblici.
Di certo aveva ragione quell'autore che diceva che il cittadino verrà fregato dalle PAROLE e non dai fatti. Perchè i fatti sono quelli mentre le parole si possono deformare a piacimento per creare nuove idee e immagini nella mente delle persone.

Comunque.
Quello che sta accadendo a livello governativo è fin troppo importante per pensare che sia un argomento di discussione solo politica.
E' mia intenzione, invece, farne un esame squisitamente economico e finanziario. Per capire dove e come questo esecutivo stia sbagliando e perchè le sue decisioni influenzano e influenzeranno ciò che capita ai nostri soldi e alla nostra vita di tutti i giorni.
Svilupperò questo esame in vari post nei prossimi giorni.

Diciamo che questo articolo era un "bentornato dalle vacanze". Vacanze in cui ho lavorato in realtà, ma non ne faccio un cruccio a nessuno.

A rivederci presto in questi lidi.
Grazie per l'attenzione.

venerdì 8 luglio 2011

I PIGS: ovvero i maiali d'Europa

E' una realtà fatta di slogan.
Non ne possiamo più fare a meno. Ormai esistono parole catalizzatrici che ci ipnotizzano e ci coinvolgono in fantastici e ubriachi viaggi.
Ieri era la SARS, poi è venuto il ribaltone, e che dire della par condicio, delle armi di distruzione di massa, dello tsunami, aviaria, maggioritario, bond,  e via senza fine.
Parole non usate fino a ieri che nel giro di pochi giorni finiscono sulla bocca di tutti. Mi consenta.....
PIGS. Acronimo che sta per Portugal, Italy, Greece e Spain. Ovvero Portogallo, Italia, Grecia e Spagna.
Qualche italiota, di furbesca tradizione familiare, ha pensato di sostituire la I di Italia con la I di Ireland, Irlanda. Qualcun altro, sempre per farci rientrare la verde nazione di San Giacomo ha allungato il nome in PIIGS.
Pigs in inglese significa maiali. Ed ecco spiegata la vignetta di provenienza britannica.
I 4 paesi del mediterraneo vengono visti come maiali dai più ricchi e stabili paesi nordici sia per un fatto geografico ma soprattutto per un fatto economico. In pratica i 4 paesi citati rappresentano la zavorra d'Europa. E anche se a qualcuno piace far dimenticare questo agli italiani, dando l'idea che l'Italia abbia negli ultimi anni guadagnato prestigio in contesti internazionali, ci sono dei numeri che parlano e valgono più delle melliflue parole di circostanza.

Nel 2010 questa è la classifica dei paesi a livello di debito pubblico:
In realtà la Spagna è lontana dall'avere un alto debito pubblico ma ha fattori di instabilità economica notevoli (l'enorme disoccupazione) e un debito in rapida crescita negli ultimi anni.
Il nostro blog è dedicato al denaro ma da un punto di vista pratico, utilizzabile dal comune cittadino.
Ma fa parte anche delle nostre tasche sapere qualcosa anche di questi argomenti che sembrano solo tema di discussione di professori universitari o di Vespa e compagnia cantante.
Quasi tutti abbiamo sentito delle gravi vicissitudini che la Grecia sta attraversando socialmente e politicamente. Se vediamo sembra che essa sia messa molto peggio dell'Italia. Ma in economia ci sono tanti parametri. Osserviamo un altro grafico.
Questo grafico mostra le proporzioni del debito e dei relativi flussi debitori fra paesi, inclusi i PIGS. L'Italia ha il debito più grande, per lo più con la Francia (leggasi banche francesi. Poi qualcuno capirà perchè le banche francesi vengono in Italia e comprano Cariparma, Friuladria, BNL, Findomestic e via dicendo).
La Grecia ha un debito molto piccolo in rapporto al nostro.
Quindi non facciamo finta che tutto va bene. E non facciamo finta che ciò che sta succedendo in Grecia non toccherà prima o poi. Le borse stanno tremando (anche oggi hanno vacillato) e si spostano violentemente al primo sussurro o pettegolezzo.
Godiamo di una pessima credibilità. Ma siamo un paese di 60 milioni di abitanti con una produzione interna ancora sufficientemente alta. E questo ci ha salvato in un qualche modo.
Ma non produciamo abbastanza per diminuire questo incredibile debito. Anzi. Ogni hanno il debito pubblico italiano cresce e cresce e cresce.
Era di 1.512.779.000.000 di € nel 2005.... è diventato 1.890.600.000.000 di € a giugno di quest'anno.
Fa paura, vero?
Ma poi alla fine, ma che vorrà dire poi? Siamo 20/30 anni che ce la menano con tutto sto debito e siamo sopravvissuti lo stesso. Dirà qualcuno.
Qualcuno di molto stupido.
Perchè le dinamiche di un paese come l'Italia non sono le dinamiche di una piccola o media azienda.
Persino grandi multinazionali riescono a "galleggiare" per decenni sotto il peso dei loro debiti. Quando si è molto grandi non si va a fondo in fretta. Ci vuole tempo per naufragare. Ma il naufragio è ugualmente certo, a meno di vistose correzioni.
Questo non è un post di politica. E non vuole entrare nel merito.
E' un post per ricordare a tutti che se non riesci a trovare lavoro perchè le aziende non riescono o non vogliono assumere la causa principale è quel debito là.
Se le persone consumano meno, non riescono ad arrivare a fine mese.
Se le pensioni stanno diventando una leggenda e non bastano neppure per vivere una settimana al mese. Beh.... la causa è sempre il debito pubblico.
Cioè se in Italia è difficile fare qualsiasi cosa, se è difficile essere onesti e guadagnarsi i propri soldi con abilità e nessuna truffa o sotterfugio, la colpa non è che l'italiano è un nullafacente o idiota che non sa combinare niente di buono.
Non è così.
Qualsiasi italiano vada all'estero mette su in pochi mesi un qualche business funzionale e riesce a far andar bene le cose. Lo sappiamo tutti.
L'Italia è un corridore con una zavorra. Una zavorra che non si pensa neppure di diminuire ma che apaticamente si accetta che aumenti.
Ogni anno lo stato italiano paga dai 75 agli 80 miliardi di euro per soddisfare solo gli interessi sul debito. A chi li paga? In parte ad investitori italiani, ovviamente. Tra cui non mancheranno anche piccoli investitori che hanno sottoscritto BOT e CCT. Ma grand parte di quel denaro fugge dal nostro stato per ingrassare persone (banche per lo più) già ricche di loro.
Così i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri (cioè la maggior parte) sempre più poveri.
Non è meglio REGALARE i soldi agli italiani in altro modo? 
Da quando in qua si finanziano i debiti contraendo altri debiti?
Forse lo si può fare per un breve periodo, durante un'emergenza. Ma è dal 1982, da quando il debito pubblico ha iniziato a galoppare come un ossesso, che dura questa emergenza.

Quindi prendiamo tutte le rassicurazioni delle voci del padrone e rimandiamole al mittente.
L'Italia ha un serio problema. L'europa e gli investitori internazionali lo sanno.
Far finta che il Titanic non abbia sbattuto contro l'iceberg e continuare a pensare che esso sia inaffondabile, non sarà d'aiuto.

Alla prossima.
 

sabato 25 giugno 2011

Come ottenere del denaro per iniziare una nuova attività - 3a parte

Chiudiamo questa panoramica su come ottenere i soldi per iniziare una nuova attività.
Se abbiamo seguito con precisione le indicazioni dei primi 2 post che compongono questo lungo articolo, a questo punto abbiamo un'idea chiarissima del nostro progetto, di quali risorse ha bisogno e di quali apporti possiamo portare personalmente.
Il denaro per iniziare la nuova attività verrà da persone.
Lo riscriviamo perchè questo è uno di quei dati la cui sottovalutazione porta ad errori clamorosi.
Il denaro non si ottiene da strutture impersonali o guidate da entità extraterrestri o da piante.
Il denaro in prestito (e anche quello a fondo perduto) lo si ottiene da persone.
Quindi rammentiamoci che avremmo a che fare con persone. Per quanto alcune strutture come le benche e simili, cerchino di convincerci che interagiamo con un qualcosa di impersonale, rammentiamo questo fatto.
Sarà la nostra ancora di salvezza. Se nella tempesta ci può essere una possibilità di essere salvati, ciò sarà dovuto al fatto che ci rammentiamo che i soldi provengono dalle persone.
Ci sono quindi strutture commerciali e individui singoli nella nostra lista dei fornitori di denaro per iniziare la nostra attività.
Se, negli scorsi anni, ci siamo comportati bene con amici e parenti, trovare qualche conoscente che possa credere in noi e nel nostro progetto sarà facile.
Se invece abbiamo trascurato i rapporti di parentela o siamo sempre stati acidi e menefreghisti, è giunto il momento di pagare il conto.
Ma ricordate che si è sempre in tempo per mutare il proprio modo di fare.
Se riusciamo a far avere ai conoscenti una buona opinione di noi (persone affidabili, fondamentalmente oneste e così via), le possibilità che ci venga concesso di illustrare il nostro progetto aumentano.
E toglietevi dalla testa fattori emotivi come la vergogna o l'orgoglio.
Vergognatevi quando vi comportate in modo disonesto o quando tradite la fiducia di qualcuno, non quando chiedete soldi. Chiedere soldi non è vergognoso. E se qualcuno vi ha convinto di questo. O se voi stessi vi siete convinti di questo, mutate atteggiamento di 180°. Mi spiace indicarvelo ma è completamente sbagliato.
Non vi è niente di male nel chiedere dei soldi. Se il fine è imprenditoriale.
Certo se parliamo di chiedere soldi per pagarsi gli sfizi o rimediare a qualche debito è diverso.
Riuscite a vedere la differenza?
Nelle persone chiedere i soldi diventa un assoluto a prescindere dalle motivazioni.
Da che mondo è mondo, i soldi sono stati spostati da punti della società in cui erano più o meno fermi e inutilizzati, a punti della società in cui vi erano buone idee o progetti.
E' il principio della banca.
Quindi stilare un elenco di conoscenti a cui sottoporre in modo PROFESSIONALE (niente è dovuto, ricordatelo!!) il vostro progetto. Non cercate di proporre date irreali solo per imbonirvi l'interlocutore.
Se qualcuno può darvi dei soldi per un anno, può farlo per 2. E moltiplicate per 2 i tempi previsti di restituzione. Se promettete di restituire i soldi in 2 anni, prendete accordi per 4 anni. Se poi ci riuscite veramente in soli 2 anni, chi vi ha dato i soldi farà i salti di gioia.
Ma se promettete e non riuscite a mantenere la promessa, sarà altamente disastroso.
Qualcuno di voi, pur avendo dei buoni rapporti con tutto il parentado e amici, putroppo dovrà affrontare il problema che nessuno dei propri conoscenti ha le minime qualifiche per aiutarci in tal senso. Può succedere, soprattutto quando si ha un numero ristretto di parenti.
In questo caso, le cose si fanno più difficili e maggiormente si dovrà ricorrere alle banche.
Per costoro un consiglio, che è un consiglio che si può dare anche a chi ha parenti facoltosi o benestanti.
Il consiglio è ad ampio raggio: curate conoscenze di un certo livello.
Di questo periodo non vorrei essere frainteso. Non sto indicando a nessuno di aprire le proprie frequentazioni a persone di dubbia moralità e di torbide frequentazioni. Nessun invito in tal senso, sia chiaro.
Ma se si intende operare come imprenditori, sarà meglio che tra i propri contatti vi sia anche chi è un imprenditore o che frequenta imprenditori o affaristi.
Vi è, ad esempio, un social network (che nelle ultime settimane ha presentato richiesta per quotarsi alla borsa di Nwe York) chiamato LINKEDIN che, sulla scia del successo di Facebook, mette in relazione persone per affari e business in genere. Ampliare le proprie connessioni in tal senso aumenta le possibilità di trovare partners, soldi o, al limite, consigli ed esperienza.
Se dovete chiedere soldi, cercate di chiedere di più a meno persone, anzichè di meno a più persone.
Ogni persona è importante. E se dovete avere a che fare con molti finanziatori, la cosa vi ruberà tempo e attenzione.

Detto questo rimane, nel mix di finanziamento, da affrontare il discorso dei prestiti da parte di banche, stato e altre istituzioni. Ma di questo parleremo nell'ultima parte di questo post.
Grazie per l'attenzione.
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